domenica 30 marzo 2014

La partecipazione: cambiare la politica con il contributo dei cittadini attivi

La mia introduzione al Convegno Partecipazione e Governo delle città.....




Il mio sguardo verso il tema della partecipazione è duplice. Da ricercatore in diritto ambientale della Fondazione che qui rappresento e da militante  ambientalista qui in Liguria in tantissime vertenze dagli anni 80 del secolo scorso.

Non rinuncerò, in  questa breve introduzione a questo duplice ruolo anche perché questi due sguardi (da ricercatore e da militante) non confliggono dentro di me ma anzi mi aiutano ad inquadrare le vertenze sul territorio nella giusta dimensione: politica, istituzionale, culturale e sociale.

È indiscutibile che oggi viviamo un’epoca contraddittoria. Da un lato i cittadini chiedono sempre più di partecipare e i partiti (meglio dire soggetti politici vista la confusione oggi  nella definizione delle organizzazioni politiche) e quindi le istituzioni da essi governati, non fanno altro che parlare e dichiarare sulla utilità della partecipazione. Dall’altro lato nella realtà, soprattutto delle scelte politiche strategiche e nella amministrazione attiva, il modello di governo che avanza, insieme alla costituzione materiale frutto di questi anni bui della democrazia italiana, è quello dichiaratamente: tecnocratico, decisionista, plebiscitario.

Tutto questo si riflette anche nei percorsi partecipativi, raramente promossi dalle istituzioni, dove prevale quasi sempre una logica proprietaria (vedi un es. di questo concetto QUIdel percorso da parte della istituzione che lo promuove.

Questa tendenza che chiamerò per  semplificazione espositiva: Partecipazione Annunciata, contribuisce ad aumentare la distanza  tra cittadini e istituzioni e, allo stesso tempo, la delegittimazione delle istituzioni pubbliche, enti tecnici compresi (basti pensare in campo ambientale alle Arpa o alle ASL).

Ma c’è un rischio ulteriore che si pone di conseguenza al quadro sopra descritto e cioè che i Cittadini Attivi rimuovano dal loro orizzonte di analisi ed iniziativa la questione del modello di governo e della riforma delle istituzioni e si chiudano in un neo corporativismo comunitario e territoriale. Così il cerchio può chiudersi,  e  quindi gli spazi di azione democratica, tra un neo autoritarismo plebiscitario  e una società neo-feudale spezzata in tante piccole corporazioni etniche, culturali, identitarie in modo non inclusivo. Ben peggio quindi del semplice “non nel mio giardino” che andrebbe peraltro affiancato dal altrettanto diffuso “non nel mio mandato amministrativo”.

Ricapitolando  quindi tre sono i temi che oggi pone una discussione  sulla partecipazione:
1. Il modo di usare conoscenza e sapere da parte del potere. Si tratta in altri termini della questione della qualità del processo decisionale e/o della istruttoria,  insomma del modo con cui si costruiscono le decisioni: su quali dati, su quali analisi, su quali scenari, su chi elabora tutto ciò sulla base di quali interesse ed obiettivi. 
2. Le regole minime di garanzie per far pesare la partecipazione dei cittadini all’interno dei procedimenti decisionali normati da leggi, statuti, regolamenti.
3. La assunzione di responsabilità dei cittadini attivi su come si sta dentro i conflitti e su come si guardano le istituzioni da dentro i conflitti (vedi QUI

Ecco che, secondo come si daranno risposte a questi tre temi, secondo come verranno affrontati,  si deciderà buona parte della scommessa sulla democrazia partecipativa o meglio deliberativa. 

Ma resta un dato assolutamente incontrovertibile i Cittadini Attivi sono i soggetti decisivi nella risposta alla crisi della democrazia rappresentativa in atto. Ma lo saranno anche a condizione che diventino loro stessi pienamente consapevoli della valenza politica istituzionale del loro ruolo. Ruolo che poi è nella sostanza quello  che è stato ribadito dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza  n.1 del 2014
(vedi QUI http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/2014/01/la-corte-costituzionale-la-sovranita.html
) sulla legge elettorale: “la sovranità appartiene al popolo anche dopo le elezioni”.  Lo ricordi il governo nazionale ma anche lo ricordino i Sindaci eletti direttamente dai cittadini, si quelli che sembrano stati colti  da un virus riassumibile in questa frase, ormai un mantra per loro,  “mi hanno votato e quindi ora per 5 anni decido io”.


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