giovedì 16 gennaio 2020

Biodigestore Saliceti: ristoro ambientale o regalo per convincere i Comuni?

Recos SpA la partecipata Iren che vuole realizzare il bodigestore a Saliceti (Vezzano Ligure) con un comunicato uscito oggi sui mass media locali , ribadisce la sua proposta di un ristoro economico  per i Comuni spezzini nel caso verrà realizzato il biodigestore. 
Prima una riflessione più generale però. È curioso che Recos ricordi ai Comuni di questo contributo proprio dopo che è uscita la notizia dell’accoglimento della Petizione (sottoscritta da Sindaci , associazioni e comitati) inviata al Parlamento Europeo che ora inizierà l’iter di verifica sul fondamento delle violazioni di diritto comunitario avanzato dagli estensori di detta Petizione.Insomma invece che rispondere nel merito delle violazioni Recos prima di tutto ricorda ai Comuni, compresi i due che hanno sottoscritto la Petizione, che ci sono in ballo tanti bei soldini per loro!  Un bel modo di dialogare con chi contesta il sito e il progetto no?

Ma torniamo alle questioni tecnico giuridiche . 

Il comunicato di Recos  fa riferimento a cifre distinte per Comune per un totale di 570 mila euro:  390 mila per Spezia; 43 mila per Santo Stefano e Arcola; 32 mila a Vezzano e Bolano, e 27 mila euro per Follo.
Il parametro su cui si fondano queste cifre annunciate da Recos è un tot per abitante. Quindi a prescindere da dove viene concretamente collocato l’impianto chi ha più abitanti si beccherà più soldi. Siamo quindi di fronte ad un “ristoro economico” che si configura neppure come una monetizzazione della salute. Infatti Spezia che sarà il Comune che, per le distanze dal sito di Saliceti, avrà sicuramente gli  impatti ambientali sanitarie e socio economico minori, prenderà oltre due terzi del totale mentre Vezzano e Santo Stefano che il biodigestore lo avranno in casa prenderanno le briciole.
Insomma una sorta di liberalità che con l’ambiente e la sua tutela anche solo in chiave riparatoria non c’entra un bel nulla! Mi viene in mente un'altra definizione ma voglio mantenere il confronto su un piano tecnico.

Vediamo da dove deriva questo “ristoro economico” in termini normativi regionali. Deriva dal Regolamento n° 2 del 2002 (e s.m.i. per il testo coordinato QUI)
Intanto occorre dire che il regolamento stabilisce (articolo 4) che il ristoro economico sia indirizzato a interventi di mitigazione degli impatti del biodigestore sul territorio comunale. Già qui nasce una clamorosa contraddizione tra le cifre distribuite ai Comuni (vedi sopra) e il testo del regolamento. Infatti mi chiedo cosa potrà fare il Comune di Vezzano Ligure con soli 32mila euro per mitigare l’impatto del biodigestore e cosa invece ci farà il Comune di Spezia con ben 390mila euro visto che il sito dove è previsto il biodigestore neppure confina con il suo territorio di competenza? Siamo all’assurdo.

Quindi le cifre di cui parla Recos sono in contrasto palese con l’articolo 4 del regolamento regionale per altro l’articolo 2 del regolamento fa riferimento ad una quota per kg di rifiuto trattato nell’impianto non per numero di abitanti. Non solo ma l’articolo 40 legge regionale 18/1999 da cui discende il regolamento regionale sopra descritto afferma testualmente:
Art. 40. (Onere di servizio). 1. La Giunta regionale individua:
a) la tipologia degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti per i quali è dovuto un contributo annuale da parte dei gestori degli impianti al Comune ove tali impianti sono siti;
b) i criteri per la determinazione del contributo da commisurarsi alla quantità e qualità dei rifiuti movimentati, nonché alla tipologia dell'impianto. Il contributo può essere aggiornato ogni tre anni.
2. I relativi introiti sono destinati in via preferenziale dal Comune per interventi in campo ambientale.”
Come si vede anche qui non c’è alcun riferimento al numero di abitanti e soprattutto l’onere di servizio è riferito solo al Comune sede dell’impianto, nel caso del biodigestore spezzino il Comune di Vezzano Ligure.

Quindi le cifre di cui parla Recos non corrisponderebbe nelle modalità distributive al suddetto regolamento regionale.
Ma la questione non finisce qui.

In realtà a prescindere dalla miseria di soldi (miseria in rapporto all’impatto che un impianto che tratterà da un minimo di 60.000 ton/anno ad una massimo di 80-90.000 di rifiuti organici)  che arriveranno ai Comuni più interessati dal progetto di biodigestore , la normativa che disciplina la autorizzazione di questo tipo di impianti prevede ben altro che una sorta di “regalo” monetario.

Vediamo di cosa si tratta.

Come risulta dalla procedura di Provvedimento di autorizzazione unico regionale in corso per il progetto di biodigestore su Saliceti (Vezzano Ligure) all’interno di detta procedura c’è non solo la Valutazione di Impatto Ambientale ma anche l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
La disciplina nazionale di questa tipologia di autorizzazione (AIA) prevede ben altro che una elargizione come quella prospettata da Recos, peraltro basata su un parametro  (il numero di abitanti del Comune) che con l’ambiente e la salute non c’entrano un tubo come vedremo subito…



IL FONDAMENTO NORMATIVO DEL RISTORO AMBIENTALE NELLA PROCEDURA DI AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE DEL BIODIGESTORE
Se la procedura di autorizzazione del biodigestore scelta è quella dell’AIA allora rileva quanto previsto dal comma 15 articolo 29-quater del DLgs 152/2006: “15. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.” 
Quindi  i parametri per i “ristori economici”  (per usare il linguaggio confuso della Recos nel caso spezzino) sono chiari e netti per arrivare a stipulare gli accordi di cui tratta la sopra citata norma:
1. il rilevante impatto ambientale dell’impianto che deve ricevere l’AIA,
2. la complessità dell’impianto in questione
3. il rilevante interesse nazionale e/o regionale dell’impianto,quindi cmq sovra locale. 

Questi tre parametri di riferimento  dovranno  essere attuativi delle disposizioni del DLgs 152/2006, in materia di  AIA. 
E’ chiaro quindi come il riferimento alle politiche del territorio e alle strategie aziendali sia riferito al rapporto tra l’impianto da autorizzare (secondo i principi del DLgs 152/2006) e il territorio in cui dovrà essere collocato.
Ciò è confermato dal penultimo capoverso del comma,  sopra riportato,  secondo il quale l’autorità competente al rilascio dell’AIA (in questo caso la Provincia) deve svolgere un ruolo di garanzia  nel coordinare quanto emerge dalla istruttoria dell’AIA e l’accordo stesso. 
In sostanza l’accordo dovrà attuare le prescrizioni emerse dall’AIA in chiave socioeconomica ma strettamente inerenti il rapporto tra modello gestionale dell’impianto e il territorio e le sue politiche.  Dove per modello gestionale si intende in primo luogo: potenza, tipo/quantità rifiuti trattati, tecniche e tecnologie disinquinanti. 
Quindi, sotto il profilo del dettato della norma vigente, quanto previsto dal'articolo 29-quater sopra citato non può produrre ristori  o accordi economici  che richiamino logiche di monetizzazione della salute o di mero rimborso monetario anche sotto le spoglie di un "ristoro ambientale" come invece si sta proponendo per il progetto di biodigestore spezzino
Insomma ci deve essere una correlazione diretta  tra gli investimenti previsti nell'accordo e le politiche ed interventi di mitigazione dell'impatto ambientale e sanitario dell’impianto previsto .
Quindi:
tutta un'altra cosa della “elargizione” unilaterale  (una sorta di "mancia per il disturbo") che propone Recos in base all’assurdo criterio del numero dei cittadini residenti nel Comune.
non si possono prevedere elargizioni come propone Recos senza prima aver definito il sito dell’impianto, il tipo di impianto e gli impatti che potrebbe produrre.



COME DEFINIRE LE AMMINISTRAZIONI DA COINVOLGERE NELLE COMPENSAZIONI AMBIENTALI IN CASO DI AIA PER IL BIODIGESTORE
Il comma 2 articolo 9 DLgs 152/2006 prevede che nel processo/procedimento che porta al rilascio dell’AIA e agli atti ad esso collegati (vedi appunto gli accordi di cui al citato comma 15 articolo 29-quater DLgs 152/2006) debbano essere acquisiti: “gli elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate”. Non solo ma il comma 3 dell’articolo 9 del DLgs 152/2006 prevede in modo ancor più chiaro: “Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, nell'ambito delle procedure di seguito disciplinate, l'autorità competente può concludere con il proponente o l'autorità procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune..”
Risulta con chiarezza che le eventuali amministrazioni interessate a compensazioni ambientali frutto di accordi con il proponente del progetto di biodigestore, dovranno essere individuate sulla base dell’impatto diretto producibile dal prospettato impianto.  
Non a caso la procedura di consultazione dell’AIA viene definita dalla lettera t) comma 1 articolo 5 del DLgs 152/2006 come: “l'insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti”.  Anche qui si fa riferimento genericamente alla definizione di “amministrazioni” senza collegamenti diretti alla circoscrizione territoriale di competenza. [NOTA 1]
Conta l’impatto potenziale quindi altro che numero di abitanti del Comune come prevede la lettera di Recos!



IL NECESSARIO  RISPETTO DELLA NORMATIVA SUL DANNO AMBIENTALE
Quanto sopra va ulteriormente integrato con la normativa sul risarcimento danno ambientale che non si limita a prevedere una compensazione in chiave di confini amministrativi ma solo di misurato e verificato impatto ambientale e sanitario.  
Infatti l’idea contenuta nella dichiarazione di Recos (sui “ristori economici” per il progetto di biodigestore spezzino) risulta anche in contrasto con i criteri della Direttiva sul risarcimento danno ambientale 2004/35/CE.  Mi riferisco quindi ad una norma europea (non ad interpretazioni dottrinali) che è stata recepita in Italia attraverso gli articoli da 299 a 318 del TU ambiente DLgs 152/2006.  In particolare nella citata direttiva 2004/35 le misure di compensazione  del danno ambientale alternative alle misure dirette di ripristino ambientale sono così definite : “La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico”.




[NOTA 1] Sul concetto ampio di autorità e/o amministrazione pubblica interessata partecipante ai procedimenti a rilevanza ambientale si veda la copiosa giurisprudenza amministrativa in materia secondo la quale: “È ammissibile il ricorso dell’amministrazione comunale che non ha partecipato alla conferenza dei servizi ad impugnare provvedimenti regionali di approvazione del progetto per la localizzazione e la realizzazione della discarica di rifiuti speciali non pericolosi quando, per la prossimità dell’opera al territorio comunale, possono derivare alla comunità effetti negativi dall’attivazione dell’impianto” (TAR Lombardia  sez. Brescia  19/9/2000 n. 696). Non solo ma ancora più precisamente e autorevolmente gli enti locali interessati ad essere coinvolti nei procedimenti decisionali a rilevanza ambientale: “ sono quelli i cui interessi vengono coinvolti dalla decisione della Autorità Competente al rilascio della autorizzazione e, quindi, non solo quelli nel cui territorio viene ubicato l’impianto , ma anche  quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione delle scelte delle aree interessate” Consiglio di Stato  sezione IV  3/12/1992 n. 1001 . Quindi secondo la sentenza  gli enti locali interessati vanno individuati secondo un criterio applicabile  ex ante   per il quale già in sede procedimentale debbono far parte della conferenza  i rappresentanti dei Comuni il cui territorio e i cui abitanti possono essere coinvolti dalla  opera di cui si è chiesta l’autorizzazione . Il criterio dovrà essere verificabile caso per caso tenuto conto di vari fattori  quali:
1. la situazione geomorfologia del territorio interessato dall’opera progettata
2. potenziali inquinamenti aree attigue  tenuto conto della mappatura delle falde  e senza dimenticare la possibilità di dispersione di inquinanti  
3. la compatibilità degli insediamenti e della destinazione urbanistica delle aree limitrofe con il costruendo impianto



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