Nel caso in cui ci sia un ritardo nel concludere il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) non è possibile applicare il silenzio assenso, inoltre il risarcimento danno per ritardo nella decisione non è sempre imputabile alla Pubblica Amministrazione.
Il
Consiglio di Stato con sentenza n.4712 del 13
ottobre 2015 (vedi QUI) ha statuito:
1. sulla
applicabilità del silenzio assenso alla procedura di VIA
2. sul risarcimento
danno da ritardo nel rilascio della autorizzazione ad un impianto eolico
sottoposto anche a VIA
Sul primo aspetto il Consiglio di Stato ha confermato un indirizzo
univoco della giurisprudenza (non solo nazionale ma anche comunitaria) secondo
il quale: “Va osservato che il contrasto tra la
previsione normativa del silenzio assenso ed i principi comunitari, che
impongono l’esplicitazione delle ragioni della compatibilità ambientale del
progetto, costituisce acquisizione ormai costante della giurisprudenza
nazionale (cfr. Cons. Stato, V, 25-8-2008, n. 4058)” Aggiungo che ciò è
particolarmente vero proprio per i procedimenti di VIA (come pure di VAS e
AIA), tanto che anche la recente riforma del governo Renzi sul silenzio assenso
ha dovuto escludere la applicazione di questo istituto ai procedimenti
disciplinati da normativa di derivazione comunitaria (vedi QUI).
Aggiunge poi il Consiglio di Stato nella sentenza qui
esaminata che il mancato giudizio di VIA finale non può giustificare
l’applicazione del silenzio assenso solo perché prima del procedimento
ordinario di VIA si è svolto quello di verifica di assoggettabilità (c.d.
screening) che avrebbe non solo deciso l’applicazione della VIA ma anche
esaminato alcune criticità. In realtà
trattasti di procedimenti distinti e non consequenziali sotto il profilo
istruttorio ma anche della finalità nel
senso che nel procedimento ordinario potrebbe emergere ulteriori criticità non
rilevate in sede di screning e nel senso che mentre lo screening esamina solo
il rilievo degli impatti ai fini della applicabilità o meno della procedura
ordinaria di VIA, questa ultima valuta invece l’effettiva e definitiva
compatibilità ambientale del progetto con il sito interessato. Non solo ma
proprio perché Procedimenti distinti sono anche distintamente impugnabili.
Invece come rileva la sentenza del Consiglio di Stato in relazione al
provvedimento di screening: “Sul punto
va, invero, rilevato che l’autorità regionale si è pronunziata espressamente
con determina n. 199 del 28-10-2010, con la quale, all’esito del procedimento
di screening, è stata disposta l’assoggettabilità del progetto alla valutazione
di impatto ambientale. La suddetta determinazione non risulta essere stata
impugnata dalla società appellante, la quale vi ha prestato acquiescenza anche
attraverso l’ottemperanza al provvedimento mediante presentazione di espressa
istanza di valutazione di impatto ambientale in data 30-7-2010. Anche per tale profilo, dunque, essa non può
invocare l’avvenuta formazione di un silenzio assenso che avrebbe escluso il
progetto dalla procedura di V.i.a.”.
Sul secondo aspetto la sentenza del Consiglio di Stato ha chiarito che da
un lato il procedimento autorizzatorio finale (la c.d. autorizzazione unica ex
DLgs 387/2003) non poteva essere concluso in quanto era in corso il
procedimento di VIA, dall’altro che per intervenuta normativa l’amministrazione
competente ha dovuto chiedere una integrazione documentale propedeutica alla
svolgimento della procedura di autorizzazione unica.
Afferma quindi la sentenza
in esame: “La circostanza, pertanto, che la richiesta
istruttoria sia stata formulata solo nel 2011, tre anni dopo l’entrata in
vigore della normativa in questione, non assume rilevanza ai fini del preteso
risarcimento del danno da ritardo, considerandosi che, in ogni caso, anche ove
fosse stata formulata nell’immediatezza della entrata in vigore della legge n.
31/2008 (legge
regionale che chiedeva le integrazioni al procedimento in esame ndr.), essa non avrebbe potuto condurre, si
ripete, alla definizione del procedimento, risultando ancora in corso gli
adempimenti necessari alla verifica di compatibilità ambientale.”
Quindi l’arresto
procedimentale per mancata presentazione della documentazione integrativa d
parte del committente era pienamente legittimo, considerato che, come rileva il
Consiglio di Stato: “Il ritardo, infatti,
risulta ininfluente ai fini della proposta richiesta risarcitoria,
considerandosi che la mancata positiva definizione del procedimento di
autorizzazione unica rendeva inutile l’ottenimento della VIA e che in ogni caso
tale diniego era stato determinato da un inadempimento del privato, il quale
non aveva ottemperato alla produzione documentale richiesta dalla sopravvenuta
normativa.”
Nessun commento:
Posta un commento