giovedì 4 aprile 2019

Pubblicate le proposte della Giunta Ligure su autonomia regionale, tra incostituzionalità e propaganda: rischi per l’ambiente

Con Delibera della Giunta Regionale Ligure (uscita sul BURL ieri, per il testo completo vedi QUI), è stata licenziata, dopo un passaggio in Consiglio Regionale, la proposta di autonomia per la Regione Liguria in varie materie tra cui l’Ambiente. Si tratta di proposte che in questo delicatissimo settore hanno i caratteri di forzature costituzionali ma anche di mera propaganda come descrivo nel post che segue.  Occorre però sottolineare da subito che alcune proposte se passassero produrre una situazione da far west nelle decisioni ambientali regionali come quella sulla definizione di rifiuto. 


REGIONALISMO DIFFERENZIATO ALLA BASE DELLA DELIBERA DELLA REGIONE LIGURIA

La richiesta di maggiora autonomia da parte della Giunta regionale ligure nasce dal cosiddetto Regionalismo Differenziato. 

Secondo l'articolo 116 della Costituzione comma 3  sarà possibile che ciascuna Regione negozi con lo Stato forme particolari di autonomia  concernenti :
1. le materie di legislazione concorrente di cui al comma 3 del nuovo articolo 117
2. le seguenti materie  di legislazione esclusiva statale : organizzazione della giustizia di pace (lettera l comma 2 articolo 117); norme generali di istruzione (lettera n comma 2 articolo 117) ; tutela dell’ambiente , dell’ecosistema e dei beni culturali (lettera s comma 2 dell’articolo 117)

Il comma 2 dell’articolo 116 individua la procedura per ottenere i suddetti ulteriori ambiti di autonomia per le singole Regioni. In particolare si prevede che la ulteriore autonomia venga riconosciuta con legge statale  su iniziativa della Regione  interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119 (tutela delle autonomie locali). La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti , sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.[NOTA 1]



ANALISI CRITICA DELLE PROPOSTE DI AUTONOMIA IN MATERIA AMBIENTALE NELLA DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE LIGURE
Di seguito in rosso e nei riquadri le proposte di autonomia contenute nella DGR 181/2019 e in nero la mia analisi critica



Valutazione di Impatto Ambientale e Valutazione Ambientale strategica

Si richiede l’attribuzione alla competenza regionale della gestione di tutti i procedimenti di VIA relativi a progetti la cui localizzazione ricada nel territorio regionale, ad eccezione delle infrastrutture di competenza statale o soggette a specifica autorizzazione statale. In altri termini, ci si riferisce ai progetti la cui competenza autorizzativa o le cui ricadute siano prevalentemente di carattere locale/territoriale quali i porti, marittimi e commerciali, i terminali marittimi, i parcheggi interrati.Il riconoscimento di tale autonomia consente, infatti, la semplificazione dei procedimenti, la riduzione dei tempi nonché una maggior efficacia ed efficienza in termini di risposta al territorio.

Intanto la richieste appare in generale confusa. Facciamo un esempio: i rigassificatori. Per questi impianti la VIA è di competenza statale, I’AIA di competenza regionale ma l’autorizzazione finale è del Ministero dello Sviluppo Economico previa intesa con la Regione. Domanda quanto l’atto della Regione Liguria tratta di “specifica autorizzazione statale” a cosa si riferisce. Nel caso dei rigassificatori la richiesta della Regione Liguria se venisse applicata alla lettera , essendo la autorizzazione finale statale, comporterebbe che tutti i poteri andrebbero allo Stato compreso il rilascio dell’AIA.
Ma veniamo ad un secondo esempio che riguarda la VAS. La richiesta della Regione afferma che vuole trasferire alla propria competenza  la VAS dei “piani la cui  localizzazione ricada nel territorio regionale”, in particolare la richiesta della Regione fa riferimento ai piani dei porti. Ora come dovrebbe essere noto almeno a tutti gli addetti ai lavori Il piano regolatore portuale è elaborato dalla Autorità di Sistema Portuale corredato del rapporto ambientale ai fini della applicazione della VAS. 
Il PRP è adottato dal Comitato di gestione, previa intesa con i comuni territorialmente interessati con riferimento esclusivo alla pianificazione delle aree destinate a funzioni di interazione porto-città. Dopo l’adozione c’è il parere  di  competenza al Consiglio superiore dei lavori pubblici. Segue il Parere motivato che conclude la procedura di VAS. Infine l’approvazione del Consiglio Regionale.
Quindi essendo la Regione autorità procedente (approva il Piano) è anche autorità competente in materia di VAS. Infatti  recitano i commi 1 e 2 dell’articolo 7 del DLgs 152/2006:
1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato.
2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali.”

Non solo ma vediamo cosa afferma il comma 3-ter articolo 6 del DLgs 152/2006: ” “3-ter. Per progetti di opere e interventi da realizzarsi nell'ambito del Piano regolatore portuale, già sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che rientrano tra le categorie per le quali è prevista la Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale.
Qualora il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste dalla Parte Seconda del presente decreto ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento.

Quindi nel caso in cui il Piano regolatore di sistema portuale preveda opere sottoposte a VIA questa procedura (se la VAS del PRP è già stata svolta) recepisce i contenuti della VAS regionale ( si veda anche il comma 5 articolo 10 DLgs 152/2006). Se invece il progetto soggetto a VIA costituisce variante si fa un procedimento unico VAS-VIA gestito dalla Regione in quanto autorità competente alla VAS. Non solo ma se proprio  la Giunta Regionale avesse voluto affrontare con serietà la questione dei maggiori poteri regionali in questa materia sarebbe stato sufficiente che affrontasse un aggiornamento del Protocollo (2011) “VIA – VAS  proposta per il coordinamento e l’integrazione delle procedure” che al capitolo 2 prevede: “ipotesi di una procedura VIA – VAS  integrata per i piani regolatori portuali”. In questo protocollo si definiscono linee guida per la gestione integrata delle procedure VIA - VAS e la procedura così integrata si conclude con  provvedimento del MATTM.  Ecco qui si potrebbe prevedere che in questo caso essendo la Regione autorità competente della VAS il provvedimento si concluda con un atto della Regione di Intesa con il MATTM sempre che le opere previste sia di competenza statale relativamente alla VIA ovviamente.

L’atto della Regione contiene sul punto altri riferimenti confusi. Si parla di trasferire alla Regione le competenze sui parcheggi interrati! Intanto andrebbe chiarito a quali parcheggi ci si riferisce. Pensiamo siano quelli rientranti nell’allegato II alla Parte Seconda del DLgs 152/2006 secondo il quale sono soggetti a VIA statale i “parcheggi interrati che interessano superfici superiori a 5 ha, localizzati nei centri storici o in aree soggette a vincoli paesaggistici decretati con atti ministeriali o facenti parte dei siti UNESCO”. Peccato che in questo caso, sempre che si possa trasferire questa competenza alla Regione,  si sarebbe comunque l’obbligo del concerto con il Ministero dei Beni Culturali, che come è noto esprime in questi casi un parere obbligatorio e vincolante.
Si aggiungono altri elementi di perplessità nella richiesta della Regione di maggiori poteri in materia di VIA quando il Consiglio Regionale recentemente (articolo 17 della legge 29/20017) ha abrogato la legge regionale sulla VIA producendo due conseguenze immediate:
1.      minori categorie di opere assoggettabili a VIA
2.      eliminazione della applicazione della VIA ex post

Relativamente alle categorie di opere sottoposte a VIA
Intanto una abrogazione totale della legge regionale appare francamente ridondante visto  che sempre la vigente versione del DLgs 152/2006 al comma 8 articolo 7-bis: “8. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni  amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l’eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali. La potestà  normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea”.
Il problema vero nasce invece dal fatto che abrogando la legge regionale 38/1998 abroga anche gli allegati a quest’ultima che elencavano le categorie di opere  sottoposte a procedure ordinaria (allegato 2) e a procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (allegato 3).  Quindi per capire quali categorie di opere sono sottoposte a VIA ordinaria o a Verifica di assoggettabilità una volta che l’abrogazione della legge regionale verrà definitivamente approvata dal consiglio regionale,  occorrerà guardare agli allegati alla parte II del DLgs 152/2006 (allegati III e IV).
Quello che però è mancato, nella predisposizione di questa abrogazione da parte della giunta regionale ligure, è una analisi puntuale che mettesse a confronto le categorie di opere elencate negli attuali allegati della legge regionale ligure sulla VIA e quelle elencate negli allegati al DLgs 152/2006. (NOTA 2)

Relativamente alla VIA ex post
La Regione Liguria in vari casi recenti (clamoroso quello della Italiana coke) non essendoci più il comma 4-bis articolo 2 previsto dalla legge regionale 38/1998 ora abrogato, ha di fatto eliminato ogni possibilità di applicazione della VIA a quei casi dove nel passato non era stata applicata la VIA violando la norma comunitaria oppure a quei progetti oggetto di modifiche sostanziali e che in precedenza non avevano avuto nessuna VIA (magari perché all’epoca non applicabile temporalmente).




Organizzazione e gestione di servizi pubblici ambientali nell’ambito del servizio idrico integrato e dei rifiuti

Si richiede autonomia legislativa regionale in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del ciclo dei rifiuti urbani, al fine di poter determinare gli ambiti, gli organi, le competenze, il modello organizzativo e le modalità di determinazione delle tariffe e di gestione dei servizi.
La configurazione e conformazione del territorio Ligure ha reso difficoltoso il recepimento sul territorio dei modelli organizzativi e gestionali delineati dallo Stato, generando spesso conflitti territoriali e ritardi nella realizzazione delle opere e nella gestione dei servizi. Si rendono necessari modelli e modalità di organizzazione del territorio adatti alle specifiche conformazioni geo-morfologiche ed insediative del territorio che la realtà istituzionale territoriale in autonomia legislativa saprà rappresentare al meglio.

La questione va vista alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia : sentenza n. 32 del 2015 (su legge regionale ligure ato idrico) , sentenza 160 del 2016 Obbligo, per gli enti locali, di adesione agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali, istituiti per l'organizzazione dei servizi stessi  Esercizio di poteri sostitutivi da parte del Presidente della Regione in caso di inosservanza.

Infatti vengono toccate materie di competenza esclusiva dello stato: (concorrenza e ambiente) ex articolo 117. I principi espressi dalla corte costituzionali quindi non possono essere derogati neppure dalla procedura di cui all’articolo 116 come già spiegato in precedenza.




Disciplina del recupero di rifiuti in una ottica di economia circolare

Si richiede autonomia amministrativa in materia di disciplina relativa ai criteri specifici per la cessazione della qualifica di rifiuto conseguente ad un’operazione di recupero, anche nelle more di una revisione della disciplina nazionale di cui al D. M. 5.2.1998
Il tema, avente peraltro valenza per tutte le Regioni, inerisce la competenza ad una valutazione specifica caso per caso in sede di rilascio dei provvedimenti autorizzativi, della idoneità di una determinata operazione di recupero a far cessare la qualifica di rifiuto al materiale trattato.

Obiettivo questo assolutamente inaccettabile che se esteso su scala nazionale, sotto il profilo sostanziale, permetterebbe un far west nella gestione del ciclo dei rifiuti con il rischio che di migrazioni di rifiuti nelle Regioni con la normativa più “semplificata” e “favorevole” alla deroga alla normativa sui rifiuti. Il tutto con buona pace di altri principi costituzionali: libera concorrenza, libertà di impresa, eguaglianza di fronte alla legge.
Oltre al dato che nella materia ambiente di competenza esclusiva dello Stato quest’ultimo ha potere di regolamentazione anche tecnica.

Si veda:
1. Corte Costituzionale sentenza del 2009  N. 249
La disciplina dei rifiuti si colloca, per giurisprudenza di questa Corte,  nell'ambito della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art.117, secondo comma, lettera s), Cost.,  anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di
tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, restando ferma la competenza  delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (ex multis, sentenze n.62 del 2008).
Pertanto, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell'ambiente, possono venire in rilievo interessi  sottostanti ad altre materie, per cui la «competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire [...]», ovviamente nel  rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (sentenza n.62  del 2005, altresì, sentenze n.247 del 2006, n.380 e n.12 del 2007).

2. Corte Costituzionale 2009 N.233
nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, lo Stato non si limita a dettare norme di principio, anche   riguardo alle funzioni amministrative, la cui attribuzione può essere disposta in base ai criteri generali dettati dall'art. 118, primo comma, Cost. (sentenze n.88 del 2009 e n.62 del 2005), del resto compatibile con la disciplina dell'ambiente (sentenza n. 401 del 2007).

Altra cosa è quando la legge attribuisce poteri alle Regioni anche nella materia ambiente.
Si veda Corte Costituzionale del 2009  N. 249
18.–  La Regione Calabria propone questione di legittimità costituzionale nei confronti dell’art.205, comma 6, nella parte in cui, prevedendo che le Regioni possano indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti  tramite apposita legge, previa intesa con il Ministro dell’ambiente,  produrrebbe un anomalo vincolo amministrativo sulla funzione legislativa regionale, in violazione degli artt. 114 e 117 Cost.
      La questione è fondata.
La sottoposizione a vincoli procedimentali dell’esercizio della competenza  legislativa regionale in tema di individuazione di maggiori obiettivi di riciclo e recupero dei rifiuti, che la stessa norma statale impugnata attribuisce ad  essa, determina evidentemente una lesione della sfera di competenza regionale, posto che questa Corte ha già affermato che l’esercizio dell’attività  legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione (sentenza n.159 del
2008).
Peraltro la normativa nazionale sul punto ha già ampiamente previsto la declassificazione di numerose tipologie di materiali prima considerati rifiuti con problematiche ambientali ma anche penali note. Sia sufficiente pensare alla questione delle terre e rocce di scavo.



Determinazione e riconoscimento del Danno Ambientale per effetti sul territorio regionale generati da eventi sul territorio medesimo

Si richiede competenza autonoma legislativa e amministrativa della Regione in merito alla determinazione e al riconoscimento del Danno ambientale nel caso di eventi che interessino esclusivamente il territorio regionale e non ricadenti in Siti di interesse Nazionale ai sensi dell’art. 252 del D. Lgs. 152/06. Le competenze in materia di danno a livello regionale e sub-regionale sono relative alle procedure e modalità di istruttoria per la determinazione, accertamento e quantificazione del danno ambientale oltre che di definizione delle misure per il risarcimento ed il ripristino dei siti.

La frase in se non ha molto significato giuridico amministrativo.

Dal punto di vista della disciplina delle bonifiche. Attualmente la normativa (in particolare il TU ambientale (titolo V Parte IV DLgs 152/2006) riconosce alla Regione strumenti per garantire la correlazione richiesta dal documento proposto dalla Giunta : accordi di programma (articolo 246), procedura  Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (articolo 252-bis DLgs 152/2006). Senza considerare le norme che permettono accordi con i privati con procedure semplificate per bonificare i siti inquinati in assenza di adeguati investimenti pubblici (NOTA 4). Su questo ultimo punto il Consiglio Regionale (nel caso del sito di Pitelli declassificato a sito regionale e quindi di competenza della Giunta Regionale) ha approvato una mozione a suo tempo che prevedeva impegni presi per la Giunta rimasti in gran parte lettera morta se non qualche finanziamento limitato ad aree specifiche. Per non parlare delle aree militari sulle quali la Giunta Regionale avrebbe da tempo potuto attivarsi in base alle norme dello stesso Codice Militare oltre che dell’articolo 241-bis del DLgs 152/2006

Dal punto di vista della disciplina della prevenzione e risarcimento del danno ambientale (Parte IV DLgs 152/2006). Se la Giunta intende fare riferimento all’articolo 306-bis (NOTA 3) del DLgs 152/2006 (Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale) queste si riferiscono ai siti di bonifica di interessa nazionale e comunque questa procedura prevede un ruolo preciso della Regione nella Conferenza dei Servizi. Qui ci potrebbero essere margini di riforma/aggiornamento della norma prevedendo un accordo di programma Stato Regione interessato per approvare in via definitiva la transazione disciplinata da questo articolo.

Peraltro sarebbe interessante capire perché la Regione non ha mai attivato l’articolo 309 del DLgs 152/2006 secondo il quale: “1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.”

Se infine la Giunta Regionale si riferisce all’articolo 311 DLgs 152/2006 (azione risarcimento danno ambientale) qui conta la sentenza della Corte Costituzionale  n. 126 del 2016.
Il giudice che ha rinviato alla Corte Costituzionale prospetta (in riferimento agli artt. 3, 9, 24 e 32 della Costituzione) che l’accentramento della legittimazione ad agire in capo ad un solo soggetto (ex articolo 311 DLgs 152/2006: il Ministero dell’Ambiente) non garantirebbe un sufficiente livello di tutela della collettività e della comunità, nonché degli interessi all’equilibrio economico, biologico e sociologico del territorio, comportando l’irragionevole sacrificio di un aspetto ineludibile nel sistema di tutela. Inoltre (art. 3 Cost., principio di ragionevolezza) l’esclusione della possibilità di agire in giudizio per la Regione e per egli enti territoriali, soggetti esponenziali della collettività che opera nel territorio leso che è parte costitutiva della soggettività degli stessi, rispetto allo Stato, darebbe luogo a disparità di trattamento tra soggetti portatori di identica posizione giuridica.
Secondo la Corte Costituzionale le cose non stanno così: la Corte afferma che Il riconoscimento dell’esistenza di un bene ambiente quale «bene immateriale unitario» non è fine a se stesso, ma funzionale all’affermazione della esigenza sempre più avvertita della uniformità della tutela, uniformità che solo lo Stato può garantire, senza peraltro escludere che anche altre istituzioni potessero e dovessero farsi carico degli indubbi interessi delle comunità che direttamente fruiscono del bene.
Sul punto la Corte già con sentenza n. 235 del 2009 affermò che “la scelta di attribuire all’amministrazione statale le funzioni amministrative trova una non implausibile giustificazione nell’esigenza di assicurare che l’esercizio dei compiti di prevenzione e riparazione del danno ambientale risponda a criteri di uniformità e unitarietà, atteso che il livello di tutela ambientale non può variare da zona a zona e considerato anche il carattere diffusivo e transfrontaliero dei problemi ecologici, in ragione del quale gli effetti del danno ambientale sono difficilmente circoscrivibili entro un preciso e limitato ambito territoriale”.

Tornando alla Sentenza della Corte Costituzionale 126/2016 questa ha avuto modo di affermare che con la Direttiva 21 aprile 2004, n. 2004/35/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale) Solo qualora la riparazione primaria non dia luogo a un ritorno dell’ambiente alle condizioni originarie, si intraprenderà la riparazione complementare e quella compensativa. Quindi sempre secondo la sentenza in esame: una volta messo al centro del sistema il ripristino ambientale, emerge con forza l’esigenza di una gestione unitaria: un intervento di risanamento frazionato e diversificato, su base “micro territoriale”, oltre ad essere incompatibile sul piano teorico con la natura stessa della qualificazione della situazione soggettiva in termini di potere (funzionale), contrasterebbe con l’esigenza di una tutela sistemica del bene; tutela che, al contrario, richiede sempre più una visione e strategie sovranazionali, come posto in evidenza, oltre che dalla disciplina comunitaria, dall’ultima Conferenza internazionale sul clima tenutasi a Parigi nel 2015, secondo quanto previsto dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
È in questo contesto normativo e giurisprudenziale che si inserisce la nuova disciplina del potere di agire in via risarcitoria (d.lgs. n. 152 del 2006),
All’esigenza di unitarietà della gestione del bene “ambiente” non può infatti sottrarsi la fase risarcitoria. Essa, pur non essendo certo qualificabile come amministrativa, ne costituisce il naturale completamento, essendo volta a garantire alla istituzione su cui incombe la responsabilità del risanamento, la disponibilità delle risorse necessarie, risorse che hanno appunto questa specifica ed esclusiva destinazione.
Ciò non esclude – afferma la sentenza 126/2016 − che ai sensi dell’art. 311 del d.lgs. n. 152 del 2006 sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi subiti. La Corte di cassazione ha più volte affermato in proposito che la normativa speciale sul danno ambientale si affianca (non sussistendo alcuna antinomia reale) alla disciplina generale del danno posta dal codice civile, non potendosi pertanto dubitare della legittimazione degli enti territoriali a costituirsi parte civile iure proprio, nel processo per reati che abbiano cagionato pregiudizi all’ambiente, per il risarcimento non del danno all’ambiente come interesse pubblico, bensì (al pari di ogni persona singola od associata) dei danni direttamente subiti: danni diretti e specifici, ulteriori e diversi rispetto a quello, generico, di natura pubblica, della lesione dell’ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale di rilievo costituzionale.



Bonifiche di siti di interesse regionale e locale
Si richiede autonomia legislativa ed amministrativa in materia di procedure e modalità di bonifica, con l’esclusione dei siti di interesse nazionale. Trattasi della disciplina attualmente in capo allo Stato di cui agli artt. 242-251 del D.lgs 3 aprile 2006, n.152.
La possibilità della Regione di legiferare autonomamente in merito all’individuazione dei siti da bonificare, alle competenze in materia di bonifica a livello regionale e sub-regionale, alle procedure e modalità di effettuazione delle bonifiche ed alle attività di controllo, alla gestione di eventi di contaminazione che interessino i corsi d’acqua, consentirà di adattare la classificazione dei siti, le procedure, le competenze e le modalità degli interventi di bonifica alle conformazioni ed alla caratterizzazione ambientale specifiche del territorio regionale.
La bonifica e messa in sicurezza di molte aree industriali dismesse e di piccole dimensioni richiede la possibilità di adattare la normativa introducendo semplificazioni ed incentivi che favoriscano l’iniziativa privata.
L’assetto geologico e geochimico regionale richiede inoltre un adattamento dei criteri tecnici in materia di siti contaminati allo scopo di semplificare le modalità di individuazione dei fondi naturali ed incrementare il ripristino dei suoli e l’utilizzo del materiale litoide in opere costiere e ripascimenti.

Riguardo alla prima parte di questa richiesta ci pare assolutamente in contrasto con quanto affermato pochi mesi fa dalla Corte Costituzionale sentenza 13 giugno 2018, n. 126 secondo la quale: “ Spetta allo Stato disciplinare, pure con disposizioni di dettaglio e anche in sede regolamentare, le procedure amministrative dirette alla prevenzione, riparazione e bonifica dei siti contaminati. È evidente che le relative attività e i conseguenti interventi sono strettamente condizionati alla definizione di un adeguato e puntuale programma di rigenerazione urbana, che postula l’esercizio di funzioni propriamente programmatorie a livello urbanistico. Tuttavia, l’attività di tutela dell’ambiente può implicare anche il coinvolgimento delle funzioni appartenenti ad altre materie, limitando in tal modo le competenze regionali. D’altronde, la disciplina in tema di bonifica dei siti contaminati (artt. da 239 a 253 del d.lgs. n. 152 del 2006) tiene conto della necessaria incidenza sul «governo del territorio», poiché gli interventi ivi previsti sono strettamente connessi alla destinazione urbanistica delle singole aree da bonificare.”

Peraltro al di la delle questioni strettamente giuridiche occorre sottolineare che la specificità di un territorio in rapporto alle modalità di bonifiche deve essere presa in considerazione in relazione alle caratteristiche ecosistemiche dove si realizza l’inquinamento e non certo in base ai confini amministrativi regionali.

Ma anche volendo seguire la logica che sottende a questa proposta e che emerge dalla seconda parte della richiesta della Regione: favorire l’iniziativa della impresa privata nelle attività di bonifica, occorre dire che in realtà la normativa esiste già sia nazionale che regionale.



Costituzione e gestione dei consorzi irrigui e di bonifica di interesse regionale e sub regionale
Si richiede autonomia legislativa piena in materia di costituzione e gestione dei consorzi irrigui e di bonifica di interesse regionale e sub-regionale con la possibilità, quindi, di legiferare in ordine alle modalità organizzative per la costituzione di organismi sovracomunali/consortili che gestiscano interventi di bonifica, irrigazione, difesa idraulica e del suolo di interesse regionale e sub-regionale.
La Liguria non è caratterizzata da territorio che abbisogni di interventi di bonifica integrale di cui al Regio decreto, ormai datato, del 1933, bensì da un territorio fragile e delicato nel cui ambito la bonifica va intesa in termini di regolazione del regime delle acque anche ai fini di difesa e riqualificazione del territorio. Lo strumento consortile delineato dal regio decreto è uno strumento utile ma antiquato che va adeguato nelle finalità e nelle modalità di funzionamento alle esigenze specifiche dei territori.

Appare richiesta inutile alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n° 160 del 2018 che ha riconosciuto ampi poteri alle Regioni, anche legislativi e non solo provvedimentali,  relativamente alla organizzazione e alle attività dei consorzi in  oggetto anche sulla base della intesa raggiunta il 18 settembre 2008 nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Non solo ma la Corte Costituzionale riconosce alle Regioni il potere di legiferare in materia “tenuto  conto della specificità oro-idrografica della regione, si può fare riferimento a unità idrografiche omogenee”.
La Corte Costituzionale infine,anche riprendendo la sua precedente giurisprudenza afferma:  il carattere intrinsecamente settoriale delle funzioni di bonifica si articola in duplice senso: a) come specialità degli interventi, da realizzare sulla base di un piano e di un progetto di opere concretamente individuate, dirette alla bonifica e al miglioramento fondiario; b) come operatività della bonifica stessa in relazione a un determinato territorio, dalle caratteristiche idrogeologiche omogenee, il quale deve riferirsi a un’area suscettibile di trasformazione a fini di valorizzazione o, più semplicemente, di conservazione» (sentenza n. 66 del 1992; in termini analoghi sentenza n. 326 del 1998)”.



Disciplina e gestione dei corsi d’acqua di interesse regionale e sub regionale

Si richiede autonomia legislativa per la disciplina della gestione dei corsi d’acqua di interesse regionale e sub-regionale con particolare riferimento alle funzioni di polizia idraulica.
La Liguria è, infatti, fortemente caratterizzata da corsi d’acqua a carattere torrentizio e ad elevata variabilità delle portate, oltre che da eventi meteorici che richiedono spesso interventi che non consentono indugio dei tempi, da un lato, e, dall’altro, adeguati strumenti di controllo. La possibilità di regolamentare autonomamente la gestione consente, pertanto, di adattare le procedure amministrative alla realtà del territorio, nonché consente una maggiore semplificazione, efficienza e rapidità di intervento anche rafforzando le funzioni di controllo rispetto a quelle autorizzative.

Anche questa richiesta appare ridondante visto la sentenza della Corte Costituzionale n°77 del 2017 proprio in relazione ad un caso ligure, l’impugnazione d parte del Governo dell’articolo 1 della legge della Regione  Liguria  7  aprile  2015,  n.    12 (Disposizioni di adeguamento della normativa regionale). La norma impugnata riguardava la individuazione da parte della Giunta regionale, sulla base di "specifici criteri attuativi", di corsi d'acqua aventi determinate caratteristiche, al fine di consentire una gradazione e una diversificazione di obblighi e adempimenti in materia di polizia idraulica.
La sentenza dichiara la legittimità costituzionale della norma regionale nel quadro di paletti costituzionali bene delineati dalla giurisprudenza della Corte in materia di ambiente e cioè:
La  trasversalità  della  materia  implica,   peraltro, l'esistenza di «competenze diverse che ben possono essere regionali», con la conseguenza che, in relazione a  queste,  allo  Stato  sarebbe riservato  «il  potere  di  fissare  standards  di  tutela   uniformi sull'intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in  questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali» (così la  sentenza  n. 407 del 2002).”
Successivamente, questa Corte ha chiarito che alle Regioni non e' consentito apportare deroghe in peius rispetto ai parametri di tutela dell'ambiente fissati dalla normativa statale e che «le  disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono  da  limite  alla disciplina che le Regioni, anche  a  statuto  speciale,  dettano  nei settori di loro  competenza,  essendo  ad  esse  consentito  soltanto eventualmente di incrementare  i  livelli  della  tutela  ambientale, senza  però  compromettere  il  punto  di  equilibrio  tra  esigenze contrapposte  espressamente  individuato  dalla  norma  dello  Stato» (sentenza n. 300 del 2013).”



Fauna selvatica

Si richiede il riconoscimento dell’autonomia regionale nella definizione dei livelli minimi di tutela ambientale correlati alle norme emanate in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma ed ittica nonché di regolamentazione delle relative attività di prelievo e controllo.
Le peculiarità ambientali del territorio ligure determinano con sempre maggiore frequenza l’insorgere di problemi connessi alla gestione della fauna omeoterma ed ittica, che richiedono l’individuazione di soluzioni normative specifiche, in grado di superare alcuni vincoli imposti dalla normativa statale di riferimento. Quest’ultima, infatti, in mancanza di opportuni adeguamenti, non tiene conto dei mutamenti di ordine faunistico, sociale e istituzionale nel frattempo intervenuti.
Inoltre, poiché la Liguria è una regione confinante con un altro Paese europeo, si pone l’esigenza di armonizzare le norme che, nell’area di confine con la Francia, interessano le stesse popolazioni faunistiche.

Anche qui la richiesta appare in contrasto con la recente giurisprudenza costituzionale o quanto meno sembra rimuoverne i principi fondamentali.
In particolare si veda la sentenza della Corte Costituzionale n° 70 del 2018 secondo la quale:
La tutela degli uccelli selvatici è assicurata nel nostro ordinamento dalla direttiva 2009/147/CE, che ha avuto attuazione con la legge n. 157 del 1992; l’art. 19-bis di tale legge stabilisce specifiche deroghe al divieto di catturare e uccidere uccelli selvatici (“prelievo venatorio”).
La norma nazionale demanda alle Regioni l’esercizio delle deroghe, imponendo però che l’autorizzazione al prelievo venatorio sia disposta con atto amministrativo e prevedendo il contenuto minimo del provvedimento, nel senso che esso deve specificare le ragioni che giustificano la sua adozione, l’assenza di diverse soluzioni soddisfacenti e le modalità e condizioni di esercizio della deroga.
La scelta dello strumento amministrativo consente di motivare in ordine alla ricorrenza delle specifiche condizioni a cui il legislatore statale subordina l’esercizio della deroga, quale strumento di carattere eccezionale e temporaneo, mentre la previsione dell’autorizzazione nella legge regionale impugnata determina l’assorbimento dell’obbligo di motivazione e finisce con il trasformare la stessa deroga in un rimedio stabile e permanente (sentenze n. 260 del 2017, n. 160 e n. 20 del 2012, e n. 250 del 2008).
3.– Inoltre, la disciplina nazionale prevede una speciale procedura di diffida ed annullamento governativo delle delibere regionali sul prelievo delle specie interessate che sono in contrasto con le prescrizioni della legge statale.
É ben vero che la disciplina regionale, oggetto di impugnazione, rimette comunque ad una delibera della Giunta la decisione circa la contingente necessità del prelievo e la fissazione dei tempi e degli ambiti, nella specie la prossimità dei nuclei di vegetazione produttivi sparsi, a tutela delle specificità delle coltivazioni regionali, ma la interposizione della legge regionale rispetto a quella statale viola la competenza statale in materia di tutela dell’ambiente ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Non ha pregio la difesa della Regione secondo cui la legge impugnata si sarebbe limitata ad individuare una particolare condizione, cioè la prossimità ai nuclei vegetazionali produttivi sparsi, per la cacciabilità dello storno in funzione della precisa esigenza consistente nella specificità delle coltivazioni regionali, poiché la norma in questione recita che «è comunque consentito il prelievo in deroga dello storno (Sturnus vulgaris) praticato in prossimità di nuclei vegetazionali produttivi sparsi, a tutela della specificità delle coltivazioni regionali».
Ora, nello stabilire che la cacciabilità dello storno è “comunque” consentita seppure in determinati ambiti, la norma in questione prescinde da un provvedimento di deroga ad hoc e quindi elide il potere di annullamento governativo del provvedimento di deroga, in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria, con conseguente violazione anche dell’art. 117, primo comma, Cost.”
   
Peraltro la Corte Costituzionale ha riconosciuto in materia un potere di deroga regionale ma solo in chiave migliorativa della tutela delle specie selvatiche.  Con sentenza n° 7 del 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente legittima la norma della Regione Piemonte che in deroga alla legge quadro nazionale, amplia le specie non cacciabili nel suo territorio di competenza. Ne si richiede che questo ampliamento abbisogni del parere dell’Ispra, questo perché secondo la Corte: “Una volta riconosciuto che le norme legislative  censurate  hanno determinato l'effetto di incrementare la  tutela  minima  ascrivibile alla potestà  legislativa  statale,  si  deve  ritenere   che,   in quest'ambito   di   maggiore   protezione   faunistica,   del   tutto legittimamente si sia esplicata la potestà legislativa residuale  in materia di caccia.”



Maggiore autonomia nella pianificazione paesaggistica

Potestà legislativa e amministrativa in materia di tutela dei beni paesaggistici, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, con particolare riferimento a:
a) redazione e approvazione, in via esclusiva, del piano paesaggistico regionale nonché attività di coordinamento e adeguamento allo stesso degli altri strumenti di pianificazione urbanistica di cui all'articolo 145, commi 2 e 4, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b) funzione autorizzatoria di cui all'articolo 146, comma 5, del D.Lgs. 42/2004 con eliminazione del parere della Soprintendenza;

Su questo aspetto mi limito a sottolineare il punto più clamorosamente  incostituzionale della richiesta autonomistica della Regione Liguria, quello della eliminazione del Parere della Soprintendenza.
Ma prima che incostituzionale la richiesta è assurda visto che già ora il comma 5 articolo 146 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (DLgs   42/2004) prevede che il parere del Soprintendente, all'esito dell'approvazione delle prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici tutelati, nonché della positiva verifica da parte del Ministero su richiesta della regione interessata dell'avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante e, ove non sia reso entro il  termine  di novanta giorni dalla ricezione degli atti, si considera favorevole. Il parere del Soprintendente deve essere rilasciato entro 45 giorni dal ricevimento degli atti (prima erano 60: vedi comma 8 nuovo articolo 146).
Tornando alla incostituzionalità della richiesta occorre ricordare quanto affermato dalla Corte Costituzionale con specifico riferimento al procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, la Corte ha affermato che “non è consentito introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme valevole su  tutto  il territorio  nazionale  nel  cui   ambito   deve   essere   annoverata l'autorizzazione paesaggistica” (sentenza n. 232 del 2008)




Secondo N. Zanon  (in Problemi del Federalismo  Incontri di Studio quaderno n. 5 ed. Giuffrè 2001 pag.57-57) : “ E’ importante osservare che la legge dello Stato che attribuisce  queste forme e condizioni particolari di autonomia sarebbe fonte atipica e rinforzata , che non potrebbe essere abrogata o modificata se non da una fonte dello stesso tipo, conseguente a un’ulteriore , successiva iniziativa della stessa Regione cui sono state concesse tali forme e condizioni. Tale legge si troverebbe in regime di separazione di competenza rispetto alle leggi ordinarie e anche costituzionali e resisterebbe ai tentativi di abrogazione  recati da tali fonti e finirebbe per costituire – finchè vi è accordo tra Stato e singola Regione – la disciplina permanente e stabile , pressoché intoccabile, del regime di specialità spettante alla singola Regione. La legge statale non dovrebbe poter modificare il contenuto dell’intesa , ma dovrebbe solo approvarla e costituire l’involucro formale che la contiene e la tramuta da accordo Stato Regione in fonte normativa dell’intero ordinamento .”



CONFRONTO TRA LE CATEGORIE DI OPERE SOTTOPONIBILI A VIA REGIONALE PRIMA E DOPO LA ABROGAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE 38/1998

Relativamente all’allegato 2 della abrogata legge regionale 38/1998 

Si tratta dell’allegato che attualmente elenca le categorie di opere  che in Liguria sono sottoponibili a VIA ordinaria. Vediamo quelle per le quali la abrogazione dell’allegato della attuale legge regionale comporterebbe un peggioramento rispetto alla normativa nazionale che verrebbe applicata alla norma regionale abrogata: 

d) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione e recupero di prodotti chimici, produzione di pesticidi, di antiparassitari, di prodotti farmaceutici, di elastomeri e perossidi, di mastici, di pitture e vernici, di inchiostri da stampa, per una capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate. 
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale

f) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi petrolchimici e chimici pericolosi, ai sensi della legge 29 maggio 1974 n. 256 e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 40.000 mc.
 Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale

h) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ha o le aree esterne interessate superano i 5 ha oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale

o) Estrazione a terra di petrolio e gas naturale a fini commerciali, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 mc al giorno per il gas naturale. Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale

p) Dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare od accumulare le acque in modo durevole, a fini non energetici, di altezza superiore a 5 m e/o di capacità superiore a 10.000 mc. 
La norma nazionale prevede soglie più alte di applicabilità della VIA ordinaria:   “t) Dighe e altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacitò superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati.”

r) Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale

x septies) Impianti di produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento, sulla terraferma, in aree sottoposte a vincolo paesaggistico-ambientale, con potenza superiore a 20 Kw. 
La norma nazionale prevede soglie più alte di applicabilità della VIA ordinaria : “c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW, qualora disposto all’esito della verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 19;”

x sexies) Attività minerarie per la ricerca, la coltivazione ed il trattamento minerallurgico delle sostanze minerali di miniera ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere del Regno) e successive modificazioni ed integrazioni, ivi comprese le pertinenziali discariche di residui derivanti dalle medesime attività e dalle relative lavorazioni i cui lavori interessino direttamente aree di superficie complessiva superiore a 20 ettari.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale

Relativamente all’allegato 3 della abrogata legge regionale 38/1998

Si tratta dell’allegato che attualmente elenca le categorie di opere sottoposte a procedura di verifica di assoggettabilità a VIA regionale. Vediamo quelle per le quali la abrogazione dell’allegato della attuale legge regionale comporterebbe un peggioramento rispetto alla normativa nazionale che verrebbe applicata alla norma regionale abrogata: 

1c) Progetti di gestione delle risorse idriche per l'agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre.
La legge nazionale è più restrittiva  nell’applicare la procedura di verifica in quanto fissa una soglia che nella legge ligure non c’è: “d) i progetti di gestione delle risorse idriche per l'agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari”

1f) Pescicoltura intensiva.
la legge nazionale è più restrittiva nell’applicare la procedura di verifica in quanto fissa una soglia che nella legge ligure non c’è:  “e) impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari”.

1d) Primi rimboschimenti e disboscamento a scopo di conversione ad un altro tipo di sfruttamento del suolo.
La legge nazionale è più restrittiva nell’applicare la procedura di verifica in quanto fissa una soglia che nella lege ligure non c’è: “deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5 ettari”.
3a) Impianti industriali per la produzione di energia elettrica, vapore ed acqua calda.
Lla legge nazionale è più restrittiva nell’applicare la procedura di verifica in quanto fissa una soglia che nella legge ligure non c’è: “b) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW”.

3b) trasporto di energia elettrica mediante linee aeree con tensione nominale d'esercizio superiore a 100 KV e lunghezza superiore a 3 Km.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

3h) Impianti per la produzione di energia elettrica mediante lo sfruttamento del vento con potenza nominale superiore a 1 MW, al di fuori delle aree sottoposte a vincolo paesaggistico.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

3i) Impianti fotovoltaici a terra con potenza nominale superiore a 200 kW.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10a) Progetti di: - sviluppo di nuove aree industriali o cambiamento d'uso di aree che, pur non prevedendo l'installazione di impianti di cui ad altri punti del presente allegato, abbiano estensione superiore a 5 ha.
La legge nazionale è più restrittiva nell’applicare la procedura di verifica in quanto fissa una soglia più alta rispetto alla  legge ligure non c’è:  “a) progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari”.

10a) - interventi in aree di riconversione per superfici superiori a 2 ha.
la legge nazionale è più restrittiva nell’applicare la procedura di verifica in quanto fissa una soglia  più alta rispetto alla legge ligure: “b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari.

10b) Progetti di riassetto urbano concernenti: - interventi di edilizia residenziale comportanti edificazioni superiori a 70.000 mc in nuovo volume edificato o superficie territoriale trasformata, escluse le sistemazioni, superiore a 5 ha.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10d) Costruzione di aerodromi.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10e) Costruzione o ampliamento di: - porti, impianti portuali, porti di pesca, porti turistici e porti rifugio; - strade
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10i) Tramvie, metropolitane sopraelevate e sotterranee, funivie o linee simili di tipo particolare esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di persone.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10k) Installazione di oleodotti e gasdotti superiori a 5 km, escluse le reti all'interno dei centri abitati.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10l) Installazione di acquedotti a lunga distanza superiori ai 20 Km.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10m) Progetti di estrazione e di ricarica delle acque freatiche non ricompresi negli altri allegati.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

10n) Opere di trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi non ricompresi negli altri allegati.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

3.discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 mc (operazioni di cui all'allegato B, lettere D1 e D5 del decreto legislativo n. 152/2006), comprese le discariche per inerti con capacità complessiva fino a 100.000 mc.
Nelle legge nazionale non c’è il riferimento alle discariche di inerti

11e) Centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro.
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

11i) Piste da sci, impianti di risalita, funivie e strutture connesse.
La legge nazionale è più restrittiva  nell’applicare la procedura di verifica in quanto fissa una soglia che nella legge ligure non c’è:  “c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonché impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1800 persone;”

11j) Villaggi di vacanza e complessi alberghieri situati fuori dalle zone urbane e strutture connesse: - campeggi o villaggi turistici di superficie superiore a 3 ha;
Nella legge nazionale la soglia di applicabilità della procedura di verifica è di 5 ettari

11k) Campi da golf;
Questa categoria di opera non esiste negli allegati alla normativa nazionale.

11l) Terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente superiori a 3 ha.
Nella legge nazionale la soglia di applicabilità della procedura di verifica è di 5 ettari

11m) Parchi tematici
Nella legge nazionale c’è la soglia di applicabilità di 5 ettari



1. Nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui all’allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell’articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta transattiva.
2. La proposta di transazione di cui al comma 1:
a) individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire
l’obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all’impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l’ambiente;
e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) in caso di concorso di più soggetti nell’aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all’intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g) contiene l’indicazione di idonee garanzie finanziarie.
3. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei medesimi requisiti.
4. Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell’Istituto superiore di sanità. In ogni caso il parere tiene conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall’evento lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.
5. La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente per l’accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all’esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.
6. Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall’interessato, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale è acquisito il parere dell’Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e, ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.
7. Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal proponente, è adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
8. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest’ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1.


[NOTA 4] 

COME COINVOLGERE INVESTITORI PRIVATI  NELLA BONIFICA DEI SITI INQUNATI

1. Dal 2005 è in vigore una norma contenuta nel comma 434 della legge finanziaria 2006 che prevede, al fine di consentire nei  siti di bonifica di interesse nazionale (vedi Pitelli) la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza - caratterizzazione - bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate per le quali sono in atto procedure fallimentari, siano sottoscritti accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la regione, le province, i comuni interessati con i quali sono individuati la destinazione d'uso delle suddette aree, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell'area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e  di  riconversione delle aree, e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l'iniziativa.

2. la legge finanziaria 2007 che al comma 996 articolo 1  che ha permesso di effettuare il dragaggio e la bonifica, contemporaneamente, superando la necessità di bonificare le aree più inquinate e la verifica del collegamento tra le diverse aree inquinate del sistema golfo. Ovviamente invece che usare in positivo questa norma a Spezia è stata usata per produrre il disastro che sappiamo ma questo non significa che non si possa farne nel futuro un uso corretto. 

3. Articolo 252 bis al DLgs 152/2006 (c.d. Testo Unico Ambientale) che, in deroga alle procedure di bonifica ordinarie, prevede la individuazione di siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, praticamente tutti i siti industriali inquinati visto che il 2006 è una data piuttosto vicina al presente. Peraltro questa norma è contenuta nell’articolo 10 della attuale LR 10/2009  che ha sostituito la LR 18/1999 sopra citata. In particolare la norma regionale del 2009 prevede che insieme con il progetto di bonifica sia già definita la destinazione urbanistica dell’area.

4. Legge 13/2009 che, all’articolo 2  prevede una procedura alternativa a quella definita dalla legislazione vigente in materia di copertura di oneri di bonifica e risarcimento danno ambientale nei siti di bonifica di interesse nazionale. Questa norma deve però rispettare nella sua attuazione il principio fondamentale della riduzione in pristino (cioè del riportare l'area da bonificare allo stato precedente all’inquinamento) altrimenti andrebbe in contrasto con la Direttiva sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e e riparazione del dannoambientale.

5. Decreto legge c.d. Salva Italia (comma 5 articolo 40 Decreto Legge 201/2011  ). La norma prevede la possibilità di effettuare la bonifica di siti inquinati di livello regionale (quindi ora anche per il sito di Pitelli declassato a livello locale) in modo che il progetto di bonifica possa essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Inoltre sempre al comma 9 dell’articolo 242 del DLgs 152/2006 viene aggiunta la possibilità di autorizzare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti  tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli  interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di  prevenzione  dei rischi.Concetto  ulteriormente rafforzato con la legge 27/2012 per il dragaggio nei siti di bonifica nazionale proprio come quello di Pitelli: norma finalizzata chiaramente a favorire e semplificare le procedura di autorizzazione dei dragaggi per i porti commerciali.

6. l’articolo 57 del Decreto Legge semplificazioni (convertito con Legge 35/2012) al comma 9 ha previsto che: “9. Nel caso di  attività  di reindustrializzazione  dei  siti  di interesse nazionale, i sistemi di sicurezza operativa  già in atto possono continuare a essere eserciti senza necessità  di  procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto  di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di  eventuali successivi interventi di bonifica”, quindi non c’è bisogno di bonifica se l’obiettivo è quello della reindustrializzazione del sito inquinato  limitandosi solo a chiedere di garantire un non peggioramento dell’inquinamento. 

7. articolo 4 legge 9/2014:  accordi di programma delle istituzioni pubbliche con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. L’accordo di programma prevederà, tra l’altro, anche l’entità dei contributi pubblici alla bonifica dei siti interessati. L'attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni  di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio, controllo e relativa gestione, e di riparazione, individuati dall'accordo di programma esclude  per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo. La revoca dell'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti  di interesse nazionale è subordinata, nel caso di soggetto  interessato responsabile della contaminazione, al rilascio  della certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza  dei  siti  inquinati  ai sensi dell'articolo  248. Nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le misure non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l'acquisto  di beni strumentali alla riconversione industriale e allo sviluppo economico dell'area.  

8. comma 9 articolo 13 del Decreto Legge 91/2014 che estende l’utilizzo delle somme stanziate dal fondo previsto dalla legge di stabilità 2014 (combinato disposto commi 6 e 7 articolo 1) non solo ai siti di bonifica di interesse nazionale ma anche a quelli che contengano inquinamento da amianto.

9. Legge 23 dicembre 2014, n. 90  (legge di stabilità 2015) al comma 551 articolo 1 prevede:"Nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse a condizione che detti interventi e opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudicano ne' interferiscono con il completamento e l'esecuzione della bonifica, né determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area".10. Decreto direttoriale 18 maggio 2015 che fissa modalità e termini di presentazione delle istanze di concessione del credito d’imposta per le imprese sottoscrittrici di accordi di programma nei Siti inquinati di interesse nazionale. Si veda anche il Comunicato del Ministero dello Sviluppo Economico QUI.

11. Legge 28 dicembre 2015, n. 221 ha introdotto l'articolo 306-bis al DLgs 152/2006 (T.U. ambientale) che disciplina una procedura di transazione tra soggetti impegnati nella bonifica e Ministero dell'Ambiente che: 
a)        individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
b)        ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire l’obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c)        ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
d)        prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all’impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l’ambiente;
e)        tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f)         in caso di concorso di più soggetti nell’aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all’intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g)        contiene l’indicazione di idonee garanzie finanziarie. 

12. Legge regionale 9 aprile 2009, n. 10 Norme in materia di bonifiche di siti contaminati.
Art. 13. (Accordi di programma)
1. Gli enti territoriali competenti, i soggetti obbligati agli interventi di cui alla presente legge ed i soggetti altrimenti interessati, possono stipulare, entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, appositi accordi di programma per definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi medesimi.”
Art. 19. (Certificazione su siti dove si realizzano opere edilizie)
1. L'efficacia dei titoli edilizi rilasciati su un'area soggetta ad intervento di bonifica, messa in sicurezza permanente, messa in sicurezza operativa, è subordinata all'approvazione del relativo progetto di bonifica ai sensi dell'articolo 9. La dichiarazione di agibilità ed abitabilità relativa agli interventi di cui sopra è subordinata alla certificazione di avvenuta bonifica rilasciata dalla Provincia .
2. Qualora sulla base del progetto di bonifica approvato ed in presenza di particolari condizioni di interesse pubblico sia possibile l'utilizzazione dell'area per lotti successivi, la certificazione può essere rilasciata per singoli lotti, in assenza di interazione tra gli stessi, fermo restando lo svincolo delle garanzie finanziarie ad avvenuto completamento del progetto di bonifica.”


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