lunedì 5 febbraio 2024

Sentenza UE: NO a condanna a spese eccessive nelle cause ambientali e il caso di Piombino

Corte di Giustizia con sentenza del 11 gennaio 2024 (QUI) è intervenuta nuovamente sulla questione di come deve essere interpretato il principio di diritto comunitario sulla “non eccessiva onerosità” a carico di chi, (associazioni, comitati) perde una causa a tutela di un interesse ambientale relativo ad una normativa del settore (nel caso specifico della sentenza i rifiuti).

La sentenza chiarisce che:

1. al di là della capacità finanziaria del soggetto perdente occorre considerare che questo svolge una azione di tutela dell’ambiente non certo di interessi meramente privati;

2. il concetto di non eccessiva onerosità vuol significare che le spese in caso di condanna al pagamento per perdita della causa non devono essere tali da inibire il diritto all’esercizio effettivo della azione nelle sedi legali definite dagli stati membri;

3. quindi il giudice nazionale deve rispettare la suddetta interpretazione del principio della non eccessiva onerosità quando definisce il quantum da far pagare alla associazione, comitato, privato etc. che hanno perso la causa.

La sentenza europea come vedremo nella parte finale del post, parla anche alla sentenza del Tar del Lazio sul progetto di rigassificatore di Piombino che, respigendo il ricorso del Comune ha condannato sia l'ente locale che le associazioni intervenute al pagamento di spese per una somma spropositata e anomale in sentenze su questioni come quella del caso esaminato. 

 

 

L GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E NAZIONALE PRECEDENTE ALLA NUOVA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

La nuova sentenza ribadisca e integra quanto già espresso in precedenti sentenze Corte di Giustizia UE come quella del 11 aprile 2013 (QUI) dove si è affermato che le spese di un procedimento:

a) non devono superare le capacità finanziarie dell’interessato

b) non devono apparire, ad ogni modo, oggettivamente irragionevoli

c) non devono essere valutate avendo come riferimento un ricorrente medio poiché siffatti dati possono avere soltanto un esile collegamento con la situazione dell’interessato.

 

I parametri sopra indicati sono quelli prioritari per valutare il concetto di non eccessivamente onerosi.  Altri parametri di valutazione, che dovranno però rispettare quelli prioritari, sono:

d) situazione delle parti in causa,

e) ragionevoli possibilità di successo del richiedente,

f) importanza della posta in gioco per il richiedente nonché per la tutela dell’ambiente,

g) la complessità del diritto e della procedura applicabili,

h) il carattere eventualmente temerario del ricorso nelle varie sue fasi.


Sul punto di veda anche sentenza Corte di Giustizia 13 febbraio 2014 (QUI) dove si afferma: “è tuttavia consentito ai giudici nazionali di condannare il soccombente a pagare le spese del giudizio, a condizione che l'importo delle stesse sia ragionevole e che esse non siano, nel loro complesso, onerose”.

Così anche il Consiglio di Stato con sentenza n° 1137 del 2020 aveva statuito che il principio di non eccessiva onerosità della Convenzione di Aarhus e relativa giurisprudenza comunitaria sopra riportata non è applicabile solo nel caso in cui la causa non riguardi la materia ambientale.

 

 

 

LA TIPOLOGIA DI ASSOCIAZIONE LEGITTIMATA AD AGIRE A TUTELA DI INTERESSI AMBIENTALI

Il contenzioso è iniziato a livello dello stato membro, dove con un ricorso presentato al Tribunale superiore di Cluj di Romania nell’ottobre 2018, una società civile professionale di avvocati, la AB & CD, ha chiesto l’annullamento di vari atti amministrativi adottati dalle autorità rumene in vista della costruzione di una discarica a Pojorâta, vale a dire il Piano regolatore del 16 settembre 2009 e il permesso di costruire del 3 ottobre 2012.

Al di là della questione posta da una delle domande pregiudiziali se rientra nella nozione di pubblico della Convenzione di Århus (informazione partecipazione e accesso alla giustizia ambientale QUI approvata dalla UE con Decisione 2005/370/CE QUI) quella di un’entità giuridica come una società civile professionale di avvocati.

La Corte sul punto ha afferma che  l’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Århus deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale a un soggetto giuridico diverso da un’organizzazione non governativa per la tutela dell’ambiente è riconosciuta la legittimazione ad agire contro un atto amministrativo di cui non è destinatario solo qualora faccia valere la violazione di un interesse legittimo privato o di un interesse legato a una situazione giuridica direttamente connessa al suo oggetto sociale.

 


 

LA DOMANDA PREGIUDIZIALE POSTA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA SUL PRINCIPI DI NON ECCESSIVA ONEROSITÀ NELL’ACCOESSO ALLA GIUSTIZIA NEGLI STATI MEMBRI

La sentenza di pronuncia anche su un'altra questione più significativa che è la seguente: se l’articolo 9, paragrafi 3, 4 e 5, della convenzione (di Århus), e l’articolo 47, primo e secondo comma [NOTA ], della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (QUI), in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (QUI), debbano essere interpretati nel senso che il requisito che il rimedio adeguato ed effettivo, ivi compresa l’adozione di una decisione giudiziaria, “non sia eccessivamente oneroso”, presupponga regole e/o criteri per contenere le spese poste a carico della parte processuale rimasta soccombente, nel senso che il giudice nazionale deve garantire il rispetto del requisito del costo non eccessivamente oneroso tenendo conto sia dell’interesse della persona che intende tutelare i propri diritti sia dell’interesse generale legato alla tutela dell’ambiente».

Prima di tutto la sentenza della Corte di Giustizia afferma che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la controversia di cui al procedimento principale implica un controllo della legittimità degli atti amministrativi alla luce degli obblighi che, nel settore delle discariche di rifiuti, derivano dalla direttiva 1999/31. Ne consegue che tale controversia riguarda il rispetto del «diritto ambientale nazionale», di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Århus, e rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae di tale disposizione ( si veda sentenza Corte di Giustizia UE dell’8 novembre 2022, C‑873/19 QUI, punti 50, 56 e 58).

 

 

 

PRONUNCIAMENTO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE SULLA QUESTIONE PREGIUDIZIALE SUL SIGNIFICATO DELLA DIZIONE “ECCESSIVA ONEROSITÀ” DA PARTE DELLA DECISIONE DI UN ORGANO DELLA GIUSTIZIA DI UNO STATO MEMBRO

La Corte afferma che  l’articolo 9, paragrafi 4 e 5, della convenzione di Århus, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta (QUI), deve essere interpretato nel senso che, al fine di garantire il rispetto del requisito della non eccessiva onerosità dei procedimenti giurisdizionali, il giudice chiamato a pronunciarsi sulla condanna alle spese di una parte soccombente, in una controversia in materia ambientale, deve tener conto di tutte le circostanze del caso di specie, ivi compresi l’interesse di tale parte e l’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.

 

In particolare, la Corte di Giustizia nella sentenza qui esaminata precisa meglio l’articolazione del suddetto principio di non eccessiva onerosità:

1. occorre tener conto tanto dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti quanto dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente. Tale valutazione non può quindi essere compiuta unicamente in relazione alla situazione economica dell’interessato, ma deve anche poggiare su un’analisi oggettiva dell’importo delle spese, e ciò a fortiori in quanto i privati e le associazioni sono naturalmente chiamati a svolgere un ruolo attivo nella tutela dell’ambiente. Pertanto, le spese di un procedimento non devono superare le capacità finanziarie dell’interessato né apparire, ad ogni modo, oggettivamente irragionevoli (v., per analogia, sentenza Corte di Giustizia UE dell’11 aprile 2013, C‑260/11 punti 39 e 40, QUI). 

2. il requisito inerente al procedimento «non eccessivamente oneroso», nel settore ambientale, contribuisce al rispetto del diritto ad un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47 della Carta, nonché del principio di effettività secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza Corte di Giustizia UE dell’11 aprile 2013, C‑260/11 punto 33 e giurisprudenza citata sopra).

3. la mancata determinazione dettagliata dei costi nel contenzioso ambientale non può considerarsi incompatibile, di per sé, con la regola della non eccessiva onerosità. Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio verificare in che misura i meccanismi esistenti nel diritto rumeno siano conformi ai requisiti derivanti da tale articolo 9, paragrafo 4 della Convenzione di Århus.

4. al fine di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva quando, come nel caso di specie, è in discussione l’applicazione del diritto ambientale nazionale, il giudice del rinvio è tenuto a interpretare il proprio diritto nazionale nella maniera più conforme possibile agli obiettivi enunciati nell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, di modo che le spese dei procedimenti giurisdizionali non siano eccessivamente onerose (v., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2011 C‑240/09 (QUI), punto 50 nonché del 15 marzo 2018 C‑470/16 punto 57 - QUI).

 

 

 

IL CASO DELLA SENTENZA DEL TAR LAZIO SUL RIGASSIFICATORE DI PIOMBINO

La Sentenza (QUI) ha condannato Comune e associazioni ambientaliste a pagare una somma esorbitante per una causa ambientale di 105.000 euro!

Le motivazioni principali secondo il Tar sarebbero due: l’eccesso di motivi aggiunti presentati dal Comune e il fatto che gli atti processuali dell’ente locale erano troppo lunghi non rispettando le indicazioni del Decreto Presidente del Consiglio di Stato n° 9103 del 2022. In realtà presentare i motivi aggiunti in una causa così complessa con una serie di atti reiterati dal Commissario e dagli enti intervenienti nel procedimento non si capisce quindi questa contestazione dei giudici amministrativi visto che se il Comune non avesse presentato i motivi aggiunti rischiava di decadere dal giudizio.

 Per quanto riguarda la lunghezza degli atti la regola esiste ma occorre venga valutato nel caso specifico non è quindi un automatismo condannare alle spese, infatti l’articolo 13-ter del Codice del Processo Amministrativo afferma che: “2.  Nella fissazione dei limiti dimensionali del ricorso e degli atti difensivi si tiene conto del valore effettivo della controversia, della sua natura tecnica e del valore dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti”. Infatti, aggiunge questa norma che il Decreto del Presidente del Consiglio di Stato stabilisce i casi in cui per la complessità della causa si può giustificare il superamento dei limiti dimensionali del testo del ricorso depositato.

Non solo ma al di là della condanna alle spese che in caso di soccombenza ci possono stare comunque (a prescindere dalle dimensioni degli atti) quello che non torna sono le dimensioni della condanna superando la cifra dei 100.000 euro assolutamente inusuale in cause di fronte ai TAR soprattutto se in materia ambientale. Tutto questo appare quindi in palese contrasto con quanto afferma dalla Convenzione di Århus e la giurisprudenza comunitaria sopra riportata.

 

Infine, la Sentenza del Tar del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso della Unione sindacale di base con questa motivazione per cui l’intervento di questo sindacato: “non si pone a tutela di interessi propri ed esclusivi dell'associazione né tanto meno di un interesse comune e omogeneo di tutti i soggetti rappresentati dall’USB, bensì a tutela degli interessi di alcuni soltanto di tali soggetti, e nello specifico dei lavoratori della JSW Steel Style.”

Premesso che in questo caso USB è intervenuta in quanto il rigassificatore mettere a rischio solo con la sua presenza tutti i lavoratori dell’area portuale di Piombino e questo è un dato oggettivo e nessuno può contestare non a caso questo impianto è sottoposto alla normativa Seveso e non a caso la procedura di autorizzazione del progetto prevede anche l’intervento delle Autorità competenti in materia di sicurezza portuale e di sicurezza negli ambienti di lavoro.

Inoltre, la sentenza della Corte di Giustizia, dello scorso 11 gennaio 2024, sopra descritta afferma chiaramente la legittimazione ad intervenire nelle cause ambientali anche di una associazione di avvocati non solo di una associazione ambientalista. In particolare, la Corte di Giustizia come abbiamo visto è legittimata ad intervenire una organizzazione anche “contro un atto amministrativo di cui non è destinataria solo qualora faccia valere la violazione di un interesse legittimo privato o di un interesse legato a una situazione giuridica direttamente connessa al suo oggetto sociale”.

Ora come ammette perfino la sentenza del Tar del Lazio la USB: “tra le proprie finalità statutarie, si propone la tutela dei diritti “dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati, i loro interessi economici e sociali, la loro dignità morale e professionale”.  

Tra dignità morale e professionale nonché interessi sociali rientrano sicuramente anche le problematiche ambientali di prevenzione sanitaria e di sicurezza negli ambienti di lavoro tutti interessi oggetto della causa in questione.

 

 



[NOTA 1] Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo




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