mercoledì 5 agosto 2015

Impianto rifiuti Saliceti: come dovrebbero essere controllati gli odori

Da anni l’impianto di trattamento rifiuti di Saliceti ammorba con le sue emissioni odorigene i cittadini residenti.

Le autorità competenti:
1. La Provincia per l’autorizzazione
2. L’Arpal per i controlli
3. Il Comune di Vezzano Ligure per i poteri di ordinanza di tutela sanitaria del Sindaco
non si sono certo sforzate più di tanto e nonostante qualche accenno di esercizio delle loro funzioni (diffide) la situazione non è cambiata e ad oggi gli odori restano e inquinano la salute  e la vita quotidiana dei cittadini.

Recentemente si sono svolte due conferenze dei servizi che dovrebbero portare a rilasciare una nuova autorizzazione a questo impianto (la cosiddetta AIA: autorizzazione integrata ambientale).  Ad oggi la autorizzazione non è stata rilasciata e il Sindaco di Vezzano si è ben guardato da esercitare i suoi potere di massima Autorità Sanitaria sul territorio rilasciando il relativo parere, obbligatorio, in vista del rilascio dell’AIA.

Possiamo dire che, ad oggi, sotto il profilo del rispetto della salute dei cittadini residenti, le chiacchiere hanno di gran lunga superato i fatti da parte delle sopra citate Autorità. 

D’altronde ciò appare purtroppo inevitabile considerato che leggendo il verbale della conferenza dei servizi in sede referente per il rilascio dell’AIA i rappresentanti della Provincia hanno affermato che: “sappiamo quanto sia difficile eliminare le molecole odorigene”.

Ma è davvero così difficile combattere le emissioni odorigene? 

Davvero si può fare poco contro questo fenomeno che, come dimostrato da una sterminata pubblicistica scientifica, non solo è fastidioso ma produce danni alla lunga irreversibile ad esempio sotto il profilo dell’apparato neurologico e questo a prescindere ovviamente dal contenuto in termini di singoli inquinanti che stanno dentro le emissioni odorigene.

La dimostrazione che non sia così difficile è in una recente pubblicazione dell’Arpat (l’agenzia gemella della nostra Arpal che opera in Toscana).

In questa pubblicazione si  prevedono alcune misure banalissime ma efficaci per tutelare i cittadini residenti dalle emissioni odorigene di un impianto di trattamento rifiuti:
1. chiusura delle zone di stoccaggio (capannoni, vasche, ecc.) dei rifiuti maleodoranti, il mantenimento in depressione di tali locali ed invio dell'emissione ad idoneo impianto di abbattimento, al fine di prevenire sempre l'instaurarsi di maleodoranze
2. creazione di un'apposita procedura, affinché le fasi di ingresso/uscita dei camion trasportanti rifiuti dai capannoni maleodoranti, siano effettuate nel minor tempo possibile, magari usando solo un'apertura alla volta, al fine di evitare che il vento possa determinare l'instaurarsi di correnti
3. la messa a regime di un gruppo di continuità[1] al fine  di assicurare il funzionamento degli impianti di aspirazione ed abbattimento in tutte le condizioni, ad es. anche in caso di assenza di energia elettrica
4. l’applicazione nell’ambito dei controlli da parte degli enti preposti (Arpa, Asl, Vigili dei Comuni) dei principi della sentenza della Cassazione che sanziona le molestie olfattive a prescindere dalla sussistenza dell’inquinamento atmosferico di cui ho trattato anch’io qualche mese fa vedi QUI
5.  In caso in cui emergano criticità non risolvibili dalla sola autorizzazione ulteriori misure di carattere gestionale e/o impiantistico, sino alla richiesta di aggiornare il quadro emissivo autorizzato per la Ditta, rivedendo i valori limite di emissione (VLE) e valutando l'installazione di uno SME per il monitoraggio in continuo delle emissioni
6. misure particolari per la gestione dei biofiltri[2] che devono captare la gran parte delle emissioni odorigene. In particolare si propone oltre che i conosciuti controlli su temperature e umidità per mantenere “in vita” i microrganismi che permettono la efficienza del biofiltro, Arpat propone: “assicurare, per uniformare l’alimentazione del carico inquinante al biofiltro, un’omogenea distribuzione del flusso attraverso:
6.1. la predisposizione di un sistema di distribuzione efficace al di sotto del letto di biofiltrazione;
6.2. la prevenzione del compattamento della biomassa filtrante per evitare bypass delle arie. Ad esempio indagini anemometriche periodiche sulla superficie del biofiltro sono importanti, al fine di controllare l'uniforme distribuzione dell’alimentazione del flusso

Ebbene nessuno di questi strumenti di monitoraggio o di tecniche di abbattimento delle emissioni odorigene è stato fino ad ora applicato con il rigore proposte nella elencazione sopra esposta.

Forse nella Provincia di Spezia quello che è difficile è eliminare non gli odori ma  la incompetenza e la superficialità degli enti pubblici che dovrebbero essere soprattutto al servizio della tutela della salute pubblica.






[1] Per le installazioni soggette ad AIA, l'art. 29-sexies, comma 7, del D. Lgs. 152/06 come mod. dal D. Lgs. 46/2014 prevede esplicitamente che siano previste “misure relative alle condizioni diverse dal normale esercizio, in particolare per le fasi di avvio e arresto dell’impianto, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti e per l’arresto definitivo dell’impianto” ovvero in tutte le condizioni dell'impianto
[2] Secondo la pubblicazione Arpat i biofiltri: “La biofiltrazione è una tecnologia, mediante la quale le emissioni gassose da trattare vengono fatte passare uniformemente attraverso un mezzo poroso biologicamente attivo, ovvero in un apposito letto riempito con materiali quali cortecce, legno triturato, compost maturo, torba, ecc., mantenuti a condizioni di temperatura e umidità costanti e che vengono colonizzati da microrganismi aerobi, in grado di degradare i composti da trattare presenti nelle emissioni. Prima dell’uscita dal letto filtrante, la corrente emissiva si arricchisce di CO2, degli altri composti volatili prodotti e del calore generato dalle reazioni biochimiche. Con la biofiltrazione si rimuovono i composti organici volatili e i composti ridotti dello zolfo (es. solfuri organici) e dell’azoto (es. ammine organiche), che presentano spesso un'elevata odorosità. Questi vengono degradati sia come substrati primari che come metaboliti. Al fine di ottenere una buona efficienza del biofiltro, le sostanze da rimuovere devono avere due caratteristiche fondamentali:
Elevata biodegradabilità
Non tossicità per i microrganismi

Nessun commento:

Posta un commento