Leggo sui mass media di bandiere blu assegnate a
spiagge liguri e le solite dichiarazioni “orgogliose” di amministratori locali.
Ma nessuno che spieghi con chiarezza di
particolari in cosa consistano questa bandiere blu, vediamo…..
Il riconoscimento delle bandiere blu è assegnato dalla
Fondazione per l’educazione ambientale (FEE acronimo in inglese)
Non ci sono veri e propri criteri e parametri
scientifici ma ci si basa su dati forniti dai Comuni cioè dagli enti che hanno
tutto l’interesse a ben apparire nella classifica.
Come afferma il programma operativo della FEE (vedi
QUI) la
Giuria Nazionale, o Commissione Tecnica Giudicante, identifica i Comuni idonei
tra quelli candidati, attraverso l’analisi e la valutazione delle risposte ai
quesiti riportati sul Questionario Bandiera Blu.
I CRITERI USATI DALLA FEE PER ASSEGNARE LA BANDIERA BLÙ
Vediamoli questi criteri ricavabili dal questionario
compilato dai Comuni su invio della FEE:
1. promozione di educazione e informazione
ambientale: sulla balneazione le attività di educazione ambientale
sono indefinite ovviamente. Le informazioni ambientali peraltro sono
obbligatorie per legge a prescindere dalla bandiera blu, basta leggersi il DLgs
116/2008 (Attuazione della direttiva 2006/7/CE relativa alla gestione della
qualità delle acque di balneazione)
2. qualità delle acque: si tratta di
rispettare la normativa sulle acque di balneazione…..come dire e ci
mancherebbe!
3. Gestione ambientale: si tratta di
rispettare le norme di gestione delle spiagge, rispetto e conservazione
della biodiversità se ci sono aree classificate e anche qui possiamo dire ci
mancherebbe….. Quanto ai criteri di spiagge pulite, raccolta
rifiuti, servizi igienici e spogliatoi puliti e in numero adeguato, scarichi
allacciati al sistema fognario: viene da dire come fanno quelli della
Commissione a saperlo? Maè ovvio glielo dicono i Comuni, a
proposito di conflitti di interessi.
I documenti obbligatori da allegare al
questionario di risposta poi sono altrettanto ovvi come le informazioni che
abbiamo visto sopra. Infatti devono essere allegati:
1. Mappe dei campionamenti effettuati sulla
qualità delle acque di balneazione, impianti di depurazione e discariche.
2. Piano di utilizzo dell’arenile (PUA) approvato e
vigente (se non inviato negli anni precedenti e non modificato);
3. Risultati certificati ARPA delle analisi
di qualità delle acque di balneazione
4. Documenti sulla quantità e qualità rifiuti
prodotti dallo stabilimento balneare
5. Documentazione di iniziative di sostenibilità
ambientale
I documenti dei punti 2, 3 e 4 sono quelli
obbligatori per legge per chiunque gestisca una attività di balneazione e
comunque per le Amministrazioni Comunali interessate.
I documenti del punto 1 invece, se ci riferiamo ad una
situazione come quella di Spezia, fanno veramente pensare: tutto il golfo di
Spezia è dentro un sito di bonifica nazionale, tutto da bonificare e
soprattutto con un dragaggio/bonifica in corso e che sta producendo problemi
enormi come è noto, e con questo la potremmo chiudere qui, almeno per
Spezia, con queste bandiere blu.
Infine i documenti del punto 5 sono aria fritta in
quanto dietro la parola sostenibilità ormai si nasconde qualsiasi cosa.
IN REALTÀ PER AVERE LA BANDIERA BLU LA FEE CHIEDE DI MENO DI QUELLO CHE
CHIEDE LA VIGENTE LEGGE
Vediamo cosa chiede la normativa (ex DLgs 116/2008)
non solo a chi ha la bandiera blu ma a tutti i Comuni balneari italiani:
I Comuni assicurano che le seguenti informazioni siano
divulgate e messe a disposizione con tempestività durante la stagione balneare
in una ubicazione facilmente accessibile nelle immediate vicinanze di ciascuna
acqua di balneazione:
a) classificazione corrente delle acque di
balneazione ed eventuale divieto di balneazione di cui al DLgs 116/2008
mediante una simbologia che risponda agli indirizzi comunitari;
b) descrizione generale delle acque di balneazione,
in un linguaggio non tecnico, basata sul profilo delle acque di balneazione predisposto
in base all’allegato III del DLgs 116/2008;
c) nel caso di acque di balneazione identificata a
rischio di inquinamento di breve durata:
c1) avviso di acqua di balneazione a rischio di
inquinamento di breve durata;
c2) indicazione del numero di giorni nei quali la
balneazione è stata vietata durante la stagione balneare precedente a causa
dell’inquinamento di cui al punto precedente;
c3)avvisto tempestivo di inquinamento, previsto o
presente, con divieto temporaneo di balneazione;
c4) informazioni sulla natura e la durata prevista
delle situazioni anomale cioè un evento o una combinazione di eventi che
impattano sulla qualità delle acque di balneazione nella zona in questione e il
cui verificarsi è previsto in media non più di una volta ogni quattro anni;
d) laddove la balneazione è vietata, avviso che ne
informi il pubblico, precisandone le ragioni;
e) ogniqualvolta è introdotto un divieto di balneazione permanente, avviso che l’area in questione non è più balneabile con la ragione del declassamento;
f) indicazione
delle fonti da cui reperire informazioni più esaurienti.
Le Autorità Competenti, ciascuna per le
funzioni di cui sono titolari ex lege, utilizzano adeguati mezzi e
tecnologie di comunicazione, tra cui Internet, per promuovere e
divulgare con tempestività le informazioni sulle acque di balneazione di
cui sopra, nonché, ove opportuno, in varie lingue, le seguenti
informazioni:
a) elenco delle acque di balneazione, aggiornato e
reso disponibile ogni anno prima dell’ inizio della stagione balneare;
b) classificazione di ciascuna acqua di balneazione
negli ultimi tre anni e il relativo profilo, inclusi i risultati del
monitoraggio effettuato ai sensi del DLgs 116/2008 dopo
l’ultima classificazione tali risultati sono resi disponibili sul sito web
del Ministero della Salute, una volta completate le analisi;
c) misura di risanamento delle acque di balneazione
previste dal DLgs 116/2008;
d) nel caso di acque di balneazione classificate
scarse, informazioni sulle cause dell’inquinamento e sulle misure adottate per
prevenire l’esposizione dei bagnanti all’inquinamento e per affrontarne le
cause;
e) nel caso di acque di balneazione a rischio di
inquinamento di breve durata, informazioni generali relative a:
e1) condizioni che possono condurre a inquinamento di
breve durata;
e2) grado di probabilità di tale inquinamento e della
sua probabile durata;
e2) grado dell’inquinamento e delle misure adottate
per prevenire l’esposizione dei bagnanti all’inquinamento per affrontarne le
cause;
f) nel caso di acque interessate dagli inquinamento
dovuti a casi particolari, informazioni relative ai rischi per i bagnanti.
LA PIANIFICAZIONE
SOSTENIBILE DEGLI AMBIENTI COSTIERI
Se poi vogliamo trattare seriamente di tutela delle
acque marine occorre trattare anche della corretta pianificazione nell’uso dei
nostri ambienti costieri.
Dal 2008 è in vigore la Direttiva quadro sulla
strategia per l’ambiente marino (Direttiva 2008/56/CE). Gli
Stati membri (quindi anche le Regioni per la parte di loro competenza) dovranno
elaborare, per le loro acque territoriali all’interno di ciascuna regione
marina, strategie per la protezione dell’ambiente marino articolate su
diverse fasi temporali : dai monitoraggi della qualità delle acque
marina ai programmi per raggiungere gli obiettivi di qualità delle acque
marine. Nel concetto di ambiente marino rientrano anche le acque costiere.
Voglio ricordare che secondo il DLgs 190/2010 (attuazione
della suddetta Direttiva 2008/56/CE) deve essere verificata (entro il 2012)
l’integrazione degli obiettivi di qualità delle acque con gli strumenti di
programmazione e pianificazioni regionali e locali.
Nel 2009 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
della UE il Protocollo integrato sulla gestione delle zone costiere del
Mediterraneo (vedi QUI) e,
sempre nel 2009, la Comunicazione della Commissione UE su: “Una politica
marittima integrata per una migliore governance nel Mediterraneo”.
Questi documenti individuano nella Pianificazione
dello spazio marittimo (PSM), lo strumento principe per una
governance efficace ai fini di una gestione basata sugli ecosistemi che
affronti l’impatto combinato delle attività marittime, i conflitti connessi
alle diverse utilizzazioni dello spazio e la preservazione degli habitat
marini. Peraltro nel 2008 (vedi QUI) sempre
la Commissione UE, aveva individuato i criteri per arrivare ad elaborare
una corretta Pianificazione dello spazio marittimo.
Ho trattato di questi documenti ufficiale della UE QUI e QUI,
al fine di proporre una corretta progettazione del futuro waterfront
della Spezia.
Nel 2011 è stato approvato il Regolamento
UE n. 1255 che istituisce
un programma destinato a sostenere misure intese a promuovere lo sviluppo
ulteriore e l’attuazione della politica marittima integrata dell’Unione. In
particolare questo Programma è volto a finanziare lo sviluppo di strumenti
intersettoriali, segnatamente la Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM,
vedi in precedenza).
Più recentemente è intervenuta la Direttiva
2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio
marittimo (vedi QUI)
Questa nuova Direttiva prevede che gli Stati membri
dovranno elaborare e attuare processi coerenti per pianificare gli usi
umani dello spazio marittimo e garantire la gestione sostenibile delle
zone costiere. Uno dei principali valori aggiunti della proposta è il sostegno
offerto alla connettività terra-mare grazie al requisito
di coerenza tra la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione
integrata delle zone costiere. I dettagli della pianificazione e la
determinazione degli obiettivi di gestione sono lasciati agli Stati
membri. L'UE non prenderà parte a tali processi. In particolare il
processo di pianificazione propriamente detto deve essere condotto dalle
autorità degli Stati membri in funzione delle rispettive strutture
costituzionali e di governance, delle priorità politiche settoriali nazionali
e, nella misura del possibile, deve basarsi su meccanismi e
politiche esistenti.
Da ultimo la LEGGE 28 dicembre 2015, n. 221 ha previsto, entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore l'aggiornamento della Strategia
nazionale per lo
sviluppo sostenibile, integrata con un apposito capitolo
che considera gli aspetti
inerenti alla «crescita
blu» del contesto
marino.
PIANI DI MONITORAGGIO SULLA STRATEGIA DELL'AMBIENTE MARINO
Infine sotto il profilo operativo in relazione alla citata normativa sulla strategia dell'ambiente marino sono stati previsti piani di monitoraggio con una stretta collaborazione tra MINISTERO AMBIENTE E DEL MARE, ISPRA, Agenzie e istituti di ricerca (CNR, Università, ecc.) ed è stata definita l’organizzazione e la suddivisione dei compiti e delle responsabilità tra i diversi soggetti:- alle Regioni, tramite un Accordo quadro sottoscritto il 18/12/2014 con il MINISTERO, è stato riservato un ruolo consultivo per approvare le attività (Piani di Monitoraggio) che dovranno svolgere le Agenzie ed eventuali modifiche significative in corso d’opera;
- alle Agenzie, tramite 3 convenzioni sottoscritte il 19/12/2014 dal MINISTERO con le 3 Agenzie capofila per ogni sottoregione (Liguria per Mediterraneo occidentale, Emilia per Adriatico e Calabria per Ionio), ha assegnato le attività (Programmi Operativi di Attività) ed i relativi finanziamenti;
- il coordinamento delle attività di monitoraggio è affidato ad una “Commissione di coordinamento e verifica” (rappresentanti di MINISTERO, Regioni e dei 3 capofila) e da una “Cabina di regia” (3 rappresentanti di MINISTERO e 2 delle Agenzie per ogni sottoregione);
- il supporto tecnico scientifico è assicurato da ISPRA, che, a sua volta, si può avvalere di Università, CNR e altri istituti di ricerca.
I Programmi di monitoraggio hanno validità triennale (2015-17) ma, al momento sono stati finanziati solo per la prima annualità.
Molto interessante da approfondire è il recente rapporto (vedi QUI) dell'European Academies Science Advisory Council (EASAC) che fornisce consulenza scientifica per i decisori europei) e il Centro comune di ricerca della Commissione europea (CCR o JRC - Joint Research Centre).
CONCLUSIONI
Insomma,
amministratori locali e regionali ci spieghino se stanno rispettando tutto
quanto sopra e come…. poi potremo parlare anche delle bandiere blu che comunque
sono più un marchio di immagine che di sostanza, dove per sostanze intendo sostenibilità
ambientale di un territorio costiero.
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