domenica 25 giugno 2023

La Commissione UE limita le informazioni nella rendicontazione sulla sostenibilità aziendale

La Commissione UE lo scorso 9 giugno ha presentato una Proposta di Direttiva (QUI) che modifica la Direttiva 2013/34/UE (QUI) relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese.

La proposta di Direttiva introduce, nei suoi allegati, gli standard di rendicontazione di sostenibilità che le imprese devono utilizzare per realizzare per i propri bilanci ai sensi degli articoli 19 bis e 29 bis della Direttiva 2013/34/UE.

La Commissione però ha prodotto una versione della Direttiva che limita fortemente le informazioni sulla sostenibilità nella rendicontazione delle imprese, non tenendo contro neppure delle proposte di EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), organismo di advisory della Commissione europea nel campo del reporting aziendale.  

Sui limiti della proposta di Direttiva la associazione Transport & Environment ha prodotto un paper critico con proposte integrative che riporto in sintesi nella seconda parte del post.

 

 


COSA DICE LA DIRETTIVA 2013/34/UE CHE VERRÀ MODIFICATA DALLA PROPOSTA DI NUOVA DIRETTIVA

In particolare secondo l’articolo 19-bis della Direttiva 2013/34/UE le imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese, ad eccezione delle microimprese (per definizioni vedi articolo 3 Direttiva 2013/34), che sono enti di interesse pubblico ai sensi dell'articolo 2, punto 1), lettera a), includono nella relazione sulla gestione informazioni necessarie alla comprensione dell'impatto dell'impresa sulle questioni di sostenibilità, nonché informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull'andamento dell'impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione.

Secondo l’articolo 29-bis della Direttiva 2013/34/UE le imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni includono nella relazione sulla gestione consolidata informazioni necessarie alla comprensione dell'impatto del gruppo sulle questioni di sostenibilità, nonché informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull'andamento del gruppo, sui suoi risultati e sulla sua situazione.

Secondo la proposta di Direttiva la nuova rendicontazione dovrà rispettare il calendario ex paragrafo 2 articolo 5 Direttiva UE 2022/2464 (QUI) con scadenze diverse a seconda che l’esercizio inizio il 1° gennaio 2024, 2025 o 2026.

 

 

LE MODIFICHE PRODOTTE DALLA COMMISSIONE UE IN SINTESI

1. Omissione per il primo anno di applicazione degli stardard (2024) le informazioni relative a inquinamento, acqua, biodiversità e all’utilizzo di risorse naturali, e alcuni dati sui propri dipendenti in materia di protezione sociale, persone con disabilità, malattie legate al lavoro ed equilibrio vita-lavoro.

2. Per le imprese con meno di 750 dipendenti per il primo anno (2024) non devono pubblicare i dati sulle emissioni di gas serra;

3. Nel documento, inoltre, l’istituzione europea ha suggerito la possibilità per le imprese con meno di 750 dipendenti di poter omettere, per il primo anno di applicazione degli standard ESG, i dati sulle emissioni di gas serra Scope 3 (vale a dire quelle indirette quindi lungo tutta la catena di approvvigionamento). Inoltre, non devono essere fornite rendicontazioni (2024 e 2025) per biodiversità, forza lavoro lungo la catena del valore, le comunità interessate, i consumatori e gli utenti finali. N.B. Per calcolare le emissioni di gas serra è utilizzato il Greenhouse Gas Protocol (GHG Protocol), nato nel 1997 da un’iniziativa del World Resources Institute (WRI), ad adesione volontaria: QUI.

4. Diventano non obbligatorie ma volontarie informazioni come quelle per i piani di transizione per la biodiversità, alcuni indicatori relativi ai “lavoratori non dipendenti” dell’impresa nonché la presentazione dei motivi per cui l’impresa può ritenere non rilevante un determinato argomento di sostenibilità.

 

Secondo Transport & Environment (QUI) nel caso delle compagnie petrolifere e delle case automobilistiche, la maggior parte delle loro emissioni proviene dallo Scope 3, principalmente dall'uso di auto alimentate a petrolio. L'EFRAG (QUI) aveva tra l'altro raccomandato all'UE di rendere obbligatoria la comunicazione di tali emissioni, in linea con i requisiti esistenti per gli investitori. L'organo consultivo ha anche suggerito a tutte le aziende di riferire sui loro piani di decarbonizzazione e sulle loro strategie e azioni per affrontare la perdita di biodiversità. Tuttavia, sotto la pressione dell'industria e della politica, la Commissione europea ha rifiutato di rendere obbligatori questi requisiti fondamentali di divulgazione.

 

 

 

LE PROPOSTE DI TRANSPORT & ENVIRONMENT

Secondo T&E i punteggi ESG (anche nella versione proposta dalla Commissione UE e sopra esaminata) sono fortemente focalizzati sulla valutazione dell'impatto finanziario dei rischi di sostenibilità per la società (materialità outside-in) e non tengono conto dell'impatto che la società ha sulla natura e sulle persone che è rilevante per i rischi di stabilità finanziaria più ampi e per gli obiettivi politici al di fuori del campo finanziario.

Con un suo documento T&E (QUI) propone una revisione degli standard ESG per cui ad esempio occorre

1. garantire che i rating ESG seguano un approccio duplice che consideri sia l’esposizione della azienda ai rischi ESG ma anche gli impatto sul mondo esterno di detti standard;

2. fissare soglie minime settoriali di qualità per i rating ESG.

3. assicurare che i rating ESG attribuiscano maggiore importanza alla performance assoluta di aziende in relazione alla loro materialità di impatto, oltre a valutare il rischio delle aziende esposizione rispetto ai loro concorrenti;

4. garantire classificazioni differenziate “E”, “S”, “G” che colleghino “E” all'allineamento con un percorso di 1,5°C (=riduzione delle emissioni di gas serra) e l'eliminazione graduale dei combustibili fossili;

5. coerenza con la normativa vigente come il Corporate Sustainability Reporting (QUI) in modo che i dati divulgati da società e istituzioni finanziarie siano calcolati in rating significativi che possono essere utilizzati da investitori e gestori patrimoniali per incanalare i propri fondi verso la maggior parte aziende sostenibili;

6. affrontare la mancanza di trasparenza e comparabilità dei rating ESG e della governance del mercato dei rating ESG (concentrazione di mercato, conflitti di interesse, ecc.);

7. impone revisioni indipendenti e verifiche fattuali sul campo, promuovere impegno e coinvolgimento delle parti interessate, anche da parte della organizzazioni della società civile.

 

 VEDI ANCHE QUI PER UNA ANALISI CRITICA rendicontazione della sostenibilità delle imprese (CSRD)


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