sabato 17 agosto 2013

Progetto su Piazza Verdi e gli archivi dei beni culturali rimossi!

Come è ormai noto una delle  questioni più controverse,  della querelle  sul progetto Buren Vannetti di Piazza Verdi,  è quella relativa alla carenza di documentazione,  sulla età di collocazione dei filari di pini,  prodotta dal Comune,  sia nella persona del Direttore delle Istituzioni Culturali che degli uffici preposti.

Questa carenza documentale è stata  rilevata sia nella relazione che accompagnava il bando di selezione del progetti di riqualificazione della piazza, sia nel progetto stesso,  che nelle lettere di risposta degli uffici Comunali alla richiesta di sospensione  della esecuzione del progetto da parte della Direzione Regionale dei Beni Culturali.

Scriveva ancora lo scorso 20 giugno, il responsabile comunale del procedimento relativo al progetto in oggetto,  che : “ Pare altresì che le essenze arboree poste sull’asse longitudinale della Piazza abbiano subito nel  tempo impianti e  rimaneggiamenti  così che l’età delle essenze arboree ivi presenti potrebbero avere meno di 70 anni”….. “pare”  sic!

Solo qualche giorno successivo  (inizio luglio) all’invio di quella lettera,  la Direttrice delle Istituzioni Culturali del Comune di Spezia dichiara sulle cronache locali della Nazione: "appena vidi il video sulla Liberazione in cui si vedevano i pini della piazza, comunicai tutto al Comune".  Quindi si presuppone che questa comunicazione fosse arrivata da tempo al Comune,  ma il Comune ha continuato a sostenere la litania sui pini estranei alla conformazione storico urbanistica della piazza.
Lo stesso Sindaco nella sua relazione al Consiglio Comunale del 11/7/2013 afferma che il vincolo sull’età dei pini non è “pregnante”, termine di alcuna valenza giuridico amministrativa, peraltro.

Le domande sorgono spontanee:  se non è “pregnante” perché la Direttrice delle Istituzioni Culturali ha segnalato l’errore al Comune sull’età di collocazione dei pini? Perché ancora a propria scusante di quanto scritto nella relazione allegata al bando la direttrice afferma che  al momento della stesura della relazione valeva la data dei 50 anni e non 70 anni e quindi i pini erano  “vincolati”,  sue parole al Secolo XIX del 9/7/2013? E se erano vincolati perché nella relazione la dott.sa afferma che i pini sono una “incomprensione del senso totale della piazza”?

E soprattutto se sono una incomprensione totale della piazza perché la Soprintendenza per i Beni Architettonici, collocandoli negli anni 30,   li coordina,  nella nota del 17/7/2013 (avvio di ufficio procedura di verifica dello interesse culturale)  con la definizione della facies storica architettonica della piazza  avvenuta nella seconda metà degli anni 30?

Insomma da questa vicenda emerge sicuramente la confusione amministrativa e tecnica anche e soprattutto degli uffici comunali, non scusabile con le accuse rivolte alla Soprintendenza che non avrebbe valutato pienamente l’insieme degli elementi che compongono la facies della piazza in termini culturali e storico architettonici. Infatti tale organo periferico del Ministero dei Beni Culturali,  si è basata, nell’autorizzazione il progetto,  sulla documentazione inviata dal Comune, in particolare attraverso la relazione allegata al bando.

Ma a questo punto sorge una domanda: chi deve, ex lege, conservare e quindi valutare i contenuti degli archivi dei beni a valenza storica architettonica di un territorio?
L’articolo 30, dal titolo significativo “Obblighi conservativi”,  del Codice dei Beni Culturali recita: “ 1. Lo Stato, le Regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza …….  4. I soggetti indicati al comma 1 hanno l'obbligo di conservare i propri archivi nella loro organicità  e di ordinarli. I soggetti medesimi hanno altresì  l'obbligo di inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni ed istituiti in sezioni separate.

Quindi è responsabilità del Comune conservare archivi completi dei beni soggetti al vincolo ex Codice dei Beni Culturali di sua proprietà.  Gli archivi devono quindi essere conservati, ordinati e inventariati, e quindi non smembrati, in coerenza con quanto affermato dal comma 2 articolo 20 del Codice. Questo obbligo di modalità di tenuta degli archivi si applica ai beni che hanno ottenuto la dichiarazione di interesse culturale o  per i quali detta dichiarazione discenda  ex lege dalla loro ultrasettantennalità come nel caso dell’insieme dell’immobile Piazza Verdi.  

L’obbligo di tenuta degli archivi completi e attendibili si lega quindi a quello di conservazione del bene soggetto a vincolo ex comma 3 articolo 1 del Codice.  La tenuta scorretta o la non tenuta di detti archivi quindi comporta una sanzione penale ai sensi dell’articolo 180 del Codice dei Beni Culturali: “…chiunque non ottempera ad un ordine impartito dalla autorità preposta alla tutela dei beni culturali, in conformità del presente Titolo,  è punito con le pene prevista dall’articolo 650 del Codice Penale”; l’articolo 650 del Codice Penale riguarda la fattispecie  della inosservanza dei provvedimenti della Autorità Pubblica.

Quindi gli errori e le lacune di ricostruzione storica della piazza evidenziati,  prima di tutto dalla relazione allegata al bando che ha portato alla selezione del progetto Buren Vannetti  ma anche dalle note successive degli uffici comunali competenti, sono frutto  della violazione delle norme sopra indicate sulla corretta tenuta degli archivi comprovanti l’interesse storico culturale architettonico ed artistico della piazza.  

Come si vede ancora una volta il rispetto della legalità costituisce tutt’altro che un problema meramente burocratico o formale, come vogliono far credere  i nostri Amministratori comunali, ma una palese dimostrazione della incapacità o assenza di volontà di gestire il nostro patrimonio storico architettonico che appartiene a tutti noi come afferma il comma 2 dell’articolo 1 del Codice secondo il quale: “2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio”.




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