venerdì 12 gennaio 2018

Ambiente la finta e confusa autonomia della giunta Toti

Con apposita DGR (vedi QUI), che verrà presentata al Consiglio Regionale di oggi, la Giunta Toti ha predisposto le condizioni per avviare il negoziato con il Governo per il riconoscimento alla Regione Liguria di forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Si tratta di un atto che tocca molti aspetti delle competenze regionali e statali così come ripartite dall’articolo 117 della Costituzione tra legislazione concorrente stato e regioni e legislazione esclusiva statale.
L’ambiente come è noto rientra tutt’ora nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello stato. Le ragioni sono state più volte spiegate dalla Corte Costituzionale e possono così sintetizzarsi: l’ambiente è un bene unitario e va tutelato complessivamente in tutta la nazione, le regioni possono derogare o integrare le norme statali ma solo alle condizioni previste dalle leggi ordinarie statali nel quadro del diritto comunitario in materia e comunque mai peggiorando la tutela ambientale ma al massimo migliorandola.
La Costituzione prevede però all’articolo 116 che anche nelle materia di competenza esclusiva dello stato oltre che in quelle di legislazione concorrente ci sia la possibilità, con accordi tra la Regione e il Governo nazionale, di ottenere una maggiora autonomia regionale. È il cosiddetto Regionalismo differenziato.
Vediamo prima di tutto in cosa consiste questa differenziazione eppoi analizzerò i limiti e la confusione del testo della delibera regionale nella materia delicatissima di cui mi occupo da anni: la tutela dell’ambiente e quindi della salute dei cittadini.


CHE COSA È IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO
Secondo l'articolo 116 della Costituzione comma 3 è possibile che ciascuna Regione negozi con lo Stato forme particolari di autonomia  concernenti :
1. le materie di legislazione concorrente di cui al comma 3 del nuovo articolo 117
2. le seguenti materie  di legislazione esclusiva statale : organizzazione della giustizia di pace (lettera l comma 2 articolo 117) ; norme generali di istruzione (lettera n comma 2 articolo 117) ; tutela dell’ambiente , dell’ecosistema e dei beni culturali (lettera s comma 2 dell’articolo 117)

Sempre Il comma 3 dell’articolo 116 nell'ultima parte individua la procedura per ottenere i suddetti ulteriori ambiti di autonomia per le singole Regioni .  In particolare si prevede che la ulteriore autonomia venga riconosciuta con legge statale  su iniziativa della Regione  interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119 (tutela delle autonomie locali)  . La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti , sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata .

Come insegna la dottrina maggioritaria la legge frutto dei suddetti accordi non potrebbe essere abrogata o modificata se non da una fonte dello stesso tipo, e comunque  finché vi è accordo tra Stato e singola Regione. dovrebbe poter modificare il contenuto dell’intesa, ma dovrebbe solo approvarla e costituire l’involucro formale che la contiene e la tramuta da accordo Stato Regione in fonte normativa dell’intero ordinamento



ANALISI CRITICA DELLA PROPOSTA DI DGR “AVVIO DEL NEGOZIATO CON IL GOVERNO PER IL RICONOSCIMENTO ALLA REGIONE LIGURIA DI FORME E CONDIZIONI PARTICOLARI DI AUTONOMIA AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE”: SETTORE AMBIENTE

Di seguito analizzo l’elenco degli obiettivi di autonomia, nel settore ambiente, avanzati dalla Giunta Toti. I diversi obiettivi sono riportati nel riquadro in blu a cui seguono i miei commenti.
In sintesi il quadro critico che emerge e che descrivo è il seguente:
1. competenze che la Regione ha affidato allo stato pochi giorni fa e che ora vorrebbe tornassero indietro (VIA di progetti e opere)
2. competenze che sono già della Regione (VAS dei Piani regolatori dei porti) 
3.competenze che non possono essere trasferite completamente alla Regione (paesaggio)
4. confusione tra autonomia regionale dallo stato e autonomia di enti di controllo da tutti gli enti elettivi con funzioni di amministrazione attiva Regione compresa (Arpal)
5. attribuzione di competenze che trasformerebbero l'Italia in un far west ambientale più di quanto non lo sia già (declassificazione rifiuti a sottoprodotti)
6. competenze già della Regione ma non esercitate (poteri sostitutivi ad es. in materia di gestione rifiuti per evitare infrazioni UE, bonifiche, attribuzione ad enti locali di poteri in materia di VIA)


a) la correlazione diretta tra il risarcimento del danno ambientale e il territorio regionale che subisce il danno;
Come è noto, in termini sostanziali, l’esperienza di bonifiche di siti sia regionali che nazionali ha dimostrato che il problema vero non sta nella titolarità delle funzioni e/o nella maggiore autonomia regionale ma nello stanziamento dei fondi. Il Caso del sito di Pitelli declassificato da nazionale a regionale dimostra che tale spostamento non ha prodotto assolutamente una accelerazione della bonifica. Semmai sono state le finanziarie degli ultimi 10 anni a tagliare  e successivamente a non ripristinare fondi adeguati per le bonifiche dei siti inquinati sia nazionali che regionali. Le Regioni a loro volta poco hanno fatto per compensare questo vuoto anche per le cifre enormi in ballo.

Detto ciò La frase in se non ha molto significato giuridico amministrativo.

Dal punto di vista della disciplina delle bonifiche. Attualmente la normativa (in particolare il TU ambientale (titolo V Parte IV DLgs 152/2006) riconosce alla Regione strumenti per garantire la correlazione richiesta dal documento proposto dalla Giunta : accordi di programma (articolo 246), procedura  Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (articolo 252-bis DLgs 152/2006). Senza considerare le norme che permettono accordi con i privati con procedure semplificate per bonificare i siti inquinati in assenza di adeguati investimenti pubblici, che elenco QUI. Su questo ultimo punto il Consiglio Regionale (nel caso del sito di Pitelli declassificato a sito regionale e quindi di competenza della Giunta Regionale) ha approvato una mozione a suo tempo che prevedeva impegni presi per la Giunta rimasti in gran parte lettera morta se non qualche finanziamento limitato ad aree specifiche. Per non parlare delle aree militari sulle quali la Giunta Regionale avrebbe da tempo potuto attivarsi in base alle norme dello stesso Codice Militare [NOTA 1] oltre che dell’articolo 241-bis del DLgs 152/2006

Dal punto di vista della disciplina della prevenzione e risarcimento del danno ambientale (Parte IV DLgs 152/2006). Se la Giunta intende fare riferimento all’articolo 306-bis [NOTA 2] del DLgs 152/2006 (Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale) queste si riferiscono ai siti di bonifica di interessa nazionale e comunque questa procedura prevede un ruolo preciso della Regione nella Conferenza dei Servizi. Qui ci potrebbero essere margini di riforma/aggiornamento della norma prevedendo un accordo di programma Stato Regione interessato per approvare in via definitiva la transazione disciplinata da questo articolo.

Peraltro sarebbe interessante capire perché la Regione non ha mai attivato l’articolo 309 [NOTA 3] del DLgs 152/2006 secondo il quale spetta alle Regioni denunciare il potenziale danno ambientale e chiedere al Ministero dell’Ambiente di intervenire.

Se infine la Giunta Regionale si riferisce all’articolo 311 DLgs 152/2006 (azione risarcimento danno ambientale) qui conta la sentenza della Corte Costituzionale  n. 126 del 2016.
il giudice che ha rinviato alla Corte Costituzionale prospetta (in riferimento agli artt. 3, 9, 24 e 32 della Costituzione) che l’accentramento della legittimazione ad agire in capo ad un solo soggetto (ex articolo 311 DLgs 152/2006: il Ministero dell’Ambiente)  non garantirebbe un sufficiente livello di tutela della collettività e della comunità, nonché degli interessi all’equilibrio economico, biologico e sociologico del territorio, comportando l’irragionevole sacrificio di un aspetto ineludibile nel sistema di tutela. Inoltre (art. 3 Cost., principio di ragionevolezza) l’esclusione della possibilità di agire in giudizio per la Regione e per egli enti territoriali, soggetti esponenziali della collettività che opera nel territorio leso che è parte costitutiva della soggettività degli stessi, rispetto allo Stato, darebbe luogo a disparità di trattamento tra soggetti portatori di identica posizione giuridica.
Secondo la Corte Costituzionale le cose non stanno così:
La Corte, nel ribadire la competenza esclusiva del Ministero dell’Ambiente nell’esercizio della azione di danno ambientale,  la motiva  attraverso il  riconoscimento dell’esistenza di un bene ambiente quale «bene immateriale unitario» non  fine a se stesso, ma funzionale all’affermazione della esigenza sempre più avvertita della uniformità della tutela, uniformità che solo lo Stato può garantire, senza peraltro escludere che anche altre istituzioni potessero e dovessero farsi carico degli indubbi interessi delle comunità che direttamente fruiscono del bene.
Sul punto la Corte già con sentenza n. 235 del 2009 affermò  che: “il livello di tutela ambientale non può variare da zona a zona e considerato anche il carattere diffusivo e transfrontaliero dei problemi ecologici, in ragione del quale gli effetti del danno ambientale sono difficilmente circoscrivibili entro un preciso e limitato ambito territoriale”.

Tornando alla Sentenza della Corte Costituzionale 126/2016 questa ha avuto modo di affermare che con la Direttiva 21 aprile 2004, n. 2004/35/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale) si è messo al cento il ripristino ambientale prima compensazione del danno. Per il ripristino occorre una gestione unitaria proprio per l’esigenza di una tutela sistemica del bene. È in questo contesto normativo e giurisprudenziale che si inserisce la nuova disciplina del potere di agire in via risarcitoria (d.lgs. n. 152 del 2006),  All’esigenza di unitarietà della gestione del bene “ambiente” non può infatti sottrarsi la fase risarcitoria. Essa, pur non essendo certo qualificabile come amministrativa, ne costituisce il naturale completamento, essendo volta a garantire alla istituzione su cui incombe la responsabilità del risanamento, la disponibilità delle risorse necessarie, risorse che hanno appunto questa specifica ed esclusiva destinazione.
Ciò non esclude – afferma la sentenza 126/2016 − che ai sensi dell’art. 311 del d.lgs. n. 152 del 2006 sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi subiti. La Corte di cassazione ha più volte affermato in proposito che la normativa speciale sul danno ambientale si affianca (non sussistendo alcuna antinomia reale) alla disciplina generale del danno posta dal codice civile, non potendosi pertanto dubitare della legittimazione degli enti territoriali a costituirsi parte civile iure proprio, nel processo per reati che abbiano cagionato pregiudizi all’ambiente, per il risarcimento non del danno all’ambiente come interesse pubblico, bensì (al pari di ogni persona singola od associata) dei danni direttamente subiti: danni diretti e specifici, ulteriori e diversi rispetto a quello, generico, di natura pubblica, della lesione dell’ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale di rilievo costituzionale.



c) lestensione delle competenze amministrative di valutazione di impatto ambientale attribuite alla Regione a tutti gli interventi ricompresi nel territorio regionale che non concernano infrastrutture statali fermo restando quanto contenuto nei successivi paragrafi Grandi reti di trasporto e navigazione e Porti e aeroporti civili;
La Regione richiede piena competenza in materia di Valutazione Ambientale nellapprovare i progetti delle infrastrutture relativi a porti ed aeroporti ricadenti sul territorio ligure e competenza prevalente sotto il profilo tecnico, ambientale ed amministrativo, dintesa con il Governo ed entro un termine determinato, anche delle infrastrutture di competenza statale
di adduzione ai nodi della rete TEN-T.
La questione appare inutile considerata la evoluzione della normativa in materia. Infatti il  comma 3-ter dell’articolo 6 del dlgs 152/2006 prevede che:
ai piani regolatori dei porti (anche quelli di interessa nazionali come Genova, Savona, Spezia ora nella nuova Autorità di sistema portuale) si applica la Valutazione Ambientale Strategica e non più la VIA su progetti ed opere
Se il Piano o sua variante prevede un progetto singolo sottoponibile a VIA questo sarà sottoposto alla VIA regionale o nazionale secondo gli allegati del Testo Unico Ambientale che ripartiscono per categorie di opere la competenza Stato Regioni in materia di VIA.

Ora rispetto a questo quadro procedurale come dovrebbe essere noto al Presidente Toti la VAS su Piani Regolatori dei Porti è ora di competenza regionale per il semplice motivo che ex comma 2 articolo 7 del DLgs 152/2006: “2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali.”. Il comma 3 articolo 5 della legge quadro sui porti 84/1994 prevede che il PRP sia approvato dalla Regione.  Ciò è confermato anche dal Protocollo del 2011, pagina 8 punto 1.1.,  firmato da vari enti compresa la Regione Liguria “VIA – VAS  proposta per il coordinamento e l’integrazione delle procedure” che al capitolo 2 prevede: “ipotesi di una procedura VIA – VAS  integrata per i piani regolatori portuali”.  

Relativamente alla VIA la cosa buffa è che poche settimane fa il Consiglio Regionale e quindi la maggioranza che lo sostiene e che sostiene la Giunta Toti abrogando la legge regionale sulla VIA ha rinviato agli allegati al DLgs 152/2006 (Testo unico ambientale) la ripartizione delle categorie di opere sottoposte a VIA statale o regionale. Questa abrogazione non era obbligatoria come ho dimostrato QUI
http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/2017/12/riforma-della-via-in-liguria-rischio.html

Insomma la Giunta Toti  prima da potere allo Stato, senza avere l’obbligo di farlo, nel scegliere le opere sottoposte a VIA regionale eppoi rivendica la VIA regionale sulle categorie di opere che pochi giorni prima ha gentilmente lasciato allo Stato senza tentare neppure un minimo di distinzione che la legge gli consentiva!



d) la potestà di regolare le competenze proprie e quelle degli enti locali sulle procedure per il rilascio dei provvedimenti di valutazione di impatto ambientale;
Richiesta ridondante. Infatti il comma 7 articolo 7 DLgs 152/2006 recita: “7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA.”
Peraltro e non a caso molte Regioni disciplinano le competenze decentrate agli enti locali in materia di molte categorie di opere.
Infine occorre dire che qui la Regione Liguria ha già peccato di inutile centralismo abrogando totalmente la legge regionale sulla VIA quando la riforma del 2014 del testo unico ambientale sul punto richiedeva un semplice aggiornamento come hanno fatto molte Regioni.



e) l’acquisizione della competenza diretta in ordine a legislazione, pianificazione e gestione amministrativa in materia di tutela dei beni paesaggistici;
Il paesaggio è, come tutela, nelle materia di competenza esclusiva dello stato: lettera s) comma 1 articolo 117 e non può essere trasferito alla Regione neppure con la procedura ex comma 3 articolo 116 della Costituzione.  
Rileva, sul punto,  la sentenza della Corte Costituzionale n. 210 del 2016 relativa proprio ad una caso ligure (il rapporto tra pianificazione paesaggistica e territoriale nel caso piano cave) nella quale si afferma: “questa Corte, già  nella sentenza n. 407 del 2002, ha ritenuto che la tutela dell'ambiente non possa identificarsi con  una  materia  in  senso  stretto,  dovendosi piuttosto  intendere  come  un  valore  costituzionalmente  protetto, integrante una sorta di «materia trasversale».
Proprio la trasversalita' della materia  implica  l'esistenza  di «competenze  diverse  che  ben  possono  essere  regionali»,  con  la conseguenza che allo Stato  sarebbe  riservato  solo  «il  potere  di fissare  standards  di   tutela   uniformi   sull'intero   territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore  la  competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con  quelli propriamente ambientali» (sentenza n. 407 del 2002). Successivamente, peraltro, questa  Corte  ha  chiarito  che  alle Regioni non e' consentito apportare  deroghe  in  peius  rispetto  ai parametri di tutela dell'ambiente fissati dalla normativa statale (ex plurimis sentenza n. 300 del 2013,  secondo  cui  «la  giurisprudenza costituzionale   e'   costante   nell'affermare   che   la    "tutela dell'ambiente" rientra nelle competenze legislative  esclusive  dello Stato e che, pertanto, le disposizioni legislative  statali  adottate in tale ambito fungono da limite  alla  disciplina  che  le  Regioni, anche a statuto speciale, dettano nei  settori  di  loro  competenza, essendo ad esse consentito soltanto eventualmente di  incrementare  i
livelli della tutela ambientale, senza però compromettere  il  punto di equilibrio tra  esigenze  contrapposte  espressamente  individuato dalla norma dello Stato»).



f) l’autonomia nella disciplina dell’organizzazione dei servizi di tutela ambientale anche con riferimento all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure (ARPAL);

Qui occorre prima di tutto chiarire che l’autonomia dell’Arpal non deve essere confusa con l’autonomia della Regione verso lo Stato. L’Arpal quale ente di controllo anche della attività valutativa e autorizzatoria della Regione oltre che degli enti locali, deve essere il più possibile autonomo da qualsiasi ente elettivo per ovvie ragioni di distinzione di ruoli e funzioni oltre che per evitare conflitti di interessi. Ciò è stato recentemente ribadito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 2017[4].

Con tutto il rispetto per la buona fede di chi ha scritto questo “obiettivo” occorre rilevare che si è persa una occasione fondamentale per il potenziamento della autonomia non della Regione ma della Agenzia questione centrale per un modello di governo delle politiche ambientali fondato sulla reale terzietà tra controllori e controllati. In quella sede  gli emendamenti presentati da 5stelle sono stati tutti sonoramente bocciati dalla maggioranza senza neppure discuterli seriamente. Questi emendamenti si fondavano sui seguenti principi/obiettivi ineludibili per una riforma adeguata del sistema agenzia anche tenendo conto delle esperienze innovative di altre Regioni:
1.La terzietà delle istruttorie che portano ai processi decisionali in particolare quelli strategici (VIA, VAS, AIA)
Terzietà rispetto al livello politico amministrativo che decide la conclusione del procedimento

2. La distinzione tra funzioni di autorizzazione e controllo
L’inserimento degli aspetti di prevenzione sanitaria nei processi decisionali fin dalla fase della predisposizione dei dati su cui si fondano progetti e piani/programmi. 

3. Le funzioni di Polizia Giudiziaria  delle ARPA
Riconosciuti dal Consiglio dei Ministri che nella riunione del 24 maggio 2017 ha dato via libera alla legge regionale Toscana n.12/2013, con la quale sono state definite le modalità di riconoscimento di tale ruolo per il personale di controllo dell’Agenzia

4. Migliorare il sistema dei controlli pubblici rendendolo indipendente dal livello sia istruttorio che decisionale

5. Introdurre la prevenzione sanitaria come elemento costitutivo realizzando un reale coordinamento tra strutture Arpal e strutture prevenzione ASl.

6. avere reale autonomia finanziaria programmabile sulla lunga scadenza e non sulla base di programmi annuali decisi dal livello politico regionale.  



g) l’attribuzione alla Regione del potere di definire a livello sub regionale le competenze di organismi aventi attualmente competenza ambientale, anche con poteri sostitutivi e commissariali, in caso di inerzie o inadempimenti sull’attuazione della programmazione, in particolare ove ricorrano rischi o casi di infrazioni europee;
Qui occorre dire che già la legge regionale 18/1999 articolo 10 prevede tra gli altri i seguenti compiti della Regione
a) la concertazione con lo Stato degli indirizzi generali in materia ambientale e la determinazione degli obiettivi di qualità e sicurezza e con l'Unione Europea in relazione alla attuazione delle politiche comunitarie di settore;
i) i provvedimenti di urgenza ai fini di prevenzione del danno ambientale.

L’articolo 23 della legge regionale 18/1999 in materia di rifiuti prevede tra le altre la funzione regionale
c) l'emanazione di atti straordinari per sopperire a situazioni di necessità o di urgenza
l’articolo 47 della legge regionale 18/1999 prevede poteri sostitutivi e commissari ad acta per i piani rifiuti di ambito

Per non parlare, per fare un altro esempio, dei poteri sostitutivi della Regione nei confronti degli enti locali che non ritengono di partecipare agli ATO per i servizi pubblici a rilevanza economica.

Peraltro sul rapporto con enti sub regionali è da tempo dimenticato l’articol 118 della Costituzione che prevede :” Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.  I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze  “ .    Quindi si afferma una regola generale le funzioni ai Comuni per cui si dovrà ritenere possibile una vera e propria amministrazione statale  solo per le materie di competenza legislativa esclusiva, mentre nelle materie di competenza concorrente e per tutte le altre  individuate con clausola generale residuale a favore di regioni ed enti locali si deve ritenere esistente una vera e propria riserva di amministrazione regionale e locale.  
Non solo ma il fallimento del recente referendum costituzionale ha mantenuto il ruolo delle Province oltre che delle Città Metropolitane e prima ancora di parlare di poteri sostitutivi e di commissari sarebbe il caso affrontare la questione di ridare un ruolo alle Province quale più vicino ai territori ma allo stesso tempo con una visione di area vasta.



h) la piena autonomia regionale nella definizione degli ambiti territoriali ottimali per i servizi pubblici locali in materia ambientale;
La questione va vista alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia : sentenza n. 32 del 2015 (su legge regionale ligure ato idrico) , sentenza 160 del 2016 Obbligo, per gli enti locali, di adesione agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali, istituiti per l'organizzazione dei servizi stessi  Esercizio di poteri sostitutivi da parte del Presidente della Regione in caso di inosservanza. -

Infatti vengono toccate materie di competenza esclusiva dello stato: (concorrenza e ambiente) ex articolo 117. I principi espressi dalla corte costituzionali quindi non possono essere derogati neppure dalla procedura di cui all’articolo 116 come già spiegato in precedenza.



j) la competenza a disciplinare il recupero di specifiche categorie di rifiuti significative per il territorio ligure e a valutare, in unottica di economia circolare, la possibilita di attribuire la qualifica di non rifiuto a specifici prodotti;
Obiettivo questo assolutamente inaccettabile che se esteso su scala nazionale, sotto il profilo sostanziale, permetterebbe un far west nella gestione del ciclo dei rifiuti con il rischio che di migrazioni di rifiuti nelle Regioni con la normativa più “semplificata” e “favorevole” alla deroga alla normativa sui rifiuti. Il tutto con buona pace di altri principi costituzionali: libera concorrenza, libertà di impresa, eguaglianza di fronte alla legge.
Oltre al dato che nella materia ambiente di competenza esclusiva dello Stato quest’ultimo ha potere di regolamentazione anche tecnica.

Si veda:

Corte Costituzionale sentenza del 2009  N. 249
La disciplina dei rifiuti si colloca, per giurisprudenza di questa Corte,  nell'ambito della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art.117, secondo comma, lettera s), Cost.,  anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di
tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, restando ferma la competenza  delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (ex multis, sentenze n.62 del 2008).
Pertanto, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell'ambiente, possono venire in rilievo interessi  sottostanti ad altre materie, per cui la «competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire [...]», ovviamente nel  rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (sentenza n.62  del 2005, altresì, sentenze n.247 del 2006, n.380 e n.12 del 2007).

Corte Costituzionale 2009 N.233
nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, lo Stato non si limita a dettare norme di principio, anche   riguardo alle funzioni amministrative, la cui attribuzione può essere disposta in base ai criteri generali dettati dall'art. 118, primo comma, Cost. (sentenze n.88 del 2009 e n.62 del 2005), del resto compatibile con la disciplina dell'ambiente (sentenza n. 401 del 2007).

Altra cosa è quando la legge attribuisce poteri alle Regioni anche nella materia ambiente.
Si veda Corte Costituzionale del 2009  N. 249
18.–  La Regione Calabria propone questione di legittimità costituzionale nei confronti dell’art.205, comma 6, nella parte in cui, prevedendo che le Regioni possano indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti  tramite apposita legge, previa intesa con il Ministro dell’ambiente,  produrrebbe un anomalo vincolo amministrativo sulla funzione legislativa regionale, in violazione degli artt. 114 e 117 Cost.
      La questione è fondata.
La sottoposizione a vincoli procedimentali dell’esercizio della competenza  legislativa regionale in tema di individuazione di maggiori obiettivi di riciclo e recupero dei rifiuti, che la stessa norma statale impugnata attribuisce ad  essa, determina evidentemente una lesione della sfera di competenza regionale, posto che questa Corte ha già affermato che l’esercizio dell’attività  legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione (sentenza n.159 del
2008).

Peraltro la normativa nazionale sul punto ha già ampiamente previsto la declassificazione di numerose tipologie di materiali prima considerati rifiuti con problematiche ambientali ma anche penali note. Sia sufficiente pensare alla questione delle terre e rocce di scavo.





[NOTA 2] 1. Nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui all’allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell’articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta transattiva.
2. La proposta di transazione di cui al comma 1:
a) individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire
l’obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all’impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l’ambiente;
e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) in caso di concorso di più soggetti nell’aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all’intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g) contiene l’indicazione di idonee garanzie finanziarie.
3. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei medesimi requisiti.
4. Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell’Istituto superiore di sanità. In ogni caso il parere tiene conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall’evento lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.
5. La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente per l’accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all’esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.
6. Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall’interessato, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale è acquisito il parere dell’Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e, ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.
7. Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal proponente, è adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
8. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest’ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1.

[NOTA 3] “1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.”

[NOTA 4]il sistema organizzativo  e  funzionale  delineato  dalle  nuove disposizioni sui controlli ambientali e sull'istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente appare  nel  suo  complesso diretto ad innovare profondamente la disciplina del settore. Il nuovo assetto normativo segue principi che  vedono  enucleate  le  funzioni tecnico-scientifiche, di consulenza e controllo, da  tenere  separate dall'amministrazione attiva e  da  esercitare  ai  distinti  livelli, statale e  provinciale  (o  regionale),  mediante  apposite  agenzie, dotate di autonomia» (sentenza n. 356 del 1994).
Va ricordato che la legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la  ricerca  ambientale), al  dichiarato  fine  di   «assicurare   omogeneità   ed   efficacia all'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo  pubblico  della qualità dell'ambiente a supporto delle politiche  di  sostenibilità ambientale  e  di  prevenzione  sanitaria  a  tutela   della   salute
pubblica», ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, del quale fanno  parte  l'Istituto  superiore  per  la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le ARPA,  rispetto  alle quali e' stata ribadita la natura tecnica  delle  attività  da  esse svolte.
Dal quadro normativo così  delineato  dal  legislatore  statale, discende che l'autonomia  diviene  un  requisito  qualificante  della singola Agenzia, come del sistema in generale, poiché solo grazie ad esso  può  essere  garantito  il  rispetto  dei  criteri  operativi, puramente tecnico-scientifici, cui il sistema stesso deve attenersi.”

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