Sto
seguendo dalla scorsa estate, come consulente di diritto ambientale della
Associazione “Per il futuro delle nostre valli”, la vicenda dell’impianto di
lavorazione prodotti ceramici LaminaM di Borgo Val di Taro del quale avevo già trattato
QUI.
L’impianto
da tempo produce forti disagi alla popolazione locale sia in termini di
emissioni odorigene che di fenomeni irritativi alla vie respiratorie che hanno
portato all’apertura di inchieste della magistratura tutt’ora in corso e delle
quali quindi non ritengo opportuno trattare in questa sede pubblica per ovvie
ragione di deontologia professionale.
In
questo post voglio invece fare il punto sulle novità degli ultimi mesi
autunnali sotto il profilo più strettamente amministrativo.
L’Associazione
“Per il Futuro delle nostre valli” ha svolto da quando è nata numerose
iniziative sia di impegno civico che legali relativamente alle problematiche
sanitarie prodotte dall’impianto LaminaM come confermato in questo comunicato vedi QUI.
In
particolare tra le varie iniziative la Associazione aveva inviato una istanza
al Difensore civico della Regione Emilia Romagna al fine di chiedere che il
Comune di Borgo Val di Taro, nella persona del Sindaco e l’Arpae (agenzia
protezione ambientale emilia romagna) rispondessero alla diffida presentata che chiedeva una sospensione del rilascio della nuova autorizzazione
integrata ambentale (AIA) vista l'assenza di numerosi e importanti passaggi
procedurali (parere sanitario del Sindaco di BorgoTaro) e istruttori
(valutazione dell’impatto sanitario dell’impianto). Ovviamente i rappresentati
istituzionali di cui sopra non hanno risposto, il Sindaco per niente, l’Arpae
con una richiesta di incontro dopo che ormai l’autorizzazione nuova era stata
rilasciata.
Il
Difensore civico Regionale ha preso atto di quanto sopra decidendo la archiviazione
della pratica ma resta il fatto che le risposte non sono arrivate alla chiare
richieste della Associazione “Per il Futuro delle Nostre Valli”.
La
nuova AIA rilasciata lo scorso 4 agosto non ha per niente affrontato le
problematiche sollevate dalla Associazione anzi ci sono state incaute
dichiarazioni, soprattutto del Sindaco di BorgoTaro secondo il quale
considerato che i limiti di alcuni
inquinanti emessi dall’impianto rispettano quelli di legge ciò comporterebbe automaticamente
che le emissioni “non sono pericolose per la salute”.
Di
seguito analizzo le suddette
problematiche entrando nel merito e cercando di contribuire a chiarire i termini
della questione da un punto di vista della verifica del rispetto della
normativa in materia.
RELATIVAMENTE AL
PARERE-ARCHIVIAZIONE DEL DIFENSORE CIVICO REGIONALE IN RELAZIONE ALLA ISTANZA DEL PRESIDENTE DELLA
ASSOCIAZIONE “PER IL FUTURO DELLE NOSTRE VALLI” FINALIZZATA AD AVERE RISPOSTA
FORMALE E MOTIVATA, TRAMITE LA MEDIAZIONE DEL DIFENSORE CIVICO REGIONALE, AD
UNA PROPRIA ISTANZA PRESENTATA AL COMUNE DI BORGO VAL DI TARO (FASC.
2017/453/EL).
1. Il Sindaco
attuale del Comune di Borgo Val di Taro, ma anche quelli precedenti non hanno
mai emesso all’interno delle procedure di rilascio delle AIA dal 2007 in poi,
il Parere Sanitario obbligatorio per legge.
2. Il Sindaco
attuale ma anche quelli precedenti non hanno mai svolto gli accertamenti
che il testo unico delle leggi sanitarie gli affidavano sulla compatibilità di
un impianto come quello Laminam a poche decine di metri in linea d’aria dalle
zone residenziali.
3. Il Sindaco
attuale e quelli precedenti non hanno mai predisposto un
regolamento sulle industrie insalubri
4. Le notizie di
inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie nonché di violazioni di norme
generali (quali il getto di cose pericolose) che hanno prodotto numerosi e
dimostrati disagi ai residenti, pur essendo venute a conoscenza del Sindaco quest'ultimo non ha utilizzato quanto previsto dal comma 10 articolo
29-decies del DLgs 152/2006 vale a dire la predisposizione di ordinanza di fermata ma
anche di imposizione di nuove prescrizioni a tutela della salute dei cittadini ai
sensi del Testo Unico Leggi sanitarie
5. Il Sindaco, pur essendoci i presupposti di
legge, non ha mai chiesto ufficialmente e formalmente la revisione dell’AIA
come previsto dalla vigente normativa (comma 7 articolo 29-quater del DLgs
152/2006
6. Il Sindaco sulla
vicenda LaminaM continua a confondere gli aspetti ambientali con quelli
sanitari? Una cosa è valutare le
tecniche di disinquinamento rispetto alle emissioni inquinanti, altro e
valutare il modello gestionale dell'impianto rispetto agli effetti sanitari sui
recettori umani.
7. Il Parametro
Salute non è stato preso in considerazione neppure nella istruttoria di AIA
continuano a confonderlo con le prescrizioni per i limiti ai singoli inquinanti
(peraltro neppure tutti quelli emessi dall’impianto)
8. Il Parametro Salute non è stato preso in
considerazione neppure nei Piani di Monitoraggio previsti dall’AIA
9. Il Parametro
Salute è stato rimosso anche nella procedura di verifica di VIA del 2016
10. Mancata applicazione
della VIA fin dal 2011 che avrebbe richiesto nella via del 2016 non una
semplice verifica sulle modifiche ultime all’impianto ma una VIA ex post
completa come se l’impianto fosse installato ora
11. mancata considerazione nella procedura di screening di via del 2016 del decreto ministeriale sulle linee guida per lo svolgimento della procedura di verifica di via da parte delle regioni. Non applicando così parametri di valutazione importanti come:
11.1. utilizzazione del territorio e ricchezza relativa qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali
11. mancata considerazione nella procedura di screening di via del 2016 del decreto ministeriale sulle linee guida per lo svolgimento della procedura di verifica di via da parte delle regioni. Non applicando così parametri di valutazione importanti come:
11.1. utilizzazione del territorio e ricchezza relativa qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali
11.2. localizzazione in vicinanza centro abitato
11.3. estensione dell’impatto in termini geografici e di
popolazione
11.4. reversibilità dell’impatto.
Analisi critica della mancata risposta di Arpae e Sindaco di BorgoTaro alla Diffida
In
relazione alla lettera del Dirigente Arpae inviata via mail in
data 27 ottobre 2017 in risposta alla richiesta di
informazione del Difensore Civico Regionale in relazione alla Istanza di difesa civica del
Presidente della Associazione “Per il futuro delle nostre valli” nella quale si
contestava la mancata risposta di merito alla Diffida presentata da detta
Associazione, si sottolinea quanto segue:
1. La Diffida costituisce atto a valenza giuridico amministrativa in quanto
comporta l’apertura di un procedimento a cura della Pubblica Autorità ricevente
in questo caso Arpae quale autorità competente al rilascio dell’AIA
in oggetto. La mancata risposta nel merito da parte
di Arpae costituisce quindi una forma di silenzio inadempimento ai
sensi della legge 241/1990.
2. L’argomentazione portata nella lettera del
Dirigente Arpae secondo cui la Diffida è stata acquisita
da Arpae lo stesso giorno della Conferenza dei servizi conclusiva ai
fini dello svolgimento della istruttoria non sana minimamente il silenzio di
cui al punto 1. Come è noto la conferenza dei servizi costituisce una
accelerazione procedimentale al fine del rilascio della autorizzazione finale
che comunque resta nella titolarità della autorità competente. Quindi
l’autorità competente (nel caso in esame Arpae) nelle more tra la
conclusione della conferenza dei servizi e il rilascio dell’AIA aveva la
possibilità (se non addirittura il dovere ad avviso degli scriventi) di
rispondere ai sottoscrittori della Diffida proprio al fine di
valutare se sussistevano elementi non presi in considerazione nella istruttoria
di AIA fino ad allora svolta. Il tutto proprio secondo il principio generale di
motivare gli atti autorizzatori dopo avere ponderato tutti gli
interessi in campo, tenuto conto che l’articolo 3 della legge 241/1990 afferma
che il provvedimento che conclude il procedimento deve essere motivato in
relazione alle risultanze della istruttoria. La Diffida essendo pervenuta prima
del rilascio dell’AIA rientrava quindi nelle “risultanze della
istruttoria”. Infatti la Diffida è stata sottoscritta e inviata in
data 25 luglio 2017 e acquisita al protocollo Arpae il 27 luglio
2017. In data 4 agosto 2017 Arpae rilascia l’AIA senza avere risposto
nel merito a quanto contenuto nella Diffida che sollevava numerosi vizi sia di
legittimità che di merito che avrebbero potuto inficiare la legittimità
dell’atto stesso.
3. La richiesta di
incontro da parte di Arpae è invece arrivata il 24 agosto 2017 quando ormai
l’AIA era pubblicata ed una sua modifica/revisione accogliendo eventualmente
quanto previsto nella Diffida avrebbe comportato un complesso iter
procedimentale o addirittura un annullamento dell’AIA rilasciata in sede di
autotutela. In tal modo Arpae non rispondendo prima del rilascio dell’AIA alla
Diffida nel merito del procedimento ma intervenendo solo dopo detto rilascio
avrebbe prodotto un aggravio procedimentale facilmente contestabile dalla ditta
titolare dell’impianto assoggettato ad AIA. Questo spiega perché i
rappresentanti della Associazione non hanno accettato la richiesta di incontro
in quanto ormai inutile ai fini degli obiettivi della Diffida: ottenere una
sospensione del procedimento ed un supplemento di istruttoria per colmare le
lacune ed i vizi procedimentali ivi individuati. Insomma la sensazione è che Arpae abbia inviato la richiesta di incontro quando ormai un accoglimento delle richieste contenute nella Diffida sarebbe stato oltremodo complicato sotto il profilo amministrativo. Lo ha fatto volutamente? Non facciamo processi alle intenzioni ma constatiamo fatti atti e date e li lasciamo parlare da soli senza ulteriori interpretazioni!
4. Non solo ma
occorre aggiungere che la richiesta di incontro non riguardava tanto il merito
della Diffida, quindi dell’apertura di un procedimento per definire
l’accoglimento o meno di quanto in essa richiesto ai sensi dell’articolo 7
legge 241/1990, ma piuttosto come
risulta da quanto riportato nella richiesta di Arpae: “inquadramento della situazione nonché una puntuale individuazione
delle competenze di questa Arpae SAC in funzione dei contenuti dell’istanza,”. Come se non fossero
chiare le competenze nella vicenda in questione ai sottoscrittori della Diffida tanto che l’hanno inviata
non solo ad Arpae ma anche e non casualmente al Sindaco proprio in relazione
alle non esercitate funzioni di quest’ultimo in sede di procedimento AIA. Ci
riferiamo al Parere Sanitario obbligatorio in Conferenza dei Servizi (vizio non
rilevato dal responsabile del procedimento che presiede la Conferenza) ma anche
alle strettamente legate, a detto Parere, funzioni in materia di industrie
insalubri di prima classe. Sulle lacune dell’impatto sanitario nella istruttoria
che ha portato alla nuova AIA rinviamo alla seconda parte di questo post.
5. Occorre
aggiungere un altro aspetto di irritualità se non di palese violazione di norme
di derivazione comunitaria. La Convenzione di Aarhus come pure la normativa
specifica in materia di AIA per non parlare della giurisprudenza della Corte di
Giustizia hanno da tempo affermato la necessità di un coinvolgimento
sostanziale del pubblico nei processi decisionali fin dall’avvio del
procedimento. Per tutte si veda si veda Corte di Giustizia 15 gennaio 2013
Causa C-416/10 : “la partecipazione
del pubblico comincia in una fase iniziale del procedimento, vale a dire quando
tutte le alternative sono ancora
praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva, e, dall’altro
lato, che il pubblico deve avere accesso alle informazioni pertinenti non
appena siano disponibili”.
6. Non solo ma a
conferma che, soprattutto in presenza di un atto giuridicamente significativo
come la Diffida, il pubblico debba essere coinvolto in tempo utile per far
valere le proprie motivazioni si veda la modifica
introdotta al comma 2 articolo 29-quater del DLgs 152/2006 dalla recente legge 167/2017
(legge europea 2017) . Secondo la nuova
formulazione di detto comma 2 l’autorità competente al rilascio dell’AIA deve
garantire la pubblicazione sul proprio sito: “non appena sia ragionevolmente
possibile, del progetto di decisione,
compreso il verbale conclusivo della conferenza di servizi”. Progetto di decisione e verbale della conferenza
dei servizi quindi consultabili prima che il progetto si trasformi in
provvedimento definitivo cioè non appena sia possibile! Ora era possibile per
l’Arpae confrontare e rendere pubblico il verbale della conferenza dei servizi
con quanto richiesto dalla Diffida? Possiamo dire che alla luce di questa nuova
norma è obbligatorio. Da notare che questa norma è inserita nella legge europea
perché non fa altro che recepire gli indirizzi della UE come quello sopra
riportato al punto 5, indirizzi già efficaci prima di questa ultima modifica
del DLgs 152/2006.
7. Totalmente
irrituale risulta anche la risposta del Sindaco con la nota del 31 luglio 2017
propone ai consiglieri comunali un incontri con i presentatori della Petizione
rimuovendo completamente la Diffida e soprattutto fissando la data del 7 agosto
per detto incontro, quindi in data ormai inutile per poter intervenire sul rilascio
dell’AIA che avverrà il 4 agosto come scritto in precedenza.
ANALISI CRITICA DELLA PROCEDURA SEGUITA PER IL RILASCIO
DELLA NUOVA AIA
Risulta chiaramente dallo
stesso testo della determina con la quale è stata rilasciata la nuova AIA che,
sotto il profilo procedurale, siamo di fronte
ad una vera e propria revisione dell’AIA
fatta passare per un aggiornamento con modifica non sostanziale.
Lo dimostra non solo
quanto scritto nelle premesse AIA sopra riportate ma anche quanto affermato
nella Circolare Ministeriale del 19/12/2011 n. 0031502. Questa Circolare
chiarisce che la modifica non sostanziale deriva da una procedura azionata dal
gestore che la propone e non certo da una procedura di aggiornamento AIA ex
29-octies DLgs 152/2006 o addirittura di diffida sospensione per violazione
delle prescrizioni ex 29-decies [NOTA 1] DLgs
152/2006 cioè in altri termini da produzione di emissioni inquinanti in
violazione delle prescrizioni autorizzatorie come infatti è avvenuto per l’impianto
Laminam.
Siamo di fronte ad
procedura di revisione dell’AIA dove l’obiettivo non era quello di valutare una
“modifica o miglioria” del ciclo produttivo presentata dal gestore ma piuttosto
di rispondere ad una procedura di diffida dettata da fenomeni di
inquinamento prodotti anche dalla
violazione delle prescrizioni delle autorizzazione precedenti ma soprattutto
dei principi dell’AIA che non sono solo quelli di rispettare i limiti di
emissione ma anche di “conseguire un
livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso” (comma 1 art. 29-sexies DLgs 152/2006)
In questo modo le autorità
competenti non hanno permesso di applicare passaggi istruttori e procedurali
importanti e previsti dalla normativa che disciplina l’AIA
1. Parere Sanitario del Sindaco. Si tratta quindi
di un Parere rilasciato nell’ambito della funzione di Autorità Sanitaria che il
Sindaco ricopre nel territorio comunale. Tradotta in termini di amministrazione attiva questa
norma significa che il Parere del Sindaco è obbligatorio ed è
rilasciato nell’ambito del suo ruolo di massima autorità sanitaria del
territorio comunale (Tar Lazio sezione Latina sentenza n.819 del
2009)
2. Valutazione delle alternative tecniche e parametro
salute. In generale, quindi a prescindere dal Parere del Sindaco sopra esposto,
la Direttiva quadro 2010/75/UE al punto
2 articolo 3 fornisce una definizione di inquinamento ai fini del rilascio
dell’AIA per cui tale rilascio non deve:
“nuocere alla salute umana”. Quindi il parametro del rischio sanitario e
quindi della predisposizione di misure che lo possano evitare è parte
integrante della istruttoria che deve portare al rilascio dell’AIA.
Sia il Sindaco (come
autorità sanitaria del territorio comunale) che l’Asl in conferenza dei servizi
non hanno esercitato queste due funzioni. In particolare spettava al Sindaco
attivare l’ASL in questo senso.
Per una analisi
approfondita da me svolta sia della nuova AIA che di come non sia stato
affrontato il tema della valutazione di impatto sanitario dell’impianto vedi
QUI.
RELATIVAMENTE ALLE
DICHIARAZIONI DA PARTE DELLA AMMINISTRAZIONE COMUNALE SUL RISPETTO DEI LIMITI
DI EMISSIONI DEGLI INQUINANTI E QUINDI DELLA NON PERICOLOSITÀ DELL’IMPIANTO
SOTTO IL PROFILO SANITARIO
Il Sindaco del Comune di
Borgotaro ha dichiarato qualche giorno fa sui mass media locali che le
emissioni dell’impianto sono nei parametri (leggi limiti di legge degli
inquinanti monitorati) quindi “non c’è
alcun rischio per la salute”.
Come si dimostra nel documento allegato al presente post (vedi QUI) in realtà una seria valutazione del rischio sanitario di questo
impianto non è mai stata svolta neppure con la relazione Dipartimento di Sanità
Pubblica - Servizio Igiene e Sanità Pubblica - Area Igiene del Territorio e Ambiente
Costruito, avente ad oggetto “Ditta Laminam Borgo Val di Taro – problemi
igienico-sanitari”.
Non solo ma questa
dichiarazione esprime, non sappiamo se
consapevolmente o meno, di rimuovere le
proprie responsabilità in materia.
Infatti il tema è che se
nonostante il rispetto dei limiti di legge i disagi ambientali e sanitari
continuano le autorità competente e il Sindaco rientra tra queste, possono
intervenire imponendo nuovi limiti di emissioni nuove prescrizioni anche oltre
quelle specificamente previste dalla legge.
È quanto afferma una
recentissima e importantissima sentenza della Cassazione sezione penale.
La sentenza
della Cassazione penale 34517/2017 [NOTA 2] riguarda
una questione rilevante per la tutela dell’ambiente e della salute dei
cittadini. La questione riguarda l’ampiezza del potere prescrittivo
dell’autorità competente, ma anche indirettamente degli organi di vigilanza
inseribili in una autorizzazione ambientale.
L’articolo 279 del DLgs
152/2006 al comma 2 recita: “2.
Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o
le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V
alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla
normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte
dall'autorità competente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto
fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le
prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si
applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale
autorizzazione.”
Secondo la
Cassazione con questa norma il legislatore non vuole solo assicurare il
rispetto dei valori limiti di emissione previsti dalle leggi ambientali ma
anche: “consentire alle autorità preposte, attraverso il titolo abilitativo e
l’imposizione di specifiche prescrizioni e di obblighi di comunicazione, un
controllo adeguato finalizzato ad una efficace tutela di ambente e salute che
l’espletamento di determinate attività può, anche potenzialmente, porre in
pericolo” (si veda anche Cassazione sezione 3, 24334/2014)
Quale è la finalità di
questo potere “estensivo” nelle prescrizioni autorizzatorie secondo la
Cassazione?
Afferma la
Cassazione: “in questo modo, l’ordinamento realizza un meccanismo di tutela
anticipata del bene ambientale, pienamente giustificata dalla natura collettiva
di un interesse di preminente rilievo”, questo interesse è prima di tutto la
salute del cittadino!
Questa tutela anticipata
del bene salute, sempre secondo la Cassazione, avviene:
1. quando la sanzione
penale sopra riportata (comma 2 articolo 279 DLgs 152/2006) è applicabile
una condotta direttamente offensiva del bene come nel caso ad esempio di
violazione dei limiti di emissioni dell’aria ex lege
2. quando vengono
violate prescrizioni tipiche del controllo amministrativo (monitoraggi
particolari, modalità di esercizio) che vengono imposte nella autorizzazione ma
anche dalla attività di controllo sulla attività dell’impianto dopo la
autorizzazione e a prescindere dal rispetto dei limiti di emissione ex lege.
Afferma la
Cassazione : “Tali dispositivi si connotano per l’attribuzione, in capo
all’amministrazione deputata alla protezione del bene ambientale e al controllo
sulle attività umane che sul medesimo impattano, di poteri discrezionali che si
caratterizzano per la possibilità di articolare in maniera assai ampia le
prescrizioni da imporre ai destinatari, in modo da poter adeguare le necessità
della tutela alla varietà delle situazioni eventualmente incidenti
sull’ambiente e alle caratteristiche, anche tecnicamente complesse, delle
strutture, produttive e non, che operano in tali contesti”.
Queste prescrizioni
ulteriori da valutare caso per caso magari per situazioni non chiare di
inquinamento che richiedono un intervento precauzionale (esempio emissioni
anomale anche odorigene) possono essere contenute in apposite ordinanze della
autorità che rilascia l’autorizzazione ma anche del Sindaco come autorità
sanitaria, la cui violazione comporta l’attivazione della procedura
amministrativa prevista dall’articolo 278 del DLgs 152/2006 (diffida,
sospensione fino alla revoca della autorizzazione).
Afferma infine la Cassazione: “A tal fine, peraltro, l’articolo 278 [NOTA 3] del
DLgs n. 152 del 2006, prevede un potere di ordinanza in capo alle autorità
preposte al controllo in caso di inosservanza delle prescrizioni contenute
nell’autorizzazione”.
Questa sentenza conferma
come le autorità competenti sia alla autorizzazione che al controllo del
rispetto della stessa possano intervenire non solo con spirito formale di
verifica del rispetto dei limiti di legge ma anche per affrontare situazioni
anomale di inquinamento: emissioni diffuse, emissioni odorigene, rumori
anomali, gestioni del ciclo produttivo che possono produrre inquinamento o
incidenti, situazioni di danno sanitario in atto dei residenti vicini
all’impianto autorizzato.
La legge come si vede
fornisce ampi strumenti di prevenzione della salute dei cittadini anche nel
caso in cui i limiti di emissione sono rispettati. Quante volte ci siamo
sentiti dire dalle autorità preposte: “non
possiamo fare altro perché l’azienda rispetta i limiti di legge” ebbene la
Cassazione ci spiega che si può fare altro! Ma per l’Amministrazione comunale
di Borgotaro questo altro evidentemente non esiste.
NOTE
[1] 29-decies. Rispetto delle condizioni
dell'autorizzazione integrata ambientale
9. In caso di inosservanza
delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione,
ferma restando l'applicazione delle sanzioni e delle misure di sicurezza di cui
all'articolo 29-quattuordecies, l'autorità competente procede secondo la
gravità delle infrazioni:
(comma così sostituito dall'art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014)
(comma così sostituito dall'art. 7, comma 9, d.lgs. n. 46 del 2014)
a) alla diffida, assegnando
un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un
termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di
autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le
appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorità competente
ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la
conformità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno;
c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente;
d) alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione.
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno;
c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente;
d) alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione.
[2] http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20170714/snpen@s30@a2017@n34517@tS.clean.pdf
[3] ARTICOLO 278 Poteri di ordinanza
1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute
nell'autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui
all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria,
l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le
irregolarità devono essere eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente.”
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente.”
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