Mi
viene chiesto da più parti di fare chiarezza sulla vicenda del progetto Buren,
quelle che seguono sono note che sintetizzano i principali aspetti della
questione.
LE QUESTIONI ISTRUTTORIE
E PROCEDURALI CHE STANNO ALLA BASE DEL NO AL PROGETTO BUREN E DELLA RICHIESTA DELLA PRESENTAZIONE DI UNA
REVISIONE DEL PROGETTO E DI UNA NUOVA ISTRUTTORIA E PROCEDURA AUTORIZZATORIA
Intanto
occorre dire che le ragioni del no sono
ben più profonde delle difesa pur importante dei pini e della piazza e delle
sue caratteristiche storico architettoniche ed urbanistiche ma anche più in
generale culturali.....
Infatti
in sintesi in questa vicenda precipitano
tre aspetti che caratterizzano spesso la
cattiva amministrazione nella nostra città e non solo:
1. carenze istruttorie
gravi,
Non
sono state prese in considerazione sia da parte dei progettisti, che da parte
di chi doveva valutare il progetto le buone pratiche che definiscono i criteri
per gli interventi in zone sottoposte a vincolo storico architettonico e
culturale: ad esempio la Carta del Restauro del 1972.
Il
primo parametro tecnico per valutare il
progetto adeguato a Piazza Verdi e al contesto urbanistico che la circonda, così
come si è venuto a delinearsi storicamente, è quello del Risanamento Conservativo.
Risanamento Conservativo significa che
su tutto il complesso definito come centro storico si dovrà operare con criteri
omogenei. dovranno essere mantenuti i caratteri generali
dell'ambiente che comportino la conservazione integrale delle emergenze monumentali
ed ambientali ( e in questo senso
rientrano in gioco i pini) più significative e l'adattamento degli altri
elementi o singoli organismi edilizi alle esigenze di vita moderna,
considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali,
degli elementi stessi e solo nella misura in cui ciò sia compatibile con la
conservazione del carattere generale delle strutture del centro storico.
Vi sembra che il progetto Buren risponda
a questi criteri di valutazione?
2. violazioni
procedurali importanti,
Un
intervento della Soprintendenza per i
Beni Architettonici e prima ancora del Ministero competente e della
Direzione Regionale per i Beni Culturali
hanno chiarito che c’è stata una carenza istruttoria
nella valutazione dell’interesse storico architettonico della piazza nel suo
insieme (pini compresi). Questa carenza istruttoria non è un passaggio
meramente formale, intanto perché tale verifica è disciplinata da
apposito Decreto Ministeriale (vedi QUI
), ma soprattutto perché la Soprintendenza per i
Beni Architettonici della Regione Liguria, con nota del 17 giugno 2013, ha
chiarito di: “non procedere ad opere
riguardanti la demolizione, o rimozione di componenti il cui interesse
culturale non sia definitivamente accertato”.
3. mancato
coinvolgimento del pubblico nella fase di impostazione della decisione.
Nel
caso in esame trattandosi di intervento previsto in un contesto urbanistico strategico
per la città non solo per gli aspetti identitari ma anche di quelli della
accessibilità e vivibilità del centro storico.
Nel caso in esame
andava effettuato un percorso partecipativo, coinvolgendo almeno il quartiere
interessato, le associazioni ambientaliste, le associazioni culturali, gli
ordini di architetti, ingegneri, gli storici operanti o residenti in città.
Questo percorso doveva servire per una grande discussione collettiva su come
arrivare al progetto (concorso o progettazione partecipata dal basso ovviamente
con supporto di tecnici), e poi su come impostare il bando fino ad arrivare
alle specifiche di cantiere e i tempi di realizzazione, il riordino del
traffico e dei parcheggi......il tutto doveva essere trasformato in un processo
di apprendimento collettivo sui caratteri della piazza da preservare, su come
riqualificarla, con quali costi e tempi...........tutto questo non è stato
fatto, qui sta l'errore di fondo della Amministrazione Comunale sotto il
profilo della cultura politica democratica.
Non
solo ma anche sotto il profilo formale il processo partecipativo andava in
realtà svolto sin dall’avvio della impostazione del bando che ha portato poi alla selezione del
progetto Buren nella relativa gara. Infatti il Regolamento quadro (n.1083/2006)in materia di disciplina dei
Fondi UE compreso quello che ha finanziato il progetto in esame, afferma all’articolo11: “Gli obiettivi dei Fondi sono perseguiti nel quadro di una stretta
cooperazione, (in seguito: «partenariato»), tra la Commissione e ciascuno Stato
membro. Ciascuno Stato membro organizza, se del caso e conformemente alle norme
e alle prassi nazionali vigenti, un partenariato con autorità ed organismi
quali: a) le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità
pubbliche competenti; b) le parti economiche e sociali; c) ogni altro organismo
appropriato in rappresentanza della società civile, i partner ambientali, le
organizzazioni non governative e gli organismi di promozione della parità tra
uomini e donne”; ciò in coerenza con l’articolo 69 di detto Regolamento
secondo il quale: ” 1. Lo Stato membro e
l'autorità di gestione del programma operativo forniscono informazioni circa i
programmi cofinanziati e le operazioni e li pubblicizzano. Le informazioni sono
destinate ai cittadini dell'Unione europea e ai beneficiari allo scopo di
valorizzare il ruolo della Comunità e garantire la trasparenza dell'intervento
dei Fondi”.
QUALE PROCEDURA SARÀ NECESSARIA DOPO LO STOP AL CANTIERE
Chi ha
sbagliato sotto il profilo amministrativo è il Comune infatti l'autorizzazione
del progetto Buren del novembre 2012 da parte della Soprintendenza chiedeva a
chiare lettere che il Comune avviasse l'istruttoria per verificare se e
che tipo di interesse culturale, sotto il profilo del Codice dei Beni
Culturali, permanesse sulla Piazza.
Una volta che
questa richiesta è avviata vige il silenzio inadempimento, se non viene svolta
si forma un vizio procedurale e una lacuna istruttoria che può portare ai sensi
dell'articolo 28 del Codice dei Beni Culturali ad una sospensione della
esecuzione della autorizzazione dello scorso novembre. E' quanto avvenuto con
il provvedimento della Soprintendenza dello scorso 17 giugno.
Ora dovrà
essere svolta questa istruttoria che può durare fino a 120 giorni, si deve
concludere con un provvedimento della Direzione Regionale, dopodichè se
verranno richieste si dovranno introdurre modifiche al progetto e si dovrà
ripresentare una nuova domanda che dovrà essere tradotta in una nuova
autorizzazione della Direzione Regionale entro e non oltre 180 giorni dalla presentazione
di detta domanda.
Questo è il
quadro giuridico amministrativo da cui chiunque sia in buoan fede potrà dedurre
di chi siano le responsabilità istruttorie e procedurali. Significa che
ci vorranno 10 mesi per tutto il procedimento, come qualche ignorante ha
scritto e detto? No i 300 giorni sono i termini massimi per i due
procedimenti, si potranno chiudere prima ma di certo il tutto non sarà una
passeggiata ovviamente e non potrà essere risolta in una decina di
giorni.
ECCO PERCHÉ
NON È POSSIBILE RIAPRIRE IL CANTIERE PRIMA DELLO SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA
ESAMINATA SOPRA
La nota della Soprintendenza del 17/6/2013 è stata emessa ai sensi del
comma 2 articolo 28 del Codice di Beni Culturali. Secondo questo comma il
Soprintendente può inibire o sospendere interventi relativi ai beni
soggetti a vincolo culturale se non è ancora intervenuta la procedura di
verifica dell’interesse culturale. La
sospensione della esecutività è stata perfino confermata da una lettera inviata,
in data 18/6/2013, dal dirigente del Comune responsabile del procedimento in
esame al Ministero e agli organi periferici dello stesso (Direzione Regionale
per i Beni Storici, Soprintendenza per i Beni Architettonici) , questa lettera
afferma testualmente, in riferimento alla nota della Soprintendenza del
17/6/2013: “ “Tale nota si
configura quindi come atto sospensivo, in autotutela, della autorizzazione
rilasciata in data 6/11/2012 che conteneva prescrizioni su modalità
realizzative ma nessuna condizione sospensiva della efficacia dell’atto.
Per contro con la nota del 17/6/2013 si impedisce la prosecuzione dei lavori, a
cantiere aperto….”.
Ora è noto che la Piazza Verdi,
ultrasettantennale , è attualmente, ex lege, soggetta a vincolo storico
architettonico e culturale, e che la procedura di verifica del
permanere di tale vincolo sia in atto.
Ciò ha una ulteriore conseguenza, essendo in corso la
verifica della permanenza del suddetto vincolo, qualsiasi intervento che possa
pregiudicare direttamente o indirettamente sia in singoli elementi che
l’insieme della piazza anche da un punto di vista urbanistico (vedi Carta del
Restauro del 1972) non potrà essere realizzato pena la commissione di almeno
due reati : quello dell’articolo 169 del Codice dei Beni Culturali
(interventi senza autorizzazione su opere sottoposte a vincolo) e 733 Codice
Penale (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico e artistico).
Infatti allo stato degli atti non esistono da parte di
nessun ente competente (Direzione Regionale Beni Culturali, Soprintendenza Beni
Architettonici) prescrizioni nuove di cantiere che possano garantire, con
certezza tecnica, che gli interventi anche su parti laterali della piazza
non producano danni ad esempio ai pini che rientrano sicuramente tra gli
elementi della Piazza oggetto della suddetta procedura di verifica.
E’
indiscutibile che alla luce di quanto sopra analizzato il cantiere di P.za
Verdi non possa essere riaperto. In caso contrario sia la ditta esercente
l’attività esecutiva del progetto, sia l’Amministrazione Comunale si
renderebbero responsabile della commissione di gravi illeciti penali:
a) articolo 169 Codice Beni Culturali: opere
illecite su beni culturali
b) articolo 733 Codice Penale: danneggiamento al
patrimonio archeologico, storico e artistico.
c) articolo 81 Codice Penale: concorso formale
tra i due reati sopra elencati risultando le due fattispecie di questi non coincidenti.
d) articolo 650 Codice Penale: inosservanza dei
provvedimenti dell’Autorità. Nel caso in esame si tratta di non dare corretta
esecuzione a quanto disposto dalla Direzione Regionale dei Beni Culturali
Paesaggistici prima e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici.
IL COMUNE NON
DOVEVA E NON POTEVA APRIRE IL CANTIERE
IL 17/6/2013
Il provvedimento espresso di sospensione dei
lavori, da parte della Direzione Regionale per i Beni Culturali e della
Soprintendenza, è arrivato nella prima metà della mattinata del 17 giugno. Ed
era stato annunciato dal Ministro il sabato precedente. Quindi sia per ragioni
pratiche (l’annuncio preventivo del Ministro), sia per ragioni formali (il
provvedimento della Direzione Regionale - Soprintendenza), il cantiere poteva e
doveva non essere aperto e il Comune avrebbe dovuto quanto meno revocare
l’ordinanza di chiusura al traffico di P.za Verdi considerato che alla luce
dell’avvio della procedura di verifica venivano meno le esigenze pubbliche sui
cui si era fondata la ordinanza stessa.
Che il provvedimento della Soprintendenza
costituisce atto di sospensione della esecutività della autorizzazione del
novembre 2012 era chiaro anche alla stessa Amministrazione come dimostra la
sopra citata lettera del dirigente comunale datata il giorno dopo la emanazione
del provvedimento della Direzione
Regionale e poi della Soprintendenza.
Quindi l’avvio del cantiere nella mattinata del
17/6 esprime un comportamento doloso da parte della Amministrazione Comunale.
IL CANTIERE ANDREBBE IMMEDIATAMENTE RIMOSSO
Il
cantiere considerata la complessità della procedura necessaria come sopra
descritta deve essere chiuso evitando un inutile disagio ai cittadini residenti
ed esercenti attività economiche nella zona. Infatti la non riapertura dei
lavori per i motivi legali sopra riportati comporta il venire meno della
finalità della ordinanza di chiusura al traffico disposta in data 11/6/2013. Infatti l’ordinanza in oggetto prevedeva una
scansione temporale della chiusura del traffico e della sosta legandola all'inizio dei lavori da parte
della ditta esecutrice. Il protrarsi
della chiusura al traffico non giustificata dalla apertura del cantiere
comporterebbe un danno economico alle attività commerciali non motivato da
alcuna esigenza riconducibile agli articoli del Codice della Strada o del Testo
Unico degli Enti Locali sui si fondano ordinanze come quella in oggetto.
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