Continuo
a leggere dichiarazioni di politici e Sindaci (da ultimo quello di Ameglia) che
straparlano o di abolire il Parco regionale Montemarcello Magra o
di una riforma della legge regionale sui parchi per una fantomatica nuova “governance”
dei parchi che tradotto vuol dire mettiamo l’ente parco in un angolo e lasciamo
fare ai Comuni.
Questo
modo di ragionare non solo è sbagliato nel merito, ma questa è una mia
opinione, ma esprime una visione falsa della vigente normativa sui Parchi che
in realtà una governance tra Enti Parco , Comuni e comunità locali la prevede
eccome!
LA GOVERNANCE DEL PARCO REGIONALE SECONDO LA
VIGENTE LEGISLAZIONE NAZIONALE E REGIONALE
In
primo luogo si veda la variegata composizione del Consiglio di Amministrazione
(dove gli enti locali sono ben presenti come Comunità del Parco ma non
costituiscono mai da soli la maggioranza in Consiglio e non dovrebbero mai
costituirla)
Questa
architettura istituzionale dell’Ente Parco, disegnata dalla legge quadro sulle
aree protette, non costituisce una assoluta penalizzazione del livello
istituzionale locale e tanto meno della comunità locale, ci sono infatti nella
legge sui parchi strumenti di gestione e concertazione (previsti o prevedibili
anche dalla legislazione regionale in materia) per evitare questo rischio:
1. la permanenza dei diritti
reali e degli usi civici consuetudinari
2. l’intesa obbligatoria con i
Comuni per l’approvazione del piano del parco nelle aree di promozione
economico sociale
3. la predisposizione da parte
della Comunità del Parco del piano pluriennale economico e sociale per la
promozione delle attività compatibili.
4. la possibilità di
esercitare all’interno del parco attività collegate agli usi locali se previste
dal regolamento del parco e , in deroga alla normativa generale sui parchi, ad
eccezione della possibilità di modificare norme in materia di divieto di
attività venatoria.
5. la possibilità per i Comuni
di predisporre strumenti urbanistici in attuazione del Piano del Parco (articolo 19 LR 12/1995)
LA VALENZA
COSTITUZIONALE DELLA ATTUALE DISCIPLINA SUI PARCHI
Un altro
aspetto totalmente rimosso dai fautori delle riforme/abolizioni dei Parchi è la
collocazione della normativa sulle aree protette nella gerarchia delle fonti costituzionali costituzionali. Infatti:
1. le
aree protette rientrano nella materia ambientale che è di competenza esclusiva
dello Stato
2. l’ente
parco a differenza del Comune tutela specificamente il bene ambiente naturale
presente nel territorio dell’area protetta, mentre l’ente comunale tutela
interessi diversi (la pianificazione territoriale in particolare) che non possono
essere in mano allo stesso soggetto istituzionale. Peraltro al di la degli aspetti giuridici
sappiamo bene come i territori di pregio naturalistico sono stati gestiti dai
Comuni che proprio per ruolo e funzioni sono più influenzabili dagli interessi
forti che si muovono sul territorio
A
conferma di quanto sopra si veda la sentenza della Corte
Costituzionale n.44 del 2011: “ -
Nel rispetto dei livelli uniformi, previsti dalla legislazione statale
nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di
tutela dell'ambiente, di cui all'art.117, secondo comma, lettera s), Cost. - e
tale e' la materia delle aree protette, in cui la legge n. 394 del 1991
costituisce fonte di principi fondamentali (sentenze n. 20 e n. 315 del
2010; n.366 del 1992) - la Regione esercita la propria potestà legislativa, senza potervi
derogare, mentre puo' determinare, sempre nell'ambito delle proprie competenze,
livelli maggiori di tutela (sentenze n. 193 del 2010 e
n. 61 del 2009)”
Insomma la tesi degli "abolizionisti" esprime un pensiero che visto in generale sulle aree protette cozza direttamente contro la Costituzione!
QUALE COLLABORAZIONE DELL’ENT PARCO CON I
COMUNI NEL QUADRO DELLA VIGENTE
NORMATIVA
L’autonomia
dell’Ente Parco dai Comuni presenti sul territorio deve fondarsi non tanto su
rigidi criteri di rappresentanza (minor ruolo dei rappresentanti della Comunità
negli organismi di gestione degli enti parco) ma semmai sulla capacità
dell’Ente Parco di trasformare l’area protetta in occasione di sviluppo secondo
i principi della sostenibilità e con il coinvolgimento delle forze economiche e sociali. In tal senso gli Enti da
organismi di vigilanza e di gestione dei poteri di nulla osta in perenne
conflitto con le comunità locali, dovranno trasformarsi in vere e proprie Agenzie
per lo sviluppo sostenibile dell’area parco utilizzando in tal senso in
primo lo strumento del Programma Pluriennale di sviluppo (ex legge 394) come un
Piano per lo sviluppo sostenibile attuativo degli indirizzi del Piano del Parco
nel quadro di una politica di concertazione sociale e istituzionale
secondo le forme della Programmazione Negoziata e dell’Amministrazione per
accordi ed i principi dell’Agenda 21 locale.
QUALE RUOLO ATTIVO DEI
COMUNI NELLA PIANIFICAZIONE E GESTIONE DEL TERRITORIO DEL PARCO NEL QUADRO
DELLA VIGENTE NORMATIVA
I
parametri per il rilascio del nulla osta dell’Ente Parco, sugli interventi nel
territorio dell’area protetta, sono
contenuti nel Piano del Parco e nel Regolamento. In questo senso sarà opportuno che tali
strumenti di disciplina del territorio protetto contengano indicazioni puntuali
in ordine alle diverse attività consentite nelle singole zone con particolare
riferimento alle aree a minor intensità di tutela. Sarà utile anche procedere
all’elaborazione di una dettagliata casistica, con riferimento alle categorie
di interventi ed opere di cui al comma 2 dell’art.11 della legge 394/1991 (l’elenco
delle attività che dovranno essere disciplinate dal Regolamento), questo perché
nella legge 394 tali categorie presentano contorni sfumati che finirebbero per
assegnare all’Ente Parco una discrezionalità così ampia in ordine alla
compatibilità del singolo intervento da rendere evanescente ogni effettiva
possibilità di controllo.
D’altronde
la chiave per fondare giuridicamente il suddetto ragionamento è nella stessa
legge quadro nazionale delle aree
protette. L’art. 22.2 della legge 394 introduce una precisazione affermando “la partecipazione degli enti locali
alla definizione del piano del parco”, partecipazione che ha valenza
costituzionale visto che viene considerata principio fondamentale di riforma
economico -sociale quindi a valenza costituzionale. Questa norma esprime alla
lettera la necessità del parere obbligatorio e non vincolante da parte degli
Enti locali su Piano e Regolamento del Parco, ma potrebbe anche riferirsi
alla predisposizione di un Documento di Indirizzo preliminare sia
all’istituzione dell’area protetta che alla stesura del Piano e Regolamento del
Parco alla cui stesura partecipino anche
gli Enti Locali. Non solo ma la norma suddetta potrebbe anche essere interpretata nel senso di permette la
possibilità di applicare ai parchi regionali quanto previsto per quelli
nazionali dall’art.12.4 (legge 349/1991) per il quale relativamente alle
aree di promozione economica e sociale il piano del parco è approvato dalla
Regione d’intesa con Ente Parco e Comuni.
CONCLUSIONI
Sulla normativa che disciplina i parchi la vera partita è paradossalmente quella di
rispettarla nelle parti in cui disciplina le reciproche autonomie di Ente
Parco, Comuni, e interessi pubblici e privati che sul territorio del Parco
vivono e si muovono. Il punto è che sono stati proprio coloro (amministratori
regionali e comunali) che non hanno mai fatto decollare la governance
strategica del Parco che ho descritto sopra a ridurre, in certi momenti, ad
esempio il Parco Montemarcello Magra ad una sorta di "comando dei vigili
sul fiume". "Comando"
peraltro funzionante poco per le grandi violazioni (vedi discariche abusive)!
Ma diciamo la verità anche su questo quanto ha giocato la demolizione dei corpi
di controllo come Polizia Provinciale e Guardie Forestali? Demolizione di cui
non è responsabile l'esistenza del Parco ma la politica e le sue scelte a
prescinder dagli schieramenti.
Solo
rispettando con rigore le autonomie il sistema funziona. Tentare soluzioni
semplificate significa distruggere definitivamente i Parchi e soprattutto,
giuridicamente parlando, significa confondere l’interesse alla tutela
dell’ambiente naturale con quello urbanistico. Entrambi vanno tutelati e contemperati ma per farlo, per
arrivare ad una sintesi corretta, occorre che siano rappresentati da soggetti
diversi.
Non
si vuole più questa distinzione? Allora si deve avere il coraggio di abolirli i
Parchi: tutti! È questo che si vuole? Si abbia il coraggio di dirlo con serietà
senza usare a sproposito la parola "governance"!
Nessun commento:
Posta un commento