La Corte di Giustizia con
sentenza del 7 novembre 2018 (causa C461-17, per il testo vedi QUI) è
intervenuta in relazione alla interpretazione della norma della Direttiva sulla
VIA relativa alla necessità che il committente dell’opera sottoposta a detta
procedura di valutazione fornisca una descrizione sommaria delle principali
alternative prese in esame dallo stesso, con indicazione delle principali
ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
Secondo la Corte di
Giustizia la suddetta norma deve essere interpretata nel senso che il
committente deve fornire informazioni relative all’impatto ambientale tanto
della soluzione prescelta quanto di ciascuna delle principali alternative da
lui prese in esame, nonché le ragioni della sua scelta, sotto il profilo,
perlomeno, del loro impatto sull’ambiente, anche in caso di rigetto, in una
fase iniziale, di tale alternativa.
La Corte di Giustizia
precisa ulteriormente considerato che non esiste una nozione precisa di
principali alternative nella Direttiva sulla VIA, si deve considerare, come
rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 94 e 95 delle sue conclusioni, che
l’elemento determinante per individuare quali di tali alternative debbano
essere considerate «principali», è dato dall’influenza di tali alternative
sull’impatto, o la mancanza di impatto, del progetto sull’ambiente.
Inoltre non è
necessario che anche le alternative vengano sottoposte ad una VIA equivalente a quella del progetto prescelto, però il
committente deve indicare le ragioni della sua scelta, almeno per quanto
riguarda il rispettivo impatto sull’ambiente. Infatti, l’obbligo del
committente di descrivere in modo sommario le principali alternative ha
segnatamente lo scopo di motivare la sua scelta. Ed è grazie a questo obbligo,
precisa la Corte di Giustizia che l’autorità competente può procedere ad una
valutazione approfondita dell’impatto ambientale che individui, descriva e
valuti in modo opportuno gli effetti sull’ambiente del progetto selezionato.
Conclude la Corte di
Giustizia affermando che la descrizione sommaria deve essere fornita per tutte
le principali alternative prese in esame dal committente, a prescindere dal
fatto che esse siano state inizialmente previste da lui stesso o dall’autorità
competente o che siano state proposte da talune parti interessate.
LE ALTERNATIVE NELLA VIA
Si tratta di una sentenza
che fissa quindi principi significativi
che possono superare i limiti che si riscontrano spesso nelle
istruttorie che portano alle decisioni di VIA da parte delle diverse Autorità
Competenti .
Infatti nelle procedure di
VIA le alternative da valutare possono rispondere a queste macro categorie:
– alternative strategiche: consistono nella individuazione di misure
per prevenire la domanda e/o in misure diverse per realizzare lo stesso
obiettivo;
– alternative di localizzazione: sono definibili in base alla
conoscenza dell’ambiente, alla individuazione di potenzialità d’uso dei suoli e
ai limiti rappresentati da aree critiche e sensibili;
– alternative di processo o strutturali: consistono nell’esame di
differenti tecnologie e processi e di materie prime da utilizzare, e sono
definibili essenzialmente nella fase di progettazione di massima o esecutiva;
– alternative di compensazione o di mitigazione degli effetti negativi:
consistono nella ricerca di contropartite nonché in accorgimenti vari per
limitare gli impatti negativi non eliminabili, e sono definibili in fase di
progetto di massima o esecutivo;
– alternativa zero: consiste nel non realizzare il progetto,
definibile nella fase di studio di fattibilità.
Quasi sempre, con
l’avvallo spesso delle Autorità Competenti (un esempio è il caso dell’impianto
LaminaM di Borgo Val di Taro –PR),gli Studi di Impatto Ambientale prendono in
considerazione solo le alternative strategiche (come realizzare comunque il
progetto del committente magari con misure di mitigazione) e l’alternativa zero
(non fare nulla, spesso descritto in modo da giustificare il progetto
presentato.
La visione ampia di
concetto di alternativa che emerge dalla sentenza della Corte di Giustizia
giustifica la necessità di prendere in considerazione anche le altre
alternative:
1.
imponendole in sede di integrazione dello Studio di Impatto Ambientale
2.
recependole dai percorsi partecipativi che spesso accompagnano i procedimenti di
VIA (Inchieste Pubbliche, Contraddittori, Osservazioni)
GLI INDIRIZZI INNOVATIVI DELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE
IN MATERIA DI ALTERNATIVE NELLE PROCEDURE DI VIA
La giurisprudenza nazionale
ha affermato una visione della istruttoria di VIA non limitata al rispetto di mere
misure tecniche di mitigazione dell’inquinamento ma invece indirizzata verso una
valutazione delle alternative socio economiche al progetto presentato.
Alcuni esempi…
Secondo i ricorrenti nella causa in questione hanno sostenuto
che: “la Giunta regionale non potrebbe analizzare i fattori costi-benefici,
la produttività, l’idoneità tecnica dell’impianto. Ritenendo che, semmai, tali
aspetti avrebbero potuto essere esaminati (solo) dalla Conferenza di servizi
decisoria.”
Il TAR Sardegna (per il testo integrale
della sentenza vedi QUI) al contrario ha sostenuto che: “In
realtà l’ambito di competenza spettante alla Giunta regionale è complessiva, con
facoltà (e dovere) di svolgimento di un giudizio di compatibilità ambientale,
sia in riferimento a fattori squisitamente di impatto sul territorio, sia in
riferimento al rapporto fra sacrificio ambientale e conseguimento del risultato
energetico. In ricorso si sostiene che la Giunta regionale avrebbe potuto dare
parere contrario (solo) rispetto all’analisi economica dell’intervento svolta
dalla Conferenza di servizi decisoria; ma non avrebbe potuto elaborare “in
proprio” analisi che rileverebbero al di fuori della problematica ambientale.”
Sul punto arriva a sostegno della sentenza del TAR Sardegna anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato:
1. “La
valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare l'autorità
decidente, attraverso l'apporto di elementi tecnico-scientifici idonei ad
evidenziare le ricadute sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di una
determinata opera, a salvaguardia dell'habitat: essa non si limita ad una
generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale,
ma implica una complessiva ed approfondita analisi di tutti gli elementi
incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, per valutare in
concreto il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità
socio-economica perseguita”. (Consiglio
di Stato sez. V 6 luglio 2016 n. 3000)
2. “La valutazione d'impatto ambientale non comporta una generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma implica la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. "opzione-zero", il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita” (Consiglio di Stato sez. IV 24 marzo 2016 n. 1225; Consiglio di Stato sez. V 2 ottobre 2014 n. 4928).
3. La VIA implica dunque “una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero; in particolare, la natura schiettamente discrezionale della decisione finale e della preliminare verifica di assoggettabilità, sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende fisiologico che si pervenga ad una soluzione negativa ove l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste” ( Consiglio di Stato sez. V 02 ottobre 2014 n. 4928, Consiglio di Stato sez. IV 09 gennaio 2014 n. 36).
2. “La valutazione d'impatto ambientale non comporta una generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma implica la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. "opzione-zero", il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita” (Consiglio di Stato sez. IV 24 marzo 2016 n. 1225; Consiglio di Stato sez. V 2 ottobre 2014 n. 4928).
3. La VIA implica dunque “una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero; in particolare, la natura schiettamente discrezionale della decisione finale e della preliminare verifica di assoggettabilità, sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende fisiologico che si pervenga ad una soluzione negativa ove l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste” ( Consiglio di Stato sez. V 02 ottobre 2014 n. 4928, Consiglio di Stato sez. IV 09 gennaio 2014 n. 36).
Aggiunge
il TAR Sardegna nella sentenza qui esaminata che
in relazione al progetto sottoposto a VIA: “non sarebbe stata
dimostrata la sostenibilità socioeconomica dell’intervento, attraverso un’
analisi costi/benefici esposta in maniera organica e completa. Con
l’espletamento di una analisi economico-finanziaria estesa alla valutazione
della realizzazione, della gestione nonché della dismissione dell’impianto… la
richiesta di integrazioni della Autorità Competente al procedimento di VIA
SAVI, in merito a questo punto, richiedeva esplicitamente l’elaborazione di una
adeguata analisi benefici/costi, sia di carattere prettamente economico, sia
per quanto riguarda il profilo inerente costi e benefici ambientali e sociali
dell’intervento, con riferimento alle diverse opzioni esaminate. La
società ricorrente avrebbe trattato, nelle controdeduzioni, solo l’esame delle
“esternalità positive” derivanti dall’intervento sulla componente atmosfera. Ma
nessuna valutazione sarebbe stata effettuata in merito alle altre componenti.
Così come i presunti benefici socio-economici dell’intervento (ricadute sociali
ed economiche sul territorio) sarebbero risultati di natura ed entità
indefinita.”
La compatibilità del sito deve essere valutata non
solo in sede locale ma anche in relazione ad impianti e progetti alternativi realizzati
in altri siti
In questo
caso secondo il TAR
Sardegna, trattandosi di
impianto energetico (ma il discorso poteva valere anche per altri impianti
industriali) occorreva verificare la compatibilità del sito non solo con
riferimento alla efficienza ambientale e produttiva del progetto presentato ma
anche con progetti simili realizzati in altre zone di Italia ed estere.
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