Ritorno sulla questione
della demolizione della nave alla luce
di una notizia significativa apparsi sul Bollettino Ufficiale della Regione
Toscana del 7 giugno 2017 n.23.
Con Decreto Dirigenziale
di questa Regione è stata concluso il procedimento di verifica di
assoggettabilità a VIA dell’impianto di demolizione navale di Piombino (vedi
QUI) in
particolare un impianto di
demolizione navale controllata (impianto di trattamento rifiuti pericolosi
avente capacità superiore a 10 Mg/g);
La procedura
autorizzatoria seguita nel caso di Piombino
è stata quella di sottoporre il progetto a verifica di Valutazione di
Impatto Ambientale (VIA) e anche ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
Questa procedura non è
stata applicata alla attività di demolizione prevista nell’Arsenale Militare
della Spezia. Questo nonostante la forte
similitudine tra le due attività
RELATIVAMENTE ALLA VALUTAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE
L’impianto di
Piombino secondo la determina dirigenziale n. 7319 del 30/5/2017 rientra: “tra quelli di cui alla lettera lettera za)
“Impianti di smaltimento e recupero rifiuti pericolosi, mediante operazioni di
cui all’Allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all’Allegato C, lettere
da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”
all’Allegato IV alla Parte Seconda del D.Lgs 152/2006 ed è quindi da sottoporre
alla procedura di verifica di assoggettabilità”.
L’impianto di Spezia
rientra nella stessa categoria di quello di Piombino sopra descritta sia
sufficiente citare la domanda di autorizzazione (vedi QUI
https://www.slideshare.net/MarcoGrondacci/01domanda-aua-exart208rev00
) presenta dal committente
dell’impianto, la Agenzia Industrie Difesa, dove si chiede la autorizzazione
per le operazioni di smaltimento “D15 - Deposito preliminare prima di una delle operazioni di cui
ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel
luogo in cui sono prodotti)”
Ora per queste tipologie
di impianti/attività di gestione rifiuti non esiste una soglia quantitativa al
di sotto della quale non si applica la procedura di verifica di VIA. Quindi l’impianto nell’Arsenale Militare spezzino andava
sottoposto a questa procedura e questo non è stato fatto.
La mancanza della
procedura di VIA non ha permesso di verificare l’impatto della attività dell’impianto
spezzino, non solo per la prima nave ma anche per le future (su questo tornerò
a breve), con il resto dell’area interessata a cominciare di popolosi quartieri
limitrofi l’area interessata dalla attività di demolizione/riciclaggio.
Infatti L’allegato III
alla Direttiva 2011/92 come modificata dalla Direttiva 2014 nei criteri per
verificare la assoggettabilità a VIA
devono essere presi in
considerazione i “rischi per la salute
umana” dovuti alle caratteristiche del progetto.
Quindi anche i
potenziali rischi per la salute
determinati dai caratteri del progetto, una volta confermati, verranno in considerazione per verificare
la significatività e quindi anche la dimensione degli impatti del progetto in
rapporto (vedi punto 3 dell’allegato
III):
1.alla estensione ed
intensità dell’impatto
2.alla probabilità
dell’impatto
3.alla insorgenza, durata,
frequenza e reversibilità dell’impatto
4.al cumulo tra l’impatto
del progetto con altri progetti esistenti e approvati
5. alla possibilità di
ridurre l’impatto
In particolare una norma
ancora in vigore precisa quale debba essere il contenuto di questa analisi sui
potenziali rischi per la salute nella procedura di VIA.
vecchio Dpcm 27/12/1988 (mai abrogato ma solo modificato[1])
che definisce il contenuto degli studi di impatto ambientale che devono
accompagnare il progetto sottoposto a VIA , all’allegato 2 contiene una
sezione F Salute Pubblica[2].
Questo decreto è applicabile ai progetti ed opere sottoposti a VIA statale
(allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006) ma anche, per quanto non disciplinato a livello
regionale, anche ai progetti sottoposti a VIA di competenza delle Regioni.
Questo Dpcm tutt’ora costituisce
attuazione con quanto previsto dall’allegato VII alla Parte II del DLgs
152/2006 (contenuti dello studio di impatto ambientale).
Tale sezione F è citata
non a caso nelle linee guida per la Valutazione Integrata di Impatto sanitario
e ambientale (VIIAS) del sistema delle
Arpa e Ispra del 2015.
RELATIVAMENTE AL TIPO DI AUTORIZZAZIONE
RILASCIATO ALL’IMPIANTO SPEZZINO
Come si evince dal testo, presentato dalla Agenzia Industrie Difesa, della domanda di autorizzazione questa
riguarda un impianto di riciclaggio demolizione delle navi non quindi della
attività di una singola nave. Infatti la stessa autorizzazione rilasciata (ex
articolo 208 del DLgs 152/2006) fa già riferimento ad una seconda nave. Quindi
è possibile che anche con semplici proroghe autorizzatorie l’impianto possa
demolire più navi e quindi produrre quantità di rifiuti sia in entrata e in
uscita che superino la soglia di 10 ton/giorno al di sopra della quale scatta
una autorizzazione più stringente di quella ordinaria rilasciata per ora.
Quanto sopra sfruttando
anche una norma non chiara del Regolamento UE 1257/2013: articolo 14 [NOTA 3] le
prossime demolizioni avranno un semplice rinnovo automatico della autorizzazione
iniziale. In questo modosi frantuma il progetto per non applicare le
autorizzazioni più vincolanti (AIA e VIA) e si rinnova automaticamente senza
valutare le specificità della singola demolizione.
Non avere applicato l’AIA
comporta la rimozione di una istruttoria più impegnativa sotto il profilo della
tutela ambientale a cominciare da uno dei tanti passaggi obbligatori di detta
procedura: Il Parere Sanitario del Sindaco.
Ovviamente per l’impianto
di Piombino invece è prevista l’AIA!
CONCLUSIONI
Mi pare che per eventuali
prosecuzioni di attività di demolizioni, cosa che il sottoscritto non auspica a
prescindere, la prossima amministrazione comunale dovrebbe quanto meno chiedere
maggior rigore istruttorio e procedurale.
NOTE
[1] “Resta
ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al
presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988.” Ultima parte comma 1 articolo
34 del DLgs 152/2006
[2] F.
Salute pubblica. Obiettivo della caratterizzazione dello stato di qualità
dell'ambiente, in relazione al benessere ed alla salute umana, è quello di
verificare la compatibilità delle conseguenze dirette ed indirette delle opere
e del loro esercizio con gli standards ed i criteri per la prevenzione dei
rischi riguardanti la salute umana a breve, medio e lungo periodo. Le analisi
sono effettuate attraverso: a) la caratterizzazione dal punto di vista della
salute umana, dell'ambiente e della comunità potenzialmente coinvolti, nella
situazione in cui si presentano prima dell'attuazione del progetto; b)
l'identificazione e la classificazione delle cause significative di rischio per
la salute umana da microrganismi patogeni, da sostanze chimiche e componenti di
natura biologica, qualità di energia, rumore, vibrazioni, radiazioni ionizzanti
e non ionizzanti, connesse con l'opera; c) la identificazione dei rischi
eco-tossicologici (acuti e cronici, a carattere reversibile ed irreversibile)
con riferimento alle normative nazionali, comunitarie ed internazionali e la
definizione dei relativi fattori di emissione; d) la descrizione del destino
degli inquinanti considerati, individuati attraverso lo studio del sistema
ambientale in esame, dei processi di dispersione, diffusione, trasformazione e
degradazione e delle catene alimentari; e) l'identificazione delle possibili
condizioni di esposizione delle comunità e delle relative aree coinvolte; f)
l'integrazione dei dati ottenuti nell'ambito delle altre analisi settoriali e
la verifica della compatibilità con la normativa vigente dei livelli di
esposizione previsti; g) la considerazione degli eventuali gruppi di individui
particolarmente sensibili e dell'eventuale esposizione combinata a più fattori
di rischio. Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, l'indagine
dovrà riguardare la definizione dei livelli di qualità e di sicurezza delle
condizioni di esercizio, anche con riferimento a quanto sopra specificato. Per il testo del DPCM vedi QUI.
[3] 1. Fatte salve altre pertinenti
disposizioni del diritto dell’Unione, le autorità competenti autorizzano gli
impianti di riciclaggio situati nel loro territorio che soddisfano i requisiti
di cui all’articolo 13 a procedere al riciclaggio delle navi. Tale
autorizzazione può essere accordata ai rispettivi impianti di riciclaggio delle
navi per un periodo massimo di cinque anni e rinnovata di conseguenza.
A condizione che i
requisiti del presente regolamento siano rispettati, l’autorizzazione
rilasciata a norma di altre pertinenti disposizioni del diritto nazionale o
dell’Unione può essere combinata con l’autorizzazione a norma del presente
articolo in un’unica autorizzazione, qualora tale formato permetta di evitare
una duplicazione inutile delle informazioni e dei lavori effettuati
dall’operatore dell’impianto di riciclaggio delle navi o dall’impresa di
riciclaggio delle navi o dall’autorità competente. In tali casi,
l’autorizzazione può essere prorogata conformemente al regime di autorizzazione
di cui al primo comma, per un periodo massimo di cinque anni
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