Di fronte a
questa ennesima riproposizione del facile schemino: “tutti quelli che criticano sono disfattisti del partito del NO”, mi sorge una
domanda ma il territorio, meglio direi la comunità locale, ha diritto o no
di discutere le proposte che vengono
avanzate, anche se espressione di interessi legittimi ma altrettanto
sicuramente particolari (vedi shopInn di Brugnato, raddoppio di Panigaglia etc.
etc.)?
Le scelte devono
essere oggetto di istruttorie adeguate e
rispettose di leggi e buone pratiche, oppure i nostri amministratori e
dirigenti pubblici, come peraltro spesso fanno e/o hanno fatto, devono
semplicemente ratificare tutto quello che viene proposto dal mercato solo
perchè dietro ci sono finanziamenti più o meno certi?
LA CULTURA DEL FARE CONTRO I
FONDAMENTALI DELL’ECONOMIA
Questa cultura
del fare ha prodotto e continua produrre scelte condotte con istruttorie
sommarie che spesso e volentieri
diminuiscono l'occupazione invece che aumentarla oltre che distruggere
l'ambiente.
D'altronde e per
restare ai fondamentali dell’economia non mi pare che fino ad ora abbiamo
governato quelli della “decrescita felice” eppure i dati
sono li davanti a noi vedi QUI ma anche QUI.
Per non parlare
di scelte già fatte e che hanno prodotto il contrario di quanto ci si aspettava
in termini di ricadute economiche e occupazionali locali come quella della
ristrutturazione della centrale Enel il risultato economico della quale è stato
il passaggio da quasi 900 dipendenti diretti all’inizio dei 90, agli attuali: meno di 300!
Allora domando a
tutti i decisori e interlocutori politici, sindacali, economici di questa
provincia: comunque prima di decidere
scelte irreversibili per decenni nel nostro territorio, vogliamo applicare dei
metodi che ci permettano di capire alcune semplici cose? E cioè:
- quali rapporti costi benefici tra
posti di lavoro creati e consumo del territorio
- quanti posti di lavoro si perdono di
contro a quelli guadagnati secondo le varie scelte
- come incidono gli investimenti fatti
in una zona sull’economia complessiva della nostra provincia
- quali indagini di mercato sono fatte
per valutare le scelte migliori per un determinato ambito della nostra
provincia.
Vorrei che
questo modo di analizzare le scelte venisse applicato non solo all’outlet di
Brugnato ma ad esempio al nuovo waterfront o alla ristrutturazione della snam
di Panigaglia, od ancora alla attuazione dei nuovi ambiti del piano regolatore
del porto (PRP). Per questi ultimi
sarebbe interessante svolgere una valutazione di impatto portuale, aggiornando
gli studi di economia portuale, ormai superati, su cui si fonda l’impianto
pianificatorio del PRP. O vogliamo
restare alla autoesaltazione sui dati dei container movimentati dal nostro
porto, dati non così attendibili visto che come è noto le statistiche portuali e l’uso che i porti
fanno per ragioni di marketing vanno letti con molta prudenza, in particolare
per quanto riguarda i container, la cui domanda di trasporto è trainata da due
componenti: il mercato dei beni e la logistica delle compagnie marittime. Lo
stesso container viene contato più volte e quindi il valore dei movimenti di
sbarco e imbarco che subisce nei porti, tenuto conto dei vuoti, ha una
correlazione sempre più debole con il valore rappresentato dal volume delle
merci trasportate.” (Le multinazionali del mare – ed. Egea, Sergio Bologna).
Ed
ancora, per fare un altro esempio il progetto di waterfront all’interno del quale è prevista la stazione
crocieristica. Anche qui Il recente Rapporto del Consiglio Europeo delle
Crociere ha dimostrato le scarse ricadute nelle economie locali di tali
stazioni, ho spiegato tutto ampiamente QUI.
LA CULTURA DEL FARE CONTRO LA
LEGALITÀ/LEGITTIMITÀ DELLE ISTRUTTORIE CHE PORTANO ALLE DECISIONI
Inoltre possibile
che per realizzare interventi ad alto impatto territoriale e bassa occupazione
rispetto al livello di investimenti richiesti si debba sistematicamente violare
la legge e svolgere istruttorie da parte delle autorità competenti incomplete e
contraddittorie?
E guardate cari
nostri fautori del fare qui il problema non è solo di rispetto formale
della legge perché come insegna la vicenda di Pitelli violare le leggi
ambientali ha ricadute pesantissime anche dal punto di vista economico vedi
vincoli per le bonifiche del Golfo.
Ma invece che
usare metodi di valutazione moderni per definire le scelte strategiche del
territorio, invece che rispettare la legge, invece che svolgere istruttorie con
professionalità e attenzione, cosa fa la nostra classe politica? Prima fa
scelte irreversibili ad alto impatto ambientale, viola la legge e poi invece
che fare autocritica e cercare di rivedere le proprie scelte chiede e spesso
ottiene la modifica della legge cioè la sanatoria
della cazzata fatte. Volete degli esempi?
- Centrale Enel riaperta solo perché è
stata cambiata la legge non perché sia stato risolto il problema degli
scarichi termici nel nostro golfo.
- Area IP tenuta ferma per oltre 20
anni poi bonificata solo in parte (il resto è li a futura memoria ed è la
parte più inquinata) per far posto all’ennesimo centro commerciale,
un’area che se gestita non come un buco dove mettere qualcosa, ma come una
parte strategica di un’area vasta, avrebbe potuto ridisegnare l’intera città.
- Sito di bonifica di Pitelli:
bonificate solo le parti di interesse commerciale del porto e comunque
anche qui cambiando ad hoc la legge, ed ora si sta cercando di
declassificare il sito con un ipotizzato decreto ministeriali chiaramente
in contrasto con la legge quadro.
- Attuazione del Piano regolatore del
Porto: rilascio concessione all’uso delle banchina da parte della Contship
in palese contrasto con le procedure di valutazione definite dallo stesso
Consiglio Regionale e dal Ministero dell’Ambiente
- Progetto di Waterfront: approvazione
di una delibera che definisce l’iter di approvazione aggirando le norme del Piano Regolatore del Porto
e quelle sulla valutazione ambientale dei piani compresi gli strumenti urbanistici
attuativi
- ShopInn di Brugnato: autorizzato con
una procedura che aggira le norme ambientali utili per valutare l’impatto
ambientale del progetto e soprattutto aggirando la normativa europea sul
rischio alluvioni
- Progetto di ampliamento del
rigassificatore di Panigaglia presentato senza alcun coordinamento con
le esigenze nazionali di programmazione energetica e in palese contrasto
con gli strumenti di pianificazione locale e regionale, anche qui grazie
ad una normativa che sistematicamente ha introdotto procedure
acceleratorie volte a bypassare i diritti delle comunità locali.
- Parcheggi e progetti urbanistici
vari che hanno prodotto studi costosi spesso e volentieri rivelatisi
illegittimi come il parcheggio
Pinetina, o incompleti come quello della scalinata Cernaia., o
suscettibili di inchieste penale come quello di P.za Verdi.
Non scrivo di
Acam e di Parco V Terre perché quelle sono vicende che si commentano da se, ma che dimostrano cosa può accadere: "lasciando fare ai cultori del fare".
CONCLUSIONI
Il nostro
territorio è stato colonizzato due volte e continua a esserlo: dagli enti
energetici, dall’apparato militare, dalla lega delle cooperative e poi dalle
multinazionali dei containers tutti
supportati da una classe politica che ha fatto da zerbino o da maggiordomo ai
colonizzatori.
Fino a 20 anni
fa il gioco funzionava nel senso che almeno c’era occupazione per tutti ora non
funziona più: ci resta un territorio devastato, occupato militarmente, un poco
turistico un poco industriale un poco post non si sa bene cosa.
Il patto che reggeva il controllo sociale nella
nostra Provincia si è rotto; forse è
arrivato il momento anche per noi spezzini di rivoltarci ai colonizzatori
perché sarà anche vero che abbiamo il golfo dei poeti ma come scriveva un
vecchio e saggio economista: “ La storia
ci insegna che più di una volta la spoliazione ha finito con l’uccidere la
gallina dalle uova d’oro” (Vilfredo
Pareto).
Trovo l'articolo particolarmente efficace nel delineare le criticità di una provincia dotata di
RispondiEliminaun territorio peculiare e variegato.Ma i pregi e le peculiarità ne sono anche il limite.
Non si può far convivere il potenziamento della attività portuale con la vocazione turistica che la bellezza dei luoghi consentirebbe.
La movimentazione containers e la balneazione in diga sono un ossimoro.
L'urbanizzazione della Palmaria ed una pubblicità
turistica che vorrebbe proporla come ambiente
selvaggio a 5 minuti di barca dal continente,non
possono coesistere per una utenza smaliziata che può spaziare per l'intero pianeta.
Il turismo crocieristico promesso,non è più quello tradizionale che creava un enorme indotto dove approdava;oggi tremila passeggeri che scendono a terra per qualche ora non sono dei compratori di beni e servizi ma dei pellegrini che per qualunque esigenza rientreranno in casa (nave) dove è già tutto prepagato.
La Costa Smeralda sarda degli anni 70 ha chiuso il suo ciclo turistico-mondano e lascia solo cementificazioni invendute e una costa profanata.
Per non parlare delle 5terre dove la fragilità del territorio,sta dimostrando che lo squilibrio tra uno sfruttamento turistico senza gli adeguati
reinvestimenti,ha portato a"vendere"un modello non più corrispondente con l'immagine arcaica promessa.Ma forse ora la diretta rappresentanza in Europa,se riesce a dimostrare l'avvenuto"buon fine"dei fondi erogati,ribalterà una realtà difficile!?.
Enrico Pandolfo