La
Regione Liguria come è noto con DGR 331/2019 ha deciso di avviare una procedura
di Inchiesta Pubblica in relazione al progetto di biodigestore che la società
RE.COS SpA. Il progetto come è noto riguarda esplicitamente il sito di Saliceti
( Vezzano Ligure) come risulta dal sito della Regione Liguria sui procedimenti
in corso in materia di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) vedi QUI Numero pratica n° 397.
La
Regione Liguria avviando l’Inchiesta Pubblica vorrebbe far credere che vuole
mettere a confronto due siti (Boscalino ad Arcola) e Saliceti (Vezzano Ligure).
In realtà le cose non stanno così:
1. Il sito di Saliceti non è
previsto dal Piano di Ambito Regionale che recependo quello provinciale è lo
strumento di pianificazione che decide dove collocare gli impianti di gestione
rifiuti
2. l’Inchiesta Pubblica quindi di
fatto servirà solo ed unicamente per giustificare l’impianto e il sito deciso a
priori fuori dalla pianificazione, magari con qualche prescrizione ambientale. Ma l'Inchiesta Pubblica come dimostra la riproduzione all'inizio di questo post è una cosa ben più seria dei "giochini" politici della giunta regionale ligure!
La Regione Liguria vorrebbe quindi far credere
ai cittadini di Vezzano Ligure e di Santo Stefano di coinvolgerli in un
percorso partecipativo (Inchiesta Pubblica) dove decidere cosa fare, quando
invece cosa fare e dove è stato deciso a priori e in modo a mio avviso
illegittimo oltretutto.
La
Regione Liguria ha una visione “curiosa” dell’uso della Inchiesta Pubblica. La
concede quando gli pare e gli conviene per i suoi scopi politici. Sto
esagerando? Non credo proprio, facciamo l’esempio recente (del 2018) quello del
progetto di Biodigestore previsto nel Comune di Taggia (Imperia) dove la
Regione ha negato l’Inchiesta Pubblica anche al Sindaco usando motivazioni
assolutamente false e oltretutto con una procedura illegittima: come dire
quando conviene politicamente non fare la Inchiesta Pubblica, la Regione usa
tutti i mezzi e argomenti anche quelli non fondati e come vedremo subito
scarica la decisione sui burocrati.
L’INCHIESTA PUBBLICA NEGATA AL
PROGETTO DI BIODIGESTORE DI TAGGIA
Con
la lettera che vedete riprodotta in due parti qui a fianco, la Regione nella
figura del Dirigente del settore Ambiente ha negato l’Inchiesta Pubblica con
argomentazioni che di seguito si dimostrerà non avere alcun fondamento ne
fattuale, ne giuridico amministrativo.
L'inchiesta
pubblica del 2015 sul piano regionale dei rifiuti non è stata una inchiesta
pubblica vera e propria ma si è svolta con un unico incontro in Regione e non è
stato nominato neppure un comitato della Inchiesta (con rappresentato il
livello locale), ne almeno tre udienze pubbliche, ne un rapporto finale come
peraltro prevede il regolamento regionale
approvato nel 2016. Certamente all’epoca il
regolamento regionale non era ancora in vigore ma da li a considerare Inchiesta
Pubblica un incontro ce ne corre come dimostrano le buone pratiche e le
migliori esperienze e normative regionali in materia all’epoca
invece perfettamente conosciute e in vigore.
I
piani di ambito e la relativa VAS non hanno avuto alcuna inchiesta pubblica ma
sempre e solo osservazioni e o al massimo consultazioni generiche. Qui
invece il regolamento regionale sulla Inchiesta Pubblica era già in vigore
anche se curiosamente è stato predisposto solo per la VIA e non per la VAS
nonostante la legge regionale ligure preveda l’Inchiesta
Pubblica anche per questa seconda procedura di valutazione di piani e
programmi.
Peraltro
dovrebbe essere noto agli uffici regionali che il Piano Regionale è un piano di
indirizzo e di criteri di localizzazione mentre sono i Piani di Ambito a
definire le localizzazioni e le tipologie di impianti da decidere. Sotto il
profilo del coinvolgimento del territorio nella forma della Inchiesta Pubblica
è quindi semmai a livello dei Piani di Ambito che andava avviata l’Inchiesta.
Ma
c'è di più l'inchiesta pubblica della VIA non fa riferimento alla
pianificazione delle scelte ma ai progetti e quindi all'impatto che gli stessi
producono sui siti specificamente scelti. E' qui che si deve cogliere e
valutare il livello di consenso e di problematicità della decisione, visto
che il motivo per cui nascono le
inchieste pubbliche è proprio quello di gestire anticipatamente i conflitti
sulle decisioni potenzialmente impattanti
nell’uso dei territori.
Alla
luce di quanto sopra rilevo che:
1. l'unica
Inchiesta Pubblica nominata come tale è stata fatta per il Piano Regionale ma non è stata una vera Inchiesta Pubblica ma una
mero incontro in unica audizione in
Regione lontano dai territori.
2.
non c'è stata Inchiesta Pubblica per i Piani di ambito che invece sono quelli
dove si gioca la partita delle localizzazione e delle tipologie di impianti
quindi una tematica di maggiore interesse
del pubblico.
3.
non ci sarà, vista la lettera della Dirigente Regionale all'Ambiente, Inchiesta Pubblica neppure sulla valutazione
della compatibilità del progetto con il sito scelto che invece sarebbe stata la
fase sicuramente più rilevante per la comunità locale. Non a caso il
regolamento della Inchiesta Pubblica (approvato con DGR 811/2016 e poi abrogato
ma in vigore al momento della negazione della Inchiesta Pubblica sul progetto
di Taggia) afferma che: "una sempre
crescente richiesta, proveniente non solo dalle associazioni ambientaliste ma
anche dal privato cittadino, di avere un ruolo attivo nei processi
decisori inerenti un bene – quale è l’ambiente –, dal carattere comunque finito
ed in definitiva consumabile e scarso;". È indiscutibile che solo a livello puntuale e
progettuale (non di scelte di pianificazione regionale su area vasta) emerge il
bisogno di controllo sociale attuato con la Inchiesta Pubblica. Infatti sempre
il regolamento regionale sulla Inchiesta Pubblica all'articolo 5 prevede che:
"Le udienze pubbliche hanno luogo
presso il Comune nel cui ambito è localizzato il progetto ovvero presso quello
maggiormente coinvolto".
Concludendo
se è vero che l'avvio della Inchiesta Pubblica rientra nella discrezionalità
della Giunta Regionale sentito il responsabile del procedimento in oggetto è altrettanto certo che la negazione della
Inchiesta per la procedura di VIA sul progetto di biodigestore di Taggia non è
stata motivata in modo coerente con il reale svolgimento della procedura fino
ad ora svolta e soprattutto con la normativa nazionale e il regolamento regionale
approvato con DGR 811/2016. In particolare la negazione della Inchiesta è stata
firmata dal vice direttore Ambiente della Regione cioè da un funzionario
pubblico mentre come afferma il regolamento regionale la decisione su indire e
quindi anche su negare l'Inchiesta Pubblica è compito della Giunta Regionale
non del dirigente.
Insomma
una scelta politica che la Giunta Regionale non ha voluto formalmente
sottoscrivere scaricandola sul livello burocratico, questo nonostante sia noto
dalla stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato la reale natura giuridico
amministrativa della procedura di VIA dove: “la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera
verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale
dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi
comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto
all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e
dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero. Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale
sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso
stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti,
trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e
propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare
riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura
ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici
(urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico –
sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata
all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale” (Consiglio
di Stato Sez. V sentenza n.3254 del 31 maggio 2012).
Ebbene
non concedendo l’Inchiesta Pubblica, peraltro richiesta addirittura dallo
stesso Sindaco del Comune territorialmente interessato dal progetto, si è
impedita l’attivazione di una procedura che, rispettando i principi tipici della VIA come sopra descritti, avrebbe
permesso una discussione trasparente sugli impatti del progetto non solo
ambientali ma anche socio economici, sulla storia di questo progetto, sugli
interessi che stanno dietro a questo progetto, sulle possibili alternative
tecniche e gestionali a questo progetto. Insomma una vera Valutazione perché
valutare non è decidere ma mettere in condizione il decisore di scegliere ciò
che è meglio negli interessi generali di un territorio.
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