Le domande che
emergono dalla ultima vicenda della prospettata demolizione di una nave
militare nell’Arsenale spezzino, ma lo stesso potremmo dire di altre vicende
del passato e del presente spezzino (Piazza Verdi, AIA centrale Enel,
discariche di Mangina e ora di Saturnia, attuazione piano regolatore del porto,
gestione delle cave, bonifica area ex IP, bonifica sito pitelli, impianto rifiuti di Saliceti, etc.) sono
le seguenti:
1. come vengono impostate
le decisioni in questa città: su quali analisi, dati, bisogni reali dei
cittadini e degli interessi che rappresentano?
2. come vengono condotte
le istruttorie da parte delle istituzioni competenti, istruttorie che
costituiscono poi la sostanza su cui si basano gli atti decisori finali?
3. come e quando viene coinvolto
il cittadino direttamente o indirettamente interessato?
4. come vengono
rispettate le norme su accesso, trasparenza da parte delle istituzioni
pubbliche. Rispetto di queste norme, inteso, come premessa per consentire un
dibattito pubblico informato, consapevole ma soprattutto con i tempi adeguati
rispetto ai tempi amministrativi ma anche tecnico economici delle decisioni;
5. i limiti delle
istruttorie dipendono da carenze legislative, organizzative, di formazione del
personale?
6. gli enti preposti alla
vigilanza e prevenzione di illeciti e illegittimità seguono protocolli
standardizzati corretti e trasparenti come richiesto dalla normativa europea e
nazionale e soprattutto dalle buone pratiche italiane ed
estere?
Su ognuno di questi 6 punti, e al di la
delle singole questioni di merito, se avessimo una città con una classe
dirigente non dico sensibile ma almeno efficiente si sarebbe da tempo
sviluppato un dibattito serio.
Il problema è che questa è una città
di tifosi.
Tutti si appassionano, come dimostra da
ultimo la vicenda delle demolizioni navali, agli schieramenti pro e contro a
certe scelte.
Quasi nessuno si interessa invece a come
funziona il modello di governo che porta alle decisioni singole,alla loro
attuazione e alla vigilanza su di esse.
Che questo limite riguardi il cittadino
medio lo posso capire, ma che invece questo limite investa le istituzioni
pubbliche e le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione lascia
sgomenti.
Quella che viene rimossa
completamente è la discussione sulla fase della ponderazione degli
interessi o meglio la fase di valutazione secondo il principio per cui
valutare non è decidere ma mettere il decisore nelle condizioni di definire
scelte nel massimo interesse generale e soprattutto trasparenti e partecipate.
Qui si gioca la partita della democrazia
oggi, qui si gioca la ricostruzione della fiducia nelle istituzioni, qui si
gioca la partita della prevenzione della illegalità e delle illegittimità anche
procedurali.
Ma sembra che questa partita non
interessi a nessuno giocarla almeno fino ad ora.
Non interessa in primo luogo alla classe
dirigente locale perché inserita nel trend nazionale, ma direi ancor di
più comunitario, per cui il dibattito sui modelli istituzionali di
governo interessa solo per renderli adeguati a “sfornare” decisioni
preconfezionate da soggetti esterni al circuito democratico, come fossero delle
macchine.
C’è stata una discussione pubblica in
città che tenesse conto delle 6 domande sopra elencate? ad esempio:
1. sul volto “modernista”
da dare a Piazza Verdi? Su dove indirizzare i finanziamenti europei secondo
criteri prioritari ai bisogni censiti adeguatamente
2. su come bonificare
l’area ex IP e su cosa fare in quell’area?
3. sulla trasformazione
di Acam da una municipalizzata modello ad un carrozzone clientelare?
4. sul nuovo porto
commerciale e soprattutto sulla attuazione del Piano Regolatore del porto, per
non parlare delle crociere;
5. sulla utilità del
parcheggio di Piazza Europa,
etc. etc.
LA VICENDA DELLA DEMOLIZIONE DELLE NAVI MILITARI
E ora da ultimo, nessuna seria discussione fino ad ora c’è stata su cosa ci sia dietro la questione delle demolizioni navali nell’Arsenale Militare, sulla base di quale normativa si devono o si dovrebbero realizzare, sugli impegni che l’Europa ha posto agli Stati Membri, sulla necessità di pubblicare atti e fatti che riguardano l’attuale stato delle navi da demolire e che non hanno più possibilità di essere trasportate altrove se non con rischi ambientali e costi economici notevoli,
E ora da ultimo, nessuna seria discussione fino ad ora c’è stata su cosa ci sia dietro la questione delle demolizioni navali nell’Arsenale Militare, sulla base di quale normativa si devono o si dovrebbero realizzare, sugli impegni che l’Europa ha posto agli Stati Membri, sulla necessità di pubblicare atti e fatti che riguardano l’attuale stato delle navi da demolire e che non hanno più possibilità di essere trasportate altrove se non con rischi ambientali e costi economici notevoli,
su scenari alternativi sia di sito che
di tipo di attività di demolizione di cui si parla (quante navi e perché) al fine di
comprendere se esistono in Italia soluzioni ottimali per la demolizione in
condizioni di assoluta sicurezza.
Non solo ma nessuno degli intervenuti su questa problematica
delle demolizioni ha approcciato il problema secondo uno schema di ragionamento
logico: non siamo di fronte alla proposta di un inceneritore o di un impianto
energetico rispetto ai quali si possono ipotizzare soluzioni tecnologiche
completamente alternative, al contrario le demolizioni vanno fatte e vanno
fatte in Italia in siti adeguati e in massima sicurezza ma non possono essere
trasferite nei cantieri del terzo mondo non solo per ragioni etiche ma perché ora
lo vieta la normativa europea.
Infine nessuno che abbia sollevato la seguente
questione: il Governo cosa dice su questa vicenda (le navi da demolire sono di proprietà dello stato). Ha analizzato i siti più
adatti per una attività a rischio come quella delle demolizioni navali (civili
o militari), si è impegnato ad adeguare la normativa nazionale in materia agli
indirizzi più recenti dei documenti europei anche in materia di naviglio
militare?
Direi che alle domande poste all’inizio
di questo post che alle questioni poste sopra sulla vicenda delle demolizioni
navali nessuno abbia neppure approcciato un inizio di risposta o di
ragionamento. Per questo in riferimento ad alcune prese di posizione contrarie sull’ipotizzata
demolizione della nave Carabiniere, ho parlato di ambientalismo strumentale e
di riporto. Non perché voglia rimuovere i rischi di questa operazione
paventati anche dalle suddette posizioni contrarie, ma perché da un Presidente
di una Autorità Portuale mi aspetto analisi più serie che quella di porre in
alternativa alle demolizioni la “innovazione
e la ricerca”, sapendo perfettamente che le due cose c’entrano tra loro
come il “cavolo a merenda”. Le demolizioni vanno fatte punto e basta, si analizzi e si valuti dove con quali rischi e costi e vanno fatte in Italia e, soprattutto per le
navi non più in grado di navigare, se non si vuole demolirle a Spezia si dica
dove devono essere demolite, con quali costi e con quali rischi ambientali. Si
mettano a confronto gli scenari che emergono da queste analisi e poi si decida
nell’interesse della città ma anche nel rispetto delle norme europee, fatte per
tutelare sia i cittadini europei che quelli del terzo mondo.
CONCLUSIONI: LA CITTÀ CHE VORREI
Io non mi illudo sulla possibilità di
cambiare il modo di decidere della nostra città perché in gran parte è anche il
modo di decidere dell’intera Nazione.
Ma non smetterò neppure un secondo di
battermi per la città che vorrei…..
Una città
in cui i rappresentanti istituzionali svolgano le loro funzioni senza
sconfinare in quella altrui: spesso per ragioni di bassa cucina politica.
Una città
in cui il Presidente della AP si occupi prima di tutto di tutelare i
cittadini per quello che succede nell’area di demanio di sua pertinenza senza
sconfinare in aree demaniali di altre competenza.
Una città
in cui le informazioni sulla salute e l’ambiente, ma non solo, non siano oggetto di continui scontri tra cittadini che vogliono trasparenza e
istituzioni che usano ogni mezzo da azzeccagarbugli per negarla (vedi vicenda, ma è solo l’esempio
ultimo, del Comune di Portovenere che ha costretto un cittadino a ricorrere al
TAR per avere documenti che erano chiaramente non solo accedibili ma
pubblicabili per obbligo di legge).
Una città
in cui il Sindaco eserciti davvero le sue funzioni di Massima Autorità Sanitaria
del territorio senza scaricarle su Arpal e Asl.
Una città
in cui gli enti di controllo come Arpal non si limitino a svolgere i loro compitini
al ridosso della politica ufficiale ma esercitino ( e siano messi in grado di farlo) il loro ruolo di Agenzie
Ambientali a tutela del cittadino.
Una città
in cui l’ASL renda efficace il servizio di Igiene Ambientale, in
coordinamento con Arpal, non solo per i camini delle pizzerie o per l’igiene
edilizia ma per gli impianti a rilevante impatto ambientale e sanitario.
Una città
in cui chi si oppone a cominciare dagli ambientalisti non si limiti a
denunciare la propria contrarietà ma abbia la volontà di trovare o almeno
indirizzare le soluzioni alternative e non confonda le esigenze di piantare
ogni volta la bandierina della propria esistenza con quelle di chi dichiara di
difendere a parole: i cittadini in generale.
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