martedì 15 dicembre 2015

Limiti del dibattito pubblico nelle decisioni a Spezia: la città che vorrei

Le domande che emergono dalla ultima vicenda della prospettata demolizione di una nave militare nell’Arsenale spezzino, ma lo stesso potremmo dire di altre vicende del passato e del presente spezzino (Piazza Verdi, AIA centrale Enel, discariche di Mangina e ora di Saturnia, attuazione piano regolatore del porto, gestione delle cave, bonifica area ex IP, bonifica sito pitelli, impianto rifiuti di Saliceti, etc.) sono le seguenti:

1. come vengono impostate le decisioni in questa città: su quali analisi, dati, bisogni reali dei cittadini e degli interessi che rappresentano?

2. come vengono condotte le istruttorie da parte delle istituzioni competenti, istruttorie che costituiscono poi la sostanza su cui si basano gli atti decisori finali?

3. come e quando viene coinvolto il cittadino direttamente o indirettamente interessato?

4.  come vengono rispettate le norme su accesso, trasparenza da parte delle istituzioni pubbliche. Rispetto di queste norme, inteso, come premessa per consentire un dibattito pubblico informato, consapevole ma soprattutto con i tempi adeguati rispetto ai tempi amministrativi ma anche tecnico economici delle decisioni;

5. i limiti delle istruttorie dipendono da carenze legislative, organizzative, di formazione del personale?

6. gli enti preposti alla vigilanza e prevenzione di illeciti e illegittimità seguono protocolli standardizzati corretti e trasparenti come richiesto dalla normativa europea e nazionale  e soprattutto dalle buone pratiche  italiane ed estere? 

Su ognuno di questi 6 punti, e al di la delle singole questioni di merito, se avessimo una città con una classe dirigente non dico sensibile ma almeno efficiente si sarebbe da tempo sviluppato un dibattito serio.

Il problema è che questa è una città di tifosi.

Tutti si appassionano, come dimostra da ultimo la vicenda delle demolizioni navali, agli schieramenti pro e contro a certe scelte. 

Quasi nessuno si interessa invece a come funziona il modello di governo che porta alle decisioni singole,alla loro attuazione e alla vigilanza su di esse.

Che questo limite riguardi il cittadino medio lo posso capire, ma che invece questo limite investa le istituzioni pubbliche e le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione lascia sgomenti.

Quella che viene rimossa  completamente è la discussione sulla fase della ponderazione degli interessi  o meglio la fase di valutazione secondo il principio per cui valutare non è decidere ma mettere il decisore nelle condizioni di  definire scelte nel massimo interesse generale e soprattutto trasparenti e partecipate.
Qui si gioca la partita della democrazia oggi, qui si gioca la ricostruzione della fiducia nelle istituzioni, qui si gioca la partita della prevenzione della illegalità e delle illegittimità anche procedurali.

Ma sembra che questa partita non interessi a nessuno giocarla almeno fino ad ora. 

Non interessa in primo luogo alla classe dirigente locale perché inserita nel trend nazionale, ma direi ancor di più  comunitario,  per cui il dibattito sui modelli istituzionali di governo interessa solo per renderli adeguati a “sfornare” decisioni preconfezionate da soggetti esterni al circuito democratico, come fossero delle macchine.  
C’è stata una discussione pubblica in città che tenesse conto delle 6 domande sopra elencate? ad esempio:
1. sul volto “modernista” da dare a Piazza Verdi? Su dove indirizzare i finanziamenti europei secondo criteri prioritari ai bisogni censiti adeguatamente
2. su come bonificare l’area ex IP e su cosa fare in quell’area?
3. sulla trasformazione di Acam da una municipalizzata modello ad un carrozzone clientelare?
4. sul nuovo porto commerciale e soprattutto sulla attuazione del Piano Regolatore del porto, per non parlare delle crociere;
5. sulla utilità del parcheggio di Piazza Europa,
etc. etc.


LA VICENDA DELLA DEMOLIZIONE DELLE NAVI MILITARI 
E ora da ultimo, nessuna seria discussione fino ad ora c’è stata su cosa ci sia dietro la questione delle demolizioni navali nell’Arsenale Militare, sulla base di quale normativa si devono o si dovrebbero realizzare, sugli impegni che l’Europa ha posto agli Stati Membri, sulla necessità di pubblicare atti e fatti che riguardano l’attuale stato delle navi da demolire e che non hanno più possibilità di essere trasportate altrove se non con rischi ambientali e costi economici notevoli,   
su scenari alternativi sia di sito che di tipo di attività di demolizione di cui si parla (quante navi e perché) al fine di comprendere se esistono in Italia soluzioni ottimali per la demolizione in condizioni di assoluta sicurezza.

Non solo ma nessuno degli intervenuti su questa problematica delle demolizioni ha approcciato il problema secondo uno schema di ragionamento logico: non siamo di fronte alla proposta di un inceneritore o di un impianto energetico rispetto ai quali si possono ipotizzare soluzioni tecnologiche completamente alternative, al contrario le demolizioni vanno fatte e vanno fatte in Italia in siti adeguati e in massima sicurezza ma non possono essere trasferite nei cantieri del terzo mondo non solo per ragioni etiche ma perché ora lo vieta la normativa europea.

Infine nessuno che abbia sollevato la seguente questione: il Governo cosa dice su questa vicenda (le navi da demolire sono di proprietà dello stato).  Ha analizzato i siti più adatti per una attività a rischio come quella delle demolizioni navali (civili o militari), si è impegnato ad adeguare la normativa nazionale in materia agli indirizzi più recenti dei documenti europei anche in materia di naviglio militare?

Direi che alle domande poste all’inizio di questo post che alle questioni poste sopra sulla vicenda delle demolizioni navali nessuno abbia neppure approcciato un inizio di risposta o di ragionamento.  Per questo in riferimento ad alcune prese di posizione contrarie sull’ipotizzata demolizione della nave Carabiniere, ho parlato di ambientalismo strumentale e di riporto. Non perché voglia rimuovere i rischi di questa operazione paventati anche dalle suddette posizioni contrarie, ma perché da un Presidente di una Autorità Portuale mi aspetto analisi più serie che quella di porre in alternativa alle demolizioni la “innovazione e la ricerca”, sapendo perfettamente che le due cose c’entrano tra loro come il “cavolo a merenda”. Le demolizioni vanno fatte punto e basta, si analizzi e si valuti dove con quali rischi e costi e vanno fatte in Italia e, soprattutto per le navi non più in grado di navigare, se non si vuole demolirle a Spezia si dica dove devono essere demolite, con quali costi e con quali rischi ambientali. Si mettano a confronto gli scenari che emergono da queste analisi e poi si decida nell’interesse della città ma anche nel rispetto delle norme europee, fatte per tutelare sia i cittadini europei che quelli del terzo mondo.  


CONCLUSIONI: LA CITTÀ CHE VORREI
Io non mi illudo sulla possibilità di cambiare il modo di decidere della nostra città perché in gran parte è anche il modo di decidere dell’intera Nazione.
Ma non smetterò neppure un secondo di battermi per la città che vorrei…..

Una città in cui i rappresentanti istituzionali svolgano le loro funzioni senza sconfinare in quella altrui: spesso per ragioni di bassa cucina politica.
Una città in cui il Presidente della AP si occupi prima di tutto di tutelare i cittadini per quello che succede nell’area di demanio di sua pertinenza senza sconfinare in aree demaniali di altre competenza. 
Una città in cui le informazioni sulla salute e l’ambiente, ma non solo, non siano oggetto di continui scontri tra cittadini che vogliono trasparenza e istituzioni che usano ogni mezzo da azzeccagarbugli  per negarla (vedi vicenda, ma è solo l’esempio ultimo, del Comune di Portovenere che ha costretto un cittadino a ricorrere al TAR per avere documenti che erano chiaramente non solo accedibili ma pubblicabili per obbligo di legge).
Una città in cui il Sindaco eserciti davvero le sue funzioni di Massima Autorità Sanitaria del territorio senza scaricarle su Arpal e Asl.
Una città in cui gli enti di controllo come Arpal  non si limitino a svolgere i loro compitini al ridosso della politica ufficiale ma esercitino ( e siano messi in grado di farlo) il loro ruolo di Agenzie Ambientali a tutela del cittadino.
Una città in cui l’ASL renda efficace il servizio di Igiene Ambientale, in coordinamento con Arpal, non solo per i camini delle pizzerie o per l’igiene edilizia ma per gli impianti a rilevante impatto ambientale e sanitario.
Una città in cui chi si oppone a cominciare dagli ambientalisti non si limiti a denunciare la propria contrarietà ma abbia la volontà di trovare o almeno indirizzare le soluzioni alternative e non confonda le esigenze di piantare ogni volta la bandierina della propria esistenza con quelle di chi dichiara di difendere a parole: i cittadini in generale.





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