mercoledì 11 novembre 2015

Autorizzazione ambientali e compatibilità urbanistica

Spesso nelle pratiche autorizzatorie, da parte dei diversi enti pubblici competenti, si continua a sostenere la tesi che ci può essere rilascio di autorizzazioni ambientali anche in assenza di compatibilità urbanistica.

Non solo ma ad integrazione della suddetta tesi si sostiene che comunque l’Amministrazione Pubblica per negare la autorizzazione ambientale ad una attività potenzialmente inquinante non può limitarsi a sostenere che tale attività  è incompatibile con la destinazione urbanistica definiti dai piani locali, ma deve svolgere una valutazione specifica relativamente alla possibilità che una attività, se pure non conforme alla destinazioni urbanistiche ammesse in zona, non sia comunque radicalmente contrastante con le stesse. A tal fine si usa la sottile distinzione tra conformità e compatibilità urbanistica.

Una interessante sentenza del TAR Liguria n. 88 del 2015 (vedi QUI), ricostruendo al giurisprudenza in materia del Consiglio di Stato, da una risposta ad entrambe le questioni sopra riportate


LA QUESTIONE DELLA DISTINZIONE TRA CONFORMITà E COMPATIBILITà URBANISTICA
In realtà i due termini si integrano nel senso che come afferma il TAR Liguria nella sentenza in esame: “se una destinazione d’uso non è ammessa in una zona la stessa è incompatibile e l’attività è non conforme alla disciplina urbanistica onde la sostanziale assimilabilità dei due concetti.


SULLA NECESSITÀ CHE L’AMMINISTRAZIONE COMPETENTE DEBBE SPECIFICAMENTE MOTIVARE IL NO AD UNA AUTORIZZAZIONE AMBIENTALE RELATIVA  AD UN PROGETTO CHE NON HA LA COMPATIBILTIÀ URBANISTICA
Su questo aspetto il TAR Liguria afferma che: “la possibilità di derogare alla disciplina urbanistica, chè a tale esito nei fatti condurrebbe la distinzione tra conformità e compatibilità, sarebbe ammessa esclusivamente per le attività che ricadono nell’ambito della disciplina di cui all’art. 216 d.lgs. 152/06 e non già per tutte le altre. Simile esito appare irrazionalmente discriminatorio poiché semmai proprio le attività di recupero e smaltimento rifiuti dovrebbero essere svolte conformemente alle indicazioni dello strumento urbanistico e non già derogando alle stesse.

In altri termini secondo il TAR non avrebbe alcun senso prevedere la possibilità di autorizzare un impianto di recupero rifiuti in deroga alla destinazione urbanistica dell’area interessata mentre invece tutti gli altri impianti dovrebbero rispettarla.  
Quindi il TAR conferma la necessità che per autorizzare un impianto potenzialmente inquinante di qualsiasi tipo occorre la preventiva conformità urbanistica.

Nella stessa direzione anche Consiglio di Stato Sez. III sentenza n. 4689, del 24 settembre 2013:  “la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area;…”. 


CONCLUSIONI: RAPPORTI TRA URBANISTICA E AMBIENTE NELLE PROCEDURE AUTORIZZATORIE
Le sentenze sopra citate si inseriscono nella problematica dettata da quanto previsto dal comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006 secondo il quale la autorizzazione all’impianto di gestione rifiuti: “costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.

In realtà come confermano le sentenze sopra citate la questione della compatibilità urbanistica non può essere superata neppure da una sorta di automatismo ex lege.
In altri termini la verifica della compatibilità urbanistica deve comunque essere svolta quanto meno sotto il profilo della pericolosità dell’impianto e della sua collocazione sul territorio.

Ciò è confermato anche dalla giurisprudenza precedente.
Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 28/8/2008 n° 4097, QUI)  ha precisato che nella VIA “La conformità urbanistica del progetto alle previsioni urbanistiche comunali […] costituisce, contrariamente a quanto prevede l’appellante, elemento indispensabile della valutazione […] relativa alla verifica di impatto ambientale, che […] elenca tra i documenti da produrre a cura dell’interessato ‘una relazione sulla conformità del progetto alle previsioni in materia urbanistica, ambientale e paesaggistica’: un tale obbligo indica, del tutto logicamente, il valore di presupposto indispensabile della congruenza del progetto con le previsioni che la documentazione richiesta è chiamata ad attestare”.

Che in coerenza con quanto sopra la questione della conformità dell’opera agli strumenti di pianificazione vada intesa nel senso che il giudizio di conformità deve essere reso con riferimento  anche agli eventuali profili di tutela ambientale  si veda anche TAR Basilicata 805/2004 (QUI).  
Questa sentenza afferma, confrontando norma regionale urbanistica e sulla VIA, quanto segue:
il cit. art. 6, comma 3, L. reg. n. 47 dl 1998  richiede anche che “la realizzazione del progetto sia conforme agli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti”, ma la norma in questione  va ragionevolmente interpretata nel senso che il giudizio di conformità deve essere reso con riferimento  anche agli eventuali profili di tutela ambientale rinvenibili nei suddetti strumenti, come risulta:
a) dall’ inequivoco  rinvio operato dalla stessa norma, in sede di individuazione del parametro di riferimento da assumere agli effetti del giudizio di compatibilità, alle finalità perseguite dalla suddetta legge  regionale (“tutelare e migliorare la salute umana, la qualità della vita dei cittadini, della flora e della fauna, salvaguardare il patrimonio naturale e culturale, la capacità di riproduzione dell’ecosistema, delle risorse e la molteplicità della specie”);
b) dall’impegno formalmente assunto dallo stesso legislatore regionale di voler disciplinare la materia afferente alla valutazione di impatto ambientale e alla tutela dell’ambiente nel rispetto delle direttive CEE 85/377 e 97/11;
c) dalla considerazione che la conformità del progetto agli strumenti di pianificazione nei diversi settori, compreso quello urbanistico, costituisce oggetto di altri procedimenti, normativamente disciplinati e affidati ad organi diversi dalla Regione;
d) dall’art. 1, comma 2, D.P.C.M. 27 dicembre 1988 che, nel dettare le norme tecniche per la formulazione del giudizio di compatibilità, prescrive che quest’ultimo sia reso con esclusivo riferimento agli effetti che l’opera progettata sarà in grado di produrre “sul sistema ambientale”, e non sulle materie oggetto di strumenti di pianificazione e programmazione.

Infine sulla prevalenza o comunque integrazione della valutazione ambientale relativa al sito di localizzazione dell’impianto anche in relazione alla valutazione degli strumenti urbanistici si veda il comma 2 articolo 19 del D. Lgs. 152/2006 che recita : “2. Per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è conclusa positivamente la procedura di Vas, il giudizio di Via negativo ovvero il contrasto di valutazione su elementi già oggetto della Vas è adeguatamente motivato.
Questa norma vuole significare che la VIA se adeguatamente motivata può integrare – modificare le conclusioni della VAS inerenti il progetto oggetto di valutazione.


P.S.
senza considerare che oltre a quanto scritto sulla comunque necessaria verifica di compatibilità urbanistica, i Sindaci hanno un ulteriore potere per limitare la collocazione impropria di attività e impianti inquinanti sul territorio: quello riconosciuto dalla normativa sulle Industrie Insalubri di I classe, vedi QUI












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