La Corte Costituzionale con sentenza n° 76 del 21 Aprile 2021 (QUI) ha giudicato la costituzionalità di varie norme regionali in materia di trasferimento rifiuti fuori regione e di tipologia di rifiuti da collocare in discarica.
La sentenza è interessante
al di la del caso specifico perché ribadisce alcuni principi generali della
vigente normativa in materia di pianificazione pubblica (regionale e di ambito)
nella localizzazione degli impianti, nel loro dimensionamento in rapporto ai
principi di autosufficienza di ambito (regionale e provinciale) e di prossimità
cioè di realizzazione degli impianti più vicino possibile alle aree di maggior
produzione di rifiuti.
I principi generali
affermati dalla Corte Costituzionale li riassumo qui di seguito per poi
rinviare al resto del post per un approfondimento sulle motivazioni della
sentenza anche in rapporto al caso specifico di per se comunque altrettanto
interessante:
1. le
Regioni esercitano le proprie competenze concernenti l'approvazione dei
progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, l'autorizzazione alle
modifiche degli impianti esistenti in base a quanto previsto dai Piani
regionali ex articoli 199 (Piano Regionale) e 200 (pianificazione di ambito) e
nel rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità;
2. l’autosufficienza
di ambito (regionale e provinciale) per la realizzazione di impianti di
gestione rifiuti urbani non può avvenire al di fuori degli strumenti di
pianificazione previsti dal DLgs 152/2006 (QUI) o con una
iniziativa legislativa in deroga alla pianificazione vigente
3. si possono prevedere sospensione di procedimenti di
autorizzazione di impianti di trattamento rifiuti in corso nelle more dell’aggiornamento
del Piano o dei criteri regionali di localizzazione. Quindi si possono sospendere
le autorizzazioni non rilasciarle quando il piano sta per essere modificato/aggiornato
4. i
principi affermati ai punti sopra riportati valgono solo per i rifiuti urbani
non pericolosi e non anche per altri tipi vedi rifiuti speciali di origine industriale.
Ma vediamo le complessive
motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale…
POTERI REGIONALI NEL
DEFINIRE I LIMITI ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI AL POSTO DEL RECUPERO NONCHÉ
ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI FUORI REGIONE
Secondo la Corte
Costituzionale nella sentenza in esame in base a quanto previsto dai rispettivi
piani regionali, regolati dagli artt. 199 (Piani Regionali) e 200 (organizzazione
servizio gestione rifiuti urbani per ambiti) DLgs 152/2006, le Regioni esercitano le proprie competenze
concernenti l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di
rifiuti, l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti e
l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di
rifiuti, nel rispetto dei ricordati principi di autosufficienza e prossimità.
Ciò premesso, nel caso di specie non viene in discussione la facoltà della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste di valutare l'opportunità di realizzare nuove discariche, né risulta di per sé illegittimo il disincentivo al ricorso alla discarica, che appare anzi conforme ai più recenti indirizzi in materia espressi anche dal d.lgs. n° 121 del 2020. Rilevano piuttosto le modalità con le quali tali obiettivi sono realizzati. Sotto tale profilo, non sono fondate le censure di incostituzionalità relative alla norma regionale in questione , nella parte in cui si prevede che, salva la sottoscrizione di appositi accordi di programma con le Regioni interessate, è vietata l'esportazione di rifiuti urbani verso altri ambiti territoriali ottimali o l'importazione di rifiuti urbani da altri ambiti territoriali ottimali. Tale previsione, infatti, è conforme all'art. 182 cod. ambiente, che, come ricordato, prevede esso stesso il divieto di smaltire i rifiuti urbani in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi gli accordi regionali e internazionali sul punto.
SUL POTERE REGIONALE
CONTENIMENTO DELLA MOVIMENTAZIONE DEI RIFIUTI NEL TERRITORIO REGIONALE, AL FINE
DI DISINCENTIVARE LA REALIZZAZIONE E L'UTILIZZO DELLE DISCARICHE PER IL
CONFERIMENTO DI RIFIUTI SPECIALI PROVENIENTI DA ALTRE REGIONI
Nella norma regionale
impugnata questo obiettivo viene realizzato attraverso il divieto di completare
i lavori relativi alle attività finalizzate alla gestione di siffatti rifiuti (salvo che per quelli di cui alla Tabella 1
allegata all'art. 5 del d.m. 27 settembre 2010 (oggi individuati dalla Tabella
1 dell'Allegato 4 del d.lgs. n. 36 del 2003), ossia i rifiuti inerti non
soggetti a caratterizzazione) nelle discariche non ancora in esercizio alla
data del 1° gennaio 2020, con revoca delle autorizzazioni e delle eventuali
proroghe già concesse a decorrere dal 15 febbraio 2020.
Si tratta di una
previsione che, come espressamente indicato dalla difesa regionale, realizza
una "cristallizzazione" in via legislativa dell'esistente,
sull'assunto che il fabbisogno regionale sarebbe sufficientemente coperto, sia
per quanto concerne la domanda interna, sia per quella extraregionale.
Siffatta valutazione di
autosufficienza avviene al di fuori degli strumenti di pianificazione previsti
dal codice dell'ambiente e attraverso un intervento legislativo ben diverso da
quelli già oggetto d'esame da parte di questa Corte, in casi concernenti misure
sospensive dei procedimenti autorizzativi relativi agli impianti di trattamento
dei rifiuti nelle more dell'aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti,
ovvero dei criteri regionali di localizzazione (sentenza n. 289 del 2019 QUI, sentenza n. 150 del 2018 QUI).
In tali casi, le Regioni
interessate avevano adottato misure transitorie e di salvaguardia, per questo
motivo compatibili con l'assetto costituzionale delle competenze.
Nel caso di specie, invece,
la Regione ha sottratto in via legislativa agli strumenti di pianificazione la
valutazione sul fabbisogno di smaltimento dei rifiuti. Il che, sebbene lo
Stato non richiami nel proprio ricorso le disposizioni del codice dell'ambiente
relative al piano regionale, si pone comunque in contrasto con l'art. 182 cod.
ambiente, questo sì invocato quale norma interposta, che rinvia al d.lgs. n. 36
del 2003, ove, per lo smaltimento dei rifiuti in discarica e l'autorizzazione
dei relativi impianti, sono appunto richiamate le procedure e la pianificazione
di cui al codice dell'ambiente.
IL PRINCIPIO DI
AUTOSUFFICIENZA LOCALE IN AMBITI TERRITORIALI OTTIMALI VALE SOLO PER I RIFIUTI
URBANI NON PERICOLOSI
Infine la sentenza esamina
la costituzionalità di un ultima norma regionale che consente il conferimento
di rifiuti speciali provenienti da altre Regioni solo nelle discariche per
rifiuti inerti già in esercizio alla data del 1° gennaio 2020, entro e non
oltre il limite del 20 per cento della loro capacità annua autorizzata. Tale
disposizione, infatti, realizza un'ulteriore cristallizzazione dell'esistente,
che non riguarda solo gli impianti, ma anche le tipologie e i quantitativi di
rifiuti extraregionali conferibili nelle discariche del territorio regionale
interessato, al dichiarato fine di ridurre la movimentazione dei rifiuti nella
Regione. Fra l'altro, come affermato dalla difesa regionale, l'importazione dei
rifiuti ha riguardato sinora essenzialmente quelli per cui non è consentita la
realizzazione o l'ampiamento delle discariche, cioè i rifiuti inerti soggetti a
caratterizzazione.
Secondo la Corte
Costituzionale nella sentenza qui esaminata un criterio di autosufficienza
locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali vale solo
per i rifiuti urbani non pericolosi e non anche per altri tipi, per i quali
vige invece il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento
appropriati. Un limite quantitativo e qualitativo non derogabile per lo
smaltimento di rifiuti extraregionali diversi da quelli urbani non pericolosi,
pertanto, contrasta con il vincolo generale imposto alle Regioni dall'art. 120,
primo comma, Cost., che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera
circolazione delle cose e delle persone fra le stesse Regioni e che s'impone
anche alle autonomie speciali (sentenze n. 12 del 2007 QUI, n. 161 del 2005 QUI , n. 62 del
2005 QUI, n. 505 del 2002 QUI, n. 335 del 2001 QUI, n. 281 del 2000 QUI). Per tali tipologie
di rifiuti, infatti, non è possibile preventivare in modo attendibile la
dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che,
conseguentemente, rende impossibile individuare un ambito territoriale ottimale
che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento
(sentenza n. 10 del 2009 QUI).
Non è consentito alle
Regioni individuare tetti percentuali di trattamento dei rifiuti speciali di provenienza
extraregionale, al fine di limitarne lo smaltimento nel proprio territorio,
come avviene appunto nel caso di specie, trattandosi di misure incompatibili
con le finalità e con lo stesso concetto di rete integrata, che esigono una
possibilità di interconnessione tra i vari siti del sistema, in particolare
privilegiando la vicinanza fra luogo di produzione e luogo di raccolta
(sentenza n. 227 del 2020 QUI).
SUL POTERE REGIONALE DI
INDIVIDUARE I RIFIUTI, SOGGETTI A
CARATTERIZZAZIONE, DERIVANTI DA PROCESSI INDUSTRIALI DA VIETARE IN DISCARICA
La sentenza in esame
dichiara incostituzionale anche la norma regionale che attribuisce alla Giunta
regionale l'individuazione dei rifiuti, soggetti a caratterizzazione, derivanti
da processi industriali, il cui conferimento è vietato presso le discariche per
rifiuti inerti. Questa norma, secondo la sentenza della Corte Costituzionale -
pur non facendo riferimento ai soli rifiuti extraregionali (sebbene, come
ricordato, i rifiuti importati siano principalmente proprio quelli soggetti a
caratterizzazione) - in virtù della stretta connessione con i precedenti commi dell’articolo
esaminato nel paragrafo precedente, consente in se ulteriori restrizioni al
conferimento dei rifiuti speciali nelle discariche per inerti (si veda ancora
la sentenza n. 227 del 2020), i cui criteri di ammissibilità sono tra l'altro
previsti dalla normativa europea e dal d.lgs. n. 36 del 2003 e, quindi, non
sono nella disponibilità delle Regioni.
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