martedì 26 settembre 2017

Centrale Enel Spezia: la data di scadenza AIA ex lege e il futuro dell’area in caso di dismissione

Leggo di una discussione sulla data di dismissione della centrale Enel. Come al solito noto molta confusione anche e soprattutto da parte delle Istituzioni Pubbliche.
Se parliamo di legge la data di scadenza della attuale autorizzazione integrata ambientale (AIA) non è il 2021 come spiego di seguito in questo post.
Se parliamo di scelte ovvio che l'auspicio è che si mantenga la data del 2021 ma allo stesso tempo si chiariscano bene le questioni legate alla bonifica perché non vogliamo una nuova area ex IP restata li per decenni e poi bonificata in modo confuso e dannoso per la salute dei cittadini.


Vediamo come stanno le cose...


LA SCADENZA DI LEGGE DELLA AUTORIZZAZIONE ALLA CENTRALE ENEL DI SPEZIA
La scadenza di legge per l'autorizzazione integrata ambientale (rilasciata nel settembre 2013) è il 2023 oppure addirittura il 2029 se la centrale continuerà ad essere certificata EMAS (marchio ecologico della UE), tutte le altre date che girano sono sbagliate perché non tengono conto delle modifiche di legge introdotte nel 2014 dal DLgs 152/2006 (si vedano i commi 8 e 9 dell'articolo 29-octies del DLgs 152/2006 vedi NOTA 1). Non solo ma tutto questo è stato ulteriormente specificato da una Circolare del Ministero dell'Ambiente del 27/10/2014  che ha chiarito testualmente: "sono prorogate le scadenze di legge delle autorizzazioni integrate ambientali in vigore alla data del 11 aprile 2014."

Ovviamente la centrale potrebbe chiudere prima ma solo per decisione autonoma dell’Enel, che con la suddetta normativa ha aumentato il suo potere di contrattazione verso la città.  A questa ipotesi si potrebbe aggiungere l’intervento della magistratura se emergessero violazioni gravi di legge ma per ora gli esposti presentati non hanno prodotto alcun effetto Vado e comunque il tutto dipenderebbe sempre dalla decisione della magistratura.

Quindi quando si parla di date di scadenza dell'AIA e di dismissioni della centrale, le questioni da affrontare da parte di amministratori e cittadini attivi compresi i lavoratori interessati sono le seguenti:
1. come aggirare queste scadenze di legge nel caso la dismissione venisse allontanata
2. come gestire la centrale in questa fase transitoria
3. come affrontare, nel caso di dismissione, la bonifica dell’area della centrale



COME AGGIRARE QUESTE SCADENZE DI LEGGE NEL CASO LA DISMISSIONE VENISSE ALLONTANATA
Ma c’è una possibilità di aggirare questa nuova normativa, grazie anche alle specificazioni introdotte dal Decreto Ministero Ambiente del 16/12/2015 (vedi QUI) se:

1. emergano elementi istruttori nuovi non rilevati dall’AIA già rilasciata. Ad esempio in materia di rischio sanitario (se si facessero le indagini come quella svolta a Vado e da queste emergessero situazioni negative legate al funzionamento della centrale) si veda lettera b) punto 3 Decreto Ministero Ambiente 16/12/2015;

2. eventuali richieste di deroghe da parte di Enel come potrebbe accadere per l’entrata in vigore di nuove norme comunitarie in materia di emissioni inquinanti, si veda lettera b) punto 3 Decreto Ministero Ambiente 16/12/2015;

3. necessità di aggiornare il piano di monitoraggio per la presenza di nuovi elementi istruttori (vedi sopra), si veda lettera c) punto 3Decreto Ministero Ambiente 16/12/2015.

I punti 1 e 3 dipendono anche e soprattutto dalle amministrazioni pubbliche preposte a cominciare dal Comune e dalla Provincia come pure dalla Regione oltre che ovviamente dal Ministero dell’Ambiente

Non comporta avvio di revisione dell’AIA la semplice attuazione delle prescrizioni in essa previste salvo che non ci sia violazione di queste ultime ma a quel punto scatterebbe la procedura di diffida e poi di sospensione dell’AIA.



COME GESTIRE LA CENTRALE IN QUESTA FASE TRANSITORIA
Prima di tutto riprendere la discussione su come sta funzionando la centrale con quali emissioni a cominciare dalla gestione dei transitori e quindi quale gestione transitoria da qui alla chiusura dell'impianto. Alcune riflessioni le avevo svolte QUI e QUI.
In particolare sarebbe necessaria 
una analisi della attuale situazione della centrale presentata e discussa pubblicamente. Questa analisi dovrebbe riguardare:
1. lo stato delle prescrizioni AIA;
2. lo stato dei monitoraggi sulla salute in particolare stato delle indagini delle autorità pubbliche; 
3. tempistica di dismissione sulla quale sarebbe assolutamente necessario un pronunciamento del Ministero Sviluppo  anche in relazione alla disciplina della durata revisione aggiornamento dell'AIA;
4.  rischio di incidente rilevante, normativa rimossa bellamente (vedi QUI);   
5. avviare un confronto con Enel, anche alla luce delle sentenze di condanna per l’inquinamento prodotto nel passato, sul risarcimento del danno ambientale da riconoscere alla città a prescindere dalla bonifica che è invece un obbligo di legge. (vedi NOTA 2).  Questo aspetto è stato volutamente rimosso dalla ultima convenzione ((per il testo completo vedi QUI) del Comune di Spezia con Enel (vedi NOTA 3)



COME AFFRONTARE, NEL CASO DI DISMISSIONE, LA BONIFICA DELL’AREA DELLA CENTRALE
Secondo me occorre:
1. inserire nel nuovo PUC una futura destinazione funzionale dell'area che escluda a priori industrie insalubri di prima classe secondo i recenti indirizzi del Consiglio di Stato in materia sia di riduzione del consumo del suolo vedi QUI, che di industrie insalubri vedi QUI.

2. impegnare il Governo e i Ministeri Sviluppo Economico e Ambiente a non utilizzare la normativa sulle infrastrutture strategiche o sugli inceneritori che prevedono la possibilità di bypassare il livello locale nella scelta di impianti di incenerimento o di combustione come previsto dal recente Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 2016 che disciplina procedure accelerate per questi impianti in attuazione dell’articolo 35 della legge 11 novembre 2014, n. 164

3. Impegnare Enel e Ministero dell’Ambiente a chiarire, ognuno per i propri ruoli e competenze, la data effettiva della dismissione della centrale anche alla luce delle novità normative sulla durata della attuale autorizzazione (AIA) descritte nella prima parte di questo post

4. ricognizione di tutta la normativa interferente con bonifiche analizzando specificamente gli spazi che, la vigente normativa e la giurisprudenza della corte di giustizia e nazionale, conferiscono alle amministrazioni pubbliche nell’imporre la bonifica in base al principio chi inquina paga e nel coinvolgere investitori privati: vedi ad es.  QUI

5. buone pratiche di bonifiche di aree con ex centrali a carbone

6. ricognizione dei sistemi di finanziamento europei e anche privati (banche istituti di crediti, fondi) per riconversioni di aree
7. ricognizione di buone pratiche di riconversione di aree industriali assimilabili

8. verifica sulle modalità di coinvolgimento della industria locale in progetti di industria da economia circolare

9. elaborazione, anche attraverso ricognizione di esperienze concrete italiane ed estere, di un modello di valutazione per scenari sia sotto il profilo ambientale economico che sociale

10. elaborazione, anche attraverso ricognizione di esperienze concrete italiane ed estere, di un modello di governance partecipata per la elaborazione, valutazione approvazione di un progetto di riuso dell'area ex Enel. Partendo da un accordo tra gli enti interessati che ne definisca i passaggi amministrativi.



UN ULTIMA QUESTIONE DA CHIARIRE PREVENTIVAMENTE ALL’AVVIO DELLA  DISMISSIONE DELLA CENTRALE E RELATIVA BONIFICA
Sul Secolo XIX dello scorso 21 marzo  2017 venne pubblicata la notizia che secondo documenti Enel ma condivisi dal Comune non ci sarà bisogno di bonificare l’area che ha interessato per anni l’attività della centrale soprattutto se in quell’area verrà mantenuta la destinazione ad uso industriale. Quella notizia è passata sotto sordina e nessuno, ambientalisti compresi hanno sollevato un problema enorme se non un mio post di quel periodo passato ovviamente inosservato anzi “volutamente” non considerato da tutti.

Quello che esiste in riferimento allo stato dell’inquinamento in atto nell’area della centrale Enel è contenuto in un documento che si chiama Relazione di Riferimento (per il testo vedi QUI). Questo documento del 7 gennaio 2016 è previsto dalla normativa che disciplina la attuale autorizzazione alla centrale la c.d. Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
Ma di cosa si tratta e soprattutto questo documento dimostra che davvero non c’è bisogno di bonificare l’area della centrale come afferma confusamente la dichiarazione del Comune?
La Relazione di Riferimento presentata per la centrale Enel di Spezia così conclude: “le sostanze pericolose individuate in relazione all’assetto di funzionamento della centrale non comportano possibili contaminazioni del suolo e delle acque sotterranee escludendo quindi la presenza di sostanze pertinenti cioè di sostanze disciplinate dal decreto n. 272 del 2014 che disciplina le modalità di redazione della Relazione di Riferimento” ( vedi QUI).
Tutto bene quindi? No! e si ricava proprio dalla stessa Relazione di Riferimento presentata da Enel.

Cosa manca nella relazione di riferimento sulla centrale Enel
La relazione infatti relativamente all’area dei carbonili afferma che dopo la presentazione dell’analisi di rischio (fase propedeutica a definire gli obiettivi di bonifica di un’area inquinata) sono ancora in corso i Monitoraggi
Relativamente all’area dei bacini ceneri nella Relazione di Riferimento si afferma: “……Enel ha presentato al Ministero un progetto preliminare di messa in sicurezza e ripristino dei bacini di ceneri; l’iter autorizzativo per l’esecuzione degli interventi è tutt’ora in corse e l’Ente competente è ora la Regione”.

Conclude la Relazione di Riferimento su queste aree della centrale dichiaratamente inquinate:
tutte le attività sopra descritte sono state intraprese al fine di gestire secondo la normativa vigente per le bonifiche i superamenti di legge riscontrati. "Tali contaminazioni non saranno pertanto trattate nell’ambito della presente Relazione di Riferimento" Intanto non è vero che non si debba tener conto delle attività di bonifica in corso nella relazione di riferimento. Se noi andiamo a vedere la definizione di Relazione di Riferimento del DLga 15272006 lettera v-bis comma 1 articolo 5 in essa si afferma: “Le informazioni definite in virtù di altranormativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento.” Ovvio che qui si fa riferimento alla normativa sulle bonifiche tanto che il concetto è ripreso nel comma 9-quinquies dell’articolo 29-sexies sempre del DLgs 152/2006.

Non solo ma a conferma ulteriore soccorre il concetto di sito interessato dalla Relazione di Riferimento. Il riferimento al sito non è (come chiariscono le linee guida della UE Comunicazione del 2014) solo quello strettamente limitato al perimetro della installazione ma anche al territorio circostante per valutare se ci sono inquinamenti in atto e poterli poi confrontare con la situazione  del sito dopo la fine dell’esercizio della installazione.

D’altronde se uno confronta l’indice della Relazione di Riferimento di Enel con quello previsto dalle Linee guida della UE (vedi QUI) su come deve essere svolta la Relazione di Riferimento capisce che la Relazione Enel è stata svolta un poco affrettatamente (vedi Nota 3 al presente post)

Inoltre la questione della garanzie finanziarie ai fini della copertura dei costi necessari per la restituzione dell’area in condizioni ambientalmente sostenibili. Enel afferma in premessa alla Relazione di riferimento di aver versato copia del versamento effettuato ai sensi del Decreto 272 del 2014. Il punto che la normativa è cambiata in materia o meglio è stata specificata dal Decreto 26 Maggio 2016 (vedi QUI) che ha specificamente disciplinato i criteri da tener conto nel determinare l’importo delle garanzie finanziarie da versare per chi è obbligato alla Relazione di riferimento. Questo obbligo costituisce attuazione del principio chi inquina paga quindi andrebbe coordinato con la normativa sul danno ambientale (vedi considerando n. 25 della Direttiva 2010/75/UE madre del DLgs 46/2014).




NOTA 1   "8. Nel caso di un'installazione che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti registrata ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a sedici anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni sedici anni, a partire dal primo successivo riesame.
9. Nel caso di un'installazione che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a dodici anni. Se la certificazione ai sensi della predetta norma è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni dodici anni, a partire dal primo successivo riesame."

NOTA 2  La Perizia Annovi, Cocheo, Cruciani,  (Perizia tecnica in incidente probatorio nei procedimenti n° 2540/91 R.G. notizie di reato e n° 6656/91 R.G. GIP contro Benedetti Luigi ed altri – Ufficio del GIP della Pretura Circondariale di La Spezia. Vol. I, Vol. II, Appendice) già nel gennaio 1993 affermava senza ombra di dubbio che: “Esiste un rapporto di causalità fra emissioni della CTE Enel e ricadute nelle zone limitrofe duplice, riguardando sia le immissioni non visibili che quelle visibili dalla popolazione” e che “ E’ stato accertato che esiste un nesso di causalità fra funzionamento della centrale ed aumento della deposizione gravinometrica in alcune località limitrofe all’impianto”. 
Sulla base di quella perizia i dirigenti Enel patteggiarono la pena ammettendo la loro responsabilità per le ripetute emissioni anomale. 
Nel procedimento penale relativo alla violazione della legge Merli (in vigore all’epoca, siamo negli anni 90) il giudice, utilizzando le perizie dell’USL 12 e dell’IRSA relative al giudizio di legittimità davanti al TAR (sull’ordinanza di chiusura della CTE Enel per violazione dei limiti agli scarichi termici), stabilì che si fosse verificato un danno ambientale condannando i due direttori della CTE e riconoscendo i diritti alle parti civili attraverso una provvisionale di £. 50.000.000; tale somma doveva essere considerata un anticipo sul risarcimento totale del danno che, secondo la perizia a firma Prof. Finzi Contini (che sosteneva essere già in atto, e da tempo, una gravissima compromissione ambientale del golfo della Spezia), veniva prudenzialmente quantificato in 229 miliardi del vecchio conio.
Ovviamente le varie Amministrazioni succedutesi in questi anni non solo non hanno mai attivato le cause civili possibili sulla base delle suddette sentenze penali ma neppure hanno posto la questione del risarcimento del danno ambientale sia al momento della autorizzazione del 1996 che ora in sede di rilascio dell’AIA e della relativa convenzione allegata. Anzi hanno perfino rimosso una relazione commissionata dalla stessa Amministrazione Comunale, grazie soprattutto alla azione dell’allora Avvocato Civico Accordon che nel  Marzo 2000 aggiornava i costi dei danni ambientali prodotti dalla presenza della centrale nel nostro territorio.

NOTA 3  La Convenzione limitandosi a chiedere qualche generico finanziamento alle fonti rinnovabili e ad una limitata attività di formazione e ricerca rimuove il problema del risarcimento del danno ambientale prodotto dalla centrale  al nostro ecosistema e alla nostra economia soprattutto marina.  
Tutto ciò avviene quindi  in totale violazione del principio chi inquina paga come tradotto dalla Direttiva sul risarcimento danno ambientale e dalla più recente giurisprudenza, ad esempio TAR Campania 3727/09: “ Il principio comunitario “chi inquina paga”, piuttosto che ricondursi alla fattispecie illecita integrata dal concorso dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa e dall’elemento materiale, imputi il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della “cost-benefit analysis”, per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente.". 
Questo articolo 6 ci porta lontani anni luce dalla interpretazione prevalente nella UE del principio chi inquina paga; dove questo principio (proprio perché distinto specificamente nel Trattato di funzionamento delle Istituzioni UE)  assume i caratteri di principio orizzontale: 
1. la precauzione deve ispirare l’azione preventiva 
2. l’azione preventiva  deve essere preferita alla correzione 
3. la correzione alla fonte degli inconvenienti ambientali deve imporsi rispetto alle forme di risarcimento per equivalente
4. il risarcimento del danno fondato sui meccanismi della responsabilità civile riveste la funzione di strumento di chiusura del sistema in grado di fornire un minimo di protezione a tutte le situazioni non altrimenti  tutelabili.

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