Il Comitato Tecnico
Regionale, sezione Valutazione di
Impatto Ambientale (di seguito VIA), ha espresso Parere negativo (vedi il testo
integrale QUI) al progetto di discarica
presentato da Acam in località Saturnia.
Si tratta come definito in
gergo tecnico amministrativo di un PARERE
INTERLOCUTORIO NEGATIVO, perché fa riferimento al comma 7-bis dell’articolo
13 della legge regionale 38/1998 (legge disciplina della VIA) secondo il quale
il proponente l’opera ha 45 giorni di tempo dal momento di ricevimento del
parere negativo per presentare osservazioni contro il suddetto parere negativo.
Osservazioni che potrebbero essere teoricamente accolte dalla Commissione
formulando un nuovo Parere.
Ricordo che comunque il
procedimento dovrà essere chiuso con un delibera motivata della
Giunta Regionale che dovrà certamente basarsi sul Parere del Comitato Tecnico
sezione VIA ma che potrà anche formulare diverse prescrizioni fino a decidere
diversamente ovviamente sempre motivando in modo adeguato. Infatti il giudizio di VIA è atto di
discrezionalità mista (tecnico amministrativa) come ha affermato il Consiglio
di Stato in due sentenze significative (n. 1640/2012 e 3254/2012)[1].
Svolta questa precisazione
voglio fare due riflessioni una nel merito del Parere e la seconda sul modo in
cui Acam ha per l’ennesima volta (la terza come vedremo) presentato e gestito
un progetto non fondato tecnicamente che comunque ha un costo per la collettività,
questo senza che i Comuni (soprattutto quello capoluogo) abbiano svolto una
reale funzione di indirizzo politico limitandosi a subire i diktat economico
finanziari di Acam.Non a caso abbiamo tra le altre cose presentato una segnalazione alla Autorità Anticorruzione (vedi QUI)
IL PROGETTO DI DISCARICA E IL PARERE DEL
COMITATO TECNICO VIA DELLA REGIONE LIGURIA
L’Inchiesta Pubblica aveva già fatto emergere rilevanti limiti di impatto ambientale non sostenibile. L'Inchiesta era stata sollecitata formalmente dalle Associazioni Ambientaliste e dai Comitati Spezzini del Levante (e non dal Comune di Spezia come ho letto in giro per la rete) e concessa dalla Regione (vedi QUI) e si è svolta all’interno
del procedimento di VIA sul progetto di discarica in oggetto.
In particolare 3
questioni rilevanti erano emerse dalla Inchiesta:
1. il rischio idrogeologico di tutta l’area interessata
2. la mancata chiarezza sulla tipologia dei rifiuti da
abbancare
3. le dimensioni quantitative che andavano ben al di
sopra delle esigenze di una mera discarica di servizio.
Tutto questo era
confermato dalle Osservazioni delle associazioni ambientaliste (vedi QUI) depositate durante la
Inchiesta Pubblica. Molto interessante da un punto di vista del rischio
idrogeologico è stata inoltre la relazione del Prof. Raggi (vedi QUI).
Occorre aggiungere che a
monte dei sopra elencati limiti
rilevantissimi, c’era come dire un difetto genetico nella nascita di questa
operazione. Il sito scelto andava contemporaneamente bonificato. La bonifica
formalmente possibile (ex lege) richiedeva e richiede costi rilevanti che
nessuno ha mai provato a far pagare seriamente ai soggetti inquinatori sia
proprietario che conferitori impropri della vecchia discarica. Per coprire
questi costi e contemporaneamente tentare di realizzare la famosa discarica di
servizio prevista dal Piano Provinciale dei rifiuti (vedi QUI a pagina 11 di questo capitolo del Piano), Acam insieme con il Comune
si sono “inventati” questo progetto di bonifica e contemporanea realizzazione
di discarica che da semplice discarica di servizio di fatto appariva e appare nel progetto
presentato come una vera e propria discarica di rifiuti speciali sia pure non pericolosi
(almeno per il momento)
Rispetto a queste
contestazioni, soprattutto alle tre sopra elencate, il Parere del Comitato
Tecnico Regionale sezione VIA ha, per usare un linguaggio comune, risposto che: si tali contestazioni sono fondate.
In particolare appaiono
significativi questi passaggi del Parere del Comitato VIA della Regione
Liguria:
1. "La stabilità dell'opera di sostegno non è
sufficientemente accertata: i calcoli geotecnici risultano non cautelativi, con una
evidente sottostima della funzione di contenimento e sostegno delle opere previste
in progetto."
2. "Non risulta sufficientemente chiarita l'origine della
FOS da impiegarsi."
3. "La volumetria di rifiuti da allocare nella discarica
viene percepita come eccessiva da parte del pubblico."
4. "L'opera potrebbe collassare per l'inadeguato
dimensionamento delle opere di contenimento, con la possibilità di interessare
direttamente aree insediate da popolazione o attività presidiate stabilmente. In
caso di piogge critiche non sarebbe assicurato il deflusso delle acque
meteoriche in sicurezza con rischi per la stabilità del corpo della discarica e
di allagamenti nelle zone limitrofe.".
Ma le relazioni presentate nella Inchiesta Pubblica erano ancora più
impietose su questi aspetti; sia sufficiente qui ricordare che si è dimostrato
come non sia stato indagato il sottosuolo al disotto dell’area occupata dai
rifiuti. In sostanza il progetto manca
di una sufficiente analisi della caratterizzazione ambientale del territorio
interessato il che per un progetto significa di fatto e diritto, nella normalità delle
procedure di VIA, il rigetto finale dello stesso.
N.B.
Ma ovviamente la partita non è chiusa. Come ho spiegato
sopra siamo di fronte ad un Parere Interlocutorio Negativo. Quindi Acam in
teoria potrebbe anche presentare delle osservazioni che rispondano in qualche
modo alle contestazioni del Parere del Comitato Tecnico regionale sezione VIA. Ad avviso di chi scrive non si riesce a capire
come Acam possa pensare di cavarsela con delle integrazioni. Le contestazioni
emerse dalla Inchiesta Pubblica e dal Parere stesso sono talmente radicali che
occorrerebbe un nuovo progetto completo chiudendo comunque l’attuale
procedimento di VIA con un pronunciamento negativo della Giunta Regionale che
come abbiamo visto all’inizio di questo post ha ampia autonomia in proposito, riconosciuta
dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato.
Certo nel Parere ci sono passaggi ambigui in particolare
quando si scrive: “La scelta
dell'impianto quale discarica di servizio per l'impianto di Saliceti,
individuato per il territorio
spezzino e del Tigullio, da effettuare a cura dell'autorità competente,
comporta la valutazione
delle decisioni volte a garantire una maggiore durata dell 'impianto nel tempo,
mediante eventuale limitazione delle volumetrie
annualmente conferibili, privilegiando il conferimento di FOS esclusivamente di provenienza dall'impianto provinciale”
Il tentativo che emerge sembra essere quello di arrivare
ad un impianto ridimensionato nelle volumetrie e nella tipologia dei rifiuti. Una soluzione che resterebbe un rischio sia per la situazione
ambientale di questo sito, come riportato sopra, ma soprattutto perché lascerebbe
intatta la possibilità che in futuro la discarica possa essere autorizzata ad
ampliamenti e alla ricezione di ulteriori tipologie di rifiuti. Non sarebbe la
prima volta che questo accade sia nella nostra Provincia (Pitelli docet) ma anche
fuori da essa (vedi discarica ex cava Fornace di Montignoso MS, QUI). Insomma quando apri una discarica di rifiuti speciali, soprattutto con finalità prevalenti di business per coprire buchi di bilancio di una azienda sia pure pubblica, non sai
mai dove potresti arrivare e nel caso del progetto di Saturnia come abbiamo
visto non sai neppure con certezza da dove parti, oltretutto.
UN PO DI STORIA
SULLA DISCARICA DI SERVIZIO. I FALLIMENTARI PROGETTI DI ACAM
Come dimostra da ultimo il progetto di
Saturnia, la storia ci insegna come la dirigenza Acam sia maestra nel
presentare progetti non fattibili o in siti assolutamente non adeguati, in
questo spesso "spalleggiata" dalle varie istituzioni locali se non
regionali. Vogliamo degli esempi? Eccoli:
Discarica Le Gronde
Bonassola
In una prima fase siamo intorno agli anni 2008-2009 la frazione
stabilizzata (la FOS) prodotta dall’impianto di Saliceti, esaurita la discarica
di Val Bosca, avrebbe dovuto confluire, secondo i progetti di Acam, in
quella di Bonassola. Li erano stati autorizzati gli interventi di ampliamento e
adeguamento: 150.000 mc con costi superiori ai 6 milioni di
euro. Nel 2009 questi costi arrivano, stime Acam, a 10 milioni di euro. 10
milioni di euro per smaltire circa 150.000 mc (capacità della discarica
bastante per soddisfare le necessita della provincia per circa 2,5 anni alla
situazione attuale di raccolta differenziata), troppo pochi per il tempo necessario
a garantire l'avvio di qualsiasi altro sistema di chiusura del ciclo per il
quale ci vorrebbero almeno 4/5 anni circa. Eppoi si “scopre”
improvvisamente che c’è nel corpo della discarica un roccione di serpentino da
rimuovere che farebbe lievitare il costo di altri 600.000/700.000 euro).
Insomma alla fine non se ne fa nulla e tuttosommato meglio così per i cittadini
di Bonassola viste le problematiche del sito di discarica esistente di cui si è
tornato a parlare anche recentemente.
Progetto discarica
Rocchetta Vara
Presentata come soluzione ottimale per la c.d. discarica di servizio (vedi QUI le dichiarazioni dell'allora Presidente della Provincia poi smentite dalla storia). Dichiarazioni smentite clamorosamente quando con un sopralluogo (1 marzo 2012) con gli stessi tecnici di Acam,
oltre che del Comune di Rocchetta della Regione della Provincia e di Arpal
è emerso che come si ricava dal verbale:
“…l’intervento risulta tecnicamente più complicato di quanto
inizialmente previsto e con costi rilevanti in considerazione dei volumi
utilizzabili; si ritiene pertanto che la discarica non risponda più ai criteri
di fattibilità previsti dalla programmazione di cui al Piano provinciale dei
rifiuti”. Piano che invece prevedeva proprio questo sito come
discarica di servizio. Ma nel frattempo nessuno aveva verificato che il piano
di recupero della ex cava presente nel sito aveva comportato il riempimento
dell’area con inerti rendendo impossibile la realizzazione della discarica. Ma
i progetti di recupero delle cave chi li approva? Con ruoli e funzioni diversi
gli stessi enti che poi andando sul posto si sono accorti che il progetto non
si poteva più fare. E Acam nel frattempo dove era? Ma ad inventarsi un altro
sito impossibile ovviamente: quello di Mangina.
Progetto discarica
di Mangina
Presentato da Acam così “Il progetto è stato redatto da professionisti
tra i migliori del panorama nazionale”.
Un progetto così perfetto che nel Piano
economico-finanziario di Acam presentato nel 2013, a pagina 54 e 55,
veniva descritta la procedura di approvazione del progetto di discarica rimuovendo:
1. i problemi di falda dell’area,
2. i problemi della riclassificazione del rischio idraulico della zona
dopo l’alluvione disastrosa che l’ha colpita,
3. rimuoveva altresì l’obbligo della procedura di Valutazione
Ambientale Strategica della necessaria variante al PUC del Comune di
Borghetto Vara
4. prevedeva la semplice procedura di verifica per la VIA, quando
invece occorre (ex lege) per discariche di questo tipo la VIA ordinaria
5. rimuoveva l’obbligo di autorizzazione integrata ambientale e il
relativo parere obbligatorio e vincolante del Sindaco competente
territorialmente sotto il profilo del rischio sanitario.
Sappiamo tutti come è finito quel progetto bocciato addirittura dalla
stessa Regione Liguria.
Tutto questo a carico
della collettività locale che di fatto
paga questi progetti senza senso fatti spesso solo con intenti che la gestione
corretta del ciclo dei rifiuti non c’entrano un bel nulla.
[1] Cons. Stato Sez.V n.1640 del 22 marzo 2012
“nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo”
“nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo”
Cons.Stato Sez. V n.3254 del
31 maggio 2012
“…alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; in particolare (C.d.S., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4245, cit.), è stato evidenziato che “la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”. Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.”
“…alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; in particolare (C.d.S., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4245, cit.), è stato evidenziato che “la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”. Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.”
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