Corte di Giustizia con sentenza del 11 gennaio 2024 (QUI) è intervenuta
nuovamente sulla questione di come deve essere interpretato il principio di
diritto comunitario sulla “non eccessiva onerosità” a carico di chi,
(associazioni, comitati) perde una causa a tutela di un interesse ambientale
relativo ad una normativa del settore (nel caso specifico della sentenza i
rifiuti).
La sentenza chiarisce che:
1. al di là della capacità
finanziaria del soggetto perdente occorre considerare che questo svolge una
azione di tutela dell’ambiente non certo di interessi meramente privati;
2. il
concetto di non eccessiva onerosità vuol significare che le spese in caso di
condanna al pagamento per perdita della causa non devono essere tali da inibire
il diritto all’esercizio effettivo della azione nelle sedi legali definite
dagli stati membri;
3. quindi
il giudice nazionale deve rispettare la suddetta interpretazione del principio
della non eccessiva onerosità quando definisce il quantum da far pagare alla
associazione, comitato, privato etc. che hanno perso la causa.
La sentenza europea come vedremo nella parte finale del post, parla anche alla sentenza del Tar del Lazio sul progetto di rigassificatore di Piombino che, respigendo il ricorso del Comune ha condannato sia l'ente locale che le associazioni intervenute al pagamento di spese per una somma spropositata e anomale in sentenze su questioni come quella del caso esaminato.
L GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E NAZIONALE PRECEDENTE ALLA
NUOVA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
La nuova sentenza ribadisce e integra quanto già espresso in
precedenti sentenze Corte di Giustizia UE come quella del 11 aprile 2013 (QUI) dove si è
affermato che le spese di un procedimento:
a) non devono superare le capacità
finanziarie dell’interessato
b) non devono apparire, ad ogni
modo, oggettivamente irragionevoli
c) non devono essere valutate
avendo come riferimento un ricorrente medio poiché siffatti
dati possono avere soltanto un esile collegamento con la situazione
dell’interessato.
I parametri sopra indicati sono quelli prioritari per valutare il
concetto di non eccessivamente onerosi. Altri parametri di
valutazione, che dovranno però rispettare quelli prioritari, sono:
d) situazione delle parti in
causa,
e) ragionevoli possibilità di
successo del richiedente,
f) importanza della posta in
gioco per il richiedente nonché per la tutela dell’ambiente,
g) la complessità del diritto e
della procedura applicabili,
h) il carattere eventualmente
temerario del ricorso nelle varie sue fasi.
Sul punto di veda anche sentenza Corte di Giustizia 13 febbraio 2014 (QUI) dove si afferma: “è tuttavia consentito ai giudici nazionali di condannare il soccombente a pagare le spese del giudizio, a condizione che l'importo delle stesse sia ragionevole e che esse non siano, nel loro complesso, onerose”.
Così anche il Consiglio di Stato con sentenza n° 1137 del 2020 aveva statuito che il principio di non eccessiva onerosità della Convenzione di Aarhus e relativa giurisprudenza comunitaria sopra riportata non è applicabile solo nel caso in cui la causa non riguardi la materia ambientale.
LA TIPOLOGIA DI ASSOCIAZIONE LEGITTIMATA AD AGIRE A
TUTELA DI INTERESSI AMBIENTALI
Il contenzioso è iniziato a livello dello stato membro, dove con
un ricorso presentato al Tribunale superiore di Cluj di Romania nell’ottobre
2018, una società civile professionale di avvocati, la AB & CD, ha chiesto
l’annullamento di vari atti amministrativi adottati dalle autorità rumene in
vista della costruzione di una discarica a Pojorâta, vale a dire il Piano
regolatore del 16 settembre 2009 e il permesso di costruire del 3 ottobre 2012.
Al di là della questione posta da una delle domande pregiudiziali se
rientra nella nozione di pubblico della Convenzione di Århus (informazione
partecipazione e accesso alla giustizia ambientale QUI approvata dalla
UE con Decisione 2005/370/CE QUI) quella di un’entità giuridica
come una società civile professionale di avvocati.
La Corte sul punto ha afferma che l’articolo
9, paragrafo 3, della convenzione di Århus deve essere interpretato nel senso che esso non
osta a una normativa nazionale in forza della quale a un soggetto giuridico
diverso da un’organizzazione non governativa per la tutela dell’ambiente è
riconosciuta la legittimazione ad agire contro un atto amministrativo di cui
non è destinatario solo qualora faccia valere la violazione di un interesse
legittimo privato o di un interesse legato a una situazione giuridica
direttamente connessa al suo oggetto sociale.
LA DOMANDA PREGIUDIZIALE POSTA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
SUL PRINCIPI DI NON ECCESSIVA ONEROSITÀ NELL’ACCOESSO ALLA GIUSTIZIA NEGLI
STATI MEMBRI
La sentenza di pronuncia anche su un'altra questione più
significativa che è la seguente: se l’articolo 9, paragrafi 3, 4 e 5, della
convenzione (di Århus),
e l’articolo 47, primo e secondo comma [NOTA ],
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (QUI), in combinato
disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (QUI), debbano
essere interpretati nel senso che il requisito che il rimedio adeguato ed
effettivo, ivi compresa l’adozione di una decisione giudiziaria, “non sia
eccessivamente oneroso”, presupponga regole e/o criteri per contenere le
spese poste a carico della parte processuale rimasta soccombente, nel senso che
il giudice nazionale deve garantire il rispetto del requisito del costo non
eccessivamente oneroso tenendo conto sia dell’interesse della persona che
intende tutelare i propri diritti sia dell’interesse generale legato alla
tutela dell’ambiente».
Prima di tutto la sentenza della Corte
di Giustizia afferma che dalla domanda di
pronuncia pregiudiziale risulta che la controversia di cui al procedimento
principale implica un controllo della legittimità degli atti amministrativi
alla luce degli obblighi che, nel settore delle discariche di rifiuti, derivano
dalla direttiva 1999/31. Ne consegue che tale controversia riguarda il rispetto
del «diritto ambientale nazionale», di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della
Convenzione di Århus, e rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae di
tale disposizione ( si veda sentenza Corte di Giustizia UE dell’8 novembre
2022, C‑873/19 QUI, punti 50, 56 e 58).
PRONUNCIAMENTO
DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE SULLA QUESTIONE PREGIUDIZIALE SUL SIGNIFICATO DELLA
DIZIONE “ECCESSIVA ONEROSITÀ” DA PARTE DELLA DECISIONE DI UN ORGANO DELLA
GIUSTIZIA DI UNO STATO MEMBRO
La Corte afferma che l’articolo
9, paragrafi 4 e 5, della convenzione di Århus, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta
(QUI), deve essere
interpretato nel senso che, al fine di garantire il rispetto del requisito
della non eccessiva onerosità dei procedimenti giurisdizionali, il giudice
chiamato a pronunciarsi sulla condanna alle spese di una parte soccombente, in
una controversia in materia ambientale, deve tener conto di tutte le
circostanze del caso di specie, ivi compresi l’interesse di tale parte e
l’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.
In particolare, la Corte di Giustizia nella sentenza qui esaminata
precisa meglio l’articolazione del suddetto principio di non eccessiva
onerosità:
1. occorre tener conto
tanto dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti
quanto dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente. Tale
valutazione non può quindi essere compiuta unicamente in relazione alla
situazione economica dell’interessato, ma deve anche poggiare su un’analisi
oggettiva dell’importo delle spese, e ciò a fortiori in quanto
i privati e le associazioni sono naturalmente chiamati a svolgere un ruolo
attivo nella tutela dell’ambiente. Pertanto, le spese di un procedimento non
devono superare le capacità finanziarie dell’interessato né apparire, ad ogni
modo, oggettivamente irragionevoli (v., per analogia, sentenza Corte di
Giustizia UE dell’11 aprile 2013, C‑260/11 punti 39 e 40, QUI).
2. il requisito inerente al procedimento «non
eccessivamente oneroso», nel settore ambientale, contribuisce al rispetto del
diritto ad un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47 della Carta, nonché
del principio di effettività secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi
intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del
diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento
giuridico dell’Unione (sentenza Corte di Giustizia UE dell’11 aprile 2013, C‑260/11
punto 33 e giurisprudenza citata sopra).
3. la mancata
determinazione dettagliata dei costi nel contenzioso ambientale non può
considerarsi incompatibile, di per sé, con la regola della non eccessiva
onerosità. Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio verificare in che misura i
meccanismi esistenti nel diritto rumeno siano conformi ai requisiti derivanti
da tale articolo 9, paragrafo 4 della Convenzione di Århus.
4. al fine di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva quando,
come nel caso di specie, è in discussione l’applicazione del diritto ambientale
nazionale, il giudice del rinvio è tenuto a interpretare il proprio diritto
nazionale nella maniera più conforme possibile agli obiettivi enunciati
nell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, di modo che le spese
dei procedimenti giurisdizionali non siano eccessivamente onerose (v., in tal
senso, sentenze dell’8 marzo 2011 C‑240/09 (QUI), punto 50 nonché del 15 marzo 2018 C‑470/16 punto
57 - QUI).
IL CASO DELLA SENTENZA DEL TAR LAZIO SUL RIGASSIFICATORE
DI PIOMBINO
La Sentenza (QUI) ha
condannato Comune e associazioni ambientaliste a pagare una somma esorbitante
per una causa ambientale di 105.000 euro!
Le motivazioni principali secondo il Tar sarebbero due: l’eccesso
di motivi aggiunti presentati dal Comune e il fatto che gli atti processuali dell’ente locale erano
troppo lunghi non rispettando le indicazioni del Decreto Presidente del Consiglio
di Stato n° 9103 del 2022. In realtà presentare i motivi aggiunti in una causa
così complessa con una serie di atti reiterati dal Commissario e dagli enti
intervenienti nel procedimento non si capisce quindi questa contestazione dei
giudici amministrativi visto che se il Comune non avesse presentato i motivi aggiunti
rischiava di decadere dal giudizio.
Per quanto riguarda la
lunghezza degli atti la regola esiste ma occorre venga valutato nel caso
specifico non è quindi un automatismo condannare alle spese, infatti l’articolo
13-ter del Codice del Processo Amministrativo afferma che: “2. Nella fissazione dei limiti dimensionali del
ricorso e degli atti difensivi si tiene conto del valore effettivo della
controversia, della sua natura tecnica e del valore dei diversi interessi
sostanzialmente perseguiti dalle parti”.
Infatti, aggiunge questa norma che il Decreto del Presidente del Consiglio di
Stato stabilisce i casi in cui per la complessità della causa si può
giustificare il superamento dei limiti dimensionali del testo del ricorso depositato.
Non solo ma al di là della condanna alle spese che in caso di
soccombenza ci possono stare comunque (a prescindere dalle dimensioni degli
atti) quello che non torna sono le dimensioni della condanna superando la cifra
dei 100.000 euro assolutamente inusuale in cause di fronte ai TAR soprattutto
se in materia ambientale. Tutto questo appare quindi in palese contrasto con
quanto afferma dalla Convenzione di Århus e la giurisprudenza comunitaria sopra riportata.
Infine, la Sentenza del Tar del Lazio ha dichiarato inammissibile
il ricorso della Unione sindacale di base con questa motivazione per cui l’intervento
di questo sindacato: “non si pone a tutela di
interessi propri ed esclusivi dell'associazione né tanto meno di un interesse
comune e omogeneo di tutti i soggetti rappresentati dall’USB, bensì a tutela
degli interessi di alcuni soltanto di tali soggetti, e nello specifico dei lavoratori
della JSW Steel Style.”
Premesso che in questo caso USB è intervenuta in
quanto il rigassificatore mettere a rischio solo con la sua presenza tutti i
lavoratori dell’area portuale di Piombino e questo è un dato oggettivo e
nessuno può contestare non a caso questo impianto è sottoposto alla normativa
Seveso e non a caso la procedura di autorizzazione del progetto prevede anche l’intervento
delle Autorità competenti in materia di sicurezza portuale e di sicurezza negli
ambienti di lavoro.
Inoltre, la sentenza della Corte di Giustizia, dello
scorso 11 gennaio 2024, sopra descritta afferma chiaramente la legittimazione
ad intervenire nelle cause ambientali anche di una associazione di avvocati non
solo di una associazione ambientalista. In particolare, la Corte di Giustizia
come abbiamo visto è legittimata ad intervenire una organizzazione anche “contro
un atto amministrativo di cui non è destinataria solo qualora faccia valere la
violazione di un interesse legittimo privato o di un interesse legato a una
situazione giuridica direttamente connessa al suo oggetto sociale”.
Ora come ammette perfino la sentenza del Tar del Lazio la USB: “tra
le proprie finalità statutarie, si propone la tutela dei diritti “dei
lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati, i loro interessi economici e
sociali, la loro dignità morale e professionale”.
Tra dignità morale e professionale nonché interessi sociali
rientrano sicuramente anche le problematiche ambientali di prevenzione
sanitaria e di sicurezza negli ambienti di lavoro tutti interessi oggetto della
causa in questione.
[NOTA 1]
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