Come ho già avuto modo di
scrivere una delle questioni pregiudiziali per poter fermare il progetto di
centrale a gas avanzato da Enel è quella di sospendere al più presto il
procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA (di seguito screening) in corso presso il Ministero dell’Ambiente
(codice di procedura 4666, data avvio procedimento 16/5/2019)
La questione non può
essere posta solo in termini politici (vedi odg e interrogazioni presentate sul
tema in Consiglio Comunale a Spezia ma
anche ad Arcola)
La questione dello stop a
detto screening va posto in termini normativi
e quindi amministrativi.
AL PROGETTO DI CENTRALE A GAS VA APPLICATA EX
LEGE LA VIA E NON LO SCREENING
Il progetto di centrale a
gas in realtà non andava sottoposto ad un mero screening ma a Valutazione di Impatto
Ambientale ordinaria.
Infatti secondo la vigente
normativa:
1.
sono sottoposti a screening gli impianti per la produzione di energia
elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50
MW (lettera a) punto 1 allegato II-bis alla Parte II del DLgs 152/2006)
2.
sono sottoposti a VIA ordinaria le centrali termiche d altri impianti di
combustione con potenza di almeno 300 MW (punto 1 allegato II Parte II al DLgs
152/2006)
Quindi l’applicazione
della VIA ordinaria al posto dello screening non era e non è una mera scelta
discrezionale ne di Enel ne tanto meno della Autorità Competente (il Ministero
dell’Ambiente), era dettata direttamente dalla legge.
Invece si è permesso ad
Enel di avviare uno screening in modo totalmente illegittimo.
Quindi è nei poteri del
Ministero dell’Ambiente di archiviare la attuale procedura di screening ed
inviare direttamente a VIA ordinaria il progetto di centrale a gas.
COMUNQUE ANCHE CON IL SOLO SCREENING LA
ISTRUTTORIA DEVE CONCLUDERSI CON IL RINVIO A VIA ORDINARIA
Ma anche se si svolgesse
un semplice screening il progetto di centrale a gas deve essere sottoposto a
VIA ordinaria. Infatti la decisione di
applicare questa ultima procedura dipende dai criteri di svolgimento dello
screening.
Tra questi criteri (ex
allegato V alla Parte II del DLgs 152/2006) ci sono tra gli altri i seguenti:
1.
cumulo con altri progetti inquinanti esistenti
2.
rischi di incidenti
3.
rischi per la salute umana quali quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o
all’inquinamento atmosferico
4.
localizzazione dei progetti con particolare riferimento, al sovra utilizzo del
territorio esistente, alle zone di forte densità demografica e alle zone
costiere e di ambiente marino
Quindi è sui suddetti
parametri (vedi punto 3 allegato V alla Parte II del DLgs 152/2006) che si misura il rilevante impatto per
decidere la applicazione della VIA ordinaria a conclusione dello screening.
Non solo ma la
giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito che i criteri per
concludere con un rinvio a VIA ordinaria devono essere tutti presi in
considerazione e che:
a)
Il parametro delle soglie di potenza e/o capacità dell’impianto deve essere
integrato con quello della ubicazione del progetto
b)
Il parametro di ubicazione del progetto deve considerare l’impatto cumulativo
con le attività esistenti.
Anche chi ha una
conoscenza limitata dell’area interessata dal progetto di centrale a gas sa
perfettamente che tutti suddetti parametri /criteri sono presenti e non possono
non portare ad una procedura di VIA ordinaria.
N.B. È chiaro però che la seconda ipotesi
sopra prospettata, uno screening che porta ad una VIA ordinaria appare ad oggi
illegittima, quindi la scelta legalmente corretta è quella di archiviare immediatamente
lo screening in corso presso il Ministero dell’Ambiente.
PERCHÉ
È IMPORTANTE CHE VENGA APPLICATO QUANTO SOPRA ESPOSTO IMMEDIATAMENTE
Intanto perché
uno stop alla procedura di screening in corso toglierebbe una arma importante
in mano ad Enel ( la conclusione nei termini di legge della procedura di
screening) e darebbe la possibilità di riaprire un confronto vero coinvolgendo
il livello locale sia istituzionale che sociale.
In secondo luogo perché la procedura di VIA permetterebbe:
1. una
reale valutazione di impatto sanitario sia della situazione esistente in loco (
stato salute pubblico ex punto 4 allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006)
sia su quella prodotta dall’impatto cumulativo della nuova centrale a gas con
le fonti inquinanti esistenti ( rischi sanitari lettera d) punto 5 allegato VII
alla Parte II del DLgs 152/2006). Questo obbligo non esiste con chiarezza nella
normativa che disciplina lo screening.
2.
la possibilità di mettere a confronto alternative [NOTA 1]
rispetto a quella della centrale a gas compresa l’alternativa zero (punto 2
allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006) ma anche di scenari energetici
3.
avviare un vero percorso partecipativo attraverso l’Inchiesta Pubblica (ex
articolo 24-bis DLgs 152/2006) che darebbe gambe amministrative ai tavoli di
confronto che tutti propongono ma che poi restano slegate dai processi
decisionali veri e cogenti.
Ma questa impostazione permetterebbe
di incidere, da un punto di vista giuridico amministrativo,anche sulla questione
energetica nazionale che ha un peso nella questione del progetto di centrale a gas. Mi
riferisco al c.d. decreto capacity
market o meccanismo di capacità vale a dire
in sintesi: la definizione delle centrali per la produzione di energia elettrica che devono
tenersi pronte ad entrare in funzione in qualsiasi momento per risolvere emergenze
e necessità impreviste.
Infatti con la VIA ordinaria si lavorerebbe su
scenari alternativi veri che
permetterebbero una visione del decreto capacity market in chiave anche locale.
Non solo, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo
di affermare che la compatibilità di un
sito per un impianto energetico soggetto a VIA deve essere valutata non solo in sede locale ma anche in
relazione ad impianti e progetti alternativi
realizzati in altri siti. In particolare, trattandosi di impianto energetico occorre verificare la compatibilità del sito non
solo con riferimento alla efficienza ambientale e produttiva del progetto
presentato ma anche con progetti simili realizzati o realizzabili in altre zone di
Italia.
INFINE LA QUESTIONE DELLA INTESA CON LA
REGIONE
Come è noto
la materia energia rientra tra quelle di legislazione concorrente Stato Regioni. Sul punto sulla possibilità o
meno di superare (con particolari procedure disciplinate dalla legge statale)
la mancata Intesa da parte della Regione, la Corte Costituzionale è intervenuta
più volte in modo non totalmente univoco.
Volendo sintetizzare una questione in
realtà molto complessa, l’indirizzo prevalente della Corte Costituzionale si
può così riassumere: l’Intesa
stato regioni può essere superata da una procedura disciplinata da legge
statale (vedi ad esempio comma 8-bis legge 239/2004 [NOTA 2]) ma
comunque la decisione della Presidenza e del Consiglio dei Ministri non può
essere unilaterale, deve permettere una vera trattativa. A sua volta la Regione
non può negare a priori l’Intesa ma deve motivare il diniego e non per ragioni
strettamente ambientali (qui torniamo
alla competenza esclusiva dello Stato) ma energetico/territoriali.
Sulla questione tornerò
più approfonditamente ma corre qui l’obbligo di ricordare un precedente
storico, relativamente recente, di diniego di Intesa da parte della Regione
Liguria sul progetto di ampliamento del rigassificatore di Panigaglia. Era il 3
aprile 2009 quando con una apposita delibera di giunta regionale si affermò: “di ribadire che ad oggi non esistono le condizioni per rilasciare
l’intesa prevista ai sensi dell’art. 8 della L. n. 340/2000 in quanto
l’intervento risulta in contrasto con la pianificazione regionale
ed inoltre non risulta chiaro il quadro di riferimento programmatico a
livello nazionale;”. Nel frattempo sono intervenute altre leggi e sentenze in materia ma i principi sono quelli sintetizzati sopra, ne riparleremo...
NOTE
[NOTA 1] nelle procedure di VIA le alternative da valutare
possono rispondere a queste macro categorie:
– alternative
strategiche: consistono nella individuazione di misure per prevenire la domanda
e/o in misure diverse per realizzare lo stesso obiettivo;
– alternative di
localizzazione: sono definibili in base alla conoscenza dell’ambiente, alla
individuazione di potenzialità d’uso dei suoli e ai limiti rappresentati da
aree critiche e sensibili;
– alternative di
processo o strutturali: consistono nell’esame di differenti tecnologie e
processi e di materie prime da utilizzare, e sono definibili essenzialmente
nella fase di progettazione di massima o esecutiva;
– alternative di
compensazione o di mitigazione degli effetti negativi: consistono nella ricerca
di contropartite nonché in accorgimenti vari per limitare gli impatti negativi
non eliminabili, e sono definibili in fase di progetto di massima o esecutivo;
– alternativa zero:
consiste nel non realizzare il progetto, definibile nella fase di studio di
fattibilità.
[NOTA 2] 8-bis. Fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di
impatto ambientale, nel caso di mancata
espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di
intesa, comunque denominati, inerenti
alle funzioni di cui ai commi 7 e 8 del presente articolo, entro il termine di centocinquanta giorni dalla
richiesta nonché nel caso di mancata definizione dell’intesa di cui al comma 5 dell’articolo
52-quinquies del testo unico di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, e nei casi
di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 1º giugno 2011, n. 93, il
Ministero dello sviluppo economico
invita le medesime a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di ulteriore inerzia da
parte delle amministrazioni regionali interessate lo stesso Ministero rimette gli atti alla
Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione, provvede in merito
con la partecipazione della regione interessata. Le disposizioni del presente comma si applicano
anche ai procedimenti amministrativi in corso e sostituiscono il comma 6 del citato articolo
52-quinquies del testo unico di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327
Nessun commento:
Posta un commento