sabato 10 novembre 2018

Occorre difendere la legge sui Parchi e soprattutto applicarla


Continuo a leggere dichiarazioni di politici e Sindaci (da ultimo quello di Ameglia) che straparlano o di abolire il Parco regionale Montemarcello  Magra  o di una riforma della legge regionale sui parchi per una fantomatica nuova “governance” dei parchi che tradotto vuol dire mettiamo l’ente parco in un angolo e lasciamo fare ai Comuni.

Questo modo di ragionare non solo è sbagliato nel merito, ma questa è una mia opinione, ma esprime una visione falsa della vigente normativa sui Parchi che in realtà una governance tra Enti Parco , Comuni e comunità locali la prevede eccome!


LA  GOVERNANCE DEL PARCO REGIONALE SECONDO LA VIGENTE LEGISLAZIONE NAZIONALE E REGIONALE
In primo luogo si veda la variegata composizione del Consiglio di Amministrazione (dove gli enti locali sono ben presenti come Comunità del Parco ma non costituiscono mai da soli la maggioranza in Consiglio e non dovrebbero mai costituirla)
Questa architettura istituzionale dell’Ente Parco, disegnata dalla legge quadro sulle aree protette, non costituisce una assoluta penalizzazione del livello istituzionale locale e tanto meno della comunità locale, ci sono infatti nella legge sui parchi strumenti di gestione e concertazione (previsti o prevedibili anche dalla legislazione regionale in materia) per evitare questo rischio:
1. la permanenza dei diritti reali e degli usi civici consuetudinari
2. l’intesa obbligatoria con i Comuni per l’approvazione del piano del parco nelle aree di promozione economico sociale
3. la predisposizione da parte della Comunità del Parco del piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.
4. la possibilità di esercitare all’interno del parco attività collegate agli usi locali se previste dal regolamento del parco e , in deroga alla normativa generale sui parchi, ad eccezione della possibilità di modificare norme in materia di divieto di attività venatoria.
5. la possibilità per i Comuni di predisporre strumenti urbanistici in attuazione del Piano del Parco  (articolo 19 LR 12/1995)



LA VALENZA COSTITUZIONALE DELLA ATTUALE DISCIPLINA SUI PARCHI
Un altro aspetto totalmente rimosso dai fautori delle riforme/abolizioni dei Parchi è la collocazione della normativa sulle aree protette nella gerarchia delle fonti costituzionali costituzionali. Infatti:
1. le aree protette rientrano nella materia ambientale che è di competenza esclusiva dello Stato
2. l’ente parco a differenza del Comune tutela specificamente il bene ambiente naturale presente nel territorio dell’area protetta, mentre l’ente comunale tutela interessi diversi (la pianificazione territoriale in particolare) che non possono essere in mano allo stesso soggetto istituzionale.  Peraltro al di la degli aspetti giuridici sappiamo bene come i territori di pregio naturalistico sono stati gestiti dai Comuni che proprio per ruolo e funzioni sono più influenzabili dagli interessi forti che si muovono sul territorio

A conferma di quanto sopra si veda la sentenza della Corte Costituzionale  n.44 del 2011: “ -  Nel rispetto dei livelli uniformi, previsti dalla legislazione statale nell'esercizio  della competenza  esclusiva  in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art.117, secondo comma, lettera s), Cost. - e tale e' la materia delle aree protette, in  cui la legge n. 394 del 1991 costituisce fonte di  principi fondamentali (sentenze n. 20 e n. 315 del 2010; n.366 del 1992) - la Regione esercita la propria  potestà legislativa, senza  potervi  derogare, mentre puo' determinare, sempre nell'ambito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela (sentenze n. 193 del  2010  e  n.  61  del 2009) 

Insomma la tesi degli "abolizionisti" esprime un pensiero che visto in generale sulle aree protette cozza direttamente contro la Costituzione!



QUALE COLLABORAZIONE DELL’ENT PARCO CON I COMUNI  NEL QUADRO DELLA VIGENTE NORMATIVA
L’autonomia dell’Ente Parco dai Comuni presenti sul territorio deve fondarsi non tanto su rigidi criteri di rappresentanza (minor ruolo dei rappresentanti della Comunità negli organismi di gestione degli enti parco) ma semmai sulla capacità dell’Ente Parco di trasformare l’area protetta in occasione di sviluppo secondo i principi della sostenibilità e con il coinvolgimento delle forze  economiche e sociali. In tal senso gli Enti da organismi di vigilanza e di gestione dei poteri di nulla osta in perenne conflitto con le comunità locali, dovranno trasformarsi in vere e proprie Agenzie per lo sviluppo sostenibile dell’area parco utilizzando in tal senso in primo lo strumento del Programma Pluriennale di sviluppo (ex legge 394) come un Piano per lo sviluppo sostenibile attuativo degli indirizzi del Piano del Parco nel quadro di una politica di concertazione sociale e istituzionale  secondo le forme della Programmazione Negoziata e dell’Amministrazione per accordi ed i principi dell’Agenda 21 locale.



QUALE RUOLO ATTIVO DEI COMUNI NELLA PIANIFICAZIONE E GESTIONE DEL TERRITORIO DEL PARCO NEL QUADRO DELLA VIGENTE NORMATIVA
I parametri per il rilascio del nulla osta dell’Ente Parco, sugli interventi nel territorio dell’area  protetta, sono contenuti nel Piano del Parco e nel Regolamento. In questo senso sarà opportuno che tali strumenti di disciplina del territorio protetto contengano indicazioni puntuali in ordine alle diverse attività consentite nelle singole zone con particolare riferimento alle aree a minor intensità di  tutela. Sarà utile anche procedere all’elaborazione di una dettagliata casistica, con riferimento alle categorie di interventi ed opere di cui al comma 2 dell’art.11 della legge 394/1991 (l’elenco delle attività che dovranno essere disciplinate dal Regolamento), questo perché nella legge 394 tali categorie presentano contorni sfumati che finirebbero per assegnare all’Ente Parco una discrezionalità così ampia in ordine alla compatibilità del singolo intervento da rendere evanescente ogni effettiva possibilità di controllo.
D’altronde la chiave per fondare giuridicamente il suddetto ragionamento è nella stessa legge  quadro nazionale delle aree protette. L’art. 22.2 della legge 394 introduce una precisazione affermando “la partecipazione  degli enti locali alla definizione del piano del parco”, partecipazione che ha valenza costituzionale visto che viene considerata principio fondamentale di riforma economico -sociale quindi a valenza costituzionale. Questa norma esprime alla lettera la necessità del parere obbligatorio e non vincolante da parte degli Enti locali su Piano e Regolamento del Parco, ma potrebbe anche riferirsi alla predisposizione di un Documento di Indirizzo  preliminare sia all’istituzione dell’area protetta che alla stesura del Piano e Regolamento del Parco alla cui stesura  partecipino anche gli Enti Locali. Non solo ma la norma suddetta potrebbe anche essere  interpretata nel senso di permette la possibilità di applicare ai parchi regionali quanto previsto per quelli nazionali dall’art.12.4 (legge 349/1991) per il quale relativamente alle aree di promozione economica e sociale il piano del parco è approvato dalla Regione d’intesa con Ente Parco e Comuni.  



CONCLUSIONI
Sulla normativa che disciplina i parchi la vera partita è paradossalmente quella di rispettarla nelle parti in cui disciplina le reciproche autonomie di Ente Parco, Comuni, e interessi pubblici e privati che sul territorio del Parco vivono e si muovono. Il punto è che sono stati proprio coloro (amministratori regionali e comunali) che non hanno mai fatto decollare la governance strategica del Parco che ho descritto sopra a ridurre, in certi momenti, ad esempio il Parco Montemarcello Magra ad una sorta di "comando dei vigili sul fiume".  "Comando" peraltro funzionante poco per le grandi violazioni (vedi discariche abusive)! Ma diciamo la verità anche su questo quanto ha giocato la demolizione dei corpi di controllo come Polizia Provinciale e Guardie Forestali? Demolizione di cui non è responsabile l'esistenza del Parco ma la politica e le sue scelte a prescinder dagli schieramenti.

Solo rispettando con rigore le autonomie il sistema funziona. Tentare soluzioni semplificate significa distruggere definitivamente i Parchi e soprattutto, giuridicamente parlando, significa  confondere l’interesse alla tutela dell’ambiente naturale con quello urbanistico.  Entrambi vanno    tutelati e contemperati ma per farlo, per arrivare ad una sintesi corretta, occorre che siano rappresentati da soggetti diversi.  

Non si vuole più questa distinzione? Allora si deve avere il coraggio di abolirli i Parchi: tutti! È  questo che si vuole?  Si abbia il coraggio di dirlo con serietà senza usare a sproposito la parola "governance"!   


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