La
Partecipazione del Pubblico nei procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale
(VIA) è un obbligo di legge derivante dalla stessa Direttiva Comunitaria
riformata nel 2014 (Direttiva 2014/52/UE che ha
modifica la Direttiva quadro 2011/92/UE) e recepita in
Italia nel 2017 (DLgs 104/2017 che ha modificato la Parte II e relativi
allegati del DLgs 152/2006).
La
nuova versione della Direttiva della VIA, ormai legge anche in Italia dal 2017,
implementa fortemente il ruolo della partecipazione del pubblico nel
procedimento di valutazione dell’impatto di opere e progetti.
La Direttiva
secondo i principi di diritto comunitario non vincola, sotto il profilo delle
modalità procedurali di gestione di detta partecipazione, in modo puntuale gli
Stati membri, ma da un indirizzo preciso su quale partecipazione svolgere per rendere più efficace il procedimento di VIA.
Indirizzo preciso che deve essere rispettato dagli Stati membri pena incorrere
in procedure di infrazione del diritto comunitario.
In particolare si afferma
una idea di consultazione del pubblico non solo obbligatoria ma addirittura
presente in tutte le fasi della VIA (compresa quella premilinare di definizione
dei contenuti dello Studio di Impatto Ambientale che deve accompagnare il
progetto sottoposto a VIA). Una partecipazione che non deve quindi limitarsi ad
una generica consultazione rimessa alla totale discrezionalità della Autorità
Competente al giudizio di VIA ma deve permettere un contraddittorio vero con la
comunità locale interessata dal progetto, basato su alternative compresa quella
zero e garantito sotto il profilo della trasparenza dei dati e delle analisi
fornite nonché delle regole del percorso partecipativo e di chi le deve
garantire che ovviamente non può essere la stessa Autorità Pubblica che conclude
il procedimento di VIA o autorizza il progetto . Questa duplice visione partecipativa e valutativa/autorizzativa è confermata dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n° 198 del 2018 dove si afferma: " la VIA ha giuridicamente una struttura anfibia: per un verso, conserva
una dimensione partecipativa e informativa, volta a coinvolgere e a fare
emergere nel procedimento amministrativo i diversi interessi sottesi alla
realizzazione di un’opera ad impatto ambientale; per un altro, possiede una
funzione autorizzatoria rispetto al singolo progetto esaminato".
Per
un approfondimento sulle novità della Direttiva VIA in materia di partecipazione si veda QUI.
Nonostante
ciò nei procedimenti di VIA reali a cui spesso per ragioni professionali o di
militanza ambientalista di capita di partecipare, questa visione ampia della
Partecipazione viene umiliata arrivando a spacciare per partecipazione quella
che in realtà è una mera interpretazione riduttiva di obblighi di legge.
L’ultimo
esempio, in ordine temporale, in questo senso è quello del procedimento di VIA sul progetto di ampliamento dell’impianto
LaminaM di Borgo Val di Taro di cui ho
già trattato più volte in questo blog (vedi QUI)
Lo
scorso venerdì 23 novembre si è tenuto a Borgo Val di Taro una riunione di “consultazione”
(definita Istruttoria Pubblica) all’interno della procedura di VIA sul progetto
di ampliamento di questo impianto.
Nel
Comunicato di convocazione del Sindaco la iniziativa viene presentata come un “regalo”
alla Comunità Locale che tanto in questi due anni ha protestato contro le
emissioni dell’impianto in questione.
Nel
Comunicato non a caso non si citano norme di legge nazionale o comunitario per
rendere ancora più credibile il “regalo”. Tutto ciò fa il paio con l’altro apparente “regalo”
alla Comunità Locale e cioè l’avvio di una VIA volontaria che in realtà sarebbe
stata comunque applicabile, ex lege, al caso in esame considerate le dimensioni
dell’ampliamento produttivo dell’impianto richiesto da LaminaM.
In realtà
quanto proposto nel comunicato del Sindaco di BorgoTaro è una mera
applicazione, in versione minimalista, di quanto già prevede la normativa
regionale della Emilia Romagna in materia di VIA. Infatti, anche se in modo non trasparente il
comunicato del Sindaco non lo affermi, la istruttoria pubblica proposta è
una delle tre possibili forme di consultazione del pubblico previste
dalla legge regionale Emilia Romagna sulla VIA n° 4 del 2018. Si tratta di
quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 17 secondo il quale: “5. L'autorità competente può
promuovere, nei casi di particolare rilievo anche su richiesta di
un'amministrazione interessata o del pubblico interessato, un'istruttoria
pubblica con le amministrazioni, le associazioni ed il pubblico per fornire una
completa informazione sul progetto e sul SIA e per acquisire elementi di conoscenza
e di giudizio in funzione della VIA. All'istruttoria è data adeguata pubblicità
e deve essere invitato il proponente.”
La legge regionale della Emilia Romagna prevede altre due forme di
partecipazione del pubblico nel procedimento di VIA della legge regionale.
La prima è il contraddittorio del pubblico con
il proponente del progetto sottoposto a VIA. Si tratta sempre di una forma minima di partecipazione
che come la istruttoria pubblica si svolge in un'unica riunione ma almeno
ammette il conflitto tra le parti.
Quanto
proposto nel comunicato del Sindaco si avvicina, invece, a quanto previsto dal
suddetto comma 5 ma in una forma talmente irregimentata, secondo detto
comunicato, che costituisce più una passerella che una vera forma di
partecipazione. Infatti si parla di interventi: di 3-5 minuti, liberatorie per la
privacy, documenti di identità. Sembra, mi si consenta la battuta, una
citazione per testimonianza in una sorta di tribunale, come se si volesse mandare il messaggio che la consultazione è soprattutto un vincolo e una responsabilità per il cittadino che partecipa e non invece un impegno per l'Amministrazione che dovrà decidere sulla VIA a valutare e recepire quanto emergerà dal percorso di consultazione!
L’INCHIESTA PUBBLICA
NON AVVIATA NEL CASO LAMINAM
Quella
che doveva essere applicata al caso in esame era un'altra procedura partecipativa prevista dalla legge regionale emiliana sulla
VIA. Si tratta del comma 4 articolo 17 secondo il quale : “4. Ai sensi dell'articolo 27-bis, comma 6, del decreto legislativo n. 152
del 2006 , l'autorità competente può disporre che la
consultazione del pubblico si svolga nelle forme dell'inchiesta pubblica. Con direttiva di Giunta regionale,
sentita la Commissione assembleare competente, sono disciplinate le modalità di
svolgimento dell'inchiesta pubblica. “
L’inchiesta
Pubblica non mi risulta sia stata mai regolamentata dalla Regione Emilia Romagna ma
visto che siamo in una procedura di VIA volontaria ai sensi del comma 2
articolo 4 della legge regionale sulla VIA, trasformata per decisione di
LaminaM in VIA ordinaria e non in mera verifica di assoggettabilità, c’erano le
condizioni per avviare non una passerella di qualche ora ma una vera Inchiesta
Pubblica.In questo senso sarebbe stato, e lo è ancora peraltro, sufficiente una decisione della Autorità Competente regionale in
accordo con il Comune di Borgo Val di Taro e sentita la comunità locale. Il Sindaco, invece, si è ben guardato di
chiedere questa modalità partecipativa.
L’Inchiesta Pubblica lo dice il termine stesso è ben di più che una mera consultazione, perché garantisce
una terzietà del percorso partecipativo che non può essere garantita dalla
semplice istruttoria pubblica proposta dal Sindaco.
La
Inchiesta Pubblica a differenza della mera consultazione garantisce un percorso
partecipato regolamentato secondo le seguenti linee
(recepite ma molti regolamenti regionali in Italia e non solo) :
1. La nomina di
un Presidente della Inchiesta Pubblica con adeguate
competenze in materia e che sia figura di garanzia per tutte le parti in causa,
quindi non potrà essere espressione della Autorità Competente alla VIA (in
questo caso la Regione) ma neppure di chi approverà definitivamente il progetto
con AIA (in questo caso Arpae).
2. La designazione di
un Comitato della Inchiesta Pubblica che supporti il lavoro dl
Presidente e che sia rappresentativo anche delle associazioni che hanno
richiesto la partecipazione
3. La regolamentazione
delle Udienze pubbliche attraverso cui dovrà svolgersi l’Inchiesta
(non possono essere meno di tre: una di presentazione del piano, una di
illustrazione delle osservazioni e delle ipotesi alternative del pubblico, una
finale
di
presentazione e condivisione del Rapporto del Comitato dell’Inchiesta
Pubblica (Bilancio della Inchiesta)
4. La redazione dopo l’Udienza
finale di un Rapporto finale del Comitato della
Inchiesta (Bilancio della Inchiesta)
5. La conclusione della Inchiesta
con un Parere del Presidente della Inchiesta.
L’obbligatorietà
del Rapporto Finale del Comitato e il Parere del Presidente siano tenuti in
adeguata considerazione dall’Autorità Competenze, nel senso che la decisione
finale sulla VIA c.d. volontaria dovrà motivare il mancato, o invece
l’avvenuto, accoglimento dei contenuti del Rapporto Finale e del Parere.
CONCLUSIONI SULLA CONSULTAZIONE NEL CASO LAMINAM DI BORGO VAL DI TARO
Insomma
dopo la VIA volontaria finta, ora
abbiamo anche la parodia della partecipazione nella VIA nel caso LaminaM.
Ma tutto
ha una sua giustificazione nella logica di Regione Emilia Romagna e
Amministrazione Comunale di Borgo Val di Taro. Una VIA “volontaria” e una finta
consultazione servono per rimuovere contemporaneamente:
1. una VIA ex post
che valuti davvero la compatibilità, non delle ultime modifiche, ma di tutto l’impianto
LaminaM con l’attuale sito
2. una Inchiesta Pubblica
che, secondo i principi di terzietà sopra descritti, permetta alla comunità
locale di esprimere emotivamente il proprio giudizio su questa vicenda e farlo
pesare nella decisione finale.
Tutto
si tiene in questo bel borgo dell’Appennino emiliano, tutto tranne una adeguata valutazione delle scelte pericolose per la salute dei residenti!
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