venerdì 28 giugno 2013

Facciamo il punto sul progetto Buren: NO al progetto, NO al cantiere.


Mi viene chiesto da più parti di fare chiarezza sulla vicenda del progetto Buren, quelle che seguono sono note che sintetizzano i principali aspetti della questione.



LE QUESTIONI ISTRUTTORIE E PROCEDURALI CHE STANNO ALLA BASE DEL NO AL PROGETTO BUREN  E DELLA RICHIESTA DELLA PRESENTAZIONE DI UNA REVISIONE DEL PROGETTO E DI UNA NUOVA ISTRUTTORIA E PROCEDURA AUTORIZZATORIA
Intanto occorre dire che  le ragioni del no sono ben più profonde delle difesa pur importante dei pini e della piazza e delle sue caratteristiche storico architettoniche ed urbanistiche ma anche più in generale culturali..... 
Infatti in  sintesi in questa vicenda precipitano tre  aspetti che caratterizzano spesso la cattiva amministrazione nella nostra città e non solo: 

1. carenze istruttorie gravi, 
Non sono state prese in considerazione sia da parte dei progettisti, che da parte di chi doveva valutare il progetto le buone pratiche che definiscono i criteri per gli interventi in zone sottoposte a vincolo storico architettonico e culturale: ad esempio la Carta del Restauro del 1972.
Il primo parametro tecnico per  valutare il progetto adeguato a Piazza Verdi e al contesto urbanistico che la circonda, così come si è venuto  a delinearsi  storicamente,  è quello del Risanamento Conservativo. Risanamento Conservativo significa che su tutto il complesso definito come centro storico si dovrà operare con criteri omogenei. dovranno essere mantenuti i caratteri generali dell'ambiente che comportino la conservazione integrale delle emergenze monumentali ed ambientali  ( e in questo senso rientrano in gioco i pini) più significative e l'adattamento degli altri elementi o singoli organismi edilizi alle esigenze di vita moderna, considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali, degli elementi stessi e solo nella misura in cui ciò sia compatibile con la conservazione del carattere generale delle strutture del centro storico.
Vi sembra che il progetto Buren risponda a questi criteri di valutazione?


2. violazioni procedurali importanti,
Un intervento della Soprintendenza per i  Beni Architettonici e prima ancora del Ministero competente e della Direzione Regionale per i  Beni Culturali  hanno  chiarito che c’è stata una carenza istruttoria nella valutazione dell’interesse storico architettonico della piazza nel suo insieme (pini compresi). Questa carenza istruttoria non è un passaggio meramente formale,  intanto  perché tale verifica è disciplinata da apposito Decreto Ministeriale (vedi   QUI
),  ma soprattutto perché la Soprintendenza per i Beni Architettonici della Regione Liguria, con nota del 17 giugno 2013, ha chiarito di: “non procedere ad opere riguardanti la demolizione, o rimozione di componenti il cui interesse culturale non sia definitivamente accertato”.  


3. mancato coinvolgimento del pubblico nella fase di impostazione della decisione.
Nel caso in esame trattandosi di intervento previsto in un contesto urbanistico strategico per la città non solo per gli aspetti identitari ma anche di quelli della accessibilità e vivibilità del centro storico.
Nel caso in esame andava effettuato un percorso partecipativo, coinvolgendo almeno il quartiere interessato, le associazioni ambientaliste, le associazioni culturali, gli ordini di architetti, ingegneri, gli storici operanti o residenti in città. Questo percorso doveva servire per una grande discussione collettiva su come arrivare al progetto (concorso o progettazione partecipata dal basso ovviamente con supporto di tecnici), e poi su come impostare il bando fino ad arrivare alle specifiche di cantiere e i tempi di realizzazione, il riordino del traffico e dei parcheggi......il tutto doveva essere trasformato in un processo di apprendimento collettivo sui caratteri della piazza da preservare, su come riqualificarla, con quali costi e tempi...........tutto questo non è stato fatto, qui sta l'errore di fondo della Amministrazione Comunale sotto il profilo della cultura politica democratica.
Non solo ma anche sotto il profilo formale il processo partecipativo andava in realtà svolto sin dall’avvio della impostazione del  bando che ha portato poi alla selezione del progetto Buren nella relativa gara. Infatti il Regolamento quadro  (n.1083/2006)in materia di disciplina dei Fondi UE compreso quello che ha finanziato il progetto in esame,  afferma all’articolo11: “Gli obiettivi dei Fondi sono perseguiti nel quadro di una stretta cooperazione, (in seguito: «partenariato»), tra la Commissione e ciascuno Stato membro. Ciascuno Stato membro organizza, se del caso e conformemente alle norme e alle prassi nazionali vigenti, un partenariato con autorità ed organismi quali: a) le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità pubbliche competenti; b) le parti economiche e sociali; c) ogni altro organismo appropriato in rappresentanza della società civile, i partner ambientali, le organizzazioni non governative e gli organismi di promozione della parità tra uomini e donne”; ciò in coerenza con l’articolo 69 di detto Regolamento secondo il quale: ” 1. Lo Stato membro e l'autorità di gestione del programma operativo forniscono informazioni circa i programmi cofinanziati e le operazioni e li pubblicizzano. Le informazioni sono destinate ai cittadini dell'Unione europea e ai beneficiari allo scopo di valorizzare il ruolo della Comunità e garantire la trasparenza dell'intervento dei Fondi”.



QUALE PROCEDURA SARÀ NECESSARIA DOPO LO STOP AL CANTIERE
Chi ha sbagliato sotto il profilo amministrativo è il Comune infatti l'autorizzazione del progetto Buren del novembre 2012 da parte della Soprintendenza chiedeva a chiare lettere che il Comune avviasse l'istruttoria per verificare se  e che tipo di interesse culturale, sotto il profilo del Codice dei Beni Culturali,  permanesse sulla Piazza.
Una volta che questa richiesta è avviata vige il silenzio inadempimento, se non viene svolta si forma un vizio procedurale e una lacuna istruttoria che può portare ai sensi dell'articolo 28 del Codice dei Beni Culturali ad una sospensione della esecuzione della autorizzazione dello scorso novembre. E' quanto avvenuto con il provvedimento della Soprintendenza dello scorso 17 giugno.

Ora dovrà essere svolta questa istruttoria che può durare fino a 120 giorni, si deve concludere con un provvedimento della Direzione Regionale, dopodichè se verranno richieste si dovranno introdurre modifiche al progetto e si dovrà ripresentare una nuova domanda che dovrà essere tradotta in una nuova autorizzazione della Direzione Regionale entro e non oltre 180 giorni dalla presentazione di detta domanda.

Questo è il quadro giuridico amministrativo da cui chiunque sia in buoan fede potrà dedurre di chi siano le responsabilità istruttorie e procedurali.  Significa che ci vorranno 10 mesi per tutto il procedimento, come qualche ignorante ha scritto e detto?  No i 300 giorni sono i termini massimi per i due procedimenti, si potranno chiudere prima ma di certo il tutto non sarà una passeggiata ovviamente e non potrà essere risolta  in una decina di giorni.



ECCO PERCHÉ NON È POSSIBILE RIAPRIRE IL CANTIERE PRIMA DELLO SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA ESAMINATA SOPRA
La nota della Soprintendenza del  17/6/2013  è stata emessa ai sensi del comma 2 articolo 28 del Codice di Beni Culturali. Secondo questo comma il Soprintendente può inibire o sospendere interventi  relativi ai beni soggetti a vincolo culturale se non è ancora intervenuta la procedura di verifica dell’interesse culturale.  La sospensione della esecutività è stata perfino confermata da una lettera inviata, in data 18/6/2013, dal dirigente del Comune responsabile del procedimento in esame al Ministero e agli organi periferici dello stesso (Direzione Regionale per i Beni Storici, Soprintendenza per i Beni Architettonici) , questa lettera afferma testualmente, in riferimento alla nota della Soprintendenza del 17/6/2013: “ Tale nota si configura quindi come atto sospensivo, in autotutela, della autorizzazione rilasciata in data 6/11/2012  che conteneva prescrizioni su modalità realizzative ma nessuna condizione sospensiva  della efficacia dell’atto. Per contro con la nota del 17/6/2013 si impedisce la prosecuzione dei lavori, a cantiere aperto….”.   

Ora  è noto  che la Piazza Verdi, ultrasettantennale , è attualmente, ex lege, soggetta a vincolo storico architettonico e culturale, e che la procedura di verifica del permanere di tale vincolo sia in atto. 

Ciò ha una ulteriore conseguenza, essendo in corso la verifica della permanenza del suddetto vincolo, qualsiasi intervento che possa pregiudicare direttamente o indirettamente sia in singoli elementi che l’insieme della piazza anche da un punto di vista urbanistico (vedi Carta del Restauro del 1972) non potrà essere realizzato pena la commissione di almeno due reati : quello dell’articolo 169  del  Codice dei Beni Culturali (interventi senza autorizzazione su opere sottoposte a vincolo) e 733 Codice Penale (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico e artistico).

Infatti allo stato degli atti non esistono da parte di nessun ente competente (Direzione Regionale Beni Culturali, Soprintendenza Beni Architettonici) prescrizioni nuove di cantiere che possano garantire, con certezza tecnica,  che gli interventi anche su parti laterali della piazza non producano  danni ad esempio ai pini che rientrano sicuramente tra gli elementi della Piazza oggetto della suddetta procedura di verifica. 

E’ indiscutibile che alla luce di quanto sopra analizzato il cantiere di P.za Verdi non possa essere riaperto. In caso contrario sia la ditta esercente l’attività esecutiva del progetto, sia l’Amministrazione Comunale si renderebbero responsabile della commissione di gravi illeciti penali:
a)  articolo 169 Codice Beni Culturali: opere illecite su beni culturali
b)  articolo 733 Codice Penale: danneggiamento al patrimonio archeologico, storico e artistico.
c)  articolo 81 Codice Penale: concorso formale tra i due reati sopra elencati risultando le due fattispecie di questi  non coincidenti.
d)  articolo 650 Codice Penale: inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. Nel caso in esame si tratta di non dare corretta esecuzione a quanto disposto dalla Direzione Regionale dei Beni Culturali Paesaggistici prima e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici.



IL COMUNE NON DOVEVA E  NON POTEVA APRIRE IL CANTIERE IL 17/6/2013
Il provvedimento espresso di sospensione dei lavori, da parte della Direzione Regionale per i Beni Culturali e della Soprintendenza, è arrivato nella prima metà della mattinata del 17 giugno. Ed era stato annunciato dal Ministro il sabato precedente. Quindi sia per ragioni pratiche (l’annuncio preventivo del Ministro), sia per ragioni formali (il provvedimento della Direzione Regionale - Soprintendenza), il cantiere poteva e doveva non essere aperto e il Comune avrebbe dovuto quanto meno revocare l’ordinanza di chiusura al traffico di P.za Verdi considerato che alla luce dell’avvio della procedura di verifica venivano meno le esigenze pubbliche sui cui si era fondata la ordinanza stessa.
Che il provvedimento della Soprintendenza costituisce atto di sospensione della esecutività della autorizzazione del novembre 2012 era chiaro anche alla stessa Amministrazione come dimostra la sopra citata lettera del dirigente comunale datata il giorno dopo la emanazione del provvedimento della  Direzione Regionale e poi della Soprintendenza.  
Quindi l’avvio del cantiere nella mattinata del 17/6 esprime un comportamento doloso da parte della Amministrazione Comunale.



IL CANTIERE ANDREBBE IMMEDIATAMENTE RIMOSSO
Il cantiere considerata la complessità della procedura necessaria come sopra descritta deve essere chiuso evitando un inutile disagio ai cittadini residenti ed esercenti attività economiche nella zona. Infatti la non riapertura dei lavori per i motivi legali sopra riportati comporta il venire meno della finalità della ordinanza di chiusura al traffico disposta in data 11/6/2013.  Infatti l’ordinanza in oggetto prevedeva una scansione temporale della chiusura del traffico e della sosta  legandola all'inizio dei lavori da parte della ditta esecutrice.  Il protrarsi della chiusura al traffico non giustificata dalla apertura del cantiere comporterebbe un danno economico alle attività commerciali non motivato da alcuna esigenza riconducibile agli articoli del Codice della Strada o del Testo Unico degli Enti Locali sui si fondano ordinanze come quella in oggetto.


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