La
nuova autorizzazione, a seguito della Conferenza dei Servizi deliberante, all’impianto
di trattamento inerti in località Lagoscuro
(Comune di Vezzano Ligure), di proprietà della Granulati Muto srl, lascia sconcertati per molti motivi e non solo
ambientali!
Ma
soprattutto questa vicenda conferma per l’ennesima volta la superficialità con
la quale spesso e volentieri le autorità preposte alla prevenzione e tutela
della salute pubblica e dell’ambiente gestiscono le istruttorie che portano ad
autorizzare attività fortemente inquinanti.
L’impianto
della Granulati Muto srl (prima Inerti Muto srl) è gestito da una
famiglia chiacchierata non solo per motivi ambientali, ma soprattutto ha una
storia di violazioni di legge in campo ambientale sistematiche (vedi QUI) sia passata che molto
recente; storia che avrebbe richiesto una maggiore attenzione prima del rilascio della
nuova autorizzazione, come dimostro di seguito……
LE RIMOSSE RESPONSABILITÀ PENALI DELLA DITTA
INERTI – GRANULATI MUTO SRL
Il primo motivo di sconcerto è addirittura da profilo penale. Non si riesce a comprendere come sia
stato possibile in tutti questi anni non sanzionare penalmente i responsabili della azienda avendo questi signori sistematicamente permesso la produzione di gravissimi
disagi a decine di famiglia residenti nelle zone limitrofe. La giurisprudenza
sul punto è univoca: a prescindere dalla violazione dei limiti di emissione ex
lege e dalla presenza o meno di una autorizzazione alla lavorazione, si
realizza comunque la contravvenzione prevista dal comma 1 articolo 279 del DLgs
152/2006 (Corte di cassazione, Sezione III penale, 14 febbraio 2011, n. 5347,
da ultimo 1713/2015) nel caso di emissioni anomale.
IL RUOLO
PASSIVO DELL’ASL
Il
secondo motivo di sconcerto sta nel parere dell’Asl (prot. 82/2014) rilasciato in Conferenza dei Servizi. Questo parere è privo di una qualsiasi verifica del potenziale impatto sanitario
dell’impianto. Ricordo che stiamo parlando di un impianto già sequestrato due volte per violazione delle
prescrizioni contenute nelle autorizzazioni precedenti!
Rispetto a questo
quadro i “signori” dell’ASL affermano nel loro parere: “L’assenza di modificazioni del ciclo produttivo e dei sistemi di
abbattimento della polverosità ambientale descritte nella relazione tecnica del
2008 non fanno intravedere motivazioni per non volturare la autorizzazione
unica ambientale già rilasciata alla società Inerti Muto srl nel 2008”!
È
proprio l’assenza di modifiche del ciclo produttivo e dei sistemi di
abbattimento delle polveri che dovrebbe far riflettere sulla necessità di una
verifica puntuale dell’impatto sanitario dell’impianto.
Non c’è mai stata fino ad ora un formalizzazione di
una volontà della ditta Inerti Muto (ora Granulati srl) di migliorare il
disagio sanitario prodotto dall’impianto in oggetto. Infatti dalla documentazione
prodotta, dalla ditta Granulati Muto srl, per la domanda di AUA “Tutto il materiale, derivante
sia direttamente dal vaglio primario sia dal frantoio secondario, è avviato
ad una torre di vagliatura all’interno della quale avviene anche il
lavaggio con acqua, ciò permette di non generare emissioni diffuse”.
E' indiscutibile come in questo caso venga di nuovo in rilievo il ruolo che l’ASL continua a giocare in queste istruttorie: di mera ratifica formale di quanto
presentato dal soggetto che presenta la domanda di autorizzazione, essendo totalmente assente una vera
analisi dell’impatto sanitario dell’impianto tanto più in un caso come questo
dove i disagi sono reiterati da anni.
Occorreva era un vero e proprio rapporto
sul potenziale impatto sanitario delle emissioni dall’impianto in oggetto, vale a dire almeno un confronto tra
1. Descrizione
delle caratteristiche dell’impianto, dell’area e della popolazione
potenzialmente esposta. Vale a dire: Spazi, locali, impiantistica in base alla
tipologia attività, scarichi e approvvigionamento idrico, gestione acque
meteoriche, emissioni in atmosfera, sistemi di abbattimento polveri, sistemi di lavorazione a ciclo chiuso, condizionamento, valutazione area circostante all’impianto;
2. Valutazione
del possibile impatto dell’impianto sulla salute della popolazione. Si tratta
delle procedure di c.d. “health impact assessment” con le quali, sulla base
delle conoscenze scientifiche disponibili e considerando le relazioni
esposizione-risposta già scientificamente conosciute, si valuta quale potrà
essere l’impatto sanitario atteso dell’impianto sulla salute della popolazione;
3. Valutazione
degli effetti sanitari dell’impianto ormai operativo sulla base dei primi due
punti.
L’ASL
non è in grado di svolgere questa attività perché non adeguata per il
personale? Lo scriva almeno se non altro il problema diventerebbe formalmente
pubblico!
Altrimenti
questo comportamento sfiora la omissione di atti di ufficio.
Invece
l’Asl nel suo parere rinvia la problematica sanitaria ai “controlli analitici delle emissioni in atmosfera e ai controlli della
efficienza dei filtri”
LE
INSUFFICIENTI PRESCRIZIONI PER LA TUTELA CONTRO LE EMISSIONI DIFFUSE DELLE
POLVERI
Le
prescrizioni citate dal’ASL nel suo parere erano già contenute nelle
autorizzazioni precedenti. Si veda ad esempio le prescrizioni alle lettere d)
ed e) della autorizzazione del 2011 ( Determina
dirigenziale del 7/6/2011 n.106 che riprendeva la Determina Dirigenziale del
27/4/2009 n. 56):
“d) la ditta dovrà
effettuare i controlli analitici delle emissioni con cadenza annuale, i
certificati di analisi dovranno essere conservati in stabilimento ….
e) i
sistemi di abbattimento delle polveri con filtri a maniche di tutti i depolveratori
dovranno essere sottoposti a controllo per verificare stato di usura con
frequenza semestrale….”
Rilevo
che queste prescrizioni, come altre, sono state sistematicamente violate dalla
ditta in questione (che ora ha nome diverso ma è gestita dagli stessi proprietari
cioè la famiglia Muto), si veda la Diffida della Provincia del 6/8/2014 (vedi QUI). Da ultimo nella Conferenza dei Servizi, in sede
referente, del 8/10/2014 la Provincia
richiede (Nota del 8/10/2014 n.46985) la dimostrazione del rispetto di queste
prescrizioni, cito dal verbale: “si informa
che la voltura della autorizzazione alle emissioni in atmosfera in capo alla
nuova società (Granulati srl ndr.) sarà rilasciata solo a seguito
dell’acquisizione della certificazione analitica delle emissioni in atmosfera”.
Insomma e per concludere l’ASL si sente
rassicurata solo sulla base del potenziale rispetto di prescrizioni mai
rispettate nel passato!
Ma c’è di più. Non vengono applicate altre prescrizioni previste
dalla legge. Anche recentemente la Cassazione (sentenza 1713/2015) ha affermato
che: “Non vi è dubbio che
le disposizioni in tema di prevenzione dell'inquinamento atmosferico si
applichino anche agli impianti di frantumazione dei materiali di cava stante la
oggettiva attitudine di questi a dare luogo ad emissioni di pulviscolo e di
particolato dell'atmosfera”. Quindi all’impianto di cui
stiamo parlando si applicano anche le prescrizioni contenute all’allegato V parte I
(vedi QUI) alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006
per le emissioni di polveri provenienti da attività di produzione,
manipolazione, trasporto, carico, scarico, e stoccaggio di
materiali polverulenti, in particolare si veda l’obbligo relativo “il
contenimento ermetico delle polveri”
previsto dal punto 2.1. (produzione e manipolazione di materiali polvurolenti).
Norma totalmente ignorata dai signori di Provincia, Comune,
Arpal ed Asl. Norma applicabile proprio
al caso in esame visto il perdurare delle emissioni polverose da anni
nonostante le varie prescrizioni fino ad ora inserite nelle autorizzazioni del
2009 e del 2011.
IL PARERE DELL’AREA AMBIENTE DELLA PROVINCIA: RUMORE
La Provincia ha dato parere favorevole
(parere del 14/1/2015 prot. n. 472) al rilascio del nulla osta acustico da
parte del Comune di Vezzano con la
seguente misura cautelare: “le fasce
orarie di funzionamento dell’impianto saranno dalle 6 alle 22 dei giorni
feriali”. Si conferma quindi quando
già previsto dalla autorizzazione del 2011 al punto 2. Questo nonostante che la Diffida della
Provincia già citata dello scorso Agosto aveva rilevato la violazione sistematica
di questa prescrizione.
Conclude il suo parere favorevole la
Provincia con una sorta di auspicio al “volemose bene”: “si raccomanda inoltre… di tenere sotto controllo la efficienza delle
opere di mitigazione messe in atto, cercando di non contribuire ad un eventuale
aumento della rumorosità della zona”.
Al di la di questo comportamento non
trasparente e contra legem del Comune di
Vezzano occorre sottolineare che sul rumore il problema non andava affrontato
solo in relazione al’impianto in esame, considerato che la normativa di tutela oggi
appare spuntata e che è stata ulteriormente spuntata dalla pianificazione delle
Amministrazioni che hanno governato il Comune negli ultimi anni. La attuale
classificazione acustica del territorio comunale e ancor di più quella che sta
predisponendo il Comune di Vezzano prevede il trasferimento dell’area con le
lavorazioni più rumorose nella classe IV con limiti di emissione fino a 60
decibel (diurni) e 50 notturni e con limiti di immissione 65 (diurni) e 55
(notturni). Stiamo parlando di valori alti sotto il profilo della tutela
della salute umana. Non solo ma occorre dire che le abitazioni civili si
trovano a distanza limitatissime pur non essendoci una densità abitativa
rilevante, nella zona insistono molte residenze civili. Sul punto la giustizia amministrativa ha rilevato
come non si possa ritenere ragionevole perché non fondato su una
realistica rappresentazione della situazione considerata, un azzonamento
che preveda la contiguità di aree aventi classificazioni non progressive
(caratterizzate, cioè, da valori limite che differiscano per più di 5 decibel
), quantomeno nel caso in cui le aree nelle quali sono consentiti più elevati
livelli di rumorosità non sono dimensionate in modo da assicurare un effettivo
e consistente abbattimento degli stessi al confine. Senza considerare che
secondo Consiglio di Stato: “E’ illegittima la
zonizzazione acustica del territorio che viene compiuta non già tenendo conto
dell’attuale destinazione d’uso delle varie porzioni di territorio, ma di
quella che si prevede o si auspica esse possano avere nel prossimo futuro, e
non già tenendo conto dei livelli di rumore tollerabili in relazione alle
destinazioni esistenti, ma di quelli superiori eventualmente sussistenti di
fatto” (Consiglio di Stato Sez. IV - 16 maggio
2011, Sentenza n. 2957)
IL SINDACO DI VEZZANO LIGURE RIMUOVE LE SUE RESPONSABILITÀ POLITICO
AMMINISTRATIVE E DELLE AMMINISTRAZIONI PRECEDENTI
Il Sindaco di Vezzano afferma che più di
quello che è stato fatto non si poteva fare. Non è vero!
Non è vero sotto il profilo repressivo. Il
Sindaco nonostante le reiterate violazioni di legge della ditta non ha mai
esercitato i suoi poteri di autorità sanitaria
Non è vero sotto il profilo autorizzatorio:
come abbiamo visto molte prescrizioni che potevano essere inserite nelle
autorizzazioni non sono mai state prese in considerazione
Ma soprattutto non è vero sotto il profilo
preventivo cioè di pianificazione della presenza di impianti a rischio
ambientale e sanitario come quello di cui stiamo trattando in questo post. Qui
viene in considerazione una normativa totalmente rimossa dal Sindaco di Vezzano
che peraltro siede in questa amministrazione da innumerevoli anni visto che
nella sindacatura precedente era già amministratore.
La normativa rimossa è
quella delle Industrie Insalubri.
LA NORMATIVA SULLE INDUSTRIE INSALUBRI
L’impianto della ditta Granulati Muto srl rientra
nelle industrie insalubri di prima classe: si veda il punto 83
sezione B Parte I allegato al DM 5/9/1994: 83) Minerali e
rocce: macinazione, frantumazione.
L’impianto di Inerti in località Lagoscuro è, come abbiamo visto sopra, soggetto alla disciplina
della Autorizzazione Unica Ambientale (AUA per il testo del regolamento vedi QUI) . Il
regolamento di disciplina dell’AUA al comma 1 articolo 3 elenca le
autorizzazioni di settore assorbite dalla procedura di AIA e non si fa alcun
riferimento ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi
dell’articolo più volte citato sopra. Quindi restano pienamente i
poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri.
In cosa consistono questi poteri del Sindaco lo ha
spiegato, anche recentemente, il Consiglio di Stato.
Con sentenza n. 2751 del 27/5/2014
il
Consiglio di Stato afferma principi chiarissimi sulla collocazione delle
industrie insalubri nelle vicinanze di aree residenziali.
1. l’opportunità
di una diversa ubicazione dell’impianto in ragione della vicinanza dello stesso
agli insediamenti abitativi, in deroga alla distanza minima di 500
metri prevista nell’ambito dei non impugnati criteri generali di autorizzabilità
per settori omogenei produttivi approvati dal Comitato Regionale contro
l’inquinamento atmosferico (siamo nella Regione Emilia Romagna) nella seduta
del 20.5.1991, e della conseguente esigenza di tenere nel debito conto gli
interessi di matrice ambientale e sanitaria;
2. se
con adeguata motivazione, l’attività insistente su un sito che dista
poche decine di metri dalle abitazioni più vicine, si dimostra che non avrebbe
prodotto benefici occupazionali e infrastrutturali apprezzabili in via comparativa,
soggiungendo che neanche l’importanza, per l’interesse collettivo, dello
smaltimento delle spoglie animali avrebbe giustificato il potenziale vulnus ai
prevalenti interessi di ordine ambientale riguardanti l’igiene e la salute dei
residenti;
3. che
le norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale possono stabilire
distanze di sicurezza adeguate (la sentenza in esame fa riferimento ad esempio
a 100 ml) per le industrie insalubri di 1^ classe ispetto ai
confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza
4. la
fascia di rispetto, dalla collocazione di dette industrie insalubri,
riguarda non solo i confini delle zone residenziali ma anche
“preesistenti edifici destinati a residenza”
5. se
le distanze adeguate (stabilite dalle prescrizioni regionali, dalle
autorizzazioni alle emissioni, dalle norme attuative dei piani urbanistici) non
sono rispettate anche gli ampliamenti/ammodernamento degli insediamenti
esistenti sono preclusi, con deroghe al massimo per le costruzioni
residenziali e produttive che eventualmente dovessero sorgere in terreni
confinanti e non per la localizzazione di un impianto insalubre
6. se
è vero che normativa nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U.
n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di collocazione di queste negli
abitati, non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari
parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934
al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (Cons.
Stato, V n.338/1996).
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