La candidata PD a Sindaco di Savona sull'assurdo progetto di deposito di Bitume collocato a circa 500-800 metri dall’abitato di Savona afferma oggi sul Secolo XIX: "interesseremo la Presidenza del Consiglio"..... Un modo come un altro per non prendere posizione tipico di una certa politica "politicante".... in realtà la procedura autorizzatoria di questo progetto è tutta dentro le competenze regionali e locali, quindi chi governa e chi governerà a questo livello si assuma la responsabilità delle proprie azioni e competenze. Ma soprattutto spieghino ai cittadini di Savona, la candidata del PD ma anche quella del centro destra, cosa pensano della incompleta e lacunosa istruttoria che ha fino ad ora accompagnato questo progetto soprattutto sotto il profilo della prevenzione sanitaria. L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente come spiego in questo post.
Ma questo progetto al di la delle sue specificità locali dimostra come le istruttorie che portano a decidere su impianti a rilevante impatto ambientale siano quasi sempre superficiali e incomplete soprattutto sotto il profilo della prevenzione sanitaria per i cittadini interessati. Questo è il vero nodo che emerge dalla vicenda del deposito di bitume di Savona e non si supera spostando la decisione a livello statale ma applicando correttamente la legge.
L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente come spiego in questo post.
Ma questo progetto al di
la delle sue specificità locali dimostra come le istruttorie che portano a
decidere su impianti a rilevante impatto ambientale siano quasi sempre
superficiali e incomplete soprattutto sotto il profilo della prevenzione
sanitaria per i cittadini interessati. Questo è il vero nodo che emerge dalla
vicenda del deposito di bitume di Savona e non si supera spostando la decisione
a livello statale ma applicando correttamente la legge.
L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente
come spiego in questo post.
La candidata PD a Sindaco di Savona sull'assurdo progetto di deposito di Bitume collocato a circa 500-800 metri dall’abitato di Savona afferma oggi sul Secolo XIX: "interesseremo la Presidenza del Consiglio"..... Un modo come un altro per non prendere posizione tipico di una certa politica "politicante".... in realtà la procedura autorizzatoria di questo progetto è tutta dentro le competenze regionali e locali, quindi chi governa e chi governerà a questo livello si assuma la responsabilità delle proprie azioni e competenze. Ma soprattutto spieghino ai cittadini di Savona, la candidata del PD ma anche quella del centro destra, cosa pensano della incompleta e lacunosa istruttoria che ha fino ad ora accompagnato questo progetto soprattutto sotto il profilo della prevenzione sanitaria. L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente come spiego in questo post.
Ma questo progetto al di la delle sue specificità locali dimostra come le istruttorie che portano a decidere su impianti a rilevante impatto ambientale siano quasi sempre superficiali e incomplete soprattutto sotto il profilo della prevenzione sanitaria per i cittadini interessati. Questo è il vero nodo che emerge dalla vicenda del deposito di bitume di Savona e non si supera spostando la decisione a livello statale ma applicando correttamente la legge.
L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente come spiego in questo post.
L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente come spiego in questo post.
Ma questo progetto al di
la delle sue specificità locali dimostra come le istruttorie che portano a
decidere su impianti a rilevante impatto ambientale siano quasi sempre
superficiali e incomplete soprattutto sotto il profilo della prevenzione
sanitaria per i cittadini interessati. Questo è il vero nodo che emerge dalla
vicenda del deposito di bitume di Savona e non si supera spostando la decisione
a livello statale ma applicando correttamente la legge.
L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente come spiego in questo post.
L'impianto si può fermare basta applicare la normativa vigente correttamente come spiego in questo post.
1. PREMESSA LE LACUNE DELLA ISTRUTTORIA PROCEDIMENTALE SVOLTA FINO AD ORA PER IL PROGETTO IN OGGETTO
1.1 L'impianto
è assoggettabile alla normativa sulle industrie a rischio viste le quantità
sicuramente superiori alle 50 tonnellate
inoltre considerato dove verrà collocato sono rimosse le norme su
controllo urbanistico ed effetto domino peraltro ben precisate dal nuovo dlgs
105/2015 sulla Seveso III. Di rilievo ai fini della applicazione della presente
Direttiva è anche la nozione di stabilimento adiacente cioè: “uno stabilimento ubicato in prossimità tale
di un altro stabilimento da aumentare il rischio o le conseguenze di un
incidente rilevante”.
1.2. sulla VIA
il limite per la VIA statale è di 80.000 m3 quindi direi che siamo nella VIA
regionale .....ora il punto è che il limite per la VIA ordinaria regionale è di
40.000 m3 mentre il progetto è di 38.400 m3 siamo ad appena 600 m3 sotto la
soglia mentre la soglia per la procedura di verifica semplice di VIA è al di
sopra dei 1000 m3 quindi lontanissima dai 40.000 soglia per la VIA
ordinaria...... In questi casi la giurisprudenza comunitaria ha chiarito che
per decidere se mandare o meno a via ordinaria non basta ragionare per sogli ma
bisogna valutare anche ad altri parametri a cominciare da quello della
specificità del sito e dell'impatto cumulativo con altre attività presenti
nella zona..... la relazione di screening ex allegato I al DLgs 152/2006 richiede
che debba essere valutati tra gli altri gli impatti cumulativi e il rischio di
incidenti completamente rimossi nella relazione...............
L'impianto doveva andare a
via ordinaria o almeno dovevano effettuare una procedura di screening
diversamente motivata (come vedremo nel paragrafo successivo delle presenti
note)..... ma proprio la documentazione della Provincia di Savona in relazione
al solo rischio odorigeno dimostra che c'è un problema di specificità del sito
che non può essere affrontato se non con una adeguata istruttoria che dimostri
la compatibilità dell'impianto con il sito..........
1.3. Infine il
bitume è classificato come rifiuto speciale ex CER 05 01 17 (allegato D alla
Parte IV al DLgs 152/2006) quindi il
progetto proposto a mio avviso si configura come una attività di Messa in
Riserva ( non potendo essere definito lo stoccaggio del bitume nel caso in
esame come Deposito Temporaneo) che non essendo di rifiuti pericolosi non è
soggetta ad AIA ma sicuramente ad autorizzazione ordinari ai sensi
dell’articolo 208 del DLgs 152/2006 .
2.LIMITI ISTRUTTORIA VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ A VIA
2.1. La
relazione di screening del 2012 dimostra di non avere tenuto in adeguata
considerazione i seguenti di criteri per verificare la assoggettabilità a VIA
del progetto in oggetto. Questo nonostante la univoca giusprudenza comunitaria
in materia affermi che dovranno essere
esaminati in sede di verifica tutti i criteri di verifica ex allegato III alla
Direttiva UE sulla VIA (Corte di Giustizia sentenza del 21/3/2013 C244-12)
2.2. Cumulo con altri progetti
Nonostante si ammetta
all’inizio della relazione di screening che il sito prescelto per il deposito
di bitume si trovi: “al centro
dell'area di sviluppo e trasformazione
del porto commerciale di Savona”
non viene analizzato alcun possibile effetto cumulativo
2.3. Rischio incidenti per le sostanze utilizzate
Il
rischio incidenti non è minimamente valutato dalla relazione di screening.
2.4. Attenzione alle zone a forte densità demografica
- Portata dell’impatto: area geografica e densità popolazione interessata
La
relazione di screening afferma a pagina 4 che: “Nell'immediato
intorno dell'intervento di cui trattasi sono presenti esclusivamente aree
occupate da attività industriali e portuali” per poi contraddirsi ma solo
in parte più avanti quando tratta nel Quadro Ambientale la questione emissioni
aereiformi in particolari quelle odorigene.
Al
contrario la nota della Provincia di Savona del 25/3/2013 afferma che: “ come si può facilmente osservare, in caso di
vento proveniente dai quadranti meridionali, gli edifici destinati a civile
abitazione sono posti ad una distanza minima di 3-400 metri (abitazioni interne
al porto) mentre l’abitato di Savona città è distante dai 500 agli 800 metri.”
2.5. Probabilità dell’impatto ,
durata , frequenza e reversibilità dell’impatto
Si
afferma a pagina 4 della Relazione di screening che: “si ritiene
che i volumi di traffico indotto dall'intervento saranno tali da
alterare in maniera poco significativa la capacità del sistema infrastrutturale”. Affermazione apodittica e non suffragata da alcun
dato certo. Peraltro questa genericità contrasta anche con la DGR n. 398 del 24/4/1999
che disciplina la procedura di verifica
di VIA nella Liguria e che richiede tra i parametri di valutazione dell’impatto
di un progetto anche: “- volumi di traffico indotti e capacità del sistema
infrastrutturale” (articolo 4)
Relativamente alle emissioni
odorigene appare limitativa la prescrizione del provvedimento regionale di
screening di VIA alla presentazione , ex post autorizzazione, di un modello di
dispersione degli odori da parte del proponente il deposito. In tal modo di lede la ratio della procedura
di VIA, anche nello screening che è quella di prevenire i rischi ambientali. Anzi proprio nel caso in cui il progetto non contenga tutte le
sufficienti misure preventive è
inevitabile sottoporlo a VIA ordinaria. Si veda sentenza
del Consiglio di Stato n. 2495 del 18 maggio 2015 secondo
cui se non
viene dimostrata con “certezza” da parte del proponente i rischi da una
attività potenzialmente inquinante e/o pericoloso per ambiente e per i
cittadini è applicabile il principio di precauzione proprio in chiave di
prevenzione di tali rischi. In tale direzione e con riferimento alle
emissioni odorigene su zona residenziale limitrofa all’impianto da autorizzare sentenza n. 4588 del 10/9/2014.
2.6. Partecipazione del pubblico
Dalla
relazione e relativo provvedimento conclusivo di screening non risulta sia
stato rispettato quanto previsto dal comma 4 articolo 20 del DLgs 152/2006
secondo il quale l’Autorità Competente (nel caso in esame la Regione) nel
concludere il procedimento di verifica deve dimostrare di aver tenuto conto
delle osservazioni presentate dal pubblico. La normativa ligure sulla VIA ad oggi non prevede questa possibilità nella
procedura di verifica di assoggettabilità a VIA.
3. RIAPERTURA ISTRUTTORIA VIA
Intanto nella verifica non
è previsto la possibilità delle alternative
tecniche e di sito.
Lo studio delle alternative nell'ambito della VIA è alquanto
ampio e la letteratura suggerisce che, in genere, devono essere esaminate le
seguenti soluzioni:
1. ubicazioni e tracciati;
2. lay-out del sito e progettazione;
3. dimensione e scala;
4. disposizioni in materia di lavoro o gestione;
5. tempi di costruzione e messa in funzionamento;
6. assenza di intervento.
Se il progetto
andasse a via ordinaria occorrerà svolgere la istruttoria di valutazione sulla
base di un progetto definitivo e tenendo
conto delle alternativa e di nuove richieste integrative al progetto come ad
esempio un apposito SME per le emissioni odorigene
Non solo
ma potrà essere richiesta la inchiesta pubblica come prevede la legge regionale
38/1998 ex comma 5 articolo 11.
Per la
nuova procedura basterebbe chiedere un supplemento di istruttoria e quindi
utilizzare questa norma del dlgs 152/2006......... comma 1bis dell’articolo 28
del DLgs 152/2006 (TU ambientale) secondo il quale se dal monitoraggio del
progetto che ha passato la procedura di verifica o di VIA : “risultino impatti
negativi ulteriori e diversi, ovvero di entità significativamente superiore,
rispetto a quelli previsti e valutati nel provvedimento di valutazione
dell'impatto ambientale, l'autorità competente, acquisite informazioni e
valutati i pareri resi può modificare il provvedimento ed apporvi condizioni
ulteriori….. Qualora dall'esecuzione dei lavori ovvero dall'esercizio
dell'attività possano derivare gravi ripercussioni negative, non
preventivamente valutate, sulla salute pubblica e sull'ambiente, l'autorità
competente può ordinare la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate,
nelle more delle determinazioni correttive da adottare”.
4. ULTERIORI
PRECISAZIONI SULLA APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA SEVESO
Una delle argomentazioni
di esclusione dell’impianto in questione dalla normativa Seveso (disciplina delle
industrie a rischio di incidente rilevante) è quella per cui non esiste
lavorazione all’interno dell’impianto delle sostanze potenzialmente causa di
incidente. In realtà la definizione di stabilimento della Direttiva Seveso
versione 2012 entrata in vigore nel 27/7/2015 è che mentre in generale per
stabilimento oggetto della Direttiva si intende non solo lo spazio ristretto
del ciclo produttivo ma: ”tutta l'area
sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze
pericolose all'interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le
attività comuni o connesse”.
Insomma sono le sostanze
pericolose che fanno lo stabilimento definito ai sensi della direttiva Seveso,
versione 2012, non viceversa come avviene invece nella normativa sulla VIA e
sull’AIA. Infatti l’allegato 2 al DLgs 105/2015 che attua la Direttiva Seveso
III si afferma che nel Rapporto di Sicurezza
deve esserci la: “identificazione degli
impianti e di altre attività
dello stabilimento che potrebbero presentare un
pericolo di incidente rilevante”. Stesso discorso per gli impianti sotto soglia
che devono presentare solo la Notifica nella quale devono essere indicati (ex
comma 2 art. 13 DLgs 105/2015):
“d) le informazioni che consentano di individuare le sostanze pericolose
e la categoria di sostanze pericolose presenti o che possono
essere presenti;
e) la quantità e lo stato fisico della sostanza
pericolosa o delle sostanze pericolose in questione;
f) l'attività, in corso o prevista, dello
stabilimento;..”
peraltro
la stessa relazione tecnica al progetto afferma a pag. 2 che: “Oltre alle
operazioni di carico, scarico e stoccaggio del prodotto, è prevista la
possibilità di formulare direttamente su tutto il parco serbatoi dei tagli di
bitume a specifica richiesta dei vari clienti attraverso un blending manuale
che sarà gestito mediante apposito manifold valvolato e controllato con i
livelli dei serbatoi.”
5. LA QUESTIONE RIMOSSA DELL’IMPATTO SANITARIO DEL PROGETTO
Come vedremo subito la
questione rimossa dell’impatto sanitario è una ulteriore e forte motivazione
anche formale per richiedere una nuova procedura di VIA per il progetto in
esame. Vediamo perché….
5.1. La questione delle Industrie Insalubri
I depositi di bitume sono
classificati come industrie insalubri di prima classe ex parte I allegato al
Decreto Ministeriale. Come è noto queste attività ex articolo 216 testo unico
leggi sanitarie (Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265):
“Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può
essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita
provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo
esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato”
Ricordo che il termine
industria va inteso secondo il gergo dell’epoca in cui venne approvato
l’articolo 216 sopra citato per cui va intesa più genericamente come “attività”, “non necessariamente contraddistinta
da modalità intensive od organizzative di sfruttamento tali da
integrarne il carattere industriale” (Consiglio di Stato 04.09.2013, n. 4409)
Nella istruttoria fino ad
ora svolta la questione sanitaria è stata completamente rimossa questo
nonostante l’affermato rischio potenziale da emissioni odorigene contenuto,
anzi solo accennato, sia dalla relazione di screening della Regione che dal
documento della Provincia di Savona.
In realtà anche
recentemente il Consiglio di Stato 27/5/2014 n. 2751 ha affermato i seguenti limpidi principi assolutamente applicabili al
caso in esame:
a). l’opportunità
di una diversa ubicazione dell’impianto in ragione della vicinanza dello stesso
agli insediamenti abitativi, in deroga alla distanza minima di 500
metri prevista nell’ambito dei non impugnati criteri generali di
autorizzabilità per settori omogenei produttivi approvati dal Comitato
Regionale contro l’inquinamento atmosferico (siamo nella Regione Emilia
Romagna) nella seduta del 20.5.1991, e della conseguente esigenza di tenere nel
debito conto gli interessi di matrice ambientale e sanitaria;
b). se con
adeguata motivazione, l’attività insistente su un sito che dista poche
decine di metri dalle abitazioni più vicine, si dimostra che non avrebbe
prodotto benefici occupazionali e infrastrutturali apprezzabili in via
comparativa, soggiungendo che neanche l’importanza, per l’interesse collettivo,
dello smaltimento delle spoglie animali avrebbe giustificato il
potenziale vulnus ai prevalenti interessi di ordine ambientale
riguardanti l’igiene e la salute dei residenti;
c). che le
norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale possono stabilire
distanze di sicurezza adeguate (la sentenza in esame fa riferimento ad esempio
a 100 ml) per le industrie insalubri di 1^ classe ispetto ai
confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza
d). la fascia
di rispetto, dalla collocazione di dette industrie insalubri, riguarda
non solo i confini delle zone residenziali ma anche “preesistenti edifici
destinati a residenza”
e). se le
distanze adeguate (stabilite dalle prescrizioni regionali, dalle autorizzazioni
alle emissioni, dalle norme attuative dei piani urbanistici) non sono
rispettate anche gli ampliamenti/ammodernamento degli insediamenti esistenti
sono preclusi, con deroghe al massimo per le costruzioni residenziali e
produttive che eventualmente dovessero sorgere in terreni confinanti e non per
la localizzazione di un impianto insalubre
f). se è vero
che normativa nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U.
n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di collocazione di queste negli
abitati, non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari
parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934
al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (Cons. Stato, V n.338/1996).
5.2. La questione della valutazione dell’impatto sanitario nella procedura di VIA
Anche se la legge
regionale ligure sulla VIA non lo prevede in realtà da tempo la normativa
europea e nazionale sulla disciplina delle procedure di VIA prevede di valutare
anche l’impatto sulla salute:
La nuova Direttiva 2014/52/UE[1]
modificando l’articolo 3 della Direttiva 2011/92/UE ha ridefinito i fattori che devono essere
presi in considerazione per valutare gli effetti ambientali del progetto
oggetto della VIA. Vengono introdotti rispetto la testo precedente i seguenti
fattori:
1. Territorio
2. Popolazione e salute umana
3. Biodiversità
L’allegato III alla Direttiva 2011/92
come modificata dalla Direttiva 2014 nei criteri per
verificare la assoggettabilità a VIA
devono essere presi in
considerazione i “rischi per la salute
umana” dovuti alle caratteristiche del progetto.
Quindi anche i potenziali rischi per la salute
determinati dai caratteri del progetto, una volta confermati, verranno in considerazione per verificare la
significatività e quindi anche la dimensione degli impatti del progetto in
rapporto (vedi punto 3 dell’allegato
III):
alla estensione ed intensità dell’impatto
alla probabilità dell’impatto
alla insorgenza, durata, frequenza e
reversibilità dell’impatto
al cumulo tra l’impatto del progetto con altri
progetti esistenti e approvati
alla possibilità di ridurre l’impatto
L’allegato IV alla Direttiva 2011/92 come modificata dalla Direttiva 2014 prevede, al punto 4, che il Rapporto di Valutazione dell’Impatto
Ambientale (il SIA nella precedente versione precedente Direttiva) descriva lo
stato della salute umana nel sito interessato dal progetto in relazione (punto
5) ai potenziali rischi alla salute umana
producibili dallo stesso.
Il Dlgs 152/2006 non si è ancora adeguato
al nuovo testo della Direttiva 2011/92 come modificata da quella del 2014 ma la
lettera b) comma 4 articolo 4 del DLgs 152/2006 prevede che: ”la valutazione ambientale dei progetti ha la
finalità di proteggere la salute umana,…”.
A questo punto qualcuno potrebbe sollevare la
questione (formalmente burocratica) che queste norme non erano in vigore nel
2012 quando nel 2012 è stato svolto lo screening di VIA del progetto in
esame. Non è così.
Infatti esiste una norma dimenticata come norma
integrativa delle norme tecniche sulla VIA regionali . Una norma in vigore tutt’ora e soprattutto quando si
svolse la procedura di screening per il progetto che stiamo esaminando.
Si tratta del Dpcm 27/12/1988 (mai
abrogato ma solo modificato[2])
che definisce il contenuto degli studi di impatto ambientale che devono
accompagnare il progetto sottoposto a VIA , all’allegato 2 contiene una sezione
Salute Pubblica[3].
Questo decreto è applicabile ai progetti ed opere sottoposti a VIA statale
(allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006) ma anche, per quanto non disciplinato a livello
regionale, anche ai progetti sottoposti a VIA di competenza delle Regioni.
Questo Dpcm tutt’ora costituisce
attuazione con quanto previsto dall’allegato VII alla Parte II del DLgs
152/2006 (contenuti dello studio di impatto ambientale).
Voglio inoltre ricordare
che l’ambiente è materia di competenza esclusiva dello stato (articolo 117
della Costituzione) quindi le Regione possono modificare/integrare le norme
ambientali statali ma solo in meglio non in modo restrittivo per l’ambiente e
la salute.
Quindi lo screening di VIA della Regione Liguria sul
progetto in esame non ha minimamente tenuto conto della questione dell’impatto
sanitario come richiedeva la vigente normativa e come chiede quella successiva
in modo ancor più netto e preciso.
Se qualcuno si chiede come
si poteva fare questa valutazione di impatto sanitario anche nelle procedure di
VIA ma anche nelle istruttorie delle industrie insalubri, esistono da tempo
linee guida e metodologie validate:
Progetto VIIAS:
“Metodi per la Valutazione Integrata dell’Impatto Ambientale e Sanitario
dell’inquinamento atmosferico”[4];
Progetto Moniter
“Monitoraggio degli inceneritori nel territorio dell’Emilia Romagna ”[5],
Progetto VisPA 2010[6];
Progetto “Tools for HIA (t4HIA)” finanziato
dal CCM e coordinato dalla Regione Emilia-Romagna[7],
e da ultimo le linee guida (vediQUI) dell’ISPRA e del sistema delle Agenzie
per la protezione dell’Ambiente ( le Arpa) che definiscono come
effettuare la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (di
seguito VIIAS) nelle procedura di Valutazione Ambientale Strategica dei piani
territoriali e urbanistici e dei programmi (VAS) di Valutazione di Impatto
Ambientale di progetti ed opere (VIA) e di Autorizzazione Integrata Ambientale
(AIA) di installazioni fortemente impattanti e pericolose per ambiente e
salute.
Quindi nessuno di questi metodi anche quelli esistenti
e pubblici all’epoca dello screening di
VIA del progetto in esame è stato utilizzato dalle istituzioni competenti
(Regione per la VIA, Comune per le industrie insalubri)
6. INFINE I NUOVI CRITERI PER LA PROCEDURA DI VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ A VIA
Anche se il Decreto 30/3/2015 [8] che
riguarda questi nuovi criteri è stato pubblicato dopo lo screening di VIA del
progetto in esame, le importanti modifiche previste dal decreto, occorre
ricordare che questo Decreto è stato approvato per sanare una procedura di
infrazione della direttiva europea sulla VIA. In particolare infrazioni n. 2009/2086 e n.
2013/2170 della Commissione UE contro l’Italia
per il non corretto
recepimento della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 13 dicembre 2011, in
materia di valutazione di impatto ambientale.
Procedure quindi avviate ben
prima della decisione di verifica di VIA da parte della Regione Liguria sul
progetto in esame.
In particolare secondo il
Decreto relativamente al criterio per la verifica di assoggettabilità relativo
all’impatto cumulativo chiarisce che si dovrà
evitare che la valutazione dei potenziali impatti ambientali sia
limitata al singolo intervento
senza tenere conto dei possibili
impatti ambientali derivanti dall'interazione con altri progetti localizzati
nel medesimo contesto ambientale e territoriale.
Solo se le autorità
regionale non definiranno autonomamente tale ambito territoriale, le Linee
Guida prevedono che l’ambito venga così delimitato:
1. una fascia di un
chilometro per le opere lineari (500 m dall'asse del tracciato);
2. una fascia di un
chilometro per le opere areali (a partire dal perimetro esterno dell'area
occupata dal progetto proposto).
La sussistenza
dell'insieme delle condizioni sopra elencate comporta una riduzione del 50%
delle soglie relative alla specifica categoria progettuale indicate
nell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/200. Con buona pace quindi applicandolo al caso
in esame della soglia dei 40.000 m3 oltre la quale applica la VIA ordinaria.
Relativamente al criterio dei valutazione del rischio di
incidente, il Decreto prevede che sia considerata la significatività dei potenziali impatti
sull'ambiente e sulla salute umana derivanti dai rischi di incidenti,per i
progetti elencati nell'allegato IV alla
parte seconda del decreto legislativo n.152/2006, inerenti stabilimenti
soggetti alla normativa sulle industrie e rischio di incidente rilevante,
è prevista una riduzione del 50% delle
soglie.
Relativamente al criterio di valutazione della
localizzazione del progetto in aree sensibili, il Decreto stabilisce che
per dette aree sensibili le soglie previste per le categorie di opere ex
allegato IV alla Parte II del DLgs 152/2006 siano ridotte del 50%. Ricordo che
tra le aree sensibili rientrano anche quelle a forte densità demografica,
criterio come abbiamo visto in precedenza si applica sicuramente al progetto in
esame.
Quindi anche se il Decreto
è stato pubblicato successivamente al provvedimento conclusivo dello screening
di VIA sul progetto in esame i principi operativi che lo sottendono dovevano
essere già applicati considerate le procedura di infrazione in atto dal 2009
contro le norme italiane in materia di criteri per la verifica di
assoggettabilità a VIA comprese quelle della Liguria. In particolare come descritto sopra il
principio operativo di fondo è quello di non usare la soglia come strumento
formale per escludere dalla VIA ordinaria un progetto, magari per poche unità
di misura come avvenuto per il progetto esame, ma utilizzare tutti i criteri
per la verifica a prescindere dalla soglia valorizzando in primo luogo la
relazione tra le caratteristiche del progetto con la specificità del sito in
cui è dovrebbe essere realizzato.
È quello che non è stato svolto sicuramente per il
progetto di deposito di bitume esaminato in questo note.
[1] Per il testo coordinato tra le due
Direttive vedi a questo LINK
http://www.slideshare.net/MarcoGrondacci/direttiva-2011-92ue-testo-coordinato
[2] “Resta ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle
norme tecniche di cui al presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988.” Ultima parte comma 1 articolo 34 del DLgs
152/2006
[3] http://www.isprambiente.gov.it/files/temi/d.p.c.m.27dicembre1988.pdf
[4] www.viias.it
[5] http://www.arpa.emr.it/moniter/
[6] http://www.ccmnetwork.it/pagina.jsp?id=node/1603
[8] Decreto Ministero Ambiente
30 marzo 2015 “Linee
guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale
dei progetti di competenza delle regioni e province autonome, previsto
dall'articolo 15 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.”.
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