La Corte Costituzionale
con sentenza n°74 del 21 aprile 2021 (QUI) è
intervenuta nuovamente sul rapporto Stato Regioni in materia di tutela del
Paesaggio (per gli ultimi precedenti pronunciamenti della Corte Costituzionali
vedi QUI).
La sentenza ribadisce,
come vedremo leggendo più approfonditamente il resto del post, alcuni principi
fondamentali di livello costituzionale:
1. spetta alla legislazione statale determinare i
presupposti e le caratteristiche della autorizzazione paesaggistica come pure
le eventuali esenzioni e semplificazioni della procedura
2. in
base al principio di prevalenza della tutela paesaggistica al legislatore
regionale è impedito alla legge regionale introdurre deroghe in contrasto con
le norme di tutela paesaggistica se non per ragioni di maggiore tutela del
Paesaggio
3. le norme di maggiore tutela possono trovare
riconoscimento anche negli strumenti urbanistici regionali e comunali
4. non
sono possibili norme regionali che fissino limiti e condizioni in deroga alla
tutela paesaggistica giustificate da mere esigenze urbanistiche
5. quindi non sono ammissibili norme regionali che
condizionino la applicabilità delle norme paesaggistiche (dei piani
paesaggistici oltre che ovviamente del Codice del Paesaggio) a mere scelte
urbanistiche dei Comuni, i quali possono limitarsi a manifestare la semplice
volontà di non avvalersi delle richiamate disposizioni paesaggistiche.
Se penso alla recente legge urbanistica approvata dal Consiglio Regionale mi chiedo come questa possa passare il vaglio di costituzionalità dopo questa ennesima sentenza della Corte Costituzionale (per una analisi di questa legge vedi QUI).
Ma esaminiamo
specificamente il contenuto della nuova sentenza dividendola, per comodità di
lettura, per capitoli relativi ai singoli profili di incostituzionalità
rilevati dalla Corte Costituzionale…
LA DISCIPLINA
STATALE DELLA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA NON PUÒ ESSERE DEROGATA DALLA LEGGE
REGIONALE
La sentenza ha giudicato la
costituzionalità di una norma regionale volta a disciplinare la ricostituzione
dell'attività agricola nelle aree colpite da Xylella fastidiosa (un batterio):
“in conformità con le procedure e i limiti previsti dall'articolo 149, comma 1,
lettera b), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137) e al fine di garantire la biodiversità agricola e la resistenza
dell'ecosistema alle mutazioni o ricombinazioni del batterio della xylella»,
consente: “nelle aree dichiarate infette l'attività di impianto di qualsiasi
essenza arborea in deroga ai vincoli paesaggistico colturali, comunque
denominati, apposti in forza di leggi regionali o di provvedimenti
amministrativi di pianificazione sovraordinata o comunale”.
La Corte Costituzionale con la sentenza in esame, afferma in continuità con sentenze precedenti (246/2017 QUI), come spetti alla legislazione statale determinare presupposti e caratteristiche dell'autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e delle semplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza delle opere sul valore intangibile dell'ambiente. In altre sentenze sempre della Corte Costituzionale si è inoltre affermato che: “la legislazione regionale non può prevedere una procedura per l'autorizzazione paesaggistica diversa da quella dettata dalla legislazione statale, perché alle Regioni non è consentito introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole su tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere annoverata l'autorizzazione paesaggistica” (sentenza n. 189 del 2016 QUI; nello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013 QUI, n. 235 del 2011 QUI, n. 101 del 2010 QUI e n. 232 del 2008 QUI).
La competenza esclusiva
statale risponde, infatti, ad “ineludibili esigenze di tutela e sarebbe
vanificata dall'intervento di una normativa regionale che sancisse in via
indiscriminata [...] l'irrilevanza paesaggistica di determinate opere, così
sostituendosi all'apprezzamento che compete alla legislazione statale”
(sentenza n. 246 del 2017).
SONO
INCOSTITUZIONALI NORME REGIONALI CHE DEROGANDO AI VINCOLI PAESAGGISTICI INTRODUCANO
ESONERI DALLA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA
Rispetto a questa
ricostruzione della giurisprudenza precedente la nuova sentenza afferma che nel
caso in esame il legislatore regionale, consentendo, con la norma impugnata,
l'impianto di qualsiasi essenza arborea in deroga ai vincoli paesaggistici, ha
introdotto un'ipotesi di esonero dall'autorizzazione paesaggistica. Quindi
secondo la nuova sentenza la norma regionale impugnata è in contrasto con il
Codice dei Beni Culturali (QUI) ed in particolare con:
a) l’artt. 146 sulla disciplina della autorizzazione
paesaggistica
b) l’artt. 149 sulla individuazione tassativa delle tipologie
di interventi in aree vincolate realizzabili anche in assenza di detta
autorizzazione –
Per queste ragioni la
norma regionale invade la competenza esclusiva statale in materia di tutela
dell'ambiente e del paesaggio, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost.
Risulta inoltre
incostituzionale anche l’altra norma regionale secondo la quale: “nel termine perentorio di trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta
regionale può motivatamente deliberare l'esclusione, in tutto o in parte, delle
aree in cui non è applicabile la deroga” suddetta.
È COSTITUZIONALE LA NORMA REGIONALE CHE ESONERI
DALLA AUTORIZZAZIONE REGIONALE PER MODIFICHE AGLI STRUMENTI URBANISTICI SEMPRE
CHE NON ESCLUDE LA PARTECIPAZIONE DELLE SOPRINTENDENZE DALLA PROCEDURA DI
ADEGUAMENTO
La sentenza in esame è poi
intervenuta sulla costituzionalità di altra norma regionale: “a integrazione
delle norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici comunali sono
consentite le attività previste dalla legge regionale 22 luglio 1998, n. 20
(Turismo rurale), senza necessità di approvazione regionale”. Secondo
la Corte Costituzionale questa norma regionale non è incostituzionale perché non
prevede la autorizzazione regionale ma solo a fini urbanistici non ha fatto
venir meno la necessaria partecipazione dei competenti organi ministeriali al
procedimento di adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della
pianificazione paesaggistica. Partecipazione, questa, che, anche a seguito
delle modifiche normative introdotte dalla norma impugnata, continua, in
definitiva, ad essere assicurata; onde la non fondatezza della questione.
IL PRINCIPIO
DI PREVALENZA DELLA TUTELA PAESAGGISTICA IMPEDISCE DEROGHE ALLE NORME
PAESAGGISTICA ANCOR PIU’ SE LASCIATE ALLA DISCREZIONALE APPLICAZIONE DEI COMUNI
La sentenza infine
interviene sulla costituzionalità di altra norma regionale secondo la quale: “a
integrazione delle norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici
comunali, sono consentite le attività previste dall'art. 45, commi 3 e 4, delle
norme tecniche d'attuazione del Piano paesaggistico territoriale regionale
(d'ora in avanti, anche: NTA del PPTR), salvo che il Comune interessato non
esprima la volontà di non avvalersene con delibera del consiglio comunale.”
La Corte per giudicare la
costituzionalità della norma analizza il contenute dei sopra citati commi 3 e 4
articolo 45 delle norme di attuazione del Piano Paesaggistico Regionale.
In particolare detti commi
affermano: “fatte salve la procedura di autorizzazione paesaggistica e le
norme in materia di condono edilizio, nel rispetto degli obiettivi di qualità e
delle normative d'uso di cui all'art. 37, nonché degli atti di governo del
territorio vigenti ove più restrittivi», sono ammissibili varie attività -
specificamente elencate - che hanno lo scopo di valorizzare e riqualificare i
beni paesaggistici contemplati dalla disposizione normativa, se e nella misura
in cui non compromettano i caratteri naturali e siano coerenti con i caratteri
paesaggistici in cui si inseriscono.”
Secondo la Corte
Costituzionale dette norma regionale pur facendo salva la necessità di
rispettare le procedure di autorizzazione paesaggistica e le previsioni in
materia di condono edilizio, è
incostituzionale poiché si pone in contrasto con il principio di prevalenza
della tutela paesaggistica, che trova riconoscimento ed espressione nell'art.
143, comma 9, cod. beni culturali che recita: “ 9. A far
data dall'adozione del
piano paesaggistico non sono
consentiti, sugli immobili
e nelle aree di cui all'articolo 134, interventi in
contrasto con le prescrizioni di
tutela previste nel
piano stesso.
A far data dalla approvazione del piano le relative
previsioni e prescrizioni
sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani
territoriali ed urbanistici.”
Afferma la sentenza qui
esaminata che il principio di prevalenza della tutela paesaggistica deve essere
declinato nel senso che al legislatore regionale è impedito non solo adottare
normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che
pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso stretto,
ma, altresì, introdurre limiti o condizioni, in qualsiasi forma, senza che ciò
sia giustificato da più stringenti ragioni di tutela, le quali possono se del
caso trovare riconoscimento anche negli strumenti urbanistici regionali o
comunali, tanto più, poi, se dette limitazioni trovino giustificazione in mere
esigenze urbanistiche.
Affinché sia preservato il
valore unitario e prevalente della tutela paesaggistica (sul quale, fra le
molte, sentenze n. 11 del 2016 QUI, n. 64
del 2015 QUI e n. 197
del 2014 QUI), deve,
infatti, essere salvaguardata la complessiva efficacia del piano paesaggistico,
ponendola al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle
amministrazioni locali (sentenza n. 182 del 2006 QUI).
L'impugnata norma
regionale, nel condizionare l'applicabilità delle previsioni paesaggistiche di
cui al citato art. 45, commi 3 e 4, non alla presenza di più stringenti norme
di tutela già previste negli strumenti urbanistici, ma a mere scelte
urbanistiche dei Comuni, i quali possono limitarsi a manifestare la semplice
volontà di non avvalersi delle richiamate disposizioni paesaggistiche, si pone
in contrasto con il principio di prevalenza della tutela paesaggistica nei
termini sopra precisati e quindi viola l'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., in relazione all'art. 143, comma 9, cod. beni culturali.
Nessun commento:
Posta un commento