La Regione Liguria con
atto (QUI)
dello scorso 18 ottobre 2019 ha chiesto integrazioni progettuali alla ditta ReCos
SpA che ha presentato l’istanza per realizzare un biodigestore (trattamento rifiuti organici) in
località Saliceti (Vezzano Ligure).
L’Assessore Regionale
presentando questo atto lo ha interpretato come una richiesta della Regione che
recepiva le criticità emerse dalla Inchiesta Pubblica. Intanto sul punto c’è
subito qualcosa che non torna.
LA PROCEDURA PER LE INTEGRAZIONI AL PROGETTO: COME FUNZIONA
La richiesta della
Regione, come risulta dall’atto, fa riferimento al comma 5 articolo 27-bis del dlgs 152/2006. Questo comma recita: “5. Entro i successivi trenta giorni
l’autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni
assegnando allo stesso un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta
motivata del proponente l’autorità competente può concedere, per una sola
volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione
integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni.”
La norma sopra riportata
va letta con il comma 4 e prevede due
possibilità di integrazioni:
1. la prima
(vedi primo periodo del comma) è di iniziativa della autorità competente
regionale (Settore VIA) e prevede che entro, massimo 90 giorni (60 giorni per
le osservazioni + 30) dall’avviso pubblico di avvio della fase di consultazione,
l’autorità competente chieda integrazioni al proponente il progetto sottoposto
al provvedimento di autorizzazione unica regionale (comprensivo della VIA)
2. la
seconda (vedi secondo periodo del comma) prevede che su iniziativa del
proponente il progetto possano essere chieste integrazioni al progetto magari
concordate con l’autorità competente ed il termine per presentare dette
integrazioni è di 180 giorni.
Ora l’atto della Regione
in questione fa proprio riferimento al termine dei 180 giorni quindi è molto
probabile che le integrazioni siano state concordate preventivamente con ReCos SpA altrimenti non si spiega perché
non sia stato usato il termine più ristretto che, secondo la legge sopra
citata, invece fa riferimento alla iniziativa unilaterale dell’Autorità Competente alla VIA.
La problematica sopra
esposta non sarebbe di grande rilievo se non ci fosse una questione di fondo
rimossa in tutta la procedura fino ad ora applicata al progetto di
biodigestore.
La questione è che il
biodigestore non solo riguarda un sito che non esiste nella vigente
pianificazione ma soprattutto, sia il sito che il tipo di tecnologia, non sono
frutto di un confronto (in sede di pianificazione) su scenari alternativi veri
sia di sito che di tecnologia (ad es. aerobico V/S anaerobico).
Quindi la scelta della
procedura di 180 giorni per le integrazioni non è casuale e non è una svista
procedurale ma piuttosto l’ennesimo avvallo, della giunta Regionale, al colpo
di mano amministrativo portato avanti da ReCos SpA nel momento in cui ha presentato il progetto
di biodigestore sul sito di Saliceti quando invece il Piano prevedeva un altro
sito.
Ma c’è di più. Andiamo a vedere nel
merito l’atto della Regione qui analizzato.
GLI OBBLIGHI EX LEGE TRASFORMATI IN RICHIESTE DI
INTEGRAZIONI
Intanto si chiedono alcun
cose che tutto sono meno che integrazioni:
1. lo studio di incidenza
per la vicinanza di siti rientranti nella normativa sulla biodiversità è un
obbligo, visto che la Corte di Giustizia della UE ha più volte precisato che un
progetto anche esterno al perimetro di detti siti che può produrre un impatto
sulla flora fauna ed ecosistemi protetti deve essere accompagnato da una relazione di incidenza (7 novembre 2018 -
causa C461-17 per il testo QUI)
2. il piano di utilizzo in
sito delle terre e rocce di scavo è un obbligo di legge ex DPR 13 giugno 2017,
n. 120 Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione
delle terre e rocce da scavo.
Ma la vera questione che
conferma come il sito di Saliceti (Vezzano Ligure) per il biodigestore in
questione sia stato scelto fuori non solo da una logica di pianificazione e
quindi una Valutazione Ambientale Strategica ma anche dagli indirizzi più
rigorosi della procedura di VIA (per ora applicata al progetto) deriva dalla
questione della alternative
In particolare l’atto
della Regione al punto 22 afferma: “Valutazione delle alternative 22. Nell’ambito
della valutazione delle alternative si richiede un maggiore approfondimento
circa la cosiddetta opzione zero, ovvero la non realizzazione dell’impianto, in
termini di impatti ambientali ed economici complessivi”.
Quindi la Regione chiede
di integrare l’analisi delle alternative con la opzione zero.
LE ALTERNATIVE NEI PROCEDIMENTI DI VIA
Come emerge dalle
esperienze migliori di VIA così come dalle linee guida europee le alternative
da valutare nel procedimento di VIA sono ben altre che la sola opzione zero. In
particolare:
alternative strategiche: consistono nella individuazione di misure per
prevenire la domanda e/o in misure diverse per realizzare lo stesso obiettivo;
alternative di
localizzazione: sono definibili in base alla conoscenza dell’ambiente, alla
individuazione di potenzialità d’uso dei suoli e ai limiti rappresentati da
aree critiche e sensibili;
alternative di processo
o strutturali: consistono nell’esame
di differenti tecnologie e processi e di materie prime da utilizzare, e sono
definibili essenzialmente nella fase di progettazione di massima o esecutiva;
>>>
alternative di
compensazione o di mitigazione degli effetti negativi: consistono nella ricerca di contropartite nonché in
accorgimenti vari per limitare gli impatti negativi non eliminabili, e sono
definibili in fase di progetto di massima o esecutivo;
alternativa zero: consiste nel non realizzare il progetto, definibile
nella fase di studio di fattibilità
Spesso invece, purtroppo con
l’avvallo delle Autorità Competenti, gli Studi di Impatto Ambientale prendono
in considerazione solo le alternative strategiche (come realizzare comunque il
progetto del proponente magari con misure di mitigazione) e l’alternativa zero (non fare nulla, spesso
descritto in modo da giustificare il progetto presentato).
È quello che sta
succedendo per il progetto di
biodigestore in esame. Peraltro il punto 2 dell'allegato VII alla parte II del DLgs 152/2006 prevede che l'opzione zero sia compresa automaticamente nelle alternative da descrivere nello studio di impatto ambientale, quindi non mi pare una gran richiesta quella dell'atto regionale!
Tutto questo contrasta
anche con la visione ampia di concetto di alternativa che emerge dalla sentenza
della Corte di Giustizia (sentenza del 7 novembre 2018 (causa C461-17)
giustifica la necessità di prendere in considerazione anche le altre
alternative:
1. imponendole
in sede di integrazione dello Studio di Impatto Ambientale
2. recependole
dai percorsi partecipativi che spesso accompagnano i procedimenti di VIA
(Inchieste Pubbliche, Contraddittori, Osservazioni)
Occorre dire che nel caso del
progetto di biodigestore spezzino il difetto ha radici più lontane di questo
atto della Regione che tratto in questo post. Infatti non avere scelto il sito
di Saliceti attraverso una corretta pianificazione e relativa valutazione
ambientale strategica ha impedito una discussione per scenari alternativi veri
e realistici (come richiedono le linee guida della Commissione Ambiente della
UE - QUI)
e come ribadito dalla Relazione della Commissione del 15/5/2017 (QUI)
secondo la quale: “Per garantire
conformità nel recepimento e nell’applicazione della direttiva VAS, le
alternative valutate devono essere ragionevoli, tenendo conto, prima di
definirne il contenuto finale, degli obiettivi e dell’ambito territoriale dei
piani e dei programmi.” Aggiunge
detta relazione a conferma che le alternative per scelte che rientrano preventivamente
negli strumenti di pianificazione: “è
complicato individuare e valutare ragionevoli alternative in fase di
progettazione”.
D’altronde
su quanto sia importante valutare preventivamente le alternative in relazione a
scelte che discendono da strumenti di pianificazione come nel caso in esame, lo
afferma con estrema chiarezza il Consiglio di Stato (sentenza 4926/2012):
“Nel rimarcare che la
VAS di cui alla DIR 2001/42/Ce, è volta
garantire che gli effetti sull'ambiente di determinati piani e programmi siano
considerati durante l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi, così da
anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di
compatibilità ambientale che, se effettuata (come avviene per la VIA) sulle
singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere
un'effettiva valutazione comparativa, mancando in concreto la possibilità di
disporre di soluzioni alternative per la localizzazione degli insediamenti
e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile,
gli usi del territorio”.
CONCLUSIONI
Tutto quanto sopra
dimostra a mio modesto avviso che:
1. anche con
questo ultimo atto la Regione ha violato le procedure di pianificazione in
materia di gestione rifiuti
2. le
integrazioni richieste sono inserite dentro una logica istruttoria interna
comunque al sito di Saliceti della serie “c’è un rischio falde cercate di
inserire elementi progettuali che lo limitino il più possibile”
3. per la
Regione Liguria quindi la VIA deve servire per compatibilizzare il sito con il
progetto di biodigestore comunque deciso sia tecnologicamente che come
localizzazione …
4. ... infatti l’opzione
zero impostata come viene fatto in questo atto non può che costringere a
realizzare il progetto nel sito di Saliceti visto che il ciclo dei rifiuti va
chiuso e visto che le alternative di sito e di tecnologia non sono state mai valutare
nelle sedi opportune cioè nella pianificazione regionale provinciale (di area )
e di ambito.
5. questo
modo di operare inficia anche il valore della Inchiesta Pubblica, citata nelle
premesse dell’atto della Regione. Le criticità emerse dalla Inchiesta vengono
trasformate in richieste di prescrizioni puntuali rimuovendo le questioni della
Pianificazione e della VAS e quindi dei
siti diversi da Saliceti e delle tecnologie alternative al biodigestore.
L’Inchiesta Pubblica così
viene utilizzata come strumento per avvallare una scelta decisa a priori da
mesi cioè fin da quando ReCos SpA presentò il progetto di biodigestore per il
sito di Saliceti in palese violazione non solo dei vigenti Piani di Area e di
Ambito Regionale ma anche degli impegni pubblici che gli amministratori
Regionali avevano preso ad agosto dello scorso anno.
Il 9 agosto 2018 l’Assessore
Regionale all’Ambiente dichiarava (QUI):
”il parere Vas (Valutazione ambientale
strategica) n.100, assunto con Dgr n.1168 del 2017 sul Piano d’Area di La Spezia, non ha affatto
“bocciato” la localizzazione di Boscalino per il biodigestore, ma si è limitato
a manifestare alcuni dubbi in merito alla coesistenza del sito di Boscalino per
gli anni 2018/2020 con una stazione di trasferimento in concomitanza con i
lavori di realizzazione dell’impianto di digestione anaerobica, considerate le
dimensioni limitate dell’area in questione. La Provincia della Spezia, con la
revisione del proprio Piano ai fini di conformarsi al parere Vas, ha
specificato le motivazioni che hanno condotto all’indicazione di tale sito”
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