Spesso
nelle pratiche autorizzatorie, da parte dei diversi enti pubblici competenti,
si continua a sostenere la tesi che ci può essere rilascio di
autorizzazioni ambientali anche in assenza di compatibilità urbanistica.
Non
solo ma ad integrazione della suddetta tesi si sostiene che comunque
l’Amministrazione Pubblica per negare la autorizzazione ambientale ad una
attività potenzialmente inquinante non può limitarsi a sostenere che tale
attività è incompatibile con la destinazione
urbanistica definiti dai piani locali, ma deve svolgere una valutazione specifica relativamente alla possibilità che
una attività, se pure non conforme alla destinazioni urbanistiche ammesse in
zona, non sia comunque radicalmente contrastante con le stesse. A tal fine si
usa la sottile distinzione tra conformità e compatibilità urbanistica.
Una
interessante sentenza del TAR Liguria n. 88 del 2015 (vedi QUI),
ricostruendo al giurisprudenza in materia del Consiglio di Stato, da una
risposta ad entrambe le questioni sopra riportate
LA QUESTIONE
DELLA DISTINZIONE TRA CONFORMITà E COMPATIBILITà URBANISTICA
In
realtà i due termini si integrano nel senso che come afferma il TAR Liguria nella
sentenza in esame: “se una destinazione d’uso non è ammessa in una zona la
stessa è incompatibile e l’attività è non conforme alla disciplina urbanistica
onde la sostanziale assimilabilità dei due concetti.”
SULLA
NECESSITÀ CHE L’AMMINISTRAZIONE COMPETENTE DEBBE SPECIFICAMENTE MOTIVARE IL NO
AD UNA AUTORIZZAZIONE AMBIENTALE RELATIVA
AD UN PROGETTO CHE NON HA LA COMPATIBILTIÀ URBANISTICA
Su
questo aspetto il TAR Liguria afferma che: “la possibilità di derogare alla disciplina urbanistica, chè
a tale esito nei fatti condurrebbe la distinzione tra conformità e
compatibilità, sarebbe ammessa esclusivamente per le attività che ricadono
nell’ambito della disciplina di cui all’art. 216 d.lgs. 152/06 e non già per
tutte le altre. Simile esito appare irrazionalmente discriminatorio poiché
semmai proprio le attività di recupero e smaltimento rifiuti dovrebbero essere
svolte conformemente alle indicazioni dello strumento urbanistico e non già derogando
alle stesse.”
In
altri termini secondo il TAR non avrebbe alcun senso prevedere la possibilità
di autorizzare un impianto di recupero rifiuti in deroga alla destinazione
urbanistica dell’area interessata mentre invece tutti gli altri impianti
dovrebbero rispettarla.
Quindi
il TAR conferma la necessità che per autorizzare un impianto potenzialmente
inquinante di qualsiasi tipo occorre la preventiva conformità urbanistica.
Nella
stessa direzione anche Consiglio di Stato Sez. III sentenza n. 4689,
del 24 settembre 2013: “la
compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata
dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non
costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei
rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la
preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le
specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione
urbanistica dell’area;…”.
CONCLUSIONI:
RAPPORTI TRA URBANISTICA E AMBIENTE NELLE PROCEDURE AUTORIZZATORIE
Le
sentenze sopra citate si inseriscono nella problematica dettata da quanto
previsto dal comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006 secondo il quale la
autorizzazione all’impianto di gestione rifiuti: “costituisce, ove occorra,
variante allo strumento urbanistico”.
In
realtà come confermano le sentenze sopra citate la questione della
compatibilità urbanistica non può essere superata neppure da una sorta di
automatismo ex lege.
In
altri termini la verifica della compatibilità urbanistica deve comunque essere
svolta quanto meno sotto il profilo della pericolosità dell’impianto e della
sua collocazione sul territorio.
Ciò
è confermato anche dalla giurisprudenza precedente.
Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 28/8/2008 n° 4097, QUI) ha
precisato che nella VIA “La conformità
urbanistica del progetto alle previsioni urbanistiche comunali […] costituisce,
contrariamente a quanto prevede l’appellante, elemento indispensabile della
valutazione […] relativa alla verifica di impatto ambientale, che […] elenca
tra i documenti da produrre a cura dell’interessato ‘una relazione sulla
conformità del progetto alle previsioni in materia urbanistica, ambientale e paesaggistica’:
un tale obbligo indica, del tutto logicamente, il valore di presupposto
indispensabile della congruenza del progetto con le previsioni che la
documentazione richiesta è chiamata ad attestare”.
Che in coerenza con
quanto sopra la questione della conformità dell’opera agli strumenti di
pianificazione vada intesa nel senso che il giudizio di conformità deve essere reso con
riferimento anche agli eventuali profili
di tutela ambientale si veda anche TAR Basilicata 805/2004 (QUI).
Questa
sentenza afferma, confrontando norma regionale urbanistica e sulla VIA, quanto
segue:
“ il cit. art. 6, comma 3, L . reg. n. 47 dl 1998 richiede anche che “la realizzazione del
progetto sia conforme agli strumenti di pianificazione e programmazione
vigenti”, ma la norma in questione va
ragionevolmente interpretata nel senso che il giudizio di conformità deve
essere reso con riferimento anche agli
eventuali profili di tutela ambientale rinvenibili nei suddetti strumenti,
come risulta:
a) dall’ inequivoco rinvio operato dalla stessa norma, in sede di
individuazione del parametro di riferimento da assumere agli effetti del
giudizio di compatibilità, alle finalità perseguite dalla suddetta legge regionale (“tutelare e migliorare la salute
umana, la qualità della vita dei cittadini, della flora e della fauna,
salvaguardare il patrimonio naturale e culturale, la capacità di riproduzione
dell’ecosistema, delle risorse e la molteplicità della specie”);
b) dall’impegno formalmente
assunto dallo stesso legislatore regionale di voler disciplinare la materia
afferente alla valutazione di impatto ambientale e alla tutela dell’ambiente
nel rispetto delle direttive CEE 85/377 e 97/11;
c) dalla considerazione che la
conformità del progetto agli strumenti di pianificazione nei diversi settori,
compreso quello urbanistico, costituisce oggetto di altri procedimenti,
normativamente disciplinati e affidati ad organi diversi dalla Regione;
d) dall’art. 1, comma 2,
D.P.C.M. 27 dicembre 1988 che, nel dettare le norme tecniche per la
formulazione del giudizio di compatibilità, prescrive che quest’ultimo sia reso
con esclusivo riferimento agli effetti che l’opera progettata sarà in grado di
produrre “sul sistema ambientale”, e non sulle materie oggetto di strumenti di
pianificazione e programmazione.”
Infine
sulla prevalenza o comunque integrazione della valutazione ambientale relativa
al sito di localizzazione dell’impianto anche in relazione alla valutazione
degli strumenti urbanistici si veda il comma 2 articolo 19 del D. Lgs. 152/2006 che recita : “2. Per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è
conclusa positivamente la procedura di Vas, il giudizio di Via negativo ovvero
il contrasto di valutazione su elementi già oggetto della Vas è adeguatamente
motivato”.
Questa norma vuole significare
che la VIA se
adeguatamente motivata può integrare – modificare le conclusioni della VAS
inerenti il progetto oggetto di valutazione.
P.S.
senza considerare che oltre a quanto scritto sulla comunque necessaria verifica di compatibilità urbanistica, i Sindaci hanno un ulteriore potere per limitare la collocazione impropria di attività e impianti inquinanti sul territorio: quello riconosciuto dalla normativa sulle Industrie Insalubri di I classe, vedi QUI.
Nessun commento:
Posta un commento