Recentemente, vedi QUI, per
un caso di diniego di accesso a informazioni ambientali da parte del Comune di
Sarzana, avevo spiegato che l’accesso alle informazioni (quindi non solo agli
atti in quanto tali) ambientali è
disciplinato da una normativa speciale che lo limita solo in casi molto
particolari. Invece, nel nostro territorio, amministratori comunali e dirigenti burocrati dei
vari enti pubblici, quasi sempre continuano a negare informazioni e atti a rilevanza
ambientale utilizzando le norme dell’accesso in generale quello per capirci che
ogni cittadino può attivare per tutelare propri interessi privati.
La disciplina dell’accesso alle informazioni ambientali (peraltro di
derivazione comunitaria) prevede espressamente che non occorra dimostrare un
interesse legittimo o un diritto soggettivo particolare da tutelare per poter
accedere a tali informazioni.
Gli
unici limiti ex lege all’accesso alle informazioni ambientali sono:
1.devono trattarsi di
informazioni comunque inerenti all’ambiente
2.la richiesta deve far
riferimento alla matrice ambientale (aria, acqua, suolo, biodiversità etc.) che
può essere interessata dalla informazione
3. l’esistenza di
particolari diritti di riservatezza da specificare da parte della Autorità in
possesso della informazione ambientale
4. se la informazione non
è in possesso della Amministrazione a cui è richiesta questa deve indicare chi
ne è in possesso e non può limitarsi a rigettare la richiesta
5. se la informazione di
cui si chiede l’accesso non ancora completata l’Amministrazione deve
dichiararlo esplicitamente e precisare i
tempi di completamento.
Fuori
da questi casi non sono ammissibili interpretazioni da parte della
Amministrazione in possesso delle informazioni ambientali per decidere
discrezionalmente se concedere o meno l'accesso ai richiedenti. Si veda TAR
Calabria 9/12/2014 n.793: "Detta
disciplina speciale della libertà d'accesso alle informazioni ambientali
risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva
comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza
sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità
ambientale, eliminando di fatto ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al
completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell'ambiente.
2.1 Così precisati gli estremi ed il
contenuto del diritto di accesso in materia ambientale, risulta agevole
concludere che ogni indebita limitazione, per via ermeneutica, della
legittimazione a pretendere l'accesso alle informazioni ambientali risulta preclusa
sia dal tenore letterale della disposizione, sia dalla sua finalità.”.
Ora
il Consiglio di Stato con una sentenza esemplare chiarisce e ribadisce questa
visione ampia dell’accesso alle informazioni ambientali, sbugiardando per l’ennesima
volta i nostri amministratori sempre pronti
ad aggirare le leggi quando è di loro convenienza ma poi altrettanto
lesti nell’interpretarle capziosamente a loro uso e consumo.
Ma
cosa afferma la nuova sentenza del
Consiglio di Stato n. 2557/2014?
“In linea
generale si deve ricordare che, come è noto, la disciplina dell’accesso in
materia ambientale è specificamente contenuta nel D. Lgs. 19 ottobre 2005, n.
195, che prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale
dell’informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva
(ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all’accesso in
materia ambientale) e sia per quello che riguarda il profilo oggettivo
(prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata
dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg. della L. n.241).”
Ma
non è finita qui perché il TAR Marche è recentemente intervenuto anche sul
contenuto della definizione di informazione ambientale con particolare
riferimento agli atti edilizi. Infatti
spesso accade che di fronte alla richiesta di accesso ad un atto edilizio
finalizzata anche a verificare eventuali impatti ambientali della realizzazione
autorizzata, gli uffici dei Comuni rispondano che trattasi di atti non
accedibili se non dimostrando un particolare interesse legittimo o diritto
soggettivo (ad esempio risiedere o avere
una attività nelle dirette vicinanze dell’area interessata dall’atto da
accedere).
Il
Tar Marche con sentenza 923/2014 ha ribadito con estrema chiarezza che: “l’art. 20, comma
6, del T.U. in materia edilizia n.
380/2001, nella parte in cui stabilisce che dell’avvenuto rilascio di un titolo
edilizio va dato avviso all’albo pretorio. Tale disposizione non può che essere
interpretata nel senso che tale onere di pubblicazione è funzionale a consentire
a qualsiasi soggetto interessato di visionare gli atti del procedimento, in
ragione di quel controllo “diffuso” sull’attività edilizia che il legislatore
ha inteso garantire (vedasi anche l’art. 27, comma 3, del DPR n. 380/2001).”
Due esempi concreti di principi che ogni cittadino deve utilizzare
quando si dovesse trovare di fronte ad un funzionario pubblico che negasse l’accesso
ad una informazione a rilevanza ambientale diretta o indiretta.
ACCESSO CIVICO
Peraltro ormai dopo l’entrata in vigore della normativa
sulla trasparenza e quindi l’introduzione dell’istituto dell’Accesso Civico
praticamente tutte le informazioni ambientali in possesso di una
Amministrazione Pubblica (comprese i soggetti che gestiscono un servizio
pubblico: rifiuti, servizio idrico etc.) devono essere pubblicate sui loro siti senza
attendere particolari richieste dei cittadini. Ma come ho dimostrato in questi post su questo
nel nostro territorio siamo ancora lontani dal rispetto di detta normativa.
Per le informazioni ambientali che devono essere pubblicate
vedi QUI.
Sulle sanzioni attivabili contro amministratori e funzionari
che non rispettano la normativa sull’accesso civico vedi QUI e QUI.
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