lunedì 1 luglio 2019

Centrale a gas: La procedura illegittima da archiviare e l’Intesa con la Regione da definire


Come ho già avuto modo di scrivere una delle questioni pregiudiziali per poter fermare il progetto di centrale a gas avanzato da Enel è quella di sospendere al più presto il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA (di seguito screening) in corso presso il Ministero dell’Ambiente (codice di procedura 4666, data avvio procedimento 16/5/2019)
La questione non può essere posta solo in termini politici (vedi odg e interrogazioni presentate sul tema in Consiglio Comunale a Spezia  ma anche ad Arcola)
La questione dello stop a detto screening va posto in termini normativi  e quindi amministrativi.

AL PROGETTO DI CENTRALE A GAS VA APPLICATA EX LEGE LA VIA E NON  LO SCREENING
Il progetto di centrale a gas in realtà non andava sottoposto ad un mero screening ma a Valutazione di Impatto Ambientale ordinaria.
Infatti secondo la vigente normativa:
1. sono sottoposti a screening gli impianti per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW (lettera a) punto 1 allegato II-bis alla Parte II del DLgs 152/2006)
2. sono sottoposti a VIA ordinaria le centrali termiche d altri impianti di combustione con potenza di almeno 300 MW (punto 1 allegato II Parte II al DLgs 152/2006)

Quindi l’applicazione della VIA ordinaria al posto dello screening non era e non è una mera scelta discrezionale ne di Enel ne tanto meno della Autorità Competente (il Ministero dell’Ambiente), era dettata direttamente dalla legge.
Invece si è permesso ad Enel di avviare uno screening in modo totalmente illegittimo.
Quindi è nei poteri del Ministero dell’Ambiente di archiviare la attuale procedura di screening ed inviare direttamente a VIA ordinaria il progetto di centrale a gas.



COMUNQUE ANCHE CON IL SOLO SCREENING LA ISTRUTTORIA DEVE CONCLUDERSI CON IL RINVIO A VIA ORDINARIA
Ma anche se si svolgesse un semplice screening il progetto di centrale a gas deve essere sottoposto a VIA ordinaria.  Infatti la decisione di applicare questa ultima procedura dipende dai criteri di svolgimento dello screening.
Tra questi criteri (ex allegato V alla Parte II del DLgs 152/2006) ci sono tra gli altri i seguenti:
1. cumulo con altri progetti inquinanti esistenti
2. rischi di incidenti
3. rischi per la salute umana quali quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o all’inquinamento atmosferico
4. localizzazione dei progetti con particolare riferimento, al sovra utilizzo del territorio esistente,  alle zone di  forte densità demografica e alle zone costiere e di ambiente marino
Quindi è sui suddetti parametri (vedi punto 3 allegato V alla Parte II del DLgs 152/2006) che si misura il rilevante impatto per decidere la applicazione della VIA ordinaria a conclusione dello screening.
Non solo ma  la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito che i criteri per concludere con un rinvio a VIA ordinaria devono essere tutti presi in considerazione e che:
a) Il parametro delle soglie di potenza e/o capacità dell’impianto deve essere integrato con quello della ubicazione del progetto
b) Il parametro di ubicazione del progetto deve considerare l’impatto cumulativo con le attività esistenti.

Anche chi ha una conoscenza limitata dell’area interessata dal progetto di centrale a gas sa perfettamente che tutti suddetti parametri /criteri sono presenti e non possono non portare ad una procedura di VIA ordinaria.

N.B. È chiaro però che la seconda ipotesi sopra prospettata, uno screening che porta ad una VIA ordinaria appare ad oggi illegittima, quindi la scelta legalmente corretta è quella di archiviare immediatamente lo screening in corso presso il Ministero dell’Ambiente.






PERCHÉ  È IMPORTANTE CHE VENGA APPLICATO QUANTO SOPRA ESPOSTO IMMEDIATAMENTE
Intanto perché uno stop alla procedura di screening in corso toglierebbe una arma importante in mano ad Enel ( la conclusione nei termini di legge della procedura di screening) e darebbe la possibilità di riaprire un confronto vero coinvolgendo il livello locale sia istituzionale che sociale.

In secondo luogo perché la procedura di VIA permetterebbe:
1. una reale valutazione di impatto sanitario sia della situazione esistente in loco ( stato salute pubblico ex punto 4 allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006) sia su quella prodotta dall’impatto cumulativo della nuova centrale a gas con le fonti inquinanti esistenti ( rischi sanitari lettera d) punto 5 allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006). Questo obbligo non esiste con chiarezza nella normativa che disciplina lo screening.
2. la possibilità di mettere a confronto alternative [NOTA 1] rispetto a quella della centrale a gas compresa l’alternativa zero (punto 2 allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006) ma anche di scenari energetici
3. avviare un vero percorso partecipativo attraverso l’Inchiesta Pubblica (ex articolo 24-bis DLgs 152/2006) che darebbe gambe amministrative ai tavoli di confronto che tutti propongono ma che poi restano slegate dai processi decisionali veri e cogenti.  

Ma questa impostazione permetterebbe di incidere, da un punto di vista giuridico amministrativo,anche sulla questione energetica nazionale che ha un peso nella questione del progetto di centrale a gas. Mi riferisco al c.d. decreto  capacity market o meccanismo di capacità vale a dire in sintesi: la definizione delle centrali per la produzione di energia elettrica che devono tenersi pronte ad entrare in funzione in qualsiasi momento per risolvere emergenze  e  necessità impreviste.  
Infatti con la VIA ordinaria si lavorerebbe su scenari alternativi veri  che permetterebbero una visione del decreto capacity market in chiave anche locale.
Non solo,  la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare che la compatibilità di un sito per un impianto energetico soggetto a VIA deve  essere valutata non solo in sede locale ma anche in relazione ad impianti e progetti  alternativi realizzati in altri siti. In particolare, trattandosi di impianto energetico  occorre verificare la compatibilità del sito non solo con riferimento alla efficienza  ambientale e produttiva del progetto presentato ma anche con progetti simili  realizzati o realizzabili in altre zone di Italia.  



INFINE LA QUESTIONE DELLA INTESA CON LA REGIONE
Come è noto la materia energia rientra tra quelle di legislazione concorrente Stato  Regioni. Sul punto sulla possibilità o meno di superare (con particolari procedure disciplinate dalla legge statale) la mancata Intesa da parte della Regione, la Corte Costituzionale è intervenuta più volte in modo non totalmente univoco. 

Volendo sintetizzare una questione in realtà molto complessa, l’indirizzo prevalente della Corte Costituzionale si può così riassumere: l’Intesa stato regioni può essere superata da una procedura disciplinata da legge statale (vedi ad esempio comma 8-bis legge 239/2004 [NOTA 2]) ma comunque la decisione della Presidenza e del Consiglio dei Ministri non può essere unilaterale, deve permettere una vera trattativa. A sua volta la Regione non può negare a priori l’Intesa ma deve motivare il diniego e non per ragioni strettamente ambientali (qui  torniamo alla competenza esclusiva dello Stato) ma energetico/territoriali.
Sulla questione tornerò più approfonditamente ma corre qui l’obbligo di ricordare un precedente storico, relativamente recente, di diniego di Intesa da parte della Regione Liguria sul progetto di ampliamento del rigassificatore di Panigaglia. Era il 3 aprile 2009 quando con una apposita delibera di giunta regionale si affermò: “di ribadire che ad oggi non  esistono le condizioni per rilasciare l’intesa prevista ai sensi dell’art. 8 della L. n. 340/2000 in quanto l’intervento risulta in contrasto con la pianificazione  regionale  ed inoltre non risulta chiaro il quadro di riferimento programmatico a livello nazionale;”. Nel frattempo sono intervenute altre leggi e sentenze in materia ma i principi sono quelli sintetizzati sopra, ne riparleremo... 






NOTE 
[NOTA 1] nelle procedure di VIA le alternative da valutare possono rispondere a queste macro categorie:
– alternative strategiche: consistono nella individuazione di misure per prevenire la domanda e/o in misure diverse per realizzare lo stesso obiettivo;
– alternative di localizzazione: sono definibili in base alla conoscenza dell’ambiente, alla individuazione di potenzialità d’uso dei suoli e ai limiti rappresentati da aree critiche e sensibili;
– alternative di processo o strutturali: consistono nell’esame di differenti tecnologie e processi e di materie prime da utilizzare, e sono definibili essenzialmente nella fase di progettazione di massima o esecutiva;
– alternative di compensazione o di mitigazione degli effetti negativi: consistono nella ricerca di contropartite nonché in accorgimenti vari per limitare gli impatti negativi non eliminabili, e sono definibili in fase di progetto di massima o esecutivo;
– alternativa zero: consiste nel non realizzare il progetto, definibile nella fase di studio di fattibilità.

[NOTA 2]  8-bis. Fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, nel caso di  mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa,  comunque denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7 e 8 del presente articolo, entro il  termine di centocinquanta giorni dalla richiesta nonché nel caso di mancata definizione dell’intesa  di cui al comma 5 dell’articolo 52-quinquies del testo unico di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, e nei casi di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 1º giugno 2011, n. 93, il Ministero  dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere entro un termine non superiore a  trenta giorni. In caso di ulteriore inerzia da parte delle amministrazioni regionali interessate lo  stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale, entro sessanta  giorni dalla rimessione, provvede in merito con la partecipazione della regione interessata. Le  disposizioni del presente comma si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso e  sostituiscono il comma 6 del citato articolo 52-quinquies del testo unico di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327

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