Il Governo Renzi ha
bocciato per l’ennesima volta una legge della Regione Liguria proposta e fatta
approvare dalla ex Giunta Burlando in violazione delle norme ambientali, in
questo ultimo caso le norme urbanistiche che disciplinano i rapporti tra tutela
del Paesaggio e disciplina della pianificazione territoriale ed urbanistica in
generale.
Il Governo Renzi ha quindi
impugnato di fronte alla Corte Costituzionale la legge regionale 2 aprile 2015
n.11 (vedi QUI) in varie parti, vediamo di seguito gli aspetti salienti dei profili di
incostituzionalità sollevati dal Governo contro la legge ligure in questione.
Le norme regionali
considerate incostituzionali dal Governo conferma la cultura di assalto al
Paesaggio che ha caratterizzato la Giunta Burlando in questi anni, come già
confermato da altro ricorso di cui ho trattato QUI (sul rapporto Cave e Paesaggio).
In particolare, parole del
ricorso del Governo, la legge regionale 11 del
2 aprile 2015:
1. attacca il ruolo del Ministero
dei Beni Culturali e dei suoi organi periferici nelle procedure di approvazione
degli strumenti di pianificazione in rapporto alla loro coerenza con la
pianificazione paesaggistica
2. promuove una sanatoria
di abusi edilizi in zona a vincolo paesaggistico in contrasto con l’attuale
legge nazionale (testo unico edilizia)
3. introduce un
surrettizio nuovo condono edilizio
4. prevede varianti ai
permessi di costruire liberalizzati senza adeguate garanzie ai vincoli
ambientali
5. prevede la possibilità
per i Comuni di introdurre nuovi limiti alle distanze tra gli edifici senza tener
conto delle specificità territoriali.
Ma vediamo nei particolari
la legge regionale oggetto della impugnazione da parte del Governo e soprattutto
le motivazioni di quest’ultimo.
RAPPORTI STATO REGIONI NELLA PIANIFICAZIONE
PAESAGGISTICA
La legge regionale
impugnata, modificando ad hoc la legge quadro urbanistica della Regione
Liguria, attribuisce allo strumento di
pianificazione territoriale - il Piano
territoriale regionale (di seguito PTR
- anche il
valore di piano paesaggistico regionale. Non solo ma
prevede che nella procedura di elaborazione e approvazione del PTR si trasmetta genericamente lo stesso al Ministero per
i Beni e le Attività Culturali al fine dell’espressione di un semplice parere.
Secondo il ricorso del
Governo alla Corte Costituzionale: “ la combinazione
delle nuove norme
comporta un'inammissibile
alterazione delle competenze
pianificatorie disciplinate in via esclusiva dalla legge statale,
espropriando allo Stato (cui ora è riconosciuta una semplice funzione consultiva
alla quale e' relegato) la funzione di co -pianificazione paesaggistica.”
La questione sul punto è
chiara da tempo, tranne che per la Giunta Burlando.
Nel nuovo articolo 135 del Codice si conferma il
ruolo di collaborazione tra Stato e Regioni non solo nell’assicurare che il
paesaggio sia adeguatamente conosciuto, tutelato e
valorizzato , ma anche nella
redazione del piano paesaggistico e della specifica normativo d’uso del
territorio che lo caratterizza .
Si introduce
in particolare l’obbligo di elaborazione congiunta Stato Regioni per i
piani paesaggistici relativamente agli immobili e alle aree sottoposto a
vincolo paesaggistico ai sensi dell’articolo 136, nonché relativamente alle
aree tutelate ex lege ed elencate dall’articolo 142.
La Corte
Costituzionale con sentenza n. 182 del
2006 aveva statuito che la pianificazione territoriale di livello regionale ,
provinciale e territoriale che produca modifica di vari
atti e provvedimenti
previsti dal Codice,
che abbiano interessato i beni
paesaggistici (notifiche eseguite,
elenchi compilati, atti e
provvedimenti emanati a termini
della normativa previgente, di cui
all'art. 157; dichiarazione regionale di notevole interesse pubblico,
di cui all'art. 140; provvedimenti ministeriali sostitutivi della
dichiarazione regionale , di cui all'art. 141), deve essere subordinata
all’accordo stato regioni ai sensi del
comma 12 articolo 143 Codice del Paesaggio.
A conferma del
tentativo di estromettere o comunque depotenziare il ruolo del Ministero dei
Beni Culturali e quindi delle Soprintendenze la legge regionale ligure impugnata
di fronte alla Corte Costituzionale prevede che il Ministero partecipi alle
Conferenze di Pianificazione come semplice organo consultivo in palese
contrasto con quanto ho spiegato sopra. Le Conferenze di Pianificazione sono
una fase istruttoria procedimentale (vedi articolo 6 della attuale legge
regionale urbanistica della Liguria: legge 36/1997) per acquisire osservazioni
e pareri da parte di tutti gli enti pubblici interessati in vista della
approvazione del PTR. Anche questa norma è stata quindi impugnata dal Governo
alla Corte Costituzionale.
RAPPORTO GERARCHICO TRA PIANO
PAESAGGISTICO E ALTRI PIANI A RILEVANZA AMBIENTALE
La legge regionale
impugnata definendo il PTR piano con valenza di piano paesaggistico lo rende
gerarchicamente sotto ordinato ai piani di bacino e delle aree protette (parchi
e riserve). Se questo sotto il profilo urbanistico del PTR è corretto “certamente
non e' legittimo per quella parte
dello strumento cui la stessa legge
regionale conferisce anche
valore paesaggistico, dal momento che la norma statale che deve
regolare in
via
esclusiva la materia
(l'art. 145, comma
3, del decreto legislativo n.
42/2004) prevede che
le disposizioni dei
piani paesaggistici siano comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli altri
atti di pianificazione territoriale
previsti dalle
normative di settore, ivi compresi quelli degli enti
gestori delle aree naturali
protette.
non lo è sotto il profilo paesaggistico.” (dal ricorso del Governo alla Corte
Costituzionale)
Aggiungo che la finalità di questa norma
regionale (palesemente incostituzionale) è chiaramente duplice:
1. dare
maggiori poteri alla Giunta Regionale e agli uffici da essa controllati
2. rimuovere
quanto previsto dal comma 3 dell’articolo
156 del Codice del Paesaggio secondo il quale il contenuto del piano adeguato
forma oggetto di accordo preliminare tra il
Ministero e la
regione e qualora
all'accordo preliminare non
consegua entro sessanta giorni
l'approvazione da parte della regione il piano è approvato in via sostitutiva
con decreto del Ministro. Vedi anche ultimo comma del nuovo articolo 156 del
Codice che fa rinvio all’articolo 143 dello stesso[1].
LA LEGGE LIGURE IMPUGNATA SUBORDINA IL PIANO PAESAGGISTICO AL
CONTENUTO DEL PTR
La legge regionale
impugnata dal Governo prevede inoltre che il quadro strutturale acquisisca
valenza di disciplina di tutela,
salvaguardia, valorizzazione e fruizione
del paesaggio in ragione dei differenti
valori espressi dai
diversi contesti territoriali che lo costituiscono, espressamente demandando al PTGcm e al Piano Territoriale
di Coordinamento della Provincia, l'integrazione
e lo sviluppo di alcuni elementi di tale
disciplina secondo le indicazioni
all'uopo fornite dal PTR.
Quindi a differenza di
quanto previsto in precedenza con la nuova legge ligure (ora impugnata) il PTR
non verifica più la compatibilità dei suoi contenuti al Piano Paesaggistico ma
costituisce direttamente disciplina paesaggistica.
In questo modo, afferma il
ricorso del Governo, si realizza: “la
lesione delle prerogative dello Stato
nella regolazione legislativa della
materia del paesaggio, perché la
disciplina regionale contrasta con le
norme statali che escludono che gli strumenti di pianificazione
territoriale (che nella logica della regola
statale sono ad esso sotto ordinati)
possano sostituirsi al Piano paesaggistico, ed anzi devono a questo adeguarsi e
conformarsi ai sensi degli articoli 143,
comma 9, e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.”
ATTUAZIONE DEL PTR AGGIRANDO IL RUOLO DEL
MINISTERO DEI BENI CULTURALI E QUINDI DELLE SOPRINTENDENZE
La legge regionale ligure
impugnata prevede inoltre che il PTR è attuato mediante progetti a scala
urbanistica od edilizia, costituenti strumenti operativi da promuovere ed
approvare da parte della Regione. I progetti sono adottati dalla Giunta
regionale, anche su proposta degli enti locali interessati ed a seguito di
preventiva intesa con la Città metropolitana, con le province, con i comuni
interessati.
Tali progetti sono
approvati con delibera della Giunta Regionale senza coinvolgimento del Ministero dei beni culturali ed ambientali
nell'esame della conformità degli strumenti attuativi
alle disposizioni del
Piano paesaggistico regionale, né
vi è alcun raccordo tra gli strumenti
di attuazione (peraltro, non
previsti dal Codice
dei beni culturali
e del
paesaggio) ed il processo
di pianificazione paesaggistica congiunta.
Ciò è in contrasto con i
principi di coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri
strumenti di pianificazione sotto ordinati come il PTR ligure, come previsto
dall’articolo 145 del Codice dei Beni Culturali: “La regione disciplina il
procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti
urbanistici alle previsioni
della
pianificazione
paesaggistica, assicurando la
partecipazione degli organi ministeriali al procedimento
medesimo
VARIANTI AL PTC DELLA PROVINCIA E
COINVOLGIMENTO DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI
La legge regionale
impugnata prevede che le procedure di approvazione delle
varianti del PTC
provinciale e verifica di adeguatezza, non contempla la partecipazione
del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo alle attività di verifica dell'adeguatezza del PTC
provinciale al PTR, in contrasto con le previsioni di cui al
sopra citato art. 145, comma 5 del Codice dei Beni Culturali.
LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE FAVOREVOLE
ALLA NECESSITÀ DI COINVOLGIMENTO DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI E DEI SUOI
ORGANI PROCEDIMENTO DI CONFORMAZIONE ED ADEGUAMENTO
DEGLI STRUMENTI URBANISTICI ALLE PREVISIONI
DELLA PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA
sentenza n. 211 del
2013: ha sottolineato espressamente la necessità che
la Regione (nell'ottica della
salvaguardia del territorio mediante
pianificazione paesaggistica ad
opera congiunta dello Stato e delle Regioni, ex art.135, comma 1, del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio
2002, n. 137) predisponga
una disciplina del «procedimento di
conformazione ed adeguamento
degli strumenti urbanistici alle
previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la
partecipazione degli
organi ministeriali al procedimento medesimo» (ai sensi
dell'art. 145, comma 5, del d.lgs. n.
42 del 2004).
Sentenza
n.197 del 2014: ha ribadito
che “la mancata (o non adeguata) partecipazione degli organi ministeriali al
procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle
previsioni della pianificazione
paesaggistica determina l'evidente
contrasto con la normativa statale, che - in linea con le
prerogative riservate allo Stato dall'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost. (tra le molte,
sentenza n. 235 del 2011) -
specificamente impone che
la Regione adotti la
propria disciplina di
conformazione «assicurando la
partecipazione degli organi ministeriali
al procedimento medesimo» (sentenze n. 211 del 2013 e n. 235
del 2011). Costituisce, infatti, affermazione costante - su cui si
fonda il principio della gerarchia degli
strumenti di pianificazione dei diversi livelli
territoriali, dettato dall'evocato art. 145, comma 5, del d.lgs. n.42
del 2004 (sentenze n. 197 del 2014, n. 193 del 2010 e n.272 del 2009) - quella secondo cui
l'impronta unitaria della
pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile, non
derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un
intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e
paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (sentenza n. 182
del 2006). Al contrario, la generale
esclusione o la previsione di una mera
partecipazione degli organi ministeriali nei procedimenti di adozione delle varianti, nella sostanza, viene a degradare la tutela paesaggistica da valore unitario
prevalente e a concertazione rigorosamente
necessaria, in mera esigenza urbanistica (sentenza n. 437 del 2008).”
Sentenza n. 64 del 2015: dichiara la cessazione della materia del contendere
perché la Regione Abruzzo ha modificato la legge regionale impugnata dal
governo stabilendo che: “Nel caso in cui
la proposta comunale si configuri come proposta di variante al Piano
Regionale Paesaggistico, il parere espresso, in seno alla Conferenza di Servizi
di cui al comma 2, dai competenti organi
del Ministero dei beni e delle Attività
Culturali e del Turismo è
vincolante. All'esito della Conferenza
di Servizi, la
proposta, unitamente al parere espresso dal Ministero viene
trasmessa, per il tramite della Direzione regionale
competente, al Consiglio regionale che
si esprime con apposito atto deliberativo» (comma 4); e che
«Il provvedimento di cui al comma 4,
pubblicato sul BURA,
costituisce variante al Piano Regionale Paesaggistico. ed è condizione
imprescindibile per la definitiva approvazione della variante proposta» (comma
5).”
SANATORIA DI ABUSI IN ZONE A VINCOLO
PAESAGGISTICO IN CONTRASTO CON IL TESTO UNICO DELLA EDILIZIA
Il nuovo articolo 29-ter
della legge urbanistica ligure introdotto dall’articolo 34 della legge
regionale ora impugnata prevede che nel caso di edifici da demolire per varie
ragioni, elencate nella nuova norma[2], può
essere riconosciuto un credito edilizio e i PUC (Piani Urbanistici Comunali) potranno
prevedere e individuare gli ambiti e i distretti nei quali tale credito può
essere trasferito.
Infine il comma 3 del
nuovo articolo 29-ter prevede che: “non possono
dar luogo al
riconoscimento del credito edilizio gli edifici
realizzati in assenza od in difformità
dai prescritti titoli
abilitativi edilizi e paesaggistici, se non previa loro
regolarizzazione”.
Ecco cosa scrive il ricorso
del Governo contro questa norma soprattutto al riferimento della
“regolarizzazione”: “La disposizione, nel
postulare la possibilità di un riconoscimento di un credito edilizio a fronte
della demolizione di edifici o complessi di edifici esistenti realizzati in
assenza o in difformità dai prescritti titoli abilitativi e paesaggistici «se
non previa loro regolarizzazione», si pone in contrasto con i principi
fondamentali in materia di governo del territorio contenuti nel testo unico
dell'edilizia (decreto del
Presidente della Repubblica
n.380/2001), e in particolare con gli articoli 36 e 37, che subordinano
il rilascio del titolo in sanatoria alla conformità
dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al
momento della realizzazione dello
stesso, sia al momento della presentazione
della domanda. Si tratta del requisito della c.d. «doppia-conformità»
che
la Corte costituzionale, nella sentenza n. 101/2013
ha espressamente qualificato principio
fondamentale della materia. Le condizioni degli edifici oggetto degli
interventi di riqualificazione individuate dalle lettere a), b), c) e d) del
comma 1, e soprattutto il fatto che lo stesso piano urbanistico postuli la
necessita' di demolire questi edifici,
sono intrinsecamente incompatibili con il requisito individuato
dal testo unico per la sanatoria, ovvero che l'intervento per il quale si richiede
la sanatoria «risulti
conforme alla disciplina
urbanistica ed edilizia vigente sia al
momento della realizzazione dello
stesso, sia al momento della presentazione
della domanda». Pertanto, la disposizione censurata,
travalica i limiti indicati dalla Corte costituzionale in
materia di condono edilizio (sentenze n. 225/2012 e n. 290/2009) e contrasta
con i principi generali in materia di «governo
del territorio» sopra richiamati, violando l'art. 117, terzo comma,
Cost. nella materia «governo
del territorio».”
I MARGINI DI FLESSIBILITÀ DEL PUC CONTRO IL
PAESAGGIO: UN NUOVO CONDONO EDILIZIO
Il nuovo articolo 27 della
legge urbanistica ligure introdotto dall’articolo 31 della legge regionale
impugnata prevede che la struttura del PUC è costituita, tra l’altro
anche da: “norme
degli ambiti di conservazione, di riqualificazione e di completamento e norme
dei distretti di trasformazione, comprensive della disciplina paesistica, dei
margini di flessibilità delle relative indicazioni,….”
I margini di flessibilità
ingenerale possono riguarda le destinazione d’uso, le dimensioni complessive di un piano,
strumenti urbanistici particolari per attuare scelte di piano di aree più
ampie, nelle prescrizioni qualitative relativamente alle modalità costruttive
etc.etc.
La nuova legge regionale
impugnata modifica anche l’articolo 43 della legge urbanistica che definisci i
parametri generali sulla base dei quali i diversi PUC definiscono i suddetti
margini di flessibilità. La legge regionale impugnata modifica altre norme
della vigente legge urbanistica sempre con riferimenti alle modalità di
inserimento dei suddetti margini di flessibilità .
Non esistendo una
normativa nazionale che definisce i margini di flessibilità secondo il ricorso
del Governo: “Per effetto del combinato
disposto delle disposizioni regionali
richiamate, dunque, un indeterminato numero di
fattispecie, che interessano anche la disciplina paesaggistica e geologica, sono sottratte alle ordinarie procedure di
varianti e, conseguentemente, agli
obblighi di partecipazione e pubblicità e procedimentalizzazione che scaturiscono dall'applicazione del
principio generale per cui il procedimento di variante é analogo a quello
necessario per la formazione
dell'atto variato.”
Non solo ma sempre secondo
il ricorso del Governo alla Corte Costituzionale: “Inoltre, per effetto delle disposizioni censurate, gli interventi realizzati in
contrasto con la disciplina
urbanistico - edilizia contenuta in PUC approvati possano
successivamente essere legittimati sotto il profilo urbanistico ed edilizio. In
questo modo, le disposizioni sopra riportate introducono una surrettizia forma di condono edilizio, andando così
ad invadere la competenza legislativa statale.”
VARIANTI AI PERMESSI DI COSTRUIRE “FAI DA
TE”
La legge regionale
impugnata prevede la facoltà per i comuni di assentire
direttamente in sede di
titoli edilizi, varianti non essenziali
al progetto rientranti nei margini di flessibilità, da prefissare in apposito elaborato facente
parte di quelli costitutivi del progetto approvato.
Questo però costituisce
violazione del comma 2bis articolo 22 del Testo Unico Edilizia che prevede
possibilità di varianti ai permessi di costruire solo a condizione che: “a
permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che: “siano
conformi alle prescrizioni urbanistico - edilizie e siano
attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla
normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del
patrimonio storico, artistico ed archeologico
e dalle altre normative di settore”
LIMITI ALLE DISTANZE TRA GLI EDIFICI “FAI DA
TE”
La legge regionale
impugnata modifica l’articolo 53 della legge urbanistica ligure prevedendo la
possibilità di ridurre le distanze tra edifici anche nei confronti
di edifici ubicati
all'esterno del perimetro del PUO (strumento
urbanistico con cui si può attuare operativamente il PUC).
Ecco cosa afferma il
ricorso del Governo contro questa norma regionale: “La norma qui censurata infatti contiene
previsioni urbanistiche (e di
contenuto di strumenti
urbanistici) del tutto
generali e generiche, che non contengono alcun riferimento a quelle particolari e specifiche esigenze legate al
territorio - a
quel particolare territorio, con
quelle particolari caratteristiche dettate da ragioni naturali e storiche
(così Corte Cost. 134/2014 in parte
motiva) - che consentirebbe una
disciplina delle distanze diversa
da quella inderogabilmente
fissata dal legislatore statale. Non è sufficiente, infatti, una generica
motivazione urbanistica per
legittimamente derogare ai limiti di matrice statale in tema di distanza
tra edifici (se si ragionasse così, é evidente che ogni strumento urbanistico, in quanto tale, potrebbe farlo),
ma occorre una specifica motivazione di omogeneità, complessività ed unitarietà
che giustifichi per determinate zone una eccezionale - nel senso che fa
eccezione - previsione di assetto fisico.”
[1] il nuovo comma 3 articolo 143 prevede che nel caso
in cui il
piano sia stato
approvato a seguito
dell'accordo suddetto nel procedimento
autorizzatorio di cui agli articoli 146
e 147 (autorizzazione
paesaggistica) il parere
del soprintendente è obbligatorio, ma non vincolante; l'entrata
in vigore di questa ultima disposizione
nonché di quelle che escludono l’obbligo di autorizzazione paesaggistiche (
alle condizioni del nuovo comma 5 articolo 143 ) è subordinata all'approvazione degli strumenti urbanistici
adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell'articolo 145 del Codice.
[2] a)
condizioni di rischio
idraulico o di dissesto
idrogeologico; b) condizioni di
incompatibilità per
contrasto con la
destinazione d'uso dell'ambito o
del distretto di trasformazione o per la tipologia edilizia;
c) situazioni di degrado
strutturale, funzionale od igienico-sanitario che richiedono un insieme
sistematico di opere od interventi; d) situazioni di interferenza con la previsione di
realizzazione di servizi pubblici o infrastrutture pubbliche
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