Sul
progetto del Terzo Valico l’analisi costi benefici ex post non aveva e non ha
alcun senso, era ovvio che finisse per giustificare un opera in stadio avanzato.
L'unica cosa che avrebbe dovuto fare il nuovo Governo era colmare
il vero gap nella procedura di approvazione di questo progetto : la mancata
applicazione di una VIA ordinaria.
La
VIA ordinaria infatti aveva inizialmente bocciato il progetto, quindi si è
applicata una VIA semplificata (applicabile alle grandi opere) che
sostanzialmente si fondava sulla filosofia per cui l'opera di fa così come stabilito
dal progetto ma occorrerà compatibilizzarla.
E' il
contrario questo della ratio della Direttiva sulla VIA dove è il progetto che
deve dimostrare di essere compatibile con il sito (in questo caso il tracciato
trattandosi di una infrastruttura di trasporto) e non <<adeguare il sito al
progetto>>.
Vista
questa lacuna andava avviata immediatamente una riapertura del procedimento di VIA che sanasse questo buco istruttorio e procedurale gravissimo. Solo così si poteva dimostrare la fattibilità dell'opera sotto il profilo della sostenibilità!
Mettendola
invece sul piano strettamente dei costi da risarcire era ovvio che si finisse
per giustificare l'opera. Un gravissimo errore metodologico!
Nelle procedure di valutazione ambientale di progetti, opere piani e programmi il metodo è sostanza.
Non solo ma l'attuale impostazione, lasciando così come è la VIA semplificata creerà anche grossi problemi a coloro, nel Governo, che dicono: "il progetto si farà ma seguiremo i più stringenti criteri di sostenibilità economica e ambientale". Se l'analisi valutativa è sbagliata difficilmente si potranno imporre nuove prescrizioni perché non saranno giustificate da quella analisi, oltre al fatto che sarebbero di dubbia legittimità fuori da un procedimento di VIA chiuso da tempo!
Peccato
una occasione sprecata, comunque la si pensi sulla utilità dell'opera, per
dimostrare che le procedure di VIA servono davvero a prevenire l'impatto
ambientale e non a giustificare a priori
l'impatto con misure di mitigazione. Se ragioniamo così la VIA non serve più
torniamo alla vecchia logica delle autorizzazioni per cui io presento un
progetto che se rispetta le varie normative sull'inquinamento posso farlo a
prescindere dal sito in cui si collocherà il progetto.
La VIA
è un'altra cosa, la VIA è questa cosa qui:
Invece
la Via semplificata per il Terzo Valico, essendo sfalsata fin dall’inizio dal
vincolo per cui “il progetto si deve
fare perché strategico”, per giustificare
tale vincolo ha imposto 81 prescrizioni da attuare ex post a prescindere dalla dimostrazione
preventiva della compatibilità con il sito interessato dal tracciato.
Come
scrive Virgino Bettini nel suo saggio “Ecologia dell’Impatto Ambientale”
(ed. UTET 2000): “si rilascerà una
autorizzazione e la micro- VIA sarà una procedura autorizzativa a uscita bloccata in gloria
della migliore tecnologia non sempre disponibile. La Tecnologia non può
essere la sanatoria risolutiva e molti
parametri debbono essere riferiti alla specificità del sito (ben diversamente
si pongono i problemi se un TGV attraversa un area metropolitana o un area
naturale!).“
Eppure
la Direttiva sulla VIA (in tutte le sue versioni nel tempo) afferma che la definizione
dei limiti di emissione, dei vincoli ambientali da rispettare, delle misure di
mitigazione, non può essere condotta in maniera generale o generica ma deve
essere sviluppata caso per caso.
La
vicenda del Terzo Valico dimostra ancora una volta come, a prescindere dalle
interpretazioni normative peraltro importantissime, la Pubblica Amministrazione italiana (in tutte le
sue articolazioni) non ha la cultura tecnica e scientifica adeguata per
applicare correttamente strumenti innovativi come la Valutazione di Impatto
Ambientale, la Valutazione Ambientale Strategica e la Autorizzazione Integrata
Ambientale.
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