venerdì 7 agosto 2015

La Giunta Burlando-Paita era pronta ad un assalto al Paesaggio: lo dice il Governo Renzi!

Il Governo Renzi ha bocciato per l’ennesima volta una legge della Regione Liguria proposta e fatta approvare dalla ex Giunta Burlando in violazione delle norme ambientali, in questo ultimo caso le norme urbanistiche che disciplinano i rapporti tra tutela del Paesaggio e disciplina della pianificazione territoriale ed urbanistica in generale.
Il Governo Renzi ha quindi impugnato di fronte alla Corte Costituzionale la legge regionale 2 aprile 2015 n.11 (vedi QUI) in varie parti, vediamo di seguito gli aspetti salienti dei profili di incostituzionalità sollevati dal Governo contro la legge ligure in questione.
Le norme regionali considerate incostituzionali dal Governo conferma la cultura di assalto al Paesaggio che ha caratterizzato la Giunta Burlando in questi anni, come già confermato da altro ricorso di cui ho trattato QUI (sul rapporto Cave e Paesaggio).
  
In particolare, parole del ricorso del Governo, la legge regionale 11 del  2 aprile 2015:
1. attacca il ruolo del Ministero dei Beni Culturali e dei suoi organi periferici nelle procedure di approvazione degli strumenti di pianificazione in rapporto alla loro coerenza con la pianificazione paesaggistica
2. promuove una sanatoria di abusi edilizi in zona a vincolo paesaggistico in contrasto con l’attuale legge nazionale (testo unico edilizia)
3. introduce un surrettizio nuovo condono edilizio
4. prevede varianti ai permessi di costruire liberalizzati senza adeguate garanzie ai vincoli ambientali
5. prevede la possibilità per i Comuni di introdurre nuovi limiti alle distanze tra gli edifici senza tener conto delle specificità territoriali.


Ma vediamo nei particolari la legge regionale oggetto della impugnazione da parte del Governo e soprattutto le motivazioni di quest’ultimo.



RAPPORTI STATO REGIONI NELLA PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA
La legge regionale impugnata, modificando ad hoc la legge quadro urbanistica della Regione Liguria,  attribuisce allo strumento di pianificazione territoriale  - il Piano territoriale regionale (di seguito PTR  -  anche  il  valore  di  piano paesaggistico regionale. Non solo ma prevede che nella procedura di elaborazione e approvazione del PTR  si trasmetta genericamente lo stesso al Ministero per i Beni e le Attività Culturali al fine dell’espressione di un semplice parere.
Secondo il ricorso del Governo alla Corte Costituzionale: “ la  combinazione  delle   nuove   norme   comporta un'inammissibile   alterazione   delle   competenze    pianificatorie disciplinate in via esclusiva dalla legge statale, espropriando  allo Stato (cui ora è riconosciuta una semplice funzione consultiva  alla quale e' relegato) la funzione di co -pianificazione paesaggistica.”

La questione sul punto è chiara da tempo, tranne che per la Giunta Burlando.
Nel nuovo articolo 135 del Codice si conferma il ruolo di collaborazione tra Stato e Regioni non solo nell’assicurare che  il  paesaggio sia adeguatamente conosciuto, tutelato   e  valorizzato , ma anche nella  redazione del piano paesaggistico e della specifica normativo d’uso del territorio che lo caratterizza .
Si introduce  in particolare l’obbligo di elaborazione congiunta Stato Regioni per i piani paesaggistici relativamente agli immobili e alle aree sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi dell’articolo 136, nonché relativamente alle aree tutelate ex lege ed elencate dall’articolo 142.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 182  del 2006 aveva statuito che la pianificazione territoriale di livello regionale , provinciale e territoriale che produca modifica di  vari  atti  e  provvedimenti  previsti  dal  Codice,  che abbiano interessato   i   beni  paesaggistici  (notifiche  eseguite,  elenchi compilati,  atti  e  provvedimenti  emanati a termini della normativa previgente,  di cui all'art. 157; dichiarazione regionale di notevole interesse  pubblico,  di cui all'art. 140; provvedimenti ministeriali sostitutivi della dichiarazione regionale , di cui all'art. 141), deve essere subordinata all’accordo  stato regioni ai sensi del comma 12 articolo 143 Codice del Paesaggio.

A conferma del tentativo di estromettere o comunque depotenziare il ruolo del Ministero dei Beni Culturali e quindi delle Soprintendenze la legge regionale ligure impugnata di fronte alla Corte Costituzionale prevede che il Ministero partecipi alle Conferenze di Pianificazione come semplice organo consultivo in palese contrasto con quanto ho spiegato sopra. Le Conferenze di Pianificazione sono una fase istruttoria procedimentale (vedi articolo 6 della attuale legge regionale urbanistica della Liguria: legge 36/1997) per acquisire osservazioni e pareri da parte di tutti gli enti pubblici interessati in vista della approvazione del PTR. Anche questa norma è stata quindi impugnata dal Governo alla Corte Costituzionale.



RAPPORTO GERARCHICO TRA PIANO PAESAGGISTICO E ALTRI PIANI A RILEVANZA AMBIENTALE
La legge regionale impugnata definendo il PTR piano con valenza di piano paesaggistico lo rende gerarchicamente sotto ordinato ai piani di bacino e delle aree protette (parchi e riserve). Se questo sotto il profilo urbanistico del PTR è corretto  “certamente non e' legittimo per  quella  parte  dello strumento cui la  stessa  legge  regionale  conferisce  anche  valore paesaggistico, dal momento che la norma statale che deve regolare  in
via  esclusiva  la  materia  (l'art.  145,  comma  3,   del   decreto legislativo  n.  42/2004)  prevede  che  le  disposizioni  dei  piani paesaggistici siano comunque prevalenti sulle disposizioni  contenute negli  altri  atti  di  pianificazione  territoriale  previsti  dalle
normative di settore, ivi compresi quelli degli  enti  gestori  delle aree naturali protette.
 non lo è sotto il profilo paesaggistico.” (dal ricorso del Governo alla Corte Costituzionale)

Aggiungo che la finalità di questa norma regionale (palesemente incostituzionale) è chiaramente duplice:
1. dare maggiori poteri alla Giunta Regionale e agli uffici da essa controllati
2. rimuovere quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 156 del Codice del Paesaggio secondo il quale il contenuto del piano adeguato forma oggetto di accordo preliminare tra il  Ministero  e  la  regione e qualora  all'accordo  preliminare non consegua  entro sessanta giorni l'approvazione da parte della regione il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro. Vedi anche ultimo comma del nuovo articolo 156 del Codice che fa rinvio all’articolo 143 dello stesso[1].



LA LEGGE LIGURE IMPUGNATA SUBORDINA IL PIANO PAESAGGISTICO AL CONTENUTO DEL PTR
La legge regionale impugnata dal Governo prevede inoltre che il quadro strutturale acquisisca valenza  di disciplina di tutela, salvaguardia, valorizzazione  e  fruizione  del paesaggio in ragione  dei  differenti  valori  espressi  dai  diversi contesti territoriali che lo costituiscono, espressamente  demandando al PTGcm e al Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia,  l'integrazione e lo sviluppo di  alcuni elementi di tale disciplina secondo le indicazioni  all'uopo  fornite dal PTR.

Quindi a differenza di quanto previsto in precedenza con la nuova legge ligure (ora impugnata) il PTR non verifica più la compatibilità dei suoi contenuti al Piano Paesaggistico ma costituisce direttamente disciplina paesaggistica.
In questo modo, afferma il ricorso del Governo, si realizza: “la lesione  delle prerogative dello Stato nella regolazione legislativa  della materia del paesaggio, perché  la disciplina regionale  contrasta con le norme statali che escludono che gli strumenti di pianificazione
territoriale (che nella logica della regola statale  sono ad esso sotto ordinati) possano sostituirsi al Piano paesaggistico, ed anzi devono a questo adeguarsi e conformarsi ai sensi degli articoli  143, comma 9, e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.”



ATTUAZIONE DEL PTR AGGIRANDO IL RUOLO DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI E QUINDI DELLE SOPRINTENDENZE
La legge regionale ligure impugnata prevede inoltre che il PTR è attuato mediante progetti a scala urbanistica od edilizia, costituenti strumenti operativi da promuovere ed approvare da parte della Regione. I progetti sono adottati dalla Giunta regionale, anche su proposta degli enti locali interessati ed a seguito di preventiva intesa con la Città metropolitana, con le province, con i comuni interessati.
Tali progetti sono approvati con delibera della Giunta Regionale senza coinvolgimento del  Ministero dei beni culturali ed ambientali nell'esame della  conformità degli strumenti  attuativi  alle  disposizioni  del   Piano   paesaggistico regionale, né vi è alcun raccordo tra gli strumenti  di  attuazione (peraltro,  non  previsti  dal  Codice  dei  beni  culturali  e   del
paesaggio) ed il processo di pianificazione paesaggistica congiunta.
Ciò è in contrasto con i principi di coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione sotto ordinati come il PTR ligure, come previsto dall’articolo 145 del Codice dei Beni Culturali: “La regione disciplina il procedimento  di  conformazione ed adeguamento degli  strumenti  urbanistici  alle  previsioni  della
pianificazione paesaggistica,  assicurando  la  partecipazione degli organi ministeriali al  procedimento  medesimo



VARIANTI AL PTC DELLA PROVINCIA E COINVOLGIMENTO DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI
La legge regionale impugnata prevede che le procedure di approvazione  delle  varianti  del  PTC  provinciale e verifica di adeguatezza, non contempla la partecipazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo alle  attività di verifica dell'adeguatezza del PTC provinciale al  PTR,  in contrasto con le previsioni di cui al sopra citato art. 145,  comma  5 del Codice dei Beni Culturali.



LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE FAVOREVOLE ALLA NECESSITÀ DI COINVOLGIMENTO DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI E DEI SUOI ORGANI PROCEDIMENTO DI CONFORMAZIONE ED  ADEGUAMENTO   DEGLI  STRUMENTI URBANISTICI ALLE PREVISIONI DELLA PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA

sentenza n. 211  del  2013: ha  sottolineato espressamente la necessità che la Regione  (nell'ottica della salvaguardia del  territorio  mediante  pianificazione  paesaggistica ad opera congiunta dello Stato e delle Regioni, ex art.135, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge  6  luglio  2002,  n. 137)  predisponga  una  disciplina   del «procedimento  di  conformazione  ed  adeguamento   degli   strumenti urbanistici  alle  previsioni  della  pianificazione   paesaggistica, assicurando  la   partecipazione   degli   organi   ministeriali   al procedimento medesimo» (ai sensi dell'art. 145, comma 5,  del  d.lgs. n.  42  del  2004).

Sentenza  n.197 del 2014: ha ribadito che “la mancata (o non adeguata)  partecipazione degli organi ministeriali al procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici  alle  previsioni  della pianificazione paesaggistica determina l'evidente  contrasto  con  la normativa statale, che - in linea con le prerogative  riservate  allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (tra le  molte, sentenza n. 235 del 2011) -  specificamente  impone  che  la  Regione adotti  la  propria  disciplina  di  conformazione  «assicurando la partecipazione degli organi ministeriali  al  procedimento  medesimo» (sentenze n. 211 del 2013 e n. 235 del 2011).  Costituisce,  infatti, affermazione costante - su cui si fonda il principio della  gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli  territoriali, dettato dall'evocato art. 145, comma 5, del d.lgs. n.42 del 2004 (sentenze n. 197 del 2014, n. 193 del 2010 e n.272  del 2009) - quella  secondo cui   l'impronta  unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore  imprescindibile,  non  derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della  legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici  sull'intero  territorio nazionale» (sentenza n. 182 del  2006). Al contrario, la generale esclusione o la previsione di una mera  partecipazione degli organi ministeriali nei  procedimenti di adozione delle  varianti, nella sostanza, viene a degradare  la tutela paesaggistica da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente  necessaria, in mera esigenza urbanistica (sentenza n. 437 del 2008).”

Sentenza n. 64 del 2015: dichiara la cessazione della materia del contendere perché la Regione Abruzzo ha modificato la legge regionale impugnata dal governo stabilendo che: “Nel caso in cui la proposta comunale  si  configuri come proposta di variante al Piano Regionale Paesaggistico, il parere espresso, in seno alla Conferenza di Servizi di cui al comma 2, dai  competenti  organi  del Ministero dei beni e delle Attività  Culturali  e  del  Turismo  è  vincolante. All'esito  della  Conferenza  di  Servizi,  la  proposta, unitamente al parere espresso dal Ministero viene trasmessa,  per  il tramite della Direzione regionale competente, al Consiglio  regionale che si esprime con apposito atto deliberativo» (comma 4); e  che  «Il provvedimento di cui al comma 4,  pubblicato  sul  BURA,  costituisce variante al Piano Regionale Paesaggistico. ed è condizione imprescindibile per la definitiva approvazione della variante proposta» (comma 5).”



SANATORIA DI ABUSI IN ZONE A VINCOLO PAESAGGISTICO IN CONTRASTO CON IL TESTO UNICO DELLA EDILIZIA
Il nuovo articolo 29-ter della legge urbanistica ligure introdotto dall’articolo 34 della legge regionale ora impugnata prevede che nel caso di edifici da demolire per varie ragioni, elencate nella nuova norma[2], può essere riconosciuto un credito edilizio e i PUC  (Piani Urbanistici Comunali) potranno prevedere e individuare gli ambiti e i distretti nei quali tale credito può essere trasferito.
Infine il comma 3 del nuovo articolo 29-ter  prevede che: “non possono  dar  luogo  al
riconoscimento del credito edilizio gli edifici realizzati in assenza od in difformità  dai  prescritti  titoli  abilitativi  edilizi  e paesaggistici, se non previa loro regolarizzazione”.

Ecco cosa scrive il ricorso del Governo contro questa norma soprattutto al riferimento della “regolarizzazione”: “La disposizione, nel postulare la possibilità di un riconoscimento di un credito edilizio a fronte della demolizione di edifici o complessi di edifici esistenti realizzati in assenza o in difformità dai prescritti titoli abilitativi e paesaggistici «se non previa loro regolarizzazione», si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio contenuti nel testo unico dell'edilizia  (decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.380/2001), e in particolare con gli articoli 36 e 37, che subordinano
il rilascio del titolo in sanatoria alla conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento  della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione  della domanda. Si tratta del requisito della c.d. «doppia-conformità» che
la Corte costituzionale, nella sentenza n. 101/2013 ha  espressamente qualificato principio fondamentale della materia. Le condizioni degli edifici oggetto degli interventi di  riqualificazione  individuate dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, e soprattutto il fatto che lo stesso piano urbanistico postuli la necessita' di demolire  questi edifici, sono  intrinsecamente  incompatibili con il requisito individuato dal testo unico per la sanatoria, ovvero che l'intervento per il quale si  richiede  la  sanatoria  «risulti  conforme  alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente  sia  al  momento  della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione  della domanda». Pertanto, la disposizione  censurata,  travalica  i  limiti indicati dalla Corte costituzionale in materia di condono edilizio (sentenze n. 225/2012 e n. 290/2009) e contrasta con i principi generali in materia di «governo  del  territorio» sopra  richiamati, violando l'art. 117, terzo comma, Cost. nella  materia  «governo  del territorio».



I MARGINI DI FLESSIBILITÀ DEL PUC CONTRO IL PAESAGGIO: UN NUOVO CONDONO EDILIZIO
Il nuovo articolo 27 della legge urbanistica ligure introdotto dall’articolo 31 della legge regionale impugnata prevede che la struttura del PUC è costituita, tra l’altro anche da: “norme degli ambiti di conservazione, di riqualificazione e di completamento e norme dei distretti di trasformazione, comprensive della disciplina paesistica, dei margini di flessibilità delle relative indicazioni,….”
I margini di flessibilità ingenerale possono riguarda le destinazione d’uso,  le dimensioni complessive di un piano, strumenti urbanistici particolari per attuare scelte di piano di aree più ampie, nelle prescrizioni qualitative relativamente alle modalità costruttive etc.etc.

La nuova legge regionale impugnata modifica anche l’articolo 43 della legge urbanistica che definisci i parametri generali sulla base dei quali i diversi PUC definiscono i suddetti margini di flessibilità. La legge regionale impugnata modifica altre norme della vigente legge urbanistica sempre con riferimenti alle modalità di inserimento dei suddetti margini di flessibilità .

Non esistendo una normativa nazionale che definisce i margini di flessibilità secondo il ricorso del Governo: “Per effetto del combinato disposto delle disposizioni  regionali
richiamate, dunque, un indeterminato numero di fattispecie, che interessano anche  la  disciplina paesaggistica e geologica,  sono sottratte alle ordinarie procedure di varianti  e, conseguentemente, agli obblighi di partecipazione e pubblicità e procedimentalizzazione  che scaturiscono dall'applicazione del principio generale per cui il procedimento di variante é analogo a quello necessario  per la formazione dell'atto  variato.”  
Non solo ma sempre secondo il ricorso del Governo alla Corte Costituzionale: “Inoltre, per effetto delle disposizioni censurate, gli interventi realizzati  in  contrasto con la disciplina   urbanistico - edilizia contenuta in PUC approvati possano successivamente essere legittimati sotto il profilo urbanistico ed edilizio.  In  questo modo, le disposizioni sopra riportate introducono una surrettizia  forma di condono edilizio, andando così ad invadere la competenza legislativa statale.”



VARIANTI AI PERMESSI DI COSTRUIRE “FAI DA TE”
La legge regionale impugnata prevede la facoltà per i comuni di assentire
direttamente in sede di titoli edilizi, varianti non essenziali  al progetto rientranti nei margini di flessibilità,  da prefissare in apposito elaborato facente parte di quelli costitutivi  del  progetto approvato.
Questo però costituisce violazione del comma 2bis articolo 22 del Testo Unico Edilizia che prevede possibilità di varianti ai permessi di costruire solo a condizione che: “a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione  che:  “siano  conformi  alle   prescrizioni urbanistico - edilizie e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico  e dalle altre normative di settore



LIMITI ALLE DISTANZE TRA GLI EDIFICI “FAI DA TE”
La legge regionale impugnata modifica l’articolo 53 della legge urbanistica ligure prevedendo la possibilità di ridurre le distanze tra edifici anche nei confronti
di edifici ubicati all'esterno del perimetro del  PUO (strumento urbanistico con cui si può attuare operativamente il PUC).
Ecco cosa afferma il ricorso del Governo contro questa norma regionale: “La norma qui censurata infatti contiene  previsioni  urbanistiche (e di contenuto  di  strumenti  urbanistici)  del  tutto  generali e generiche, che non contengono alcun riferimento a quelle  particolari e specifiche esigenze legate  al  territorio  -  a  quel  particolare territorio, con quelle particolari caratteristiche dettate da ragioni naturali e storiche (così  Corte Cost. 134/2014 in  parte  motiva)  - che consentirebbe una disciplina delle  distanze  diversa  da  quella inderogabilmente fissata dal legislatore statale. Non è sufficiente, infatti, una  generica  motivazione  urbanistica  per  legittimamente derogare ai limiti di matrice statale in tema di distanza tra edifici (se si ragionasse così, é evidente che ogni strumento  urbanistico, in quanto tale, potrebbe farlo), ma occorre una specifica motivazione di omogeneità, complessività ed unitarietà che giustifichi per determinate zone una eccezionale - nel senso che fa eccezione - previsione di assetto fisico.”




[1] il nuovo comma 3 articolo 143 prevede che nel  caso  in  cui  il  piano  sia  stato  approvato  a seguito dell'accordo  suddetto nel procedimento autorizzatorio di cui   agli  articoli 146  e  147 (autorizzazione paesaggistica)  il  parere  del  soprintendente  è obbligatorio, ma non vincolante; l'entrata in vigore di questa ultima  disposizione nonché di quelle che escludono l’obbligo di autorizzazione paesaggistiche ( alle condizioni del nuovo comma 5 articolo 143 ) è subordinata  all'approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell'articolo 145 del Codice.

[2] a)  condizioni  di  rischio  idraulico  o  di dissesto  idrogeologico;  b) condizioni di incompatibilità per
contrasto con la destinazione d'uso dell'ambito o  del  distretto  di trasformazione o per la tipologia  edilizia;
c) situazioni di degrado strutturale, funzionale od igienico-sanitario che richiedono un insieme sistematico di opere od interventi;  d) situazioni  di interferenza con la previsione di realizzazione di servizi pubblici o infrastrutture  pubbliche


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