mercoledì 25 gennaio 2017

Parere Negativo sul progetto discarica di Saturnia: analisi critica

Il Comitato Tecnico Regionale,  sezione Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito VIA), ha espresso Parere negativo (vedi il testo integrale QUIal progetto di discarica presentato da Acam in località Saturnia.

Si tratta come definito in gergo tecnico amministrativo di un PARERE INTERLOCUTORIO NEGATIVO, perché fa riferimento al comma 7-bis dell’articolo 13 della legge regionale 38/1998 (legge disciplina della VIA) secondo il quale il proponente l’opera ha 45 giorni di tempo dal momento di ricevimento del parere negativo per presentare osservazioni contro il suddetto parere negativo. Osservazioni che potrebbero essere teoricamente accolte dalla Commissione formulando un nuovo Parere. 


Ricordo che comunque il procedimento dovrà essere chiuso con un delibera motivata della Giunta Regionale che dovrà certamente basarsi sul Parere del Comitato Tecnico sezione VIA ma che potrà anche formulare diverse prescrizioni fino a decidere diversamente ovviamente sempre motivando in modo adeguato.  Infatti il giudizio di VIA è atto di discrezionalità mista (tecnico amministrativa) come ha affermato il Consiglio di Stato in due sentenze significative (n. 1640/2012 e 3254/2012)[1].

Svolta questa precisazione voglio fare due riflessioni una nel merito del Parere e la seconda sul modo in cui Acam ha per l’ennesima volta (la terza come vedremo) presentato e gestito un progetto non fondato tecnicamente che comunque ha un costo per la collettività, questo senza che i Comuni (soprattutto quello capoluogo) abbiano svolto una reale funzione di indirizzo politico limitandosi a subire i diktat economico finanziari di Acam.Non a caso abbiamo tra le altre cose presentato una segnalazione alla Autorità Anticorruzione (vedi QUI



IL PROGETTO DI DISCARICA E IL PARERE DEL COMITATO TECNICO VIA DELLA REGIONE LIGURIA
L’Inchiesta Pubblica aveva già fatto emergere rilevanti limiti di impatto ambientale non sostenibile. L'Inchiesta era stata sollecitata formalmente dalle Associazioni Ambientaliste e dai Comitati Spezzini del Levante (e non dal Comune di Spezia come ho letto in giro per la rete) e concessa dalla Regione (vedi QUI)  e si è svolta all’interno del procedimento di VIA sul progetto di discarica in oggetto.  

In particolare 3 questioni rilevanti erano emerse dalla Inchiesta:
1. il rischio idrogeologico di tutta l’area interessata
2. la mancata chiarezza sulla tipologia dei rifiuti da abbancare
3. le dimensioni quantitative che andavano ben al di sopra delle esigenze di una mera discarica di servizio.

Tutto questo era confermato dalle Osservazioni delle associazioni ambientaliste (vedi QUIdepositate durante la Inchiesta Pubblica. Molto interessante da un punto di vista del rischio idrogeologico è stata inoltre la relazione del Prof. Raggi (vedi QUI).

Occorre aggiungere che a monte dei sopra elencati limiti rilevantissimi, c’era come dire un difetto genetico nella nascita di questa operazione. Il sito scelto andava contemporaneamente bonificato. La bonifica formalmente possibile (ex lege) richiedeva e richiede costi rilevanti che nessuno ha mai provato a far pagare seriamente ai soggetti inquinatori sia proprietario che conferitori impropri della vecchia discarica. Per coprire questi costi e contemporaneamente tentare di realizzare la famosa discarica di servizio prevista dal Piano Provinciale dei rifiuti (vedi QUI a pagina 11 di questo capitolo del Piano), Acam insieme con il Comune si sono “inventati” questo progetto di bonifica e contemporanea realizzazione di discarica che da semplice discarica di servizio  di fatto appariva e appare nel progetto presentato come una vera e propria discarica di rifiuti speciali sia pure non pericolosi (almeno per il momento)

Rispetto a queste contestazioni, soprattutto alle tre sopra elencate, il Parere del Comitato Tecnico Regionale sezione VIA ha, per usare un linguaggio comune, risposto che: si tali contestazioni sono fondate.   
In particolare appaiono significativi questi passaggi del Parere del Comitato VIA della Regione Liguria:
1. "La stabilità dell'opera di sostegno non è sufficientemente accertata: i calcoli geotecnici risultano non cautelativi, con una evidente sottostima della funzione di contenimento e sostegno delle opere previste in progetto."
2. "Non risulta sufficientemente chiarita l'origine della FOS da impiegarsi."
3. "La volumetria di rifiuti da allocare nella discarica viene percepita come eccessiva da parte del pubblico."
4. "L'opera potrebbe collassare per l'inadeguato dimensionamento delle opere di contenimento, con la possibilità di interessare direttamente aree insediate da popolazione o attività presidiate stabilmente. In caso di piogge critiche non sarebbe assicurato il deflusso delle acque meteoriche in sicurezza con rischi per la stabilità del corpo della discarica e di allagamenti nelle zone limitrofe.". 

Ma le relazioni presentate nella Inchiesta Pubblica erano ancora più impietose su questi aspetti; sia sufficiente qui ricordare che si è dimostrato come non sia stato indagato il sottosuolo al disotto dell’area occupata dai rifiuti.  In sostanza il progetto manca di una sufficiente analisi della caratterizzazione ambientale del territorio interessato il che per un progetto significa di fatto e diritto, nella normalità delle procedure di VIA, il rigetto finale dello stesso.

N.B.
Ma ovviamente la partita non è chiusa. Come ho spiegato sopra siamo di fronte ad un Parere Interlocutorio Negativo. Quindi Acam in teoria potrebbe anche presentare delle osservazioni che rispondano in qualche modo alle contestazioni del Parere del Comitato Tecnico regionale sezione VIA.  Ad avviso di chi scrive non si riesce a capire come Acam possa pensare di cavarsela con delle integrazioni. Le contestazioni emerse dalla Inchiesta Pubblica e dal Parere stesso sono talmente radicali che occorrerebbe un nuovo progetto completo chiudendo comunque l’attuale procedimento di VIA con un pronunciamento negativo della Giunta Regionale che come abbiamo visto all’inizio di questo post ha ampia autonomia in proposito, riconosciuta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato.
Certo nel Parere ci sono passaggi ambigui in particolare quando si scrive:   “La scelta dell'impianto quale discarica di servizio per l'impianto di Saliceti, individuato per il territorio spezzino e del Tigullio, da effettuare a cura dell'autorità competente, comporta la valutazione delle decisioni volte a garantire una maggiore durata dell 'impianto nel tempo, mediante eventuale limitazione delle volumetrie annualmente conferibili, privilegiando il conferimento di FOS esclusivamente di provenienza dall'impianto provinciale”

Il tentativo che emerge sembra essere quello di arrivare ad un impianto ridimensionato nelle volumetrie e nella tipologia dei rifiuti. Una soluzione che resterebbe un rischio sia per la situazione ambientale di questo sito, come riportato sopra, ma soprattutto perché lascerebbe intatta la possibilità che in futuro la discarica possa essere autorizzata ad ampliamenti e alla ricezione di  ulteriori tipologie di rifiuti. Non sarebbe la prima volta che questo accade sia nella nostra Provincia (Pitelli docet) ma anche fuori da essa (vedi discarica ex cava Fornace di Montignoso MS, QUI). Insomma quando apri una discarica di rifiuti speciali, soprattutto con finalità prevalenti di business per coprire buchi di bilancio di una azienda sia pure pubblica,  non sai mai dove potresti arrivare e nel caso del progetto di Saturnia come abbiamo visto non sai neppure con certezza da dove parti, oltretutto.  



UN PO DI STORIA SULLA DISCARICA DI SERVIZIO. I FALLIMENTARI PROGETTI DI ACAM   
Come dimostra da ultimo  il progetto di Saturnia, la storia ci insegna  come la dirigenza Acam sia maestra nel presentare progetti non fattibili o in siti assolutamente non adeguati, in questo spesso "spalleggiata" dalle varie istituzioni locali se non regionali. Vogliamo degli esempi? Eccoli:


Discarica Le Gronde Bonassola
In una prima fase siamo intorno agli anni 2008-2009 la frazione stabilizzata (la FOS) prodotta dall’impianto di Saliceti, esaurita la discarica di Val Bosca, avrebbe dovuto confluire, secondo i progetti di Acam,  in quella di Bonassola. Li erano stati autorizzati gli interventi di ampliamento e adeguamento: 150.000 mc con costi superiori ai 6 milioni di euro. Nel 2009 questi costi arrivano, stime Acam, a 10 milioni di euro. 10 milioni di euro per smaltire circa 150.000 mc (capacità della discarica bastante per soddisfare le necessita della provincia per circa 2,5 anni alla situazione attuale di raccolta differenziata), troppo pochi per il tempo necessario a garantire l'avvio di qualsiasi altro sistema di chiusura del ciclo per il quale ci vorrebbero almeno 4/5 anni circa.  Eppoi si “scopre” improvvisamente che c’è nel corpo della discarica un roccione di serpentino da rimuovere che farebbe lievitare il costo di altri 600.000/700.000 euro). Insomma alla fine non se ne fa nulla e tuttosommato meglio così per i cittadini di Bonassola viste le problematiche del sito di discarica esistente di cui si è tornato a parlare anche recentemente.


Progetto discarica Rocchetta Vara
Presentata come soluzione ottimale per la c.d. discarica di servizio (vedi QUI le dichiarazioni dell'allora Presidente della Provincia poi smentite dalla storia). Dichiarazioni smentite clamorosamente quando con un sopralluogo (1 marzo 2012) con gli stessi tecnici di Acam, oltre che del Comune di Rocchetta  della Regione della Provincia e di Arpal è emerso che come si ricava dal verbale:
“…l’intervento risulta tecnicamente più complicato di quanto inizialmente previsto e con costi rilevanti in considerazione dei volumi utilizzabili; si ritiene pertanto che la discarica non risponda più ai criteri di fattibilità previsti dalla programmazione di cui al Piano provinciale dei rifiuti”. Piano che invece prevedeva proprio questo sito come discarica di servizio. Ma nel frattempo nessuno aveva verificato che il piano di recupero della ex cava presente nel sito aveva comportato il riempimento dell’area con inerti rendendo impossibile la realizzazione della discarica. Ma i progetti di recupero delle cave chi li approva? Con ruoli e funzioni diversi gli stessi enti che poi andando sul posto si sono accorti che il progetto non si poteva più fare. E Acam nel frattempo dove era? Ma ad inventarsi un altro sito impossibile ovviamente: quello di Mangina.


Progetto discarica di Mangina
Presentato da Acam così “Il progetto è stato redatto da professionisti tra i migliori del panorama nazionale”.
Un progetto così perfetto che nel Piano economico-finanziario di Acam presentato nel 2013, a pagina 54 e 55, veniva descritta la procedura di approvazione del progetto di discarica rimuovendo:
1. i problemi di falda dell’area,
2. i problemi della riclassificazione del rischio idraulico della zona dopo l’alluvione disastrosa che l’ha colpita,
3. rimuoveva altresì l’obbligo della procedura di Valutazione Ambientale Strategica della necessaria variante al PUC del Comune di Borghetto Vara
4. prevedeva la semplice procedura di verifica per la VIA, quando invece occorre (ex lege) per discariche di questo tipo la VIA ordinaria
5. rimuoveva l’obbligo di autorizzazione integrata ambientale e il relativo parere obbligatorio e vincolante del Sindaco competente territorialmente sotto il profilo del rischio sanitario.

Sappiamo tutti come è finito quel progetto bocciato addirittura dalla stessa Regione Liguria.

Tutto questo a carico della collettività locale che  di fatto paga questi progetti senza senso fatti spesso solo con intenti che la gestione corretta del ciclo dei rifiuti non c’entrano un bel nulla.



[1] Cons. Stato Sez.V n.1640 del 22 marzo 2012
nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo”

Cons.Stato Sez. V n.3254 del 31 maggio 2012
“…alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; in particolare (C.d.S., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4245, cit.), è stato evidenziato che “la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”.  Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.”

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