Il
commento più stupido che ho sentito contro il movimento che si batte per
impedire la realizzazione del progetto Buren su P.za Verdi è stato il seguente:
“il problema diventa la difesa dei pini,
della serie: fate pure quello che volete, ma i pini non si toccano, sono sacri”.
Questo
stravolgimento, voluto ovviamente, delle posizioni del movimento contro il
progetto Buren, che fa il paio con quello: "chi si oppone non vuole la pedonalizzazione" (che ho smontato QUI), dimostra
come in questa città il dibattito pubblico sia sfalsato dalla pochezza
culturale, dalla dietrologia , da quel qualunquismo cinico di una certa finta “spezzinità” organicamente coltivata dal sistema di potere locale per la sua
sopravvivenza.
Si
quella “spezzinità” che porta sempre
a ridicolizzare, a depotenziare ogni movimento che esca dai ruoli del “mugugno passivo” e ponga con forza il principio per cui la città e i suoi
spazi sono un bene comune e le modifiche di questi devono essere discusse con i
cittadini nei tempi utili per permettere una discussione vera e a 360 gradi
fondata su ipotesi e scenari alternativi
e non sulle decisioni unilaterali prese nelle segrete stanze.
Torniamo
ai pini di P. Verdi. Davvero la questione
del no al progetto Buren sta solo nella difesa dei pini? Non diciamo
sciocchezze!
Nella
vicenda del progetto di riqualificazione di P.za Verdi ci sono certamente
questioni specifiche, pini compresi, ma in essa precipitano anche molte altre
questioni che riguardano il rispetto della legalità, la competenza e la qualità
delle istruttorie decisionali da parte degli enti pubblici e dei suoi
dirigenti, la cultura autoritaria di chi governa gli enti locali, la non
terzietà di enti che dovrebbero svolgere questa funzione per dovere
istituzionale.
Su
questi aspetti generali tornerò prossimamente ma qui ora voglio dimostrare due
cose:
1. La
questione di P.za Verdi riguarda non solo i pini ma la tutela/conservazione di
tutta la Piazza
2. Il
cantiere su P.Verdi non può essere riaperto se prima non vengono svolte
istruttorie adeguate e non vengono rilasciate apposite autorizzazioni.
LE QUESTIONI
SPECIFICHE CHE STANNO ALLA BASE DEL NO AL PROGETTO BUREN E DELLA RICHIESTA DELLA PRESENTAZIONE DI UNA
REVISIONE DEL PROGETTO E DI UNA NUOVA ISTRUTTORIA E PROCEDURA AUTORIZZATORIA
Ma
partiamo dalle questioni specifiche.
PRIMA
QUESTIONE.
E’ indiscutibile che la difesa dei pini sia un aspetto del no al progetto Buren. Infatti essendo li da oltre 70 anni sono diventati
elemento costitutivo dell’immobile P.Verdi, quindi lo sono per una questione di
identità storico architettonica ma non dimentichiamolo lo sono perché appunto elemento
di una Piazza che è sottoposta a vincolo storico architettonico ex Codice dei
Beni Culturali. Quindi il punto non è
difendiamo i pini solo come elementi naturali, ma li difendiamo soprattutto perché fanno
parte storicamente della piazza, se si
riesce a dimostrare il contrario lo si faccia ma non si vengano a tirare fuori
belinate tipo: “fanno tutto sto casino
per qualche albero”.
SECONDA
QUESTIONE.
Il progetto Buren tiene conto dei caratteri storico architettonici della piazza
come sono venuti a costituirsi dal 900 in poi?
Quasi nessuno, a parte il Sindaco e i suoi stretti collaboratori lo
sostengono. D’altronde basterebbe confrontare le foto storiche di P.za Verdi
con il progetto per capirlo. Ma dico ai
critici del movimento contro il progetto Buren che per verificare tutto ciò ci
sono procedure di legge, ci sono parametri tecnici su cui condurre le
istruttorie ed è da quelli che dovremmo partire anzi ripartire.
Come
ho già avuto modo di ricordare il primo parametro tecnico per valutare il progetto adeguato a Piazza Verdi e
al contesto urbanistico che la circonda, così come si è venuto a delineare storicamente, è quello del Risanamento Conservativo. Risanamento Conservativo significa che su tutto il complesso definito
come centro storico si dovrà operare con criteri omogenei. dovranno essere mantenuti i caratteri generali
dell'ambiente che comportino la conservazione integrale delle emergenze
monumentali ed ambientali ( e in questo
senso rientrano in gioco i pini) più significative e l'adattamento degli altri
elementi o singoli organismi edilizi alle esigenze di vita moderna,
considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali,
degli elementi stessi e solo nella misura in cui ciò sia compatibile con la
conservazione del carattere generale delle strutture del centro storico.
Vi sembra che il progetto Buren risponda
a questi criteri di valutazione?
TERZA
QUESTIONE
che dimostra che la tutela dei pini non è semplicemente una specie di “scusa” per fare fallire un progetto per
altri versi valido. Il nostro Parlamento ha approvato una legge all’inizio di
questo anno (legge 10/2013) che
introduce una integrazione importante al concetto di albero monumentale. Sono
monumentali quegli alberi ad alto fusto, che non solo costituiscono unicità
naturalistiche isolate e protrattesi nel tempo a volte anche nei secoli, ma perché
vengono a definirsi come parti integranti della storia di un determinato
immobile: villa, chiesa, piazza etc. etc.
La
legge rinvia ad un regolamento ministeriale e ad un successivo censimento ma è
indiscutibile che la sua ratio sia: nelle more del regolamento e del censimento
tutti gli alberi singoli o filari e alberate che potrebbero rientrare nella
classificazione di albero monumentale introdotta da detta legge, devono essere
messi in sicurezza e non possono essere tagliati. Se così non fosse
assisteremmo ad una legge approvata per tutelare gli alberi potenzialmente
monumentali delle aree urbane che però contiene in se una procedura che
consente di distruggere gli alberi stessi.
Vista
in questa ottica la tutela dei pini diventa un tutela potenziale in se a prescindere
dalla piazza. Potenzialità che dovrà essere valutata in quella istruttoria che
la legge appunto prevede.
QUARTA
QUESTIONE. Al di la della tutela/conservazione dei pini, nel caso in esame c’è un intervento della Soprintendenza per i Beni Architettonici e prima ancora del Ministero
competente e della Direzione Regionale per i Beni Culturali che hanno detto con estrema
chiarezza che c’è stata una carenza istruttoria nella valutazione dell’interesse
storico architettonico della piazza nel suo insieme (pini compresi). Questa
carenza istruttoria non è un passaggio meramente formale, intanto perché tale verifica è disciplinata da
apposito Decreto Ministeriale (vedi QUI), ma
soprattutto perché la Soprintendenza per i Beni Architettonici della Regione
Liguria, con nota del 17 giugno 2013, ha chiarito di: “non procedere ad opere riguardanti la demolizione, o rimozione di
componenti il cui interesse culturale non sia definitivamente accertato”. Ora è chiaro
che allo stato attuale non è possibile riaprire anche solo
parzialmente il cantiere di Piazza Verdi per due ragioni:
1. una istruttoria. Infatti allo stato non è chiaro quali possano
essere gli elementi della piazza che non
verranno considerati rientranti nel vincolo storico architettonico e quindi
culturale ai sensi dell’apposito Codice. Riaprire il cantiere senza puntuale e
precise prescrizioni di tutela potrebbe compromettere quegli elementi che solo
alla fine della istruttoria potranno essere valutati e quindi, eventualmente
modificati, senza compromettere il bene culturale nel suo complesso. Non a caso
il Decreto Ministeriale che spiega come condurre l’istruttoria richiede che la stessa
produca , anche fotograficamente (persino per via aerea), una analisi accurata
di tutte le parti della piazza, che sia predisposta una planimetria che
definisca puntualmente il perimetro del bene culturale, che sia predisposta una descrizione sintetica
della storia edilizia del bene e delle principali trasformazioni d’uso, possibilmente corredata da una bibliografia
di riferimento, ed infine che siano elencati puntualmente tutti gli elementi
significativi che compongono la Piazza. Trattandosi di verifica dell’interesse
culturale avviata di ufficio dalla Direzione Regionale dei Beni Culturali il termine di conclusione è di 120 giorni
a partire dal 17/6/2013.
2.
la ragione procedimentale. Una volta effettuata la verifica secondo l’istruttoria
descritta al punto 1, la Soprintendenza afferma che: in caso di verifica
positiva sulla sussistenza dell’interesse culturale della P.za Verdi
comprensiva dei suoi elementi significativi occorrerà una nuova autorizzazione
della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici (ai sensi della
lettera e-bis) articolo 17 del DPR
233/2007: per il testo integrale vedi
QUI). Non si
applica quindi al caso in esame l’urgenza del procedimento e quindi i termini per rilasciare la autorizzazione
sono di 180 giorni ai sensi del DPCM
231/2010, vedi QUI, che fa riferimento all’articoli 21 del Codice
dei Beni Culturali.
QUINTA
QUESTIONE. Quindi come credo
risulti molto chiaro da quanto sopra
esposto: la istruttoria per la verifica deve essere svolta con grande
attenzione, richiederà i tempi necessari (abbiamo visto 120 giorni a partire
dal 17/6/2013 vedi comma 2 articolo 4bis del Decreto dirigenziale del
6/2/2004). In secondo luogo sulla base della istruttoria e delle valutazioni della stessa da parte
degli uffici periferici del Ministero
dovrà essere rivisto il progetto su P.za Verdi per poi arrivare ad una nuova
autorizzazione della Direzione con termini di 180 giorni dalla presentazione
della relativa domanda. Infine il censimento del Comune per la costituzione
dell’elenco degli alberi monumentali in area urbana, ai sensi della legge
10/2013, dovrà essere svolto entro 6 mesi dalla approvazione del regolamento
ministeriale apposito.
Questi
sono i tempi previsti dalle procedura di legge.
SESTA QUESTIONE.
La
revisione progettuale probabile dovrà essere accompagnata, e i tempi ci sono
tutti come abbiamo visto sopra, da un apposito processo di partecipazione che coinvolga cittadini, associazioni e
il Comitato che in questi mesi si sono battuti contro il progetto Buren anche
proponendo soluzioni alternative. Il
processo partecipativo andava in realtà svolto sin dall’avvio della
impostazione del bando che ha portato
poi alla selezione del progetto Buren nella relativa gara. Infatti il
Regolamento quadro (n.1083/2006)in
materia di disciplina dei Fondi UE compreso quello che ha finanziato il
progetto in esame, afferma all’articolo11:
“Gli obiettivi dei Fondi sono perseguiti
nel quadro di una stretta cooperazione, (in seguito: «partenariato»), tra la
Commissione e ciascuno Stato membro. Ciascuno Stato membro organizza, se del
caso e conformemente alle norme e alle prassi nazionali vigenti, un
partenariato con autorità ed organismi quali: a) le autorità regionali, locali,
cittadine e le altre autorità pubbliche competenti; b) le parti economiche e
sociali; c) ogni altro organismo appropriato in rappresentanza della società civile,
i partner ambientali, le organizzazioni non governative e gli organismi di
promozione della parità tra uomini e donne”; ciò in coerenza con l’articolo
69 di detto Regolamento secondo il quale: ” 1.
Lo Stato membro e l'autorità di gestione del programma operativo forniscono informazioni
circa i programmi cofinanziati e le operazioni e li pubblicizzano. Le
informazioni sono destinate ai cittadini dell'Unione europea e ai beneficiari
allo scopo di valorizzare il ruolo della Comunità e garantire la trasparenza
dell'intervento dei Fondi”.
CONCLUSIONI
E’
indiscutibile che alla luce di quanto sopra analizzato il cantiere di P.za
Verdi non possa essere riaperto. In caso contrario sia la ditta esercente l’attività
esecutiva del progetto, sia l’Amministrazione Comunale si renderebbero
responsabile della commissione di gravi illeciti penali:
a) articolo 169 Codice Beni Culturali: opere
illecite su beni culturali
b) articolo 733 Codice Penale: danneggiamento al
patrimonio archeologico, storico e artistico.
c) articolo 81 Codice Penale: concorso formale
tra i due reati sopra elencati risultando le due fattispecie di questi non coincidenti.
d) articolo 650 Codice Penale: inosservanza dei
provvedimenti dell’Autorità. Nel caso in esame si tratta di non dare corretta
esecuzione a quanto disposto dalla Direzione Regionale dei Beni Culturali
Paesaggistici prima e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici.
Infine
il cantiere considerata la complessità della procedura necessaria come sopra
descritta deve essere rimosso evitando un inutile disagio ai cittadini residenti
ed esercenti attività economiche nella zona. Infatti la non riapertura dei
lavori per i motivi legali sopra riportati comporta il venire meno della
finalità della ordinanza di chiusura al traffico disposta in data 11/6/2013
(vedi QUI). A conferma di questa richiesta l’ordinanza in oggetto prevedeva una scansione temporale della chiusura del
traffico e della sosta legandola all’inizio
dei lavori da parte della ditta esecutrice.
Il protrarsi della chiusura al traffico non giustificata dalla apertura
del cantiere comporterebbe un danno economico alle attività commerciali non
motivato da alcuna esigenza riconducibile agli articoli del Codice della Strada
o del Testo Unico degli Enti Locali sui si fondano ordinanze come quella in
oggetto.
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