Si è riaperto in Liguria il dibattito sul futuro del modello di gestione dei porti soprattutto in relazione alla gestione delle risorse finanziarie che riguardano questo fondamentale settore della nostra economia.
Però un conto è una maggiore autonomia nel senso di risorse gestite dai territori, altro è trasformare le Autorità di Sistema Portuale in SpA con l'unico scopo di promuovere investimenti per la portualità come proposto dal presidente della Regione Liguria.
Si rischia di stravolgere ancora di più di quanto non sia stato fino ad ora il ruolo di garante dei rapporti tra porto e territorio circostante che la legge prevede anche dopo la riforma della legge quadro sui porti, ruolo che spiego in questo post e che è confermato dalla giurisprudenza e dottrina nettamente prevalenti.
Insomma va bene una maggiore autonomia finanziaria dei porti ma occorre anche capire quale governance gestisca queste autonomia nel rapporto porti città e territori. Su questo nessuno degli interlocutori istituzionali (Regione e Governo nazionale) nulla dice come se non ci fossero una legge nazionale, una giurisprudenza, delle analisi sulle tendenze strategiche del rapporto tra portualità e territori che ospitano i porti e strumenti per valutare tutto questo in chiave di pianificazione degli usi dei territori e della programmazione delle risorse…
Il Consiglio di Stato interpreta la legge quadro sui porti configurando una Autorità Portuale quale ente di gestione delle aree demaniali di competenza tenendo conto di tutti gli interessi economici, ambientali: insistenti sul territorio interessato
Però un conto è una maggiore autonomia nel senso di risorse gestite dai territori, altro è trasformare le Autorità di Sistema Portuale in SpA con l'unico scopo di promuovere investimenti per la portualità come proposto dal presidente della Regione Liguria.
Si rischia di stravolgere ancora di più di quanto non sia stato fino ad ora il ruolo di garante dei rapporti tra porto e territorio circostante che la legge prevede anche dopo la riforma della legge quadro sui porti, ruolo che spiego in questo post e che è confermato dalla giurisprudenza e dottrina nettamente prevalenti.
Insomma va bene una maggiore autonomia finanziaria dei porti ma occorre anche capire quale governance gestisca queste autonomia nel rapporto porti città e territori. Su questo nessuno degli interlocutori istituzionali (Regione e Governo nazionale) nulla dice come se non ci fossero una legge nazionale, una giurisprudenza, delle analisi sulle tendenze strategiche del rapporto tra portualità e territori che ospitano i porti e strumenti per valutare tutto questo in chiave di pianificazione degli usi dei territori e della programmazione delle risorse…
QUALI SONO I COMPITI DELLA AUTORITÀ PORTUALE
SECONDO LA LEGGE QUADRO
Il comma 4 articolo 6
legge 84/1994 collega l’elenco dei compiti dell’Autorità di Sistema
Portuale con le finalità generali della legge stessa a conferma quindi
del ruolo di terzietà che la legge assegna a questo ente. Vediamoli
questi compiti:
a) indirizzo,
programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo, delle
operazioni e dei servizi portuali, delle attività autorizzatorie e concessorie
e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti e nelle
circoscrizioni territoriali.
poteri di ordinanza, anche
in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi alle
attività e alle condizioni di igiene sul lavoro;
b) manutenzione
ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa
quella per il mantenimento dei fondali;
c) affidamento e
controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti
portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente
connessi alle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1;
d) coordinamento
delle attività amministrative esercitate dagli enti e dagli organismi pubblici
nell’ambito dei porti e nelle aree demaniali marittime comprese nella
circoscrizione territoriale;
e) amministrazione in
via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella
propria circoscrizione;
f) promozione e coordinamento di forme di
raccordo con i sistemi logistici retro portuali e interportuali.
Come si vede dal suddetto
elenco anche quando si usa, lettera a), il termine promozione
lo si lega subito al termine controllo a conferma che questa promozione
deve essere svolta proprio come funzione di garanzia delle attività portuali e
non come mera promozione commerciale delle operazioni portuali.
COSA DICE LA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
SUL RUOLO DELLA AUTORITÀ PORTUALE
Una sentenza che conferma
il ruolo di autorità indipendente della Autorità Portuale
Il TAR PUGLIA in una sentenza n.1138 del 4/7/2012 (vedi qui) aveva
confermato la natura di ente pubblico non economico della Autorità Portuale
(ora Autorità di sistema portuali). Sentenza nei suoi principi di fondo
ancora valida dopo la riforma delle quadro sui porti avvenuta con il DLgs
169/2016. Il TAR Puglia in quella sentenza ha ripreso gli indirizzi
che emergono dalla normativa e prevalente giurisprudenza in materia
sostanzialmente validi ancora dopo la recente riforma (sia del 2016 che del 2017):
1. “L’AdSP è ente pubblico non economico di
rilevanza nazionale a ordinamento speciale” articolo 6, comma 5
articolo 6 legge n.84 del 1994
2. Le competenze
della Autorità Portuale elencate dal comma 4 dell’articolo 6 legge n.84
del 1994. “Tali attività, implicanti,
come si è visto, anche l’esercizio di poteri autoritativi, riguardando
prevalentemente attività di supervisione e di controllo sul corretto
funzionamento del porto e delle sue strutture operative, assumono una specifica
connotazione di carattere pubblicistico e coerentemente, quindi, al successivo
comma 2 del medesimo articolo 6 della legge n. 84 del 1994, si specifica che
l’Autorità portuale ha personalità giuridica di diritto pubblico”: Parere
del Consiglio di Stato n. 1641 del 9/7/2002.
Aggiunge nella citata
sentenza il TAR Puglia che la separazione fra la promozione del
mercato e la partecipazione allo stesso in regime di parità con altri operatori
è affermata a chiare lettere dall’art. 6, comma 11, che recita : “Le autorità portuali non possono
esercitare, né direttamente né tramite la partecipazione di società, operazioni
portuali ed attività ad esse strettamente connesse. Essa può,
inoltre, assumere partecipazioni, a carattere societario di minoranza, in iniziative
finalizzate alla promozione di collegamenti logistici e intermodali, funzionali
allo sviluppo del sistema portuale,.”
Non solo ma precisa sempre
il TAR Puglia che la partecipazione diretta al mercato si esprime solo
nell’ipotesi di cui all’art. 23, quinto comma ,della legge n.84 del
1994,secondo il quale : “Le autorità portuali istituite nei porti in cui le
organizzazioni portuali svolgevano i servizi di interesse generale di cui
all'articolo 6, comma 1, lettera c) , possono continuare a svolgere in tutto o
in parte tali servizi, escluse le operazioni portuali,…”
Conclude il TAR
Puglia : “Si può, pertanto,
concludere nel senso che l’Autorità portuale, per la assoluta prevalenza dei
compiti pubblicistici affidatile dalla legge e per le modalità con le quali li
persegue, è un ente pubblico non economico…… Che i poteri
attribuiti al Presidente dell’Autorità portuale riguardino interessi della
collettività nella fase della individuazione degli stessi e delle vie per
raggiungerli, cioè poteri pubblici nella loro più elevata declinazione
nell’ambito dell’amministrazione non sembra che possa essere posto in dubbio.”
Il Consiglio di Stato interpreta la legge quadro sui porti configurando una Autorità Portuale quale ente di gestione delle aree demaniali di competenza tenendo conto di tutti gli interessi economici, ambientali: insistenti sul territorio interessato
È indiscutibile che la
normativa e la giurisprudenza sopra citate individuino nella AP un ente che
nell'indirizzare (pianificare e programmare) lo sviluppo del porto debba
svolgere un ruolo super partes in grado di equilibrare tutti “gli interessi
della collettività”, tra i quali rientrano sicuramente anche quelli dei
cittadini residenti nei quartieri prospicienti al porto.
In particolare il ruolo
fondamentale in campo ambientale in ambito portuale è infatti onere precipuo
dell’AP, stante il dettato normativo sia della L. 84/1994,
sia di quella ambientale ed in materia di sicurezza del lavoro, che
direttamente o indirettamente identificano l’Autorità Portuale con poteri/doveri
simili a quelli dei Comuni. In quest’ottica, le Autorità Portuali si devono
muovere, organizzando e controllando le attività di prevenzione e tutela
ambientale su tutte le aree portuali. Non a caso il Parere del Consiglio
di Stato n. 1641 del 9/7/2002 nell’analizzare i compiti della Autorità
Portuale ex articolo 6 legge quadro 84/1994 afferma: “Tali attività,
implicanti, come si è visto, anche l’esercizio di poteri autoritativi,
riguardando prevalentemente attività di supervisione e di controllo sul
corretto funzionamento del porto e delle sue strutture operative, assumono una
specifica connotazione di carattere pubblicistico”.
Non solo ma lo
stesso Consiglio di Stato, nel suo parere n. 2361 del
25/7/2008 (vedi qui),
ha chiarito che questa visione di una Autorità Portuale quale ente
di indirizzo e controllo per uno sviluppo armonico (in termini urbanistici,
economici, ambientali, di sicurezza in generale di lavoratori e cittadini
residenti ) si sposa con l’evoluzione della visione dei porti commerciali nella
legge quadro del 1994.
IL RAPPORTO CITTÀ – PORTO SOTTO IL PROFILO
STRATEGICO ECONOMICO E SOCIALE
A questa analisi giuridico amministrativo si
lega lo sfondo economico strategico del rapporto tra porti e territori che li
ospitano
Tutti gli studi più attenti sullo sviluppo della
portualità non solo in Italia dimostrano
un progressivo indebolimento del rapporto tra i porti ed il sistema
economico/territoriale locale di riferimento. Gli esperti parlano di localizzazione indifferente, fenomeno i cui caratteri di fondo si possono così riassumere :
1. molte attività legate al
ciclo del trasporto non sono più vincolate , nell'epoca dei trasporti intermodali, alla localizzazione portuale
2. la movimentazione dei
carichi fra la nave ed il trasporto terrestre ed il relativo crescente livello
di automazione riducono fortemente l’impiego del lavoro ed aumentano quello di
capitale
l’impatto occupazionale dipende
sempre meno dalla componente relativa all’ammontare di traffico che passa per
il porto
3. un capitale che può non essere localizzato nella regione
portuale per la progressiva
concentrazione in pochi grandi gruppi internazionali dei principali terminal
portuali escludendo così il sistema
economico locale del porto da buona parte dei benefici economici.
Il rischio insomma che gran parte dei ritorno
economici nella gestione di un porto
arricchiscano solo i terminalisti privati per i quali è quasi
indifferente che un container sia pieno o vuoto: il business si realizza sulle
tariffe di sbarco/imbarco e movimentazione. Lasciando così al resto del
territorio le esternalità economiche:
inquinamento, occupazione aree pregiate sotto il profilo di usi alternativi,
snaturamento sociale dei quartieri limitrofi etc. Il tutto compensato in modo
inadeguato dalla occupazione dei porti peraltro sempre più automatizzati.
Esistono strumenti
per valutare quantitativamente e
qualitativamente queste tendenze strategiche al fine di definire i paletti
redistributivi delle risorse generate dalle attività portuali. Sono gli studi di impatto portuale in grado di utilizzare
tecniche che consentano di quantificare
gli effetti positivi del porto sulla struttura economica locale In particolare Questi studi
applicati alle singole realtà portuali possono consentire:
1. una descrizione ( quali - quantitativa) delle
relazioni esistenti tra porto ed economica locale
2. una misurazione( anche ripetuta e monitorata
nel tempo) dell’impatto economico regionale in virtù della presenza del porto
3. di agire con modelli di simulazione per
quantificare le variazioni nell’impatto economico a seguito di nuovi
investimenti in infrastrutture.
UNA NUOVA GOVERNANCE DELL’AREA PORTUALE E IL RAFFORZAMENTO DELLA TERZIETÀ DELLA
AUTORITÀ DI SISTEMA PORTUALE NELLA NUOVA RIFORMA DELLA LEGGE QUADRO SUI PORTI
La tendenza alla
localizzazione indifferente sopra evidenziata si sposa con una tendenza alla privatizzazione
monopolistica delle aree portuali con un ruolo sempre più emarginato delle
Autorità Portuali. Come affermato da Sergio Bologna in “Le multinazionali del
mare” (ed. Egea 2010): “la realtà di ogni
giorno vede nei principali porti una
graduale limitazione del campo di azione delle Port Authority da parte delle
grandi organizzazioni terminalisti che e delle Agenzie Governative. Non a caso
la nuova cultura della security incoraggia i terminalisti privati ad accentuare
la impenetrabilità delle loro strutture. La Autorità Portuale
viene implicitamente invitata a farsi gli affari suoi o a occuparsi di retro
porti…”.
Anche da questi elementi nasce la necessità di costruire una nuovo modello di governance sostenibile e partecipata nella gestione del porto in rapporto al resto del territorio .
L’obiettivo quindi non è quello di “privatizzare” anche le
Autorità di Sistema Portuale ma farle diventare GARANTI di un corretto rapporto
con l’area vasta in cui si colloca il porto,
Gli strumenti, come abbiamo visto, ci sono : studi di impatto portuale,
valutazione ambientali strategici dei piani regolatori portuali, accordi di
programma e procedimentali tra gli enti interessati per dare vita ad una
Autorità Portuale che nelle diverse realtà dei porti italiani sia realmente
garante e promotrice della attuazione di questi strumenti per gestire un porto:
“…visto,
nell’ottica del legislatore del 1994 e nella concreta esperienza di
applicazione di quella legislazione, non più come un semplice punto di
approdo, ma un centro di vasti e complessi interessi industriali e commerciali
che travalicano l’ambito portuale per coinvolgere il vasto entroterra regionale
con interventi logistici, trasportistici, infrastrutturali “ Consiglio di Stato, nel suo parere n. 2361 del
25/7/2008.
D’altronde che la figura
della Autorità di Sistema Portuale debba
avere caratteri di forte terzietà lo dimostra la riforma del Decreto
Legislativo 169 del 4 agosto 2016 ( che
a sua volta aveva modificato la legge quadro sui porti 84/1994) approvata con DLgs 232 del 2017.
In particolare si veda
quanto affermato dal Parere del Consiglio di Stato Numero 02199/2017 e data
24/10/2017 sullo schema di decreto
legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto
legislativo 4 agosto 2016, n. 169 (Riorganizzazione, razionalizzazione e
semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali di cui alla
legge 28 gennaio 1994, n. 84). In questo Parere tra l’altro si rileva:
“1. l’affidamento in concessione dall’AdSP mediante procedura di
evidenza pubblica avvenga «secondo quanto previsto dal decreto legislativo 18
aprile 2016, n. 50»..
2. Nel testo dell’art. 6, comma 12 attualmente
vigente, come riformato dal d.lgs. n. 169 del 2016 e non modificato dallo
schema in esame, se, da un lato, non è stato dato seguito all’invito di cui al
detto parere di esplicitare maggiormente il divieto per le AdSP di svolgere,
direttamente o indirettamente, attività economiche di qualsiasi genere,
dall’altro lato, come richiesto, è stata fornita migliore specificazione del
significato dell’assunzione di partecipazioni in iniziative pubbliche…
3- favorevolmente apprezzabile è l’estensione ai
membri dell’organo delle disposizioni in materia di inconferibilità e
incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni di cui al
decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (NOTA 1). Questo
richiamo consente di colmare una lacuna di tale decreto non facilmente
giustificabile.”
[1] Disposizioni in materia di inconferibilità e
incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli
enti privati in controllo pubblico, http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2013_0039.htm
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