Con Delibera della Giunta
Regionale n. 1077 del 5/12/2016 (vedi QUI) è stato approvato un
Protocollo d'Intesa Regione Liguria - Consorzio Ecocarbon, per lo studio di
soluzioni gestionali e tecniche sull'utilizzo del CSS (Combustibile solido secondario)
di cui al D.M. 22/2013 (vedi QUI). Per un analisi di
questo Decreto vedi QUI.
L’Assessore
Regionale all’Ambiente alla domanda
della giornalista Sondra Coggio del Secolo XIX chi l’ha
previsto, di produrre CSS? Così ha risposto “E’
scritto nel piano dei rifiuti che abbiamo ereditato dalla
giunta Burlando: il Css come evoluzione del Cdr”. La risposta non è
esaustiva.
In
realtà il Piano regionale dei rifiuti nell’allegato 1 (vedi QUI) si limita a descrivere le varie tecnologie di trattamento dei rifiuti e a pagina
402 cita anche il CSS. La citazione non
ha alcun carattere prescrittivo tanto è vero che a pagina 393 di questo
allegato si afferma che: “ogni processo
di trattamento va considerato come un vero impianto industriale per cui molta
attenzione dovrà essere posta nella scelta dell’impianto, sia per ottimizzare
il rendimento e sia per salvaguardare l’ambiente rispetto alle varie emissioni
che vengono generate dallo specifico processo. Ne segue che assumeranno estrema
importanza lo studio e le concessioni autorizzative previste per legge ed in
particolare la definizione delle prescrizioni e i monitoraggi ambientali che
dovranno essere dettagliatamente previste nelle specifiche autorizzazioni.”
Quindi tutto è rimesso
alle scelte puntuali nei territori e tutto dovrà tener conto dei principi
gerarchici in materia di gestione rifiuti secondo la normativa Europea in
materia.
Aggiunge l’Assessore, in riferimento all’incarico di studio al Consorzio
Ecocarbon: “E’ solo per capire se abbia
senso produrre Css in Liguria. Io non ne sono affatto convinto”. Qui le
convinzioni personali dell’Assessore c’entrano poco anzi direi nulla. Il punto
dirimente è che siamo di fronte ad un atto di un ente pubblico che deve avere
una sua legittimità sia formale che sostanziale. La seconda fa riferimento ad
adeguate motivazioni che lo devono fondar e giustificare.
Il Consorzio Ecocarbon (vedi QUI) ha come unico scopo statutario quello di sviluppare, promuovere e valorizzare l'utilizzo del CSS. Il Consorzio, come emerge dal suo statuto (vedi QUI) è un organismo privato che mira a promuovere questo materiale derivato dai rifiuti a favore dei suoi soci che non a caso sono: 1) i produttori di materiali idonei alla trasformazione in combustibili alternativi
2) i trasformatori e preparatori di materiali atti alla produzione di combustibile alternativo
3) utilizzatori di combustibili alternativi
PRIMO: non c’è nessun vincolo legato alla attuazione del Piano Regionale per promuovere questa soluzione per la chiusura del ciclo dei rifiuti
SECONDO: l’incarico appare viziato da palese conflitto di interessi visto che si chiede di studiare la fattibilità della produzione e dell’uso del CSS a chi è interessato a promuoverlo.
Ma quanto sopra non è
tutto anche se sarebbe già abbastanza per bocciare questa delibera.
Andiamo a vedere la
normativa in materia di gestione dei rifiuti cosa dice e quindi se questa
delibera è ad essa coerente o costituisce una vera e propria fozatura che come
vedremo avrà comunque un costo, sia pure indiretto per ora, per le casse pubbliche dell’Ente Regione.
NEL CSS NON È CHIARISSIMO QUELLO CHE CI PUÒ
FINIRE
Il Decreto Ministeriale
n.22 del 2013 che, in attuazione di norme precedenti, disciplina criteri
specifici da rispettare affinché determinate tipologie di CSS cessino di
essere qualificate come rifiuto. Ora questa
normativa prevede in generale che i rifiuti contrassegnati con il codice
99 (“rifiuti non altrimenti
specificati”) siano esclusi dalla produzione di CSS ma si aggiunge: “salvo
diversa autorizzazione della autorità competente” in questo caso Regione e
Provincia oltre il Comune per gli aspetti urbanistici necessari alla
realizzazione degli impianti di produzione o di utilizzo. Vista la delicatezza
della materia questa deroga potenziale costituisce un rischio significativo per
la salute e l’ambiente dei cittadini visto che le categorie 99 devono avere solo carattere
residuale nella procedura di assegnazione dei codici, ovvero, vanno assegnati per
ultimo e per forza e non come possibilità generica come nel caso in esame.
LE PERICOLOSE SEMPLIFICAZIONI PER OTTENERE
LA POSSIBILITÀ DI BRUCIARE IL CSS
Per utilizzare il CSS nei
cementifici e nelle centrali termoelettriche occorre una sorta di
autocertificazione quindi con limiti ai controlli pubblici ed in particolare:
1. La
verifica del produttore
2. La
dichiarazione di conformità del produttore secondo un modello allegato al
Decreto.
Non solo ma i cementifici,
centrali termoelettriche e altri impianti in cui si può bruciare il CSS e che
siano soggetti ad autorizzazione integrata ambientale (AIA), rilasciata
prima della data di entrata in vigore del Decreto 22/2013,
possono utilizzare il CSS previa semplice comunicazione
da trasmettere da parte dell'utilizzatore all'autorità
competente almeno sessanta giorni prima dell'effettivo utilizzo del
CSS. In sostanza in questo caso l’utilizzo dl CSS viene considerato
come una modifica non sostanziale dell’AIA esistente quindi senza necessità di
presentare nuova domanda di AIA. Una norma pericolosissima ed in palese
contrasto con quanto indicato da una Circolare del Ministero dell’Ambiente del 19/12/2011 secondo la quale per definire sostanziali o meno le modifiche si deve guardare anche agli effetti potenziali ambientali concreti che tali nuovi rifiuti possono produrre nella gestione dell’impianto e/o attività oggetto dell’AIA. In particolare questa Circolare afferma: “ove pertanto, si ritenga non sostanziale la modifica risulta necessario fornire anche gli elementi in base ai quali si ritiene che non esistano effetti negativi significativi indotti dalla modifica sull’ambiente. A tal riguardo dovrebbe essere evidenziato in che modo e misura le modifiche ridefiniscono i processi produttivi, cambiano le materie prime impiegate, aumento i consumi o (e soprattutto) modificano il quadro emissivo (tipo di inquinanti, concentrazione, quantità specifica per unità di prodotto, quantità nella unità di tempo) e quello più generale degli effetti ambientali”.
D’altronde come afferma il TAR Calabria n. 1291 del 2016: “la concreta valutazione sugli specifici effetti ambientali è oggetto della valutazione da svolgersi in sede di Aia e non in sede di valutazione sulla esigenza di sottoporre ad Aia o meno l’attività”
D’altronde come afferma il TAR Calabria n. 1291 del 2016: “la concreta valutazione sugli specifici effetti ambientali è oggetto della valutazione da svolgersi in sede di Aia e non in sede di valutazione sulla esigenza di sottoporre ad Aia o meno l’attività”
Non solo ma quanto sopra
appare in contrasto con una norma precisa del Testo Unico Ambientale DLgs
152/2006. Infatti secondo l’articolo 29-nonies del DLgs 152/2006 la
semplice comunicazione è prevista solo nel caso in cui intervengano variazioni
nella titolarità della gestione dell'impianto, che è ben altra cosa, in
termini di impatto ambientale e sanitario potenziali, che bruciare un
combustibile derivato dai rifiuti come il CSS;
IL CSS FONTE RINNOVABILE?
L’uso del CSS è incentivato dal decreto sugli incentivi agli
impianti che utilizzano fonti rinnovabili. Si tratta del Decreto
6/7/2012 che al paragrafo 5 allegato 2 contribuendo ulteriormente a
confondere un materiale che di fatto, anche se non di diritto, è un rifiuto
come fonte rinnovabile e quindi favorendo l’aumento della produzione dei
rifiuti in un ciclo esattamente opposto ai principi di una corretta economia
circolare oltre che ai principi e criteri direttivi delle Direttive UE sulla
gestione dei rifiuti, ma anche delle astrattamente dichiarate intenzioni
dell’Assessore all’Ambiente della Regione nella sua intervista al Secolo XIX
del 11/12/2016 sul “recupero di tutto
quello che è riciclabile”
IL CSS È DIVENTATO UN COMBUSTIBILI QUALSIASI
MA È IN REALTÀ UN RIFIUTO
il Decreto Ministero
Ambiente 20/3/2013 (vedi QUI
http://www.arpa.veneto.it/temi-ambientali/rifiuti/file-e-allegati/normativa/normativa-nazionale/2013/DM%2020-3-13%20CSS.pdf
) ha inserito
nell’elenco dei combustibili utilizzabili negli impianti industriali
(disciplinati dal titolo I parte V DLgs152/2006) diversi dagli impianti termici
civili: il combustibile solido secondario (CSS), in tal modo creando i
presupposti per usare il CSS anche in impianti diversi da cementifici e
centrali termoelettriche.
IL CONTRASTO DELLA DELIBERA REGIONALE CON IL
TESTO UNICO AMBIENTALE: DLGS 152/2006
La Delibera che approvato
il Protocollo Ecocarbon fonda la motivazione giuridica sul comma 5 articolo 177
del DLgs 152/2006 e sull’articolo 206 sempre del DLgs 152/2006.
Il comma 5
dell’articolo 177 del DLgs 152/2006
condiziona la approvazione di accordi, come il Protocollo in oggetto, al
rispetto degli obbiettivi di cui al comma 4 di questo articolo: “I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la
salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il
suolo, nonché per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di
particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.”
Ora nell’articolato del
Protocollo allegato alla delibera gli obiettivi di cui al comma 4
articolo 177 sono sostanzialmente ignorati essendo il Protocollo stesso finalizzato
a privilegiare esclusivamente la soluzione finale del rifiuto che residua dalla
raccolta differenziata
L’articolo 206 del
DLgs 152/2006 pur prevedendo la
possibilità di accordi di programma come quello previsto dalla delibera in
oggetto li inserisce in una quadro di scenari differenziati che non vedono
assolutamente come prioritario ( e tanto meno unico) il recupero energetico dai
rifiuti, in particolare secondo il comma 1 di detto articolo 206:
“a) l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e
ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;
c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;
d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;
e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;
g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione;
h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.”
b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;
c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;
d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;
e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;
g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione;
h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.”
Nelle Premesse del
Protocollo in oggetto si afferma
testualmente che: “è necessario pertanto incoraggiare la
produzione di combustibili solidi secondari (CSS) di
alta qualità, aumentare
la fiducia in relazione
all'utilizzo di detti
combustibili”, questa
affermazione è in palese contrasto con le finalità del sopra citato comma 1
articolo 206 in quanto prefigura anticipatamente e unilateralmente uno scenario
di ricerca senza avere verificato gli
altri ivi elencati.
IL CONTRASTO DELLA DELIBERA REGIONALE CON I
PRINCIPI DI DIRITTO COMUNITARIO NELLA GERARCHIA DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
Il comma 3 dell’articolo
206 del DLgs 152/2006 “3. Gli accordi e i
contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire
deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni
amministrative.”
I principi in
materia di gerarchia nella gestione dei rifiuti affermati dalla Direttiva
2008/98/CE stabiliscono la
priorità alle operazioni di prevenzione e recupero per materia e quindi
considerano il recupero di energia e smaltimento come residuali, confermando un indirizzo che vede l’incenerimento dei
rifiuti, compresi i materiali che da essi derivano (come nel caso del CSS),
come ultima ratio messa sullo stesso piano dello smaltimento, infatti nella
definizione di smaltimento rientra anche l’operazione che ha come conseguenza
secondaria il recupero di sostanze o di energia.
Il
nuovo articolo 179 del DLgs 152/2006 riproduce in generale quanto previsto sul punto dalla Direttiva
2008/98/CE. In particolare si ribadisce, e non poteva essere così per coerenza
con la normativa e gli indirizzi applicativi della UE, che le misure dirette al
recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio
o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità
rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.
LA QUESTIONE DEL PRINCIPIO DI PROSSIMITÀ
RICHIAMATO NEL PROTOCOLLO POTREBBE FAVORIRE L’USO DEL CSS IN IMPIANTI PRESENTI
IN LIGURIA
Nelle premesse del
Protocollo allegato alla Delibera regionale esiste un esplicito richiamo al principio
di prossimità, ex articolo 181 del DLgs 152/2006. Prossimità con riferimento
cioè agli impianti di recupero (leggi utilizzo del CSS) esistenti più vicini al
luogo di produzione di questo combustibile ma anche a quanto ricavato dalla
raccolta differenziata. Recita il comma 5 dell’articolo 181 del DLgs 152/2006: “5. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto
di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre
ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese
iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai
sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro
recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.”
Quindi visto che il CSS, non essendo più
qualificato rifiuto, può essere bruciato in impianti di recupero non
strettamente rientranti nella nozione di impianto di gestione rifiuti secondo la
vigente normativa settoriale, quanto sopra potrebbe far venire meno l’impegno a
non bruciare il CSS negli impianti esistenti come la centrale Enel della Spezia
eventualmente ristrutturata in una versione non più dedicata alla produzione di
energia per il sistema nazionale come è stata fino ad ora quale impianto di
base.
IL PROTOCOLLO NON È A COSTO ZERO PER LA
REGIONE LIGURIA
Il Protocollo e la
delibera che la approva pur non stanziando esplicitamente finanziamenti
regionali, visti gli impegni presi dall’Ente Regione, produrrà comunque un
costo rilevante immediato ma anche potenziale per le finanze regionali; infatti nel Protocollo si prevede che la
Regione si impegnerà:
“a)Mettere a disposizione secondo le forme e procedure previste dalla
pianificazione regionale, tutte le informazioni tecniche necessarie e valutare
l’utilizzo di eventuali fondi regionali,
nazionali e comunitari per lo studio e lo sviluppo della valorizzazione della
frazione combustibile del rifiuto residuo ai fini energetici a livello
regionale o nell’ambito di bacini previsti dalla normativa regionale
b)Costituire un Tavolo Tecnico congiunto per dare
piena attuazione alle attività di cui all’articolo 2, coinvolgendo, tramite
Ecocarbon, le realtà industriali ed associative interessati all’argomento del
CSS.
c)Garantire il coordinamento, con propri funzionari,
degli incontri tecnici del Tavolo previsto dal presente Protocollo”;
In sostanza si
mettono a lavorare gli uffici regionali per collaborare a promuovere uno studio
mosso da interessi chiaramente privati e in contrasto con i principi contenuti
nelle stesse norme citata a fondamento della delibera regionale in questione!
Non solo ma il punto 2 articolo 5 del Protocollo in oggetto prevede che
il Consorzio Ecocarbon possa: “Coadiuvare
la Regione Liguria per la semplificazione delle procedure autorizzative, in
parallelo alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica circa i positivi
effetti ambientali, sociali ed economici complessivi legati alla filiera del
CSS”, realizzando in tal modo un palese conflitto di interessi che rende
l’intero Protocollo in contrasto con quanto affermato dallo stesso nelle sue
Premesse citando la vigente normativa in materia: “la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è
disciplinata dalla normativa comunitaria e nazionale, al fine di assicurare un’elevata
protezione dell’ambiente e controlli efficaci”;
CONCLUDENDO
Questa delibera andrebbe
revocata secondo i principi del diritto amministrativo per vizi di merito,
visto che è rimasto inalterato il potere di revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse anche le ultime modifiche dell’articolo 21-quinquies della legge 241/1990 e visto che nel caso in oggetto non si porrebbe problematiche di indennizzo.
Nessun commento:
Posta un commento