venerdì 8 luglio 2022

BASTA NUOVE ESTRAZIONI DI GAS: LO DICE L'AGENZIA INTERNAZIONALE PER ENERGIA MA IL GOVERNO ITALIANO VA IN ALTRA DIREZIONE

Un Rapporto (NET ZERO – QUI) della Agenzia Internazionale per l’Energia che propone un percorso affinché il mondo affronti i cambiamenti necessari per raggiungere le emissioni nette zero a livello globale entro
2050. Secondo il Rapporto oltre ai progetti già impegnati nel 2021, non ci sono nuovi giacimenti di petrolio e gas approvato per lo sviluppo nel nostro percorso e nessuna nuova miniera di carbone o ampliamento della miniera.

A questo rapporto sono succeduti ulteriori atti ufficiali a livello nazionale, UE e Internazionale che confermano la non necessità di andare a nuove estrazioni ma anche di non puntare in modo eccessivamente strategico a realizzare infrastrutture per il GNL quale risposta alla crisi energetica prodotta dalla guerra in Ucraina.

Il Governo italiano la pensa diversamente e ha approvato il Piano per le c.d. aree idonee, idonee a realizzare nuove estrazioni di gas naturale nel nostro mare.

Nella prima parte del post descriverò la normativa più recente del Governo italiano sulla promozione di estrazioni di gas naturale nazionale.

Nella seconda riporterò in sintesi gli atti ufficiali che dimostrano l’insensatezza di tale politica “draghiana” che sembra dettata più ai legami con gli USA dell’attuale governo nazionale che non ai reali interessi nazionali italiani.


 

PIANO PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA SOSTENIBILE DELLE AREE IDONEE

L’articolo 11-ter della Legge 12/2019 (QUI), poi modificato dalla legge 21/2021 (QUI) ha previsto che entro il 30 settembre 2021 con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è approvato il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), al fine di individuare un quadro definito di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse.

Le suddette leggi prevedono che in caso di mancata adozione del PiTESAI entro il 30 settembre 2021, i procedimenti sospesi nelle more della adozione del Piano, proseguono nell'istruttoria ed i permessi di prospezione e di ricerca sospesi riprendono efficacia.

In realtà però i procedimenti sospesi ex articolo 11-ter della legge 12/2019 non riguardavano e non riguardano le istanze di concessione di coltivazione già presentate né le attività di coltivazione in essere. Su questa seconde attività non sospese in realtà non è vero che il Ministero doveva solo prenderne atto, c’era uno strumento che permetteva di valutare se continuare sia la procedura autorizzatoria sia la gestione in essere, ed è quello della riapertura della VIA come ho spiegato in un post dello scorso 23 maggio 22021 (QUI).

 

Con Decreto ministeriale 28 dicembre 2021 (QUI)il Ministro della transizione ecologica ha approvato il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI)

Quindi dalla approvazione del Piano cessa la sospensione sopra analizzata dell’articolo 11-ter legge 12/2019.

Il Piano in particolare afferma (pagina 15) che si ritiene pertanto che il presente Piano adotti la previsione sia di escludere per il futuro la apertura alle attività upstream di nuove zone marine che non sono state sinora aperte alla ricerca e alla coltivazione degli idrocarburi, sia di giungere a chiudere a nuove attività le aree ricadenti nelle zone marine già aperte ove non è stata mai presentata alcuna istanza relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi o dove questo non è più avvenuto nell’arco degli ultimi 30 anni, adottando pertanto un criterio di “riperimetrazione” delle attuali zone marine sulla base del criterio amministrativo (cartografia dei titoli minerari vigenti e non vigenti in Italia negli anni 1990-2021); tale determinazione sarà definita con specifico Decreto del Ministro della Transizione Ecologica a seguito della adozione del PiTESAI

Di conseguenza il Piano indica le zone marine esistenti che saranno quindi oggetto, con appositi decreti attuativi del MITE, in esito alla adozione del PITESAI, di riperimetrazione in riduzione, al fine di escludere nelle stesse per il futuro qualunque nuova attività di prospezione e di ricerca (e conseguentemente di coltivazione). In totale, verranno chiusi definitivamente (come mostrato nei successivi paragrafi) alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi 540.414 km2 di mare, su un totale di 568.976 km2 sottoposti a giurisdizione italiana.

 

Nonostante ciò il Piano prevede la riattivazione di zone di estrazione nell’Adriatico ed in particolare:

1. Mare Adriatico settentrionale e centrale dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 4.016 su 13.000 (il 30% dell’area della zona marina).

2. Mare Adriatico centrale e meridionale dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 12.980 su 23.000 (il 56% dell’area della zona marina).

3. Mare Tirreno meridionale, Canale di Sicilia, Mar Ionio meridionale dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 32.720 su 46.000.

4. Mare Adriatico meridionale e Mare Ionio dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 3.570 su18470 (il 19% dell’area della zona marina).

5. Mar Ligure, Mare Tirreno, Mare di Sardegna dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 20.890 su 39260 (il 35% dell’area della zona marina).

6. Mare Adriatico meridionale e Mare Ionio dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 39.960 su 50520 (il 79% dell’area della zona marina).

7. Mare Tirreno meridionale e Canale di Sicilia dove la superficie in cui è possibile presentare nuove istanze è di km2 25.520 su 36220 (il 70% dell’area della zona marina).

N.B. in realtà dette percentuali sono frutto delle riduzioni di aree di potenziale estrazione già decise con i seguenti provvedimenti: Decreto ministeriale del 9 agosto 2013 e Decreto ministeriale del 27 dicembre 2012

 

8. La piattaforma continentale italiana.  Attualmente la superficie totale delle zone marine aperte alle attività minerarie, come rimodulate dal D.M. 9/08/2013 con lo stralcio delle aree vietate e della fascia delle 12 miglia nautiche dalle coste e dalle aree marine e costiere protette, è di circa km2 139.656 e costituisce circa il 25% della superficie totale della piattaforma continentale italiana.

9. Zona Economica Esclusiva – ZEE che comprende tutte le acque circostanti il mare territoriale o parte di esse. Per questa zona il Piano prevede che ferma restando la pianificazione in essere, nulla toglie che qualora si verificasse in futuro l’ipotetico caso specifico di non rinvenimento di nuovo giacimento a cavallo della linea di delimitazione della piattaforma continentale o della ZEE con Stati frontisti con i quali l’Italia non ha un accordo bilaterale, i relativi rapporti potrebbero comunque essere disciplinati e risolti con nuovi accordi bilaterali, anche con riferimento alle quote di risorse da corrispondere.


Aree potenzialmente interessate da attività di ricerca prospezione ed estrazione sia in terra che in mare

A pagina 187 e 188 del Piano si afferma quanto segue.

Il presente Piano determina la cartografia finale delle aree che costituiscono l’ambito territoriale di riferimento del PiTESAI, all’interno del quale saranno applicati i criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica descritti nel presente Piano, al fine di individuare le aree idonee e non, per la prosecuzione delle attività upstream.

Tutte le altre aree in mare, nella ZEE e in terraferma diverse da quelle sopra indicate come ambito territoriale di riferimento saranno con decreto del MITE chiuse definitivamente alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.

Riassumendo, si evidenzia che l'area complessivamente interessata dall'ambito territoriale di riferimento del PiTESAI, pari a 156.403,76 km2 (di cui 81,6% in terraferma e 18,4% a mare): a terra ricomprende il 42.5% del territorio nazionale. Non saranno pertanto più interessate da attività di ricerca e coltivazione, per motivi legati al potenziale geominerario e alla storia esplorativa degli ultimi 30 anni, le Regioni Valle D'Aosta, Trentino Alto Adige, Liguria, Umbria, Toscana (quest’ultima ad eccezione dell'area relativa a due concessioni di coltivazione in essere) e Sardegna. A mare ricomprende l'11.5% dell'area complessiva delle zone marine sinora aperte (vedi punti da 1 a7 sopra elencati) e il 5% della intera superficie marina sottoposta a giurisdizione italiana.

 

Infine la legge n° 34 del 27 aprile 2022 (QUI) all’articolo 16 prevede che al fine di contribuire al rafforzamento della   sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale a prezzi ragionevoli ai clienti finali e, contestualmente, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il GSE o le società da esso controllate avvia, su direttiva del Ministro della transizione ecologica, procedure per l'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas.  

Il Gruppo GSE (QUI) invita i titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale, ricadenti nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, a manifestare  interesse ad aderire alle procedure di cui sopra, comunicando i programmi delle produzioni di gas naturale delle concessioni in essere, per gli  anni dal 2022 al 2031, nonché un elenco di possibili sviluppi, incrementi o ripristini delle produzioni di gas naturale per lo stesso periodo nelle concessioni di cui sono titolari, delle tempistiche massime  di entrata in  erogazione, del profilo atteso di  produzione  e  dei relativi investimenti necessari. Tutto questo si applica alle concessioni i cui impianti di coltivazione ricadono in tutto o in parte in aree considerate idonee nell'ambito del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, approvato con decreto del Ministro della transizione ecologica 28 dicembre 2021 sopra analizzato, anche nel caso di concessioni improduttive o in   condizione di sospensione volontaria delle attività.

La predetta comunicazione è effettuata nei confronti del Gruppo GSE, del Ministero della transizione ecologica e dell'ARERA, entro trenta giorni dall'invito alla manifestazione di interesse del GSE.

I procedimenti di valutazione e autorizzazione delle opere necessarie alla realizzazione dei piani di interventi di cui sopra si concludono entro il termine di sei mesi dalla data di avvio dei procedimenti medesimi.

Le procedure di valutazione ambientale sono svolte dalla Commissione Tecnica PNRR-PNIEC di cui all'articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (QUI) a proposito di deroghe alle norme ambientali.

 

 

 

I DOCUMENTI UE E INTERNAZIONALI VANNO IN ALTRA DIREZIONE SULLE NUOVE INFRASTRUTTURE DEL GAS A COMINCIARE DALLE NUOVE ESTRAZIONI

 

Rapporto di ECCO (The Italian climate change think tank - QUI)

Nel Rapporto  (testo completo QUI) vengono definiti un mix di interventi di risparmio e di rilancio delle rinnovabili che permetterebbe entro il prossimo inverno la sostituzione del 50% dei volumi delle importazioni di gas russo e un risparmio della spesa nazionale di 14,5 miliardi di euro ai costi attuali del gas.

Secondo il Rapporto l’incremento di gas nazionale non rappresenta una soluzione né impattante né sostenibile. L’incremento di meno di 2 miliardi di metri cubi all’anno, previsto dal piano del Governo italiano, corrisponde al 6% delle importazioni di gas russo, ha costi di estrazione molto più elevati e richiede un ingente intervento fiscale a carico di tutti per calmierare i prezzi. Il gas nazionale “meno caro” non esiste e la riapertura è in netta contraddizione con gli impegni internazionali presi dell’Italia nel G20 e alla COP26 nel corso del 2021

D’altronde non è vero che spenderemo di meno con il gas nazionale. Che sia importato o estratto localmente, viene comunque immesso nella stessa rete e scambiato in mercati organizzati come prodotto indistinto a un prezzo che è influenzato solo dal rapporto tra offerta complessiva e domanda della macroregione di riferimento (nel nostro caso: l’Europa). Un consumatore non solo non paga prezzi diversi per il gas locale, ma nella gran parte dei casi non è nemmeno in grado di sapere da dove venga il gas che sta consumando (QUI).

 

 

Rapporto di Carbon Tracker (QUI)

Questo think tank continua la serie di rapporti che esplorano i rischi a lungo termine associati agli investimenti nelle infrastrutture del gas del settore energetico a livello globale.

Il Nuovo Rapporto (testo completo QUI) fa seguito al rapporto Put Gas on Standby (QUI) dello scorso anno, incentrato sulle prospettive per le centrali elettriche a gas in Europa e negli Stati Uniti, con l'attenzione rivolta qui all'Asia e ai rischi estremi associati alle nazioni in questa regione che aumentano la loro esposizione ai mercato volatile del gas naturale liquefatto (GNL).

Il conflitto Russia-Ucraina ha dimostrato che le forniture di gas possono essere utilizzate come armi o cadere dentro le sanzioni internazionali in qualsiasi momento e le nazioni dovrebbero ora dare priorità urgentemente ai modi per ridurre l'esposizione a questo mercato altamente volatile.

Il rapporto tenta di persuadere i responsabili politici a cogliere le immense opportunità offerte loro nel settore dell'energia pulita e iniziare il viaggio verso l'indipendenza energetica pianificando un sistema elettrico incentrato su energie rinnovabili a basso costo e rischio inferiore.

Il rapporto così conclude:

1. Una maggiore esposizione al mercato globale altamente volatile del GNL non sarebbe saggio. Il conflitto Russia-Ucraina ha dimostrato che le forniture di gas possono essere utilizzate come armi o essere soggette a sanzioni internazionali in qualsiasi momento e ha mostrato più chiaramente che ora non è il momento per le nazioni di aumentare la propria dipendenza dai mercati del gas instabili per le esigenze del settore energetico. La pianificazione di un sistema energetico incentrato sulle energie rinnovabili con accumulo di batterie ridurrà al minimo l'esposizione al rischio del prezzo delle materie prime, potrà essere sviluppato a un costo inferiore rispetto al nuovo gas e impedirà che miliardi di dollari di investimenti nelle infrastrutture del GNL si incaglino.

2. Le nuove unità di gas su larga scala in Giappone, Corea del Sud e Vietnam sembrano totalmente incompatibili con un percorso a zero emissioni nette entro il 2050 e quelle costruite potrebbero essere costrette a chiudere con largo anticipo rispetto alla fine del ciclo di vita pianificato. Si potrebbero perdere fino a 70 miliardi di dollari se si sviluppassero nuove unità di gas pianificate in questo scenario climatico più rigoroso. La stragrande maggioranza dei progetti richiederebbe un ampio sostegno del governo per essere resa possibile, la cui fornitura non ha senso quando sono disponibili alternative rinnovabili più economiche.

 


Piano REPowerEU della UE

Il Piano REPowerEU (testo piano QUI) mira a ridurre rapidamente la dipendenza della UE dai combustibili fossili russi imprimendo un'accelerazione alla transizione verso l'energia pulita e unendo le forze per giungere a un sistema energetico più resiliente e a una vera Unione dell'energia.

Secondo il Piano la valutazione regionale del fabbisogno supplementare di infrastrutture del gas per REPowerEU dimostra che sarà possibile compensare del tutto l'equivalente delle importazioni russe di gas con una combinazione di riduzione della domanda, aumento della produzione interna di biogas/biometano e idrogeno, e aggiunte limitate all'infrastruttura del gas. Le esigenze più importanti riguardano il soddisfacimento della domanda nell'Europa centrale e orientale [NOTA 1] e nella Germania settentrionale, nonché il rafforzamento del corridoio meridionale del gas. Tale espansione limitata delle infrastrutture, come descritto nell'allegato 3, dovrebbe rispondere al fabbisogno per il prossimo decennio, senza comportare una dipendenza dai combustibili fossili né creare attivi non recuperabili che ostacolano la transizione a lungo termine verso un'economia climaticamente neutra.

 

 

Strategia dell'UE per ridurre le emissioni di metano

La Risoluzione del Parlamento europeo del 21 ottobre 2021  (testo QUI) sulla strategia dell'UE per ridurre le emissioni di metano, parte da un documento ufficiale: la relazione «Net Zero by 2050: A Roadmap for the Global Energy Sector» (Azzeramento delle emissioni nette entro il 2050: una tabella di marcia per il settore globale dell'energia) dell'Agenzia internazionale per l'energia esaminata all’inizio di questo post). Secondo la relazione, in uno scenario di azzeramento delle emissioni nette, le emissioni di metano generate dai combustibili fossili dovrebbero essere ridotte del 75 % tra il 2020 e il 2030.

La Risoluzione sottolinea che la produzione e il trasporto di gas naturale liquefatto non solo sono estremamente inefficienti, se si considerano le perdite di energia dovute alla liquefazione e al raffreddamento, ma contribuiscono anche ad aumentare in maniera esponenziale le emissioni di metano del settore del petrolio e del gas; prende atto con preoccupazione dell'utilizzo del gas naturale liquefatto come combustibile per i trasporti marittimi.

 


Il rapporto del Gestore Mercati Energetici 

Il Gestore Mercati Energetici (QUI)  ha pubblicato la sua newsletter del giugno 2022 (QUI) dove, tra l’altro, ha analizzato situazione attuale e prospettive del Gas naturale liquefatto (GNL) nel mondo e in Europa.

Una analisi che dimostra come l’accelerazione semplificatoria per realizzare infrastrutture di trasporto e rigassificazione del GNL (in deroga ad importanti norme ambientali, vedi QUI QUI) non sia giustificata dalla emergenza in atto visti i tempi di realizzazione delle stesse ma anche la situazione internazionale del rapporto rigassificatori impianti di liquefazione oltre ai costi delle componenti per realizzare dette infrastrutture per non parlare dello stato attuale dei contratti a lungo termini per il mercato del GNL che rendono poco flessibili il suo trasferimento in zone diverse del pianeta.

 



[NOTA 1]  

Due corridoi di trasporto del gas estremamente importanti per la sicurezza dell'approvvigionamento nell'Europa centrale e orientale sono il corridoio transbalcanico (Turchia-Bulgaria-Romania) e il corridoio verticale (interconnettore Grecia‑Bulgaria, interconnettore Romania-Bulgaria e BRUA) che agevoleranno la fornitura da paesi terzi.

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