I poteri dei Sindaci nella prevenzione della tutela della
salute pubblica in relazione alle procedure autorizzatorie ambientali nonché alle
problematiche di inquinamento degli impianti e attività in essere, sono
chiaramente espressi dalla vigente normativa in vigore da decenni come ho
dimostrato anche in questo blog da anni ad esempio QUI. Altrettanto nota è la sistematica rimozione
di questi poteri da parte dei Sindaci stessi (QUI)
ma anche delle istituzioni statali a partire dallo stesso Ministero dell’Ambiente
(ad esempio sulla possibilità dei Comuni di opporsi al Consiglio dei Ministri
su decisioni in materia di salute pubblica QUI).
In particolare si veda il Parere Sanitario del Sindaco previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazioni agli impianti e attività più
inquinanti (Autorizzazione Integrata Ambientale - AIA), potere spesso disatteso o
rimosso dai Comuni con scuse patetiche e giuridicamente infondate, come dimostro ad esempio QUI.
Ora la risposta del Ministero Ambiente ad un interpello
ambientale di una Regione dimostra che i poteri del Sindaco in materia di
tutela salute pubblica contro le emissioni anomale da impianti soggette ad AIA
possono addirittura imporre limiti più restrittivi di quelli di legge.
Peccato che quanto affermato nella risposta spesso non
trovi applicazione nelle procedure autorizzatorie e in quelle di controllo sul
rispetto delle autorizzazioni.
Vediamo comunque cosa dice la risposta del Ministero...
Il Ministero dell’Ambiente risponde ( per il testo QUI)
ad un Interpello ambientale (cosa è QUI) nel quale la Regione rilevava come nonostante siano
stati prescritti limiti in concentrazione, tutti rispettati dal gestore (con
concentrazioni rilevate costantemente inferiori ai valori limite autorizzati)
gli stessi non garantirebbero una riduzione significativa dell’impatto emissivo
complessivo in termini di massa (kg/giorno) e di aver altresì rilevato criticità,
tra le quali risultano significative:
1. simulazioni condotte su dati reali mostrano che un
abbattimento dei valori limite di emissione del 50% produce riduzioni limitate del flusso emissivo
totale;
2. il contributo delle emissioni diffuse, sebbene
monitorato, amplia l’impatto emissivo in particolari condizioni
meteoclimatiche;
3. sebbene i valori di concentrazione misurati siano
molto inferiori al limite autorizzato, previsti dalle migliori tecniche
disponibili (BAT) e dal D.lgs. n.152/06 e s.m.i., durante specifici monitoraggi
condotti dall’organo di controllo per conto dell’Autorità competente, sono
stati rilevati depositi di particolato polveroso sui balconi delle abitazioni
circostanti, con impatto percepito dalla popolazione residente anche in
condizioni operative formalmente regolari.
Il Ministero dell’Ambiente nel rispondere alle suddette
criticità ricorda i seguenti strumenti previsti dalla vigente normativa attivabili
in caso di problematiche ambientali e soprattutto sanitarie a prescindere dal
rispetto dei limiti di legge dei singoli inquinanti:
1. Il parere sanitario del Sindaco in sede di conferenza
dei servizi che può prevedere preventivamente ulteriori misure prescrittive per
limitare le emissioni dall’impianto assoggettato ad AIA a prescindere dai
limiti di legge (comma 6 articolo 29-quater DLgs 152/2006).
2. La possibilità che il Sindaco, nel caso siano
intervenuto circostante successivamente al rilascio dell’autorizzazione
integrata ambientale (AIA) possa chiedere, nell’interesse della salute
pubblica, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa
documentazione istruttoria e da proposte di modifica puntuali, che l’autorità
competente riesamini l’autorizzazione rilasciata (comma 7 articolo 29quater del
DLgs 152/2006).
3. L’applicazione dell’articolo 29-septies del D.lgs. n.
152/2006 rubricato “Migliori tecniche disponibili e norme di qualità
ambientale” prevede che qualora uno strumento di programmazione o di
pianificazione ambientale riconosca la necessità di applicare ad impianti,
localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili
con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il
rispetto delle norme di qualità ambientale, l’amministrazione ambientale
competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa autorità
competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di conferenza di
servizi. Inoltre, nei casi in cui è riconosciuta la necessità sopra descritta,
l’autorità competente prescrive nelle autorizzazioni degli impianti presenti
nell’area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose
previste dai citati strumenti di programmazione o di pianificazione ambientale
fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme
di qualità ambientale.
4. L’autorizzazione integrata ambientale definisce anche
le prescrizioni volte a garantire la compatibilità ambientale e sanitaria
dell’esercizio e, a tale scopo, nelle autorizzazioni integrate ambientali
statali non è infrequente l’introduzione, in aggiunta a prescrizioni sui limiti
emissivi in termini di concentrazione o di emissione specifica, di condizioni
in termini di limiti in flusso di massa o addirittura in termini di limitazione
della capacità produttiva.
INTEGRAZIONE ALLA RISPOSTA DEL MINISTERO
Rispetto alla risposta del Ministero occorre anche
considerare gli indirizzi della giurisprudenza amministrativa in materia. Il
Consiglio di Stato con sentenza n° 2245 del 3 marzo 2023 (QUI).
Secondo la sentenza (relativa alle prescrizioni sulle
emissioni inquinanti di un impianto di gestione rifiuti) l’art. 29
– sexies, comma 4 ter, d.lgs. 152 del 2006, prevede che l’autorità
competente possa fissare valori limite di emissione più rigorosi delle soglie
tecniche di miglior tecnologia, in tre casi specifici:
1) quando lo richieda la
pianificazione regionale in materia di ambiente, tutela delle acque o emissioni
(art. 29-septies);
2) quando lo richieda la normativa
regionale;
3) quando, in mancanza di
AIA, lo richieda il provvedimento autorizzatorio.
Secondo il Consiglio di Stato da tale disposizione si desume che l’autorità competente può fissare livelli di emissione più rigorosi associabili alle migliori tecnologie disponibili come è avvenuto nel caso in esame, nel quale l’interessata non ha comprovato che l’impianto, peraltro realizzato ed in attività da molteplici anni, possegga i requisiti della migliore tecnologia disponibile.
Conclude quindi il Consiglio di Stato affermando che costituisce scelta ragionevole e non manifestamente sproporzionata, in adesione al principio di precauzione, che l’amministrazione abbia imposto limiti e prescrizioni più rigorosi anche in relazione alla vetustà dell’impianto.
QUALI STRUTTURE PER MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI
APPLICAZIONI DELLE NORME CITATE DAL MINISTERO AMBIENTE
Intanto occorrerebbe far decollare (in termini di
finanziamenti e formazione professionale adeguata) l’esistente, almeno sulla
carta, Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e
climatici (SNPS). Il Sistema ha proprio la finalità di rendere applicabile
la prevenzione sanitaria in tutte le procedure decisionali a rilevanza
ambientale come ho spiegato QUI.
La necessità di una seria politica e organizzazione di
prevenzione del rischio sanitario da inquinamento risulta ancor più necessaria alla luce del Rapporto
sui tumori in Italia (QUI)
elaborato tra AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), AIRTUM
(Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, ONS (Osservatorio
Nazionale Screening), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in
Italia), PASSI d’Argento e SIAPEC-IAP (Società Italiana di Anatomia Patologica
e di Citologia Diagnostica). Il Rapporto conferma un dato inquietante che
dimostra come sul rapporto cancro e inquinamento gli studi non siano ancora
sufficientemente attendibili.
Afferma infatti il Rapporto: “Abbiamo informazioni
sulla tossicità solo per una minoranza delle sostanze, e sappiamo poco di che
cosa succede quando queste si trovano in miscele, come abitualmente avviene…”
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