Quella che segue è la versione completa della mia
relazione tenuta al Convegno su “Misurazione
la salute”. Al Convegno è stato
presentato lo studio di aggiornamento delle evidenze
epidemiologiche sulle diseguaglianze spazio temporali per genere ed anno solare
nell’insieme della mortalità registrata da Istat nel periodo 2012-2017 tra i
residenti in ogni Comune della Liguria al netto dell’effetto età con
riferimento regionale. Lo studio è stato redatto dal dott. V. Gennaro
(epidemiologo) e dal dott. A. Russo (economista) ed è stato commissionato dall'On Roberto Traversi della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati.
La mia relazione, all’interno del Convegno, è
composta di due parti
1. La situazione
normativa vigente (ma anche della giurisprudenza) in materia di tutela
preventiva della salute pubblica nei processi decisionali che possono produrre
impatti ambientali
2. Gli indirizzi per una
riforma del Testo Unico Ambientale al fine di rendere obbligatoria la
Valutazione di Impatto Sanitario almeno nei procedimenti di Valutazione
Ambientale Strategica dei piani e programmi (di seguito VAS), di Valutazione di
Impatto Ambientale di progetti ed opere (di seguito VIA), di Autorizzazione
Integrata Ambientale di installazione e attività maggiormente inquinanti (di
seguito AIA).
PREMESSA:
I LIMITI DELLA CULTURA DI GOVERNO NEI PROCESSI DECISIONALI A RILEVANZA
AMBIENTALE E I PRINCIPI DELLA NORMATIVA AGGIRATI
La salute dei cittadini si mette a rischio anche non
applicando correttamente la normativa ambientale e i principi scientifici che
sottendono ad essa soprattutto quella che mira a prevenire l’inquinamento
VAS :
alternative di piano e programma su area vasta;
VIA : alternative
di localizzazione, di tipologia di impianto compresa l’opzione zero;
AIA: autorizzare
il modello di ciclo produttivo e di tecniche di mitigazione adeguato al sito
scelto attraverso la pianificazione (VAS) e la localizzazione (VIA).
Potrei portare molti esempi di disapplicazione ma mi
limito qui alla questione parametro salute nelle procedure decisionali a
rilevanza ambientale
Di quelle procedure e delle normativa che le disciplinano
come di altre (industrie insalubri,
industrie rischio incidente rilevante,
trasporti e porti) spesso assistiamo da parte degli enti competenti ad una
applicazione che esprime (a prescindere da eventuale mala fede) una visione
riduzionista dell'inquinamento
Una visione che rimuove
alcuni concetti di fondo dell'ambientalismo scientifico:
1.l'effetto dose risposta che è
sempre individuale. da cui la rimozione delle valutazione
di impatto e di danno sanitario preventive ed ex post come accade in quasi
tutti i processi decisionali a rilevanza ambientale, nonché la frase: “l’attività
è nei limiti di legge”.
2. la estrema varietà e
speciazione sempre più sofisticata degli inquinanti soprattutto secondari, a prescindere dalle quantità degli inquinanti
primari classici (ossidi di azoto e di zolfo e polveri),
3. l'effetto moltiplicatore della
sommatoria degli inquinanti (per es. il c.d. PM10 che si forma in atmosfera a partire da altri
inquinanti primari come ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ammoniaca e composti
organici. Il PM10 secondario
contribuisce alla concentrazione in aria di polveri sottili per oltre il 50%
questo a parità di inquinanti complessivi prodotti).
4. la specificità
del sito perché i cittadini
non vivono in un pianeta astratto ma in territori specifici dove il livello di
inquinamento
- frutto
degli effetti cumulativi è molto molto diverso tra le varie situazioni.
- Il
rapporto tra le MTD e la specificità del sito
- Lo
strumento amministrativo della norma di qualità ambientale [NOTA 1] (procedura di AIA) misure più stringenti [NOTA 2] delle MTD vigenti per impianti in data area con situazioni ambientali e
sanitarie particolari
Tutto
questo in un quadro in cui la giurisprudenza nazionale di ultimo grado
(Consiglio di Stato e Cassazione) ma anche la Corte di Giustizia stanno
assumendo un indirizzo che invece tiene conto della portata innovativa dei
suddetti principi se concretamente applicati nei processi procedimenti
decisionali.
Di seguito
alcuni esempi...
Cassazione: la salute si tutela
non solo con i limiti di legge ma anche con ulteriori prescrizioni
La
sentenza della Cassazione penale 34517/2017 (QUI) riguarda l’ampiezza del potere prescrittivo
dell’autorità competente, ma anche indirettamente degli organi di vigilanza
inseribili in una autorizzazione ambientale.
Articolo
279 comma 2 [NOTA 3] DLgs 152/2006 individua oltre al
rispetto dei valori limite di emissione ex lege
e delle prescrizioni autorizzatorie anche ulteriori prescrizioni
successive che possono emergere da controlli , oppure ordinanze delle autorità
Sindaco, nella sua funzione di massima autorità sanitaria sul territorio
comunale, da valutare caso per caso magari per situazioni non chiare di
inquinamento che richiedono un intervento precauzionale la cui violazione
comporta l’attivazione della procedura amministrativa prevista dall’articolo
278 del DLgs 152/2006 (diffida, sospensione fino alla revoca della
autorizzazione).
Quale
è la finalità di questo potere “estensivo” nelle prescrizioni autorizzatorie
secondo la Cassazione? Afferma la Cassazione:
“in questo modo, l’ordinamento realizza
un meccanismo di tutela anticipata del bene ambientale, pienamente giustificata
dalla natura collettiva di un interesse di preminente rilievo”, questo
interesse è prima di tutto la salute dl cittadino!
La Valutazione di Danno Sanitario
sulle centrali in dismissione e la Avvocatura della UE
In alcuni
casi liguri (Centrale ENEL dismessa di Genova e centrale Enel di Spezia) è
accaduto di ricevere dalle istituzioni questa risposta : la valutazione di
danno sanitario è inutile perché la centrale ormai è chiusa o addirittura che
costa troppo nel caso spezzino in particolare!
Forse
confondono valutazione di danno sanitario con valutazione integrata di impatto
ambientale e sanitario [NOTA 4].
In
data 29 novembre 2018 (causa
C411/17: per il testo completo vedi QUI) l’Avvocatura Generale della UE nelle sue conclusioni in una causa
riguardante una caso nel Belgio, si è pronunciata in relazione alla
seguente domanda pregiudiziale (QUI): se la decisione del Governo
Belga di prorogare la durata di una centrale nucleare oltre i limiti
precedentemente stabiliti debba o meno essere sottoposta a VIA.
Secondo
l’Avvocatura UE il prolungamento dell’esercizio di un impianto può
chiaramente avere un impatto
significativo sull’ambiente, non solo a causa del proseguimento dell’esercizio,
bensì anche a causa di un mutamento delle condizioni ambientali nelle zone
circostanti. Possono inoltre sussistere,
al momento della decisione sul prolungamento, nuove conoscenze scientifiche.
Questo
impatto va misurato in termini ambientali e sanitari. Conclusioni interessanti alla luce del ricorso
di Enel contro la decisione del Ministero dell’Ambiente (con decreto di
revisione di varie AIA di centrali esistenti) di non concedere revisioni oltre
il 2025 alle centrali a carbone esistenti.
Consiglio di Stato: l’AIA non
rimuove i poteri di autorità sanitaria dei sindaci e dei Comuni
Interessante sentenza del
Consiglio di Stato (sentenza n° 6824 del 2018, per il testo
completo vedi QUI) su un impianto di raccolta
messa in riserva, deposito preliminare e recupero di rifiuti pericolosi e non
pericolosi.
In
sostanza il Consiglio di Stato ha considerato legittimi i provvedimenti di
urgenza del Sindaco (autorità sanitaria) dopo la sospensione dell’AIA disposta
dalla provincia
La
sentenza conferma la necessaria integrazione tra poteri sanzionatori
in materia di violazione delle prescrizioni di Autorizzazione Integrata
Ambientale (AIA) e poteri di prevenzione sanitaria del Sindaco e dei
Comuni in generale ai sensi del Testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934.
In
particolare nel caso affrontato dalla sentenza del Consiglio di Stato la
Provincia, territorialmente competente, aveva infatti sospeso, con
apposita determina, l’efficacia dell’AIA a suo tempo rilasciata per l’impianto,
dopo aver diffidato la società a realizzare determinate prescrizioni in ordine allo smaltimento del
prodotto. In sostanza il Sindaco è intervenuto per la mancanza di
agibilità dei locali dell’impianto.
Il fondamento di questo potere del Sindaco secondo il
Consiglio di Stato non è solo nel testo unico leggi sanitarie ma nel comma 10 [NOTA 5] articolo 29-decies del DLgs 152/2006 dove si
prevede che in caso di violazioni o rischi in atto la autorità competente
all’aia demanda al Sindaco l’esercizio dei poteri di prevenzione a tutela della
salute pubblica.
Tutto
questo è applicabile anche nel caso in cui il Sindaco non abbia rilasciato
preventivamente il Parere Sanitario [NOTA 6] ai sensi del comma 6 articolo 29-quater DLgs 152/2006
Peraltro il Consiglio di Stato afferma che l’autorità
competente all’AIA è obbligata (si usa il termine imponendo) ad acquisire detto
Parere Sanitario.
Consiglio di Stato, sentenza n°983
del 2019:i Sindaci e ASL possono impedire nuovi impianti rifiuti per impatto
sanitario
L’oggetto
della sentenza riguarda il diniego di rilascio di un AIA richiesta per la realizzazione di un
impianto, sito in Comune di Moglia (Lombardia), per lo smaltimento e il
recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi. Diniego fondato su parere negativo di Comune
(Sindaco) ed ASL
Diniego
raggiunto dopo la procedura di conferenza dei servizi ex lege 241 con pronuncia del Consiglio dei Ministri
favorevole al parere negativo del Comune
Dopo
la sentenza del TAR territorialmente compente, il Consiglio di Stato
conferma come gli aspetti di valutazione dell’impatto sulla salute pubblica
devono avere un preciso posto nella istruttoria sia di VIA che di AIA
In
particolare per il Consiglio di Stato la
mancata VIS o VIIAS costituisce vizio di eccesso di potere:
1. quando
le concrete evidenze istruttorie dimostrino la sussistenza di un serio pericolo
per la salute pubblica. L’Amministrazione che in tali casi non la effettui
incorre, pertanto, nel tipico vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo del
mancato approfondimento istruttorio, sintomatico della disfunzione
amministrativa.
2. quando
la VIA svolta rimuove la problematica della salute pubblica che andava valutata
alla luce delle criticità sanitaria esistenti nella zona
2.1. nel raggio di 100 metri: insediamenti artigianali
ed abitazioni dei custodi;
2.2 nel raggio di 150 metri: aree residenziali;
2.3. nel
raggio di 500 metri: un panificio industriale e artigianale con attività di
vendita al pubblico; una gelateria produzione e vendita; un locale di
intrattenimento con somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, un
ristorante, due Bar, una sala giochi, un Supermercato, un negozio di parrucchiera,
due negozi di ferramenta, un negozio di prodotti per animali TecnoFarm, oltre
al campo sportivo, al palazzetto dello sport a uso scolastico, alla piscina e
numerose abitazioni e villette sparse.
3. quando c’è la violazione del regolamento
comunale di igiene sulle distanze dalla zona residenziale
Ministero dell’Ambiente: il
rischio sanitario va valutato preventivamente per gli impianti di gestione
rifiuti
Una
Circolare del Ministero dell’Ambiente aggiunge un ulteriore strumento
obbligatorio, per valutare
preventivamente il rischio sanitario da impianti di gestione rifiuti (in
particolare stoccaggio e trattamento). Si tratta dei Piani di
emergenza esterni per tali impianti introdotti obbligatoriamente da una
normativa recente che vado a descrivere di seguito.
Dopo che l’articolo 26-bis (QUI) della legge 132/2018 ha
introdotto per i gestori di impianti (esistenti e nuovi) di stoccaggio e
trattamento rifiuti di elaborare Piani di Emergenza Interni ed Esterni ,
interviene la Circolare del Ministero
dell’Ambiente N° 2730 DEL 13/2/2019 (QUI).
Il Piano
di Emergenza Interna per gli impianti esistenti deve essere
predisposto entro 90 giorni a partire
dal 4/12/2018. Per il Piano di Emergenza Esterno una volta inviati
dal gestore al Prefetto i dati utili, quest’ultimo deve redigerlo entro 12
messi da detto invio.
L’articolo
26-bis rinvia ad un DPCM la definizione di come redigere i suddetti piani. La
Circolare del Ministero Ambiente, in attesa del DPCM, fornisce le prime
indicazioni:
1. sui dati che i gestori
devono fornire ai Prefetti per la elaborazione dei Piani di Emergenza Esterni
2. sui contenuti minimi dei
Piani di Emergenza Interni.
Le
previsioni contenute nel citato art. 26-bis, infatti, sono volte a disciplinare
ipotesi di rischio genericamente individuate, al fine di minimizzare il più
possibile i pericoli per la salute umana e per l’ambiente che possono prodursi
per effetto delle attività che si svolgono nei diversi impianti di gestione dei
rifiuti.
In
particolare in relazione alle informazioni da fornire ai Prefetti per la
redazione dei Piani di Emergenze esterni di questi impianti c’è anche la: “5. Descrizione, dei possibili effetti sulla salute umana e
sull’ambiente che possono essere causati da un eventuale incendio, esplosione o
rilascio/spandimento;”
Sentenza su impianti a rischio
incidente rilevante: rapporti di sicurezza e rischio sanitario
Interessante
sentenza del TAR Puglia (Lecce Sez. III n. 60 del 16 gennaio 2018
vedi QUI) che ha confermato il
rigetto del nulla osta di fattibilità (normativa Seveso sui rischi di incidenti
industriali) per un deposito costiero per lo stoccaggio di idrocarburi (gasolio
per autotrazione e benzina)
La
motivazione principale in base alla quale, in questa sentenza del TAR
Puglia, viene rigettato il ricorso della ditta che voleva realizzare il
deposito sta nelle carenze del Rapporto di sicurezza con particolare rilievo
alla non adeguata valutazione del rischio sanitario legato ai potenziali
scenari incidentali.
Il
TAR afferma in questo senso un principio generale secondo il quale per la normativa
Seveso: "l’interesse pubblico alla
sicurezza di siffatti impianti è assolutamente prioritario rispetto agli
interessi economici privati e in alcun modo negoziabile".
In
particolare secondo la vigente normativa (DLgs 105/2015) nel Rapporto di
Sicurezza deve essere inserita la descrizione
dei dispositivi installati nell'impianto per limitare le conseguenze di
incidenti rilevanti, anche: “per la
salute umana e per l'ambiente, compresi ad esempio sistemi di
rilevazione/protezione, dispositivi tecnici per limitare l'entità di rilasci
accidentali, tra cui nebulizzazione dell'acqua, schermi di vapore, contenitori
di raccolta di emergenza, valvole di intercettazione, sistemi di
neutralizzazione, sistemi di raccolta delle acque antincendio”.
Ciò è
confermato addirittura da documenti ufficiali precedenti al DLgs 105/2015 come
documento del sistema delle Agenzie per la Protezione ambientale e le Linee
guida per la redazione del Rapporto Controlli - SNPA - Sistema Agenziale (ISPRA/ARPA/APPA
2016).
Depositi petroliferi: come
tutelare la salute dei cittadini
Relativamente
alle autorizzazioni e prescrizioni si afferma da parte di molte istituzioni che
i depositi petroliferi sono esenti da autorizzazioni ambientali specifiche
soprattutto quelle alle emissioni che poi è uno dei fattori principali di
impatto di questi impianti (rischio incidente a parte ovviamente). Bene non è
così: La norma generale applicabile in termini autorizzatori è l’articolo 269
del DLgs 152/2006 su Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli
stabilimenti, che al comma 10 recita:
“ 10. Non sono
sottoposti ad autorizzazione gli impianti di
deposito di oli minerali, compresi i gas
liquefatti. I gestori sono comunque tenuti
ad adottare apposite misure per
contenere le emissioni diffuse ed a
rispettare le ulteriori prescrizioni
eventualmente disposte, per le medesime finalità,
con apposito provvedimento dall'autorità competente”
Quale
può essere il provvedimento della autorità competente? Sicuramente la Autorizzazione Unica Ambientale (AUA)proprio
per quegli impianti per i quali non sono previste autorizzazioni specifiche
(AIA o autorizzazioni ordinaria ex parti IV o V del DLgs 152/2006)
Il
regolamento di disciplina dell’AUA (Dpr 59/2013) al comma 1 articolo 3
elenca le autorizzazioni di settore assorbite dalla procedura di AIA e non si
fa alcun riferimento ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi dell’articolo più
volte citato sopra. Quindi restano pienamente i poteri del Sindaco in
materia di industrie insalubri anche per impianti assoggettati ad AUA.
Ecco
che la valutazione sanitaria ex industrie insalubri insieme con le prescrizioni
di AUA e/o quelle previste dal citato comma 10 articolo 269 possono essere
strumento potente per prevenire emissioni odorigene o di altro genere.
Ovviamente
ci vuole la volontà politica di usarle.
Sto interpretando
troppo? Non direi ad esempio una recente sentenza del TAR Umbria
Sez. I n. 523 del 20 luglio 2017 in relazione ad un
impianto di microgenerazione produttivo di emissioni in atmosfera ha
affermato che: “Anche un impianto di
microgenerazione alimentato a biomasse di potenza inferiore a 50 kw, soggetto da un
punto di vista urbanistico - edilizio a mera comunicazione, se produttivo di
emissioni in atmosfera, necessita del titolo abilitativo ambientale.” Se si
applica ad un impianto come questo, ci devono spiegare perché un deposito
petrolifero non debba avere una adeguata autorizzazione ambientale!
Infine
rimanendo alle emissioni odorigene c’è il nuovo articolo 272-bis del DLgs
152/2006 il quale più che distinguere le emissioni odorigene dalle emissioni
aereiformi in generale introduce semmai una procedura integrativa nella
autorizzazione ambientale generale dei diversi impianti (compresi quelli
assoggettati ad AUA come quello in esame)
volta a prevedere misure per prevenire dette emissioni odorigene.
Secondo
l’articolo 272-bis tali misure possono prevedere, se necessari, valori limite
più severi secondo la procedura dell’articolo 271 che è l’articolo che
disciplina la definizione dei valori di emissioni dei diversi inquinanti da
applicare ai vari stabilimenti.
Non a
caso l’articolo 272-bis fa riferimento tra le misure da adottare anche a “a) valori limite di emissione espressi in
concentrazione (mg/Nm3) per le sostanze odorigene”.
Inoltre
a conferma l’articolo 269 del DLgs 152/2006 prevede esplicitamente che le autorizzazioni
possano prevedere che: “c) per le
emissioni diffuse, apposite prescrizioni, anche di carattere gestionale,
finalizzate ad assicurare il contenimento delle fonti su cui l'autorità
competente valuti necessario intervenire”.
Normativa sulle industrie
insalubri: i compiti di Sindaci e ASL
L’
industria che abbia adottato certi accorgimenti tecnici – o speciali
cautele – che l’abbiano resa meno inquinante, o meno pericolosa, o meno nociva
per l’ambiente esterno ed il vicinato, non perde affatto le
«caratteristiche» di industria insalubre.
Quindi
occorrerebbe predisporre regolamenti e protocolli che monitorizzino in continuo
questi impianti secondo l'evoluzione:
- del contesto del sito in cui operano,
- la normativa ambientale che ne disciplina le emissioni e i rischi
- le tecnologie che li caratterizzano,
- le modifiche nella gestione del ciclo di attività.
- del contesto del sito in cui operano,
- la normativa ambientale che ne disciplina le emissioni e i rischi
- le tecnologie che li caratterizzano,
- le modifiche nella gestione del ciclo di attività.
Afferma
la Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459,
Ministero della Sanità - Direzione
Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c: “… la classificazione delle lavorazioni
insalubri non può e non deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in un mero automatismo burocratico” ma
occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere
realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale”. Il
Ministero prosegue affermando: “E’
evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità
potenziale, che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe
dell’elenco, sono state eliminate o quantomeno ridotte in
termini accettabili si applica il caso previsto dal 5° comma
dell’art. 216 T.U.LL.SS.”.
Tutto
ciò risulta ancora più necessario quando la attività produce disagi di tipo
ambientale e sanitario ai residenti degli edifici limitrofi.
Come
si vede la giurisprudenza è chiara il Sindaco è titolare delle funzioni di
controllo sulle industrie insalubri e
non può scaricare le responsabilità sulle eventuali omissioni dell'ASL. Questo significa che sta al Sindaco formalizzare
richiesta all'ASL di svolgere i controlli e se questa ultima non li svolge o
non li può svolgere utilizzare altri soggetti sia pubblici (Istituto Superiore
Sanità, Università) che privati (professionisti in epidemiologia ambientale).
Allo
stesso tempo per una corretta e moderna applicazione della normativa sulle
Industrie Insalubri, vista la complessità di molti cicli produttivi compresa la
molteplicità delle sostanze pericolose che possono essere messe in circolo ,
occorre anche pensare ad un ruolo più
attivo della Igiene Ambientale dell’ASL .
Occorre
sistematizza (a livello sia tecnico che normativo) l’obbligo di redigere Rapporti sul potenziale impatto sanitario
delle emissioni dall’impianto o attività, vale a dire almeno un
confronto tra:
1. Descrizione
delle caratteristiche dell’impianto, dell’area e della popolazione
potenzialmente esposta. Vale a dire:
Spazi, locali, impiantistica in base alla tipologia attività, scarichi
e approvvigionamento idrico, gestione acque meteoriche, emissioni in
atmosfera, impianti aerazione, ventilazione meccanica,
condizionamento,valutazione area circostante all’impianto;
2. Valutazione
del possibile impatto dell’impianto sulla salute della popolazione. Si tratta
delle procedure di c.d. “health impact
assessment” con le quali, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili
e considerando le relazioni esposizione-risposta già scientificamente
conosciute, si valuta quale potrà essere l’impatto sanitario atteso
dell’impianto sulla salute della popolazione;
3. Valutazione
degli effetti sanitari dell’impianto ormai operativo sulla base dei primi due
punti.
Solo
sviluppando i sopra elencati tre punti si possono comprendere: l’origine delle
emissioni odorigene prevalenti, il
rischio reale per la salute dei residenti, l’efficacia delle misure predisposte
fino ad ora dal gestore dell’impianto
Occorrono
altresì regolamenti comunali generalizzati sulle localizzazione, autorizzazione
e gestione delle industrie insalubri [NOTA 7]
Occorre
attivare strumenti, esistenti nella vigente normativa ma del tutto inapplicati, per finanziare le
attività di pianificazione – controllo della presenza delle Industrie Insalubri
sul territorio comunale. Si veda l’onere ecologico previsto dal testo unico
edilizia [NOTA 8].
Interessante in questo senso è la sentenza del Consiglio
di Stato n°2717 del 2014 vedi QUI.
RENDERE OBBLIGATORIA LA
VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO
Occorre
una riforma del Testo unico ambientale che renda obbligatoria una Valutazione
di Impatto Sanitario o meglio ancora una Valutazione Integrata di Impatto Ambientale
e Sanitario (VIIAS) quanto meno per:
1. tutte le opere sottoposte a VIA
ordinaria
2. tutti
i piani/programmi sottoposti a VAS ordinaria
3. tutti gli stabilimenti
soggetti ad AIA
Inoltre
prevedere forme di VIIAS semplificate anche per tutte le decisioni relative
alle industrie insalubri come elencate dal decreto ministero sanità del 1994
(per approfondire vedi QUI).
Infatti
attualmente la normativa prevede all’articolo 23 DLgs 152/2006: “2. Per i
progetti di cui al punto 1) dell'allegato II alla presente parte e per i
progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con
potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del medesimo allegato
II, il proponente trasmette, oltre alla documentazione di cui alle lettere da
a) a e) [NOTA 9],
la valutazione di impatto sanitario predisposta in conformità alle linee guida
adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto
superiore di sanità.
Tale
norma ha sostituito il comma 5-bis articolo 26 dlgs 152/2006 abrogato dal dlgs 104/2017.
Le linee guida sia SNPA [NOTA 10] e ISS [NOTA 11] non sono state
ancora recepite con decreto ministeriale (a distanza di quasi un anno dalla
loro pubblicazione) e pertanto non sono utilizzabili neanche negli impianti
indicati all’art. 12 del D.Lgs. 104/2017;
Il Governo precedente
(con una nota a firma Calenda, Lorenzin, Galletti, De Vincenzi) ha sostenuto
quanto segue sostiene:
“… La Valutazione Integrata di Impatto
Ambientale e Sanitario (VIIAS) prevista nell'allegato non trova riscontro nella normativa vigente. E'
uno strumento citato solamente dalla Linea Guida per la Valutazione Integrata
di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) nelle procedure di valutazione ambientale (VAS, VIA,
AIA) emanate con Delibera del Consiglio Federale da un Gruppo di Lavoro del
Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA), che non ha cogenza
normativa e che non risulta allo stato essere applicato da nessuna autorità
competente in materia di AIA, né dalla stessa ISPRA. Riguardo la VIS, l'unico
riferimento normativo è nell'ambito della VIA ove è previsto (D.Lgs. 152/06)
che questa sia condotta in conformità a linee guida definite con decreto
del Ministro della salute, che si avvale
dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), esclusivamente per le nuove procedure
di VIA di alcune tipologie di impianti, tra i quali non rientra l'installazione
ILVA di Taranto. Lo strumento è infatti previsto per: le raffinerie di petrolio
greggio; gli impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500
tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi; i terminali di
rigassificazione di gas naturale liquefatto; le centrali termiche ed altri
impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW.”
Al momento
dunque, l'applicazione ad acciaierie integrate della VIS nell'ambito della VIA
non è conforme alla legislazione vigente, oltre al fatto che non esiste una
linea guida di riferimento in quanto la linea guida redatta dall'ISS
sopracitata, è applicabile soltanto alle installazioni AIA sopra menzionate.
Finalità della riforma del Testo
Unico Ambientale per applicare la VIS o VIIAS
Disciplinare
le modalità di valutazione della componente Salute Pubblica nelle procedure di
Valutazione Ambientale Strategica (di seguito VAS) e Valutazione di Impatto
Ambientale (di seguito VIA) introducendo obbligo di VIIAS
1. Introdurre definizione VIIAS più
articolata all’articolo 5 [NOTA 12] dlgs 152/2006
Occorre
integrare questa definizione con la seguente:
la
VIS costituisce una combinazione di procedure, metodi e strumenti al fine di attuare i seguenti principi ed obiettivi
della vigente normativa europea in materia di VAS e VIA :
a)
nella verifica della assoggettabilità a VAS si deve tenere conto anche gli
effetti del Piano/Programma sui rischi per la salute umana;
b) il
Rapporto Ambientale che accompagna il Piano/Programma ai fini della VAS ordinaria deve contenere le informazioni
circa gli effetti significativi sulla salute umana;
c) la
valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta gli effetti
diretti ed indiretti di un progetto sul fattore popolazione e salute umana;
d) le
caratteristiche dei progetti devono essere prese in considerazione tenendo
conto in particolare dei rischi per la salute umana;
e) la
descrizione dei progetti deve contenere informazioni circa i probabili effetti
rilevanti sull’ambiente dovuti ai rischi per la salute umana.
2. Non è indispensabile il Decreto Ministeriale di recepimento che viste le
esperienze precedenti rischia di essere bloccato per anni dai veti politici e
burocratici. Le linee guida ci sono già si tratta di renderle obbligatorie nel
disegno di legge (INTRODURRE ALLEGATO
APPOSITO CHE LE INSERISCA NEL TESTO UNICO AMBIENTALE PARTE II) e al massimo
prevedere una norma transitoria al fine di verificarne periodicamente la
applicazione in concreto al fine di aggiornarle dette linee guida.
3.
Occorre introdurre l’obbligo di inserimento nei documenti previsti dalle
procedura di VAS e VIA e AIA, di appositi documenti per lo svolgimento della
VIIAS:
a) al
Rapporto Preliminare e al Rapporto Ambientale di cui all’articolo 8 della legge
regionale 32/2012 e successive modifiche
b)
allo Studio di Prefattibilità Ambientale di cui alla procedura di
verifica-screening dell’articolo 10
legge regionale 38/1998
c)
allo Studio di Impatto Ambientale di cui all’articolo 11 della legge regionale
38/1998
d)
inserire nella domanda di AIA la necessaria VIS salvo che non siamo in un caso
di procedimento unico VIA- AIA ex articolo 27-bis del dlgs 152/2006.
NOTE
[1] Articolo 5 dlgs 152/2006
i-nonies) norma di
qualità ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità,
che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica
parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia
ambientale;
[2] Art. 29-septies
Migliori tecniche disponibili e norme di qualità
ambientale (1)
1. Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione
ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la
pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le
sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti,
localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle
ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in
tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'amministrazione
ambientale competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa
autorità competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di
conferenza di servizi di cui all'articolo 29-quater, comma 5.
2. Nei casi di cui al comma 1 l'autorità competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nell'area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose di cui al comma 1 fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.
2. Nei casi di cui al comma 1 l'autorità competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nell'area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose di cui al comma 1 fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.
(1) Articolo così sostituito dall’ art. 7, comma
6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46
[3] L’articolo 279 del DLgs 152/2006 al comma 2 recita: “2. Chi,
nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le
prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla
parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa
di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità
competente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto fino ad un anno
o con l'ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati
sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le
sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione.”
[4] In realtà trattasi di due strumenti di valutazione
distinti che solo, per ignoranza o malafede si tende a confondere. In
particolare quello che occorrerebbe nel caso della Centrale Enel spezzina
sono:
1.uno studio
sul danno sanitario prodotto dalla centrale in questi anni attraverso ad
esempio la metodologia del monitoraggio ambientale su indicatori di interesse
sanitario ( si veda in questo senso il caso di Vado Ligure) , magari evitando i
limiti del Decreto Ministero Salute 24 aprile 2013 che disciplina la
valutazione del danno sanitario in relazione alle procedure di rilascio
dell’AIA alle installazioni commissariate come nel caso dell’Ilva di Taranto
(per un commento del decreto e i suoi limiti vedi QUI).
2. una valutazione
di impatto sanitario (VIIAS) sugli scenari possibili di utilizzo futuro
dell’area della centrale tenuto conto delle altre fonti inquinanti
esistenti (traffico, porto, cantieri navali etc.)
Il primo servirebbe
non solo per capire il livello di danno sanitario prodotto dalla realizzazione
della centrale in poi ma anche eventualmente fornire alla Amministrazione
Comunale le motivazioni tecnico scientifiche: per imporre ulteriori
prescrizioni di funzionamento della centrale da qui al 2021, ma anche la
richiesta di chiusura della centrale anticipata e addirittura (se dovesse
succedere) impedire la proroga della centrale spezzina oltre la data del 2021 ,
quanto meno fino al 2029 data di scadenza della autorizzazione integrata
ambientale vigente.
Il secondo strumento
(VIIAS) consentirebbe di introdurre nella discussione sul futuro dell’area (una
volta dismessa la centrale) il parametro salute per farlo pesare sulle scelte
definitive cosa mai fatta nel nostro territorio e che continua a non essere
fatto come dimostra la vicenda attuale dell’attuazione del piano regolatore del
porto.
[5] 10. In
caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente,
ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà
comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure ai
sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
[6] Cosa deve contenere il parere sanitario negativo al rilascio dell’AIA
La
sentenza del Consiglio di Stato ha
considerato fondati i motivi che hanno portato il Comune con il supporto di ASL
a rilasciare Parere Sanitario negativo alla realizzazione dell’impianto rifiuti
in sede di AIA. In particolare:
1. nella
nota 5.12.2014, si dava conto del mancato rispetto delle previsioni di cui
all’art. 216 del T.U.L.S, alla luce della vicinanza delle abitazioni e
dell’area residenziale;
2. nella
stessa nota e in quella del 12 aprile 2015, si sottolineava l’opportunità di
acquisire una valutazione di impatto sanitario (VIS), in quanto la VIA (svolta
dalla Regione) sarebbe priva della correlazione tra gli impatti ambientali e
gli effetti sulla salute pubblica;
3. nella
nota successiva del luglio 2015, l’autorità sanitaria dettagliava il contenuto
della VIS, la quale avrebbe dovuto contemplare uno screening sulla
situazione di partenza, la definizione della portata del progetto, la
valutazione dei potenziali impatti sanitari (epidemiologia ambientale), un
monitoraggio e una valutazione sanitaria post opera e
un monitoraggio sulle aree di ricaduta degli inquinanti;
4. in
seguito, la medesima ASL segnalava sette tipologie di mancanze e lacune,
ostative alla formazione di un parere ponderato;
5. nella
nota del 14 settembre 2015, si poneva l’attenzione sulla presenza di
microinquinanti nell’area e sull’importanza della loro identificazione. La nota
proseguiva con un approfondimento sullo stato di salute della popolazione
residente e formava una griglia di screening con i diversi indicatori (incidenza
delle patologie neoplastiche, delle patologie croniche non neoplastiche e degli
eventi avversi alla riproduzione, concludendo che l’incidenza dei tumori
maligni e delle patologie respiratorie croniche è più elevata nella popolazione
di Moglia rispetto a quella dell’intera Provincia.
[7] 1. I Comuni determinano i criteri di localizzazione e
le condizioni per l’attivazione delle industrie classificate insalubri,
nonché la disciplina del relativo procedimento.
2. Chiunque intenda attivare una
fabbrica o un’industria compresa nell’elenco delle industrie insalubri
deve presentare, anche su supporto informatico, istanza almeno
quarantacinque giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli
impianti .
3. L’istanza deve essere presentata all’Amministrazione Comunale e, in particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso.
4. L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente.
5. Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi. ASL deve produrre appositi Report di valutazione dell'impianto sanitario potenziale sulla base del contenuto della istanza di cui al punto 3
6. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste.
7. al regolamento può essere accompagnato un protocollo operativo (da concordare con ASL o in mancanza altri soggetti con competenze di epidemiologia ambientale) per il monitoraggio dell'impatto sanitario delle industrie insalubri una volta installate sul territorio comunale
3. L’istanza deve essere presentata all’Amministrazione Comunale e, in particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso.
4. L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente.
5. Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi. ASL deve produrre appositi Report di valutazione dell'impianto sanitario potenziale sulla base del contenuto della istanza di cui al punto 3
6. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste.
7. al regolamento può essere accompagnato un protocollo operativo (da concordare con ASL o in mancanza altri soggetti con competenze di epidemiologia ambientale) per il monitoraggio dell'impatto sanitario delle industrie insalubri una volta installate sul territorio comunale
[8] Tale onere è previsto dall'articolo
19 (L) del testo unico edilizia in relazione ad attività industriali artigianali.
Recita questo articolo 19: “Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla
residenza 1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad
attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla
prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla
incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e
allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie
alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La
incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in
base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4,
lettere a) e b) dell’articolo 16 , nonché in relazione ai tipi di attività
produttiva.”
[9] a) gli
elaborati progettuali di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g);
b) lo studio di impatto ambientale;
c) la sintesi non tecnica;
d) le informazioni sugli eventuali impatti
transfrontalieri del progetto ai sensi dell'articolo 32;
e) l'avviso al pubblico, con i contenuti indicati
all'articolo 24, comma 2;
[10] A due anni dell’approvazione ed
emanazione con Delibera del Consiglio Federale,il Presidente dell’ISPRA,
informato il Consiglio del SNPA, ha inserito nelle pagina di
presentazione delle linee guida per la Valutazione di Impatto Integrata
Ambientale e Sanitaria (VIIAS) la seguente frase:
“Il documento finalizzato da SNPA nel 2015, anche con l’intento di promuovere futuri percorsi operativi integrati da condividere con gli esperti della Sanità, va inteso come una ricognizione tecnico-scientifica degli elementi metodologici e di contesto fruibili per la valutazione della componente salute nelle procedure di valutazione ambientale, materia successivamente disciplinata sotto il profilo normativo dal recente Decreto legislativo n. 104/2017 di recepimento della Direttiva UE in materia di VIA.”
“Il documento finalizzato da SNPA nel 2015, anche con l’intento di promuovere futuri percorsi operativi integrati da condividere con gli esperti della Sanità, va inteso come una ricognizione tecnico-scientifica degli elementi metodologici e di contesto fruibili per la valutazione della componente salute nelle procedure di valutazione ambientale, materia successivamente disciplinata sotto il profilo normativo dal recente Decreto legislativo n. 104/2017 di recepimento della Direttiva UE in materia di VIA.”
-
non prevedono una progressione metodologica di
applicazione, ovvero non consentono di procedere con indagini di diverso
dettaglio e/o distinte per fasi a seconda della tipologia di impianto e del
tipo di impatto;
-
propongono la centralità della valutazione del
rischio da un punto di vista prettamente tossicologico senza considerare
l’approccio epidemiologico, nonostante la numerosa letteratura di settore e le
linee guida messe a punto in precedenza da altri soggetti pubblici (linee guida
VIIAS del SNPA e linee guida VIS del progetto CCM T4HIA);
-
presentano una insufficiente attenzione al
background sanitario ed ambientale;
-
utilizzano in modo non documentato la
classificazione internazionale delle sostanze cancerogene come discriminante
per i livelli di accettabilità del rischio. La classificazione di
cancerogenicità delle sostanze viene effettuata da vari organismi accreditati
(IARC, ECHA, US-EPA) sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. Tale
classificazione dipende pertanto dalla disponibilità di evidenze scientifiche
di cancerogenicità delle sostanze e non dalla potenza cancerogena delle stesse.
[12] b-bis)
valutazione di impatto sanitario, di seguito VIS: elaborato predisposto dal
proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della
salute, che si avvale dell'Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli
impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l'esercizio
del progetto può procurare sulla salute della popolazione
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