mercoledì 19 ottobre 2016

Discarica di Saturnia: la confusione di Acam su progetti e procedure

Oggi sul quotidiano La Nazione di Spezia i dirigenti di Acam si lamentano dei ritardi burocratici per la autorizzazione della discarica di Saturnia.

A mio avviso quel progetto è previsto in un sito sbagliato come è emerso con chiarezza anche dalla Inchiesta Pubblica in particolare per le problematiche idrogeologiche ma anche legate alla bonifica complessiva dell’area in cui la nuova discarica verrebbe collocata.  
Ma non è di questo che ora voglio trattare. Ma della superficialità del management di Acam nel presentare/elaborare e gestire proceduralmente i progetti di impianti a rilevante impatto ambientale come una discarica di servizio.


LA PRESENTAZIONE/ELABORAZIONE DEI PROGETTI DI ACAM: UN PO DI STORIA SULLA DISCARICA DI SERVIZIO  
Intanto nel campo della presentazione e quindi della elaborazione di progetti  la storia ci insegna  come la dirigenza Acam sia maestra nel presentare progetti non fattibili o in siti assolutamente non adeguati, in questo spesso "spalleggiata" dalle varie istituzioni locali e spesso anche dalla Regione. Vogliamo degli esempi? Eccoli:


Discarica Le Gronde Bonassola
In una prima fase siamo intorno agli anni 2008-2009 la frazione stabilizzata (la FOS) prodotta dall’impianto di Saliceti, esaurita la discarica di Val Bosca, avrebbe dovuto confluire, secondo i progetti di Acam,  in quella di Bonassola. Li erano stati autorizzati gli interventi di ampliamento e adeguamento: 150.000 mc con costi superiori ai 6 milioni di euro. Nel 2009 questi costi arrivano, stime Acam, a 10 milioni di euro. 10 milioni di euro per smaltire circa 150.000 mc (capacità della discarica bastante per soddisfare le necessita della provincia per circa 2,5 anni alla situazione attuale di raccolta differenziata), troppo pochi per il tempo necessario a garantire l'avvio di qualsiasi altro sistema di chiusura del ciclo per il quale ci vorrebbero almeno 4/5 anni circa.  Eppoi si “scopre” improvvisamente che c’è nel corpo della discarica un roccione di serpentino da rimuovere che farebbe lievitare il costo di altri 600.000/700.000 euro). Insomma alla fine non se ne fa nulla e tuttosommato meglio così per i cittadini di Bonassola viste le problematiche del sito di discarica esistente di cui si è tornato a parlare anche recentemente.


Progetto discarica Rocchetta Vara
Presentata come soluzione ottimale per la c.d. discarica di servizio fino a quando con un sopralluogo  (1 marzo 2012) con gli stessi tecnici di Acam, oltre che del Comune di Rocchetta  della Regione della Provincia e di Arpal è emerso che come si ricava dal verbale:
“…l’intervento risulta tecnicamente più complicato di quanto inizialmente previsto e con costi rilevanti in considerazione dei volumi utilizzabili; si ritiene pertanto che la discarica non risponda più ai criteri di fattibilità previsti dalla programmazione di cui al Piano provinciale dei rifiuti”. Piano che invece prevedeva   proprio questo sito come discarica di servizio. Ma nel frattempo nessuno aveva verificato che il piano di recupero della ex cava presente nel sito aveva comportato il riempimento dell’area con inerti rendendo impossibile la realizzazione della discarica. Ma i progetti di recupero delle cave chi li approva? Con ruoli e funzioni diversi gli stessi enti che poi andando sul posto si sono accorti che il progetto non si poteva più fare. E Acam nel frattempo dove era? Ma ad inventarsi un altro sito impossibile ovviamente: quello di Mangina.



Progetto discarica di Mangina
Presentato da Acam così “Il progetto è stato redatto da professionisti tra i migliori del panorama nazionale”.
Un progetto così  perfetto che nel Piano economico-finanziario di Acam presentato nel 2013,  a pagina 54 e 55, veniva descritta la procedura di approvazione del progetto di discarica rimuovendo:
1. i problemi di falda dell’area,
2. i problemi della riclassificazione del rischio idraulico della zona dopo l’alluvione disastrosa che l’ha colpita,
3. rimuoveva altresì  l’obbligo della procedura di Valutazione Ambientale Strategica della necessaria  variante al PUC del Comune di Borghetto Vara
4. prevedeva la semplice procedura di verifica per la VIA, quando invece occorre (ex lege) per discariche di questo tipo la VIA ordinaria
5. rimuoveva l’obbligo di autorizzazione integrata ambientale e il relativo parere obbligatorio e vincolante del Sindaco competente territorialmente sotto il profilo del rischio sanitario.
Sappiamo tutti come è finito quel progetto bocciato addirittura dalla stessa Regione Liguria.



LA GESTIONE DEI PROGETTI DI ACAM
La dirigenza di Acam, come scritto all’inizio di questo post, si lamenta delle lungaggini burocratiche delle procedure di valutazione e approvazione del progetto di discarica in località Saturnia.
In realtà dovrebbe prendersela prima di tutto con se stessa e la confusione totale che alberga nelle menti di chi la rappresenta in particolare sulle finalità e le modalità delle procedure di legge in materia.

Infatti i signori dirigenti di Acam, che sono arrivati a dare dei “cialtroni” ai cittadini della Val di Vara che contestavano il progetto di Mangina , dovrebbero sapere che:
1. nella procedura di VIA l’elemento del consenso sociale e delle problematiche socio economiche è parte decisiva nella decisione che conclude questo processo di valutazione dell’impatto ambientale di un progetto
2. la normativa prevede di unificare procedura di VIA e AIA e questo può essere richiesto dallo stesso committente dell’opera.
Vediamo meglio questi due aspetti decisivi nella vicenda Saturnia:  


1. Il parametro della accettabilità sociale del progetto nella procedura di VIA.
La procedura di VIA non può essere vista come fosse una mera autorizzazione per cui tu presenti il progetto dimostri di rispettare i limiti di legge dei vari inquinanti e io ti do la autorizzazione. La procedura di VIA è un processo che mira a dimostrare la compatibilità del progetto ( a prescindere dalla bontà tecnica dello stesso) in rapporto al sito in cui verrà collocato tenuto conto di più aspetti non solo strettamente ambientali ma anche sanitari e socio economici.  Quindi anche il livello di accettabilità sociale del progetto deve rientrare nei parametri della procedura di VIA. Non si tratta di una mia interpretazione ma di quello che c’è scritto nella stessa normativa ligure sulla VIA.
La Delibera Giunta Regionale della Liguria  n.1660/2013 (Aggiornamento delle Norme Tecniche per la procedura di VIA) prevede:
1. tra i contenuti del  Quadro di riferimento progettuale del SIA: “la gestione sociale del progetto, con riferimento ai soggetti coinvolti, agli impatti relativi a vantaggi e svantaggi sui gruppi sociali, i beneficiari, l’utenza diretta o indiretta, i possibili conflitti.”. (lettera b) punto 5 articolo 4 DGR 1660/2013)
2. tra i comparti ambientali presi in esame dal SIA, questo ultimo:  “deve contenere indicazioni sui possibili effetti economici e sociali del progetto, sia direttamente sia indirettamente, sia nel corso della realizzazione che a regime, sulle seguenti variabili:
2.1.occupazione
2.2. composizione socio-anagrafica della comunità locale
2.3. grado di coesione ed integrazione della comunità locale” (lettera h) articolo 11 DGR 1660/2013)



2. AIA e VIA si possono svolgere contemporaneamente e in modo coordinato
Le due procedure per legge andrebbero integrate come prevede il comma 2 articolo 10 del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) cosa che fino ad ora stranamente non è stato fatto. 

Quindi non è vero  che prima bisogna fare la VIA e poi l’AIA.

Secondo la Direttiva Europea 2010/75/UE il coordinamento tra le procedure di VIA e AIA  non ha una finalità meramente semplificatoria ma prima di tutto di garantire un approccio integrato effettivo di tutte le autorità competenti per questa procedura.

In altri termini il coordinamento tra le due procedure, VIA e AIA, deve servire prima di tutto a permettere una istruttoria completa al fine di dimostrare la compatibilità del progetto con il sito (VIA) e la compatibilità del modello gestionale di tale progetto con il sito (AIA). Per questo come abbiamo visto sopra la norma nazionale anche nel caso di competenza regionale prevede la integrazione dei documenti previsti per l’AIA all’interno della procedura di VIA.

In tal senso la documentazione per la VIA dovrà essere opportunamente integrata con:
a) le informazioni previste dai commi 1 (contenuto domanda di AIA)  e 2 (sintesi non tecnica della domanda)  dell’articolo 29 ter del DLgs 152/2006
b) le informazioni ex rapporti di sicurezza (previsti dalla normativa sulle industrie a rischio se applicabile) e quella prevista dal regolamento 761/2001 (se si tratta di sito registrato EMAS)
c) le condizioni per il rilascio dell’AIA ex articolo 29sexies DLgs 152/2006: MODELLO GESTIONALE IMPIANTO  
d) se applicabili, le misure supplementari richieste dalla MTD ( Migliore Tecnologie Disponibili) secondo l’articolo 29septies DLgs 152/2006.

Quanto sopra significa che siamo di fronte ad un unificazione dei provvedimenti e dei relativi procedimenti ma la specificità della istruttoria propedeutica al rilascio dell’AIA viene comunque salvaguardata.

Nella stessa direzione va la giurisprudenza amministrativa:

A conferma si veda Consiglio di Stato del 17/10/2012 n. 5299 secondo il quale: “alla delineata autonomia funzionale degli atti in questione consegue che l’eventuale intangibilità dell’autorizzazione integrata ambientale (nel caso di specie) non potrebbe spiegare alcun effetto sanante dei vizi di cui è affetta la valutazione di impatto ambientale, non potendosi neppure logicamente (ancor prima che sul piano strettamente giuridico) ammettere che le problematiche attinenti la localizzazione e gli aspetti strutturali di un impianto siano assorbite o inglobate dal provvedimento di autorizzazione all’esercizio dell’impianto stesso.” 
Si veda inoltre Consiglio di Stato del 19/3/2012 n. 1541: “E’ vero infatti che, a seguito del d.lgs. n. 128 del 2010 (entrato in vigore dopo i provvedimenti impugnati), si è giunti ad una nuova formulazione del d.lgs. n. 152 del 2006, in particolare dell’art. 10, volta al massimo coordinamento delle due procedure, ma emerge altresì che è restata ferma la loro diversità di funzione, specificata in particolare nelle lettere b) e c) dell’art. 4, comma 4, del detto decreto legislativo, in quanto orientate la VIA alla verifica del progetto e la AIA alla verifica dell’attività riguardo a particolari impianti “salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale” (specificità altresì indicata nel comma 13 dell’art. 6, che prevede la AIA per gli impianti di cui all’allegato VIII, nonché nel comma 2 dello stesso art. 10 in cui, nel momento in cui si prevede il coordinamento delle due procedure, contestualmente si presuppone la permanenza della loro distinzione).

In altri termini, secondo queste sentenze, VIA e AIA possono anche coordinarsi temporalmente ma la seconda non può essere assorbita dalla prima sotto il profilo dei contenuti che devono essere valutati perché i parametri istruttori e tecnici di queste due procedure devono restare distinti e devono risultare dal provvedimento finale che conclude la VIA coordinata con l’AIA. Questa distinzione sostanziale comporta anche una conseguenza procedurale i vizi dell’AIA non possono sanare quelli della VIA in termini processuali.


CONCLUSIONI
Non sono le procedure di legge a fermare il progetto ma semmai i rischi legati a questo progetto di discarica e diciamolo anche una certa faciloneria tecnico amministrativa dei signori di Acam come ho dimostrato in questo post. 

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