La prima è che questo
impianto deve andare ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), anzi il
termine per adeguarsi è scaduto da anni come spiego di seguito.
La seconda è che c’è una
sentenza del Consiglio di Stato (peraltro nata da un altro caso spezzino) che
afferma esplicitamente che chi ha l’Interdittiva Antimafia non può ottenere l’autorizzazione
ambientale compresa l’AIA.
La terza, che è a
prescindere dai primi due punti, si
fonda sulla fatto che l’impianto sta sistematicamente violando le prescrizioni
della vigente autorizzazione nella totale assenza delle autorità preposte :
Provincia e Comune.
Di seguito spiego questi
tre punti peraltro già affrontati in post precedenti e che qui riporto
sinteticamente:
LA MANCATA AIA ALL’IMPIANTO RIFIUTI DI CERRI
DI FOLLO
L’impianto rifiuti di
Cerri –Follo) l’impianto è soggetto ad AIA fin dalla autorizzazione che aveva
ricevuto nel 2008. È soggetto ad AIA in quanto impianto che non solo gestisce
deposito rifiuti ma lo tratta sia pure da un punto di vista fisico superando la
soglia delle 50 tonnellate giorno almeno per i non pericolosi prevista dalla
normativa per applicare l’AIA, come confermato dalla autorizzazione ultima del
2014 dove si afferma che già nel 2008 l’impianto era autorizzato per una
quantità media giornaliera di 100 tonnellate di rifiuti pericolosi e non.
Vediamo perché…
In base alla legislazione
vigente i termini nuovi per adeguare gli impianti esistenti all’AIA sono:
a) entro il 7 Settembre 2014 il gestore dell'impianto (ora vengono definiti installazioni) doveva presentare la domanda di AIA
b) entro il 7 luglio 2015 l'Autorità Competente deve rilasciare l'AIA.
a) entro il 7 Settembre 2014 il gestore dell'impianto (ora vengono definiti installazioni) doveva presentare la domanda di AIA
b) entro il 7 luglio 2015 l'Autorità Competente deve rilasciare l'AIA.
Rispetto a questo quadro
le ultime novità sono contenute in una Circolare del Ministro dell’Ambiente
dello scorso 17 giugno 2015 e in un decreto legge del 4 luglio 2015.
La Circolare ha chiarito
con nettezza che per le installazioni che non hanno ottenuto l’AIA entro il 7
luglio 2015 (data ormai superata) decadono automaticamente le autorizzazioni
previgenti. Quindi non essendo più autorizzate queste installazioni non devono
più funzionare fino all’adeguamento all’AIA.
Il Decreto Legge invece ha
ulteriormente precisato che le installazioni suddette possono continuare a
funzionare a condizione che il gestore (previa verifica della autorità competente
al rilascio dell’AIA) dimostri che le autorizzazioni previgenti siano state
sufficientemente aggiornate per garantire il rispetto del titolo III-bis della
Parte II del DLgs 152/2006 cioè della disciplina dell’AIA. N.B. Il
Decreto Legge come da comunicato del Ministero della Giustizia (vedi QUI)
non è stato convertito in legge quindi è decaduto. Ciò è confermato anche
dal comma 3 articolo 1 Legge 6/8/2015 n. 125.
La conseguenza è che, fatti salvi i provvedimenti emessi nel periodo di vigenza del Decreto Legge, vale solo quanto chiarito nella Circolare sopra riportata per cui gli impianti che non hanno ottenuto l'AIA entro il 7 luglio 2015 decadono automaticamente dalle previgenti autorizzazioni.
La conseguenza è che, fatti salvi i provvedimenti emessi nel periodo di vigenza del Decreto Legge, vale solo quanto chiarito nella Circolare sopra riportata per cui gli impianti che non hanno ottenuto l'AIA entro il 7 luglio 2015 decadono automaticamente dalle previgenti autorizzazioni.
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SUL
RAPPORTO TRA INTERDITTIVA ANTIMAFIA E RILASCIO AUTORIZZAZIONE AMBIENTALI
L’impianto di Cerri di
Follo quindi non potrebbe funzionare comunque in quanto non si è adeguato nei
tempi di legge alla disciplina dell’AIA, ma alla luce della Interdittiva che ha
colpito il gestore dell’impianto, lo stesso, in quanto titolare dell’impianto in
questione non può neppure presentare domanda di AIA, quindi questa è la seconda
ragione per cui l’impianto andrebbe fermato in quanto la normativa antimafia
non permette a questo impianto di adeguarsi, sia pure in clamoroso e illegale
ritardo, a detta disciplina.
Questa non è una mia
interpretazione ma una sentenza del Consiglio di Stato peraltro relativa ad un
altro caso spezzino : un impianto di lavorazione inerti nel Comune di Vezzano
Ligure.
Si tratta della sentenza
del Consiglio di Stato n. 565 dello scorso 9 febbraio (vedi QUI)
Il Consiglio di Stato
con questa sentenza afferma che la normativa in materia (la legge
delega 136/2010 e il successivo DLgs 159/2011 codice leggi antimafia)
mira al superamento della rigida bipartizione tra comunicazioni antimafia, applicabili
alle autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti,
concessioni, contributi ed elargizioni. Quindi chi ha l’interdittiva non può
avere l’autorizzazione ambientale e la questione non può essere aggirata neppure
trasferendo la titolarità ad altro familiare afferma sempre la sentenza.
Per una analisi della
sentenza vi invito a leggere questo mio post QUI.
LA SISTEMATICA VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI
DELLA VIGENTE AUTORIZZAZIONE DA PARTE DELL’IMPIANTO IN LOCALITÀ CERRI DI FOLLO
Dopo l’incendio di qualche
settimana fa ( l’ennesimo vedi QUI)
all'impianto di trattamento rifiuti speciali pericolosi in località Cerri del
Comune di Follo è stata emanata una nuova ordinanza del Sindaco del Comune di
Follo (vedi QUI
per il testo) che vieta di gestire i rifiuti nel piazzale antistante l'impianto
rifiuti in località Cerri.
Queste prescrizioni erano
già previste da anni nelle autorizzazioni rilasciate a questo impianto (vedi QUI).
Non a caso il 3 aprile 2015 la Provincia aveva diffidato la ditta che gestisce
l’impianto sulla base di un verbale ispettivo del 18 marzo 2015 dove si
rilevava la violazione delle prescrizioni sulla copertura dei cassonetti e
della loro collocazione in area pavimentata.
In realtà L'impianto non è
in grado di funzionare in sicurezza nel suo attuale modello di gestione non
sono io a a scriverlo ma lo hanno dichiarato i rappresentanti legali della
ditta che gestisce l’impianto in questione. Lo hanno dichiarato nella audizione
dei cittadini residenti, tenutasi in data 11 aprile 2017, davanti alla
commissione consiliare del Comune di Follo come riporto nella foto a fianco.
Nonostante tutto quanto sopra
la situazione attuale continua a vedere una sistematica violazione delle
prescrizioni (vedi foto a fianco scattate oggi da proprietà private di
residenti) senza che le Autorità Competenti intervengano per una soluzione
definitiva applicando la procedura di legge.
Ricordo che il comma 13
articolo 208 del DLgs 152/2006 recita: “13.
Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI
della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle
prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la
gravità dell'infrazione:
a)alla diffida, stabilendo un termine entro il quale
devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.”
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.”
È indiscutibile che le
sistematiche violazioni che durano da anni avrebbero dovuto portare da tempo a
quanto previsto dalla sopra citata lettera c) e cioè alla revoca della autorizzazione,
profilandosi altrimenti la fattispecie di omissioni di atti di ufficio da parte
della autorità competente, in questo caso la Provincia.
Ma visti i poteri di
autorità sanitaria sul territorio Comunale il Sindaco potrebbe, di fronte alla
inerzia della Provincia, intervenire con una ordinanza di sospensione dell’esercizio
dell’impianto non per pochi giorni (come è stato fatto inutilmente nel passato)
ma fino all’adeguamento dell’impianto alla normativa sull’AIA non essendo lo
stesso, nella sua attuale configurazione, in grado di rispettare le leggi
vigenti e la sicurezza dei cittadini residenti nelle aree limitrofe.
Ma c’è di più perché a mio
avviso lo stoccaggio abusivo di rifiuto nel piazzale dell’impianto perpetrato
per anni può realizzare anche la fattispecie di discarica abusiva (comma 3
articolo 256 DLgs 152/2006).
La Corte d Cassazione ha
chiarito come si possa configurare il reato di discarica abusiva anche se il deposito di rifiuti abbia una
durata inferiore all’anno
Con la
sentenza n.30583 dell’11 luglio 2014, la Cassazione ha chiarito un
importante aspetto del reato di discarica abusiva, non ritenendo applicabile il
termine temporale previsto dall’art. 2 lett. g) del d.lgs. 13/01/2003 n. 36 che
identifica la discarica come “un'area
adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o
nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita
allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi,
nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito
temporaneo per più di un anno”.
Il deposito temporale
superiore all’annualità non costituisce un elemento costitutivo della
fattispecie prevista dall’art. 256 del T.U. Ambientale essendo sufficiente, per
configurare il reato di discarica non autorizzata o abusiva, un abbandono
reiterato di rifiuti anche se il loro deposito abbia durata inferiore ad un
anno.
Nel caso di specie, della
sentenza sopra citata, le risultanze probatorie avevano evidenziato una
situazione di abbandono reiterato e prolungato di un’ingente quantità di
rifiuti, di tipologie differenziate, alla rinfusa, accatastati in una pluralità
di cumuli con un complessivo degrado dell’area, ritenuto sufficiente a
configurare il reato indipendentemente dalla durata temporale del deposito. Si
tratta di fattispecie concreta molto simile, se non uguale, a quella
riscontrata nel piazzale superiore del centro in oggetto
Si veda più
recentemente Cass. Sez. III n. 18399 del
11 aprile 2017 (Ud 16 mar 2017) secondo la quale: “ É la mera occasionalità che differenzia l'abbandono dalla discarica e
tale caratteristica può essere desunta da elementi indicativi quali le modalità
della condotta (ad es. la sua estemporaneità o il mero collocamento dei rifiuti
in un determinato luogo in assenza di attività prodromiche o successive al
conferimento), la quantità di rifiuti abbandonata, l'unicità della condotta di
abbandono. Diversamente, la discarica richiede una condotta abituale, come nel
caso di plurimi conferimenti, ovvero un'unica azione ma strutturata, anche se
in modo grossolano e chiaramente finalizzata alla definitiva collocazione dei
rifiuti in loco.
Il realizzare una discarica può ben significare allestire o anche destinare semplicemente un determinato sito a tale scopo, con la conseguenza che la eventuale realizzazione di opere può confermare la destinazione dell’area a discarica ma non costituisce una condizione assolutamente necessaria.”
Il realizzare una discarica può ben significare allestire o anche destinare semplicemente un determinato sito a tale scopo, con la conseguenza che la eventuale realizzazione di opere può confermare la destinazione dell’area a discarica ma non costituisce una condizione assolutamente necessaria.”
Per non parlare del
delitto di inquinamento ambientale ex articolo 452-bis del Codice Penale che individua tre elementi per realizzare la fattispecie di
questo reato:
1. condotta abusiva
2. condotta
che cagiona una compromissione o un deterioramento
dell’ambiente significativi
3. condotta
che cagiona una compromissione o deterioramento dell’ambiente misurabili:
In questo senso si veda la
definizione di condotta abusiva
In particolare in
relazione al concetto di condotta abusiva la Cassazione (Sentenza n.46170 del 3
novembre 2016) ha interpretato questo elemento della fattispecie del
delitto di inquinamento ambientale secondo un concetto ampio di condotta «abusiva»,
comprensivo non soltanto di quella posta in essere in violazione di leggi
statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore
ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative.
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