Da anni l’impianto di
trattamento rifiuti di Saliceti ammorba con le sue emissioni odorigene i
cittadini residenti.
Le autorità competenti:
1. La Provincia per
l’autorizzazione
2. L’Arpal per i controlli
3. Il Comune di Vezzano
Ligure per i poteri di ordinanza di tutela sanitaria del Sindaco
non si sono certo sforzate più di tanto e nonostante qualche accenno di esercizio delle loro funzioni
(diffide) la situazione non è cambiata e ad oggi gli odori restano e inquinano
la salute e la vita quotidiana dei
cittadini.
Recentemente si sono
svolte due conferenze dei servizi che dovrebbero portare a rilasciare una nuova
autorizzazione a questo impianto (la cosiddetta AIA: autorizzazione integrata
ambientale). Ad oggi la autorizzazione
non è stata rilasciata e il Sindaco di Vezzano si è ben guardato da esercitare
i suoi potere di massima Autorità Sanitaria sul territorio rilasciando il
relativo parere, obbligatorio, in vista del rilascio dell’AIA.
Possiamo dire che, ad
oggi, sotto il profilo del rispetto della salute dei cittadini residenti, le
chiacchiere hanno di gran lunga superato i fatti da parte delle sopra citate Autorità.
D’altronde ciò appare
purtroppo inevitabile considerato che leggendo il verbale della conferenza dei
servizi in sede referente per il rilascio dell’AIA i rappresentanti della
Provincia hanno affermato che: “sappiamo quanto sia difficile eliminare le molecole
odorigene”.
Ma è davvero
così difficile combattere le emissioni odorigene?
Davvero si può fare poco
contro questo fenomeno che, come dimostrato da una sterminata pubblicistica
scientifica, non solo è fastidioso ma produce danni alla lunga irreversibile ad
esempio sotto il profilo dell’apparato neurologico e questo a prescindere
ovviamente dal contenuto in termini di singoli inquinanti che stanno dentro le
emissioni odorigene.
La
dimostrazione che non sia così difficile è in una recente pubblicazione
dell’Arpat (l’agenzia gemella della nostra Arpal che opera in Toscana).
In
questa pubblicazione si prevedono alcune
misure banalissime ma efficaci per tutelare i cittadini residenti dalle
emissioni odorigene di un impianto di trattamento rifiuti:
1. chiusura delle zone di stoccaggio
(capannoni, vasche, ecc.) dei rifiuti maleodoranti, il mantenimento in
depressione di tali locali ed invio dell'emissione ad idoneo impianto
di abbattimento,
al fine di prevenire sempre l'instaurarsi di maleodoranze
2.
creazione di un'apposita procedura, affinché le fasi di ingresso/uscita dei
camion trasportanti rifiuti dai capannoni maleodoranti, siano effettuate nel
minor tempo possibile, magari usando solo un'apertura alla volta, al fine di
evitare che il vento possa determinare l'instaurarsi di correnti
3.
la messa a regime di un gruppo di continuità[1] al
fine di assicurare il funzionamento
degli impianti di aspirazione ed abbattimento in tutte le condizioni, ad es.
anche in caso di assenza di energia elettrica
4.
l’applicazione nell’ambito dei controlli da parte degli enti preposti (Arpa,
Asl, Vigili dei Comuni) dei principi della sentenza della Cassazione che sanziona le
molestie olfattive a prescindere dalla sussistenza dell’inquinamento
atmosferico di cui ho trattato anch’io qualche mese fa vedi QUI.
5. In caso in cui emergano criticità non risolvibili dalla sola autorizzazione ulteriori
misure di carattere gestionale e/o impiantistico, sino alla richiesta di
aggiornare il quadro emissivo autorizzato per la Ditta, rivedendo i valori
limite di emissione (VLE) e valutando l'installazione di uno SME per il
monitoraggio in continuo delle emissioni
6.
misure particolari per la gestione dei biofiltri[2] che
devono captare la gran parte delle emissioni odorigene. In particolare si
propone oltre che i conosciuti controlli su temperature e umidità per mantenere
“in vita” i microrganismi che permettono la efficienza del biofiltro, Arpat
propone: “assicurare, per uniformare l’alimentazione del
carico inquinante al biofiltro, un’omogenea distribuzione del flusso
attraverso:
6.1. la
predisposizione di un sistema di distribuzione efficace al di sotto del letto
di biofiltrazione;
6.2. la prevenzione
del compattamento della biomassa filtrante per evitare bypass delle arie. Ad
esempio indagini anemometriche periodiche sulla superficie del biofiltro sono
importanti, al fine di controllare l'uniforme distribuzione dell’alimentazione
del flusso
Ebbene nessuno di questi
strumenti di monitoraggio o di tecniche di abbattimento delle emissioni
odorigene è stato fino ad ora applicato con il rigore proposte nella
elencazione sopra esposta.
Forse nella Provincia di
Spezia quello che è difficile è eliminare non gli odori ma la incompetenza e la superficialità
degli enti pubblici che dovrebbero essere soprattutto al servizio della tutela
della salute pubblica.
[1] Per le installazioni
soggette ad AIA, l'art. 29-sexies, comma 7, del D. Lgs. 152/06 come mod. dal
D. Lgs. 46/2014 prevede esplicitamente che siano previste “misure relative
alle condizioni diverse dal normale esercizio, in particolare per le fasi di
avvio e arresto dell’impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti e
per l’arresto definitivo dell’impianto” ovvero in tutte le condizioni dell'impianto
[2] Secondo la pubblicazione Arpat i biofiltri: “La
biofiltrazione è una tecnologia, mediante la quale
le emissioni gassose da trattare vengono fatte passare uniformemente
attraverso un mezzo poroso biologicamente attivo, ovvero in un apposito letto
riempito con materiali quali cortecce, legno
triturato, compost maturo, torba, ecc., mantenuti a condizioni di
temperatura e umidità costanti e che vengono colonizzati da microrganismi
aerobi, in grado di degradare i composti da trattare presenti nelle emissioni.
Prima dell’uscita dal letto filtrante, la corrente emissiva si arricchisce di
CO2, degli altri composti volatili prodotti e del calore generato
dalle reazioni biochimiche. Con la biofiltrazione si rimuovono i composti
organici volatili e i composti ridotti dello zolfo (es. solfuri organici) e
dell’azoto (es. ammine organiche), che presentano spesso un'elevata odorosità.
Questi vengono degradati sia come substrati primari che come metaboliti. Al
fine di ottenere una buona efficienza del biofiltro, le sostanze da rimuovere
devono avere due caratteristiche fondamentali:
Elevata biodegradabilità
Non
tossicità per i microrganismi
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