martedì 30 aprile 2019

Localizzazione impianti da fonti rinnovabili e pianificazione paesaggistica


La  Corte Costituzionale con sentenza n° 86/2019 (QUI) si occupa della legittimità costituzionale di una norma della Regione Basilicata sulle c.d. aree di rispetto cio+ quelle aree dove non é possibile  autorizzare l'installazione di  impianti  alimentati da fonti rinnovabili secondo le modalità e prescrizioni  indicate nel comma 1 di detta norma regionale.


LE REGIONI DEVONO RISPETTARE I CRITERI LOCALIZZATIVI DELLE LINEE GUIDA NAZIONALI SALVO CONCORDARLI CON LO STATO SECONDO APPOSITI PROTOCOLLI IN SEDE DI PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA
Tale norma regionale è stata approvata, unilateralmente, in contrasto con le linee guida nazionali (D.M. 10/9/2010 , per il testo completo vedi QUI) sui criteri di realizzazione  e localizzazione di impianti da fonti rinnovabili ma anche con il Protocollo di Intesa (2011) con il MIBAC e con  il  MATTM, in vista della elaborazione congiunta del piano paesaggistico regionale. In particolare in quel Protocollo, le parti avevano stabilito di individuare prioritariamente e congiuntamente la metodologia per il riconoscimento delle aree non idonee alla localizzazione  degli impianti da fonti rinnovabili, ai sensi del d.m. 10 settembre 2010 e sulla base dei criteri di cui all'Allegato 3 paragrafo 17 Criteri per l'individuazione di aree non idonee del citato DM (art. 4 del Protocollo).

La sentenza ha dichiarato altresì la illegittimità costituzionale dell’allegato alla norma regionale con la quale sono state previste regole inerenti alla realizzazione e all'esercizio di impianti di energia da fonti rinnovabili. In questo modo, secondo la sentenza della Corte Costituzionale,  il legislatore regionale stabilendo in via generale e unilaterale, senza istruttoria e valutazione  in concreto dei luoghi in sede procedimentale,  l'individuazione  delle aree non idonee all'installazione degli impianti di energia da  fonti
rinnovabili e anche quella delle aree idonee, previa abrogazione dei criteri individuati congiuntamente con gli organi statali, ha violato non solo l'impegno assunto con il Protocollo di intesa del 2011 (citato sopra) ma anche i criteri fissati dal  paragrafo  17 delle linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010. Tali criteri impongono,  fra  l'altro, un'istruttoria adeguata, volta a prendere in considerazione tutti gli interessi coinvolti, nonché la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di  protezione  ambientale  e  puntuali atti di programmazione.


CRITERI PER IL RILASCIO DELLA PROCEDURA ABILITATIVA SEMPLIFICATA (PAS) AGLI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
Infine la Corte Costituzionale è intervenuta sulla norma regionale che ha introdotto ingiustificati aggravi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti solari fotovoltaici di potenza fino a 200 kW, da collocare a terra. In particolare la norma regionale fa discendere la applicazione della Procedura abilitativa semplificata (PAS) al rispetto di condizioni diverse da quelle statali (DLgs 387/2003 dlgs 28/2011 e DM 10/9/2010, in mancanza di rispetto di tali condizioni non si applica la PAS ma la più complessa autorizzazione unica. 
La norma regionale quindi si pone in contrasto, in particolare, con il DLgs. n. 28 del 2011 che ha disciplinato le varie ipotesi in cui l'installazione di impianti di energia da fonti rinnovabili é possibile all'esito di una procedura semplificata (la PAS). In  questo quadro risulta  evidente che la norma regionale impugnata, nella parte in cui stabilisce  condizioni diverse e aggiuntive rispetto a quelle prescritte dal legislatore statale per il rilascio della PAS, introduce previsioni che si traducono in ingiustificati aggravi per la  realizzazione  e  l'esercizio  degli impianti in questione, in contrasto con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, stabilito  dal legislatore  statale  in  conformità alla Direttiva  2001/77/CE (sentenze n. 177 del 2018 e n. 13  del  2014;  nello  stesso senso, sentenza n. 44 del 2011).



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