venerdì 14 dicembre 2018

Terzo Valico: l’analisi costi benefici non serviva, occorreva una nuova VIA!


Sul progetto del Terzo Valico l’analisi costi benefici ex post non aveva e non ha alcun senso, era ovvio che finisse per giustificare un opera in stadio avanzato. L'unica cosa che avrebbe dovuto fare il nuovo Governo era colmare il vero gap nella procedura di approvazione di questo progetto : la mancata applicazione di una VIA ordinaria.  


La VIA ordinaria infatti aveva inizialmente bocciato il progetto, quindi si è applicata una VIA semplificata (applicabile alle grandi opere) che sostanzialmente si fondava sulla filosofia per cui l'opera di fa così come stabilito dal progetto ma occorrerà compatibilizzarla.
E' il contrario questo della ratio della Direttiva sulla VIA dove è il progetto che deve dimostrare di essere compatibile con il sito (in questo caso il tracciato trattandosi di una infrastruttura di trasporto) e non <<adeguare il sito al progetto>>.

Vista questa lacuna andava avviata immediatamente una riapertura del procedimento di VIA che sanasse questo buco istruttorio e procedurale  gravissimo. Solo così si poteva dimostrare la fattibilità dell'opera sotto il profilo della sostenibilità!

Mettendola invece sul piano strettamente dei costi da risarcire era ovvio che si finisse per giustificare l'opera. Un gravissimo errore metodologico!
Nelle procedure di valutazione ambientale  di progetti, opere piani e programmi il metodo è sostanza.
Non solo ma l'attuale impostazione, lasciando così come è la VIA semplificata creerà anche grossi problemi a coloro, nel Governo, che dicono: "il progetto si farà ma seguiremo i più stringenti criteri di sostenibilità economica e ambientale". Se l'analisi valutativa è sbagliata difficilmente si potranno imporre nuove prescrizioni perché non saranno giustificate da quella analisi, oltre al fatto che sarebbero di dubbia legittimità fuori da un procedimento di VIA chiuso da tempo! 

Peccato una occasione sprecata, comunque la si pensi sulla utilità dell'opera, per dimostrare che le procedure di VIA servono davvero a prevenire l'impatto ambientale e non a  giustificare a priori l'impatto con misure di mitigazione. Se ragioniamo così la VIA non serve più torniamo alla vecchia logica delle autorizzazioni per cui io presento un progetto che se rispetta le varie normative sull'inquinamento posso farlo a prescindere dal sito in cui si collocherà il progetto.

La VIA è un'altra cosa, la VIA è questa cosa qui
Invece la Via semplificata per il Terzo Valico, essendo sfalsata fin dall’inizio dal vincolo per cui “il progetto si deve fare perché strategico”, per giustificare tale vincolo ha imposto 81 prescrizioni da attuare ex post a prescindere dalla dimostrazione preventiva della compatibilità con il sito interessato dal tracciato.

Come scrive Virgino Bettini nel suo saggio “Ecologia dell’Impatto Ambientale” (ed. UTET 2000): “si rilascerà una autorizzazione e la micro- VIA sarà una procedura  autorizzativa a uscita bloccata in gloria della migliore tecnologia non sempre disponibile. La Tecnologia non può essere  la sanatoria risolutiva e molti parametri debbono essere riferiti alla specificità del sito (ben diversamente si pongono i problemi se un TGV attraversa un area metropolitana o un area naturale!).

Eppure la Direttiva sulla VIA (in tutte le sue versioni nel tempo) afferma che la definizione dei limiti di emissione, dei vincoli ambientali da rispettare, delle misure di mitigazione, non può essere condotta in maniera generale o generica ma deve essere sviluppata caso per caso.

La vicenda del Terzo Valico dimostra ancora una volta come, a prescindere dalle interpretazioni normative peraltro importantissime, la Pubblica Amministrazione italiana (in tutte le sue articolazioni) non ha la cultura tecnica e scientifica adeguata per applicare correttamente strumenti innovativi come la Valutazione di Impatto Ambientale, la Valutazione Ambientale Strategica e la Autorizzazione Integrata Ambientale.

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