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venerdì 7 dicembre 2018

Impianto rifiuti Cerri di Follo senza AIA e VIA attività deve essere sospesa!


Leggendo i verbali delle Conferenze dei Servizi  relativi al rinnovo della autorizzazione all’impianto di messa in riserva e recupero di rifiuti pericolosi e non della ditta Ferdeghini srl. sito in località Cerri del Comune di Follo (SP), si confermano notizie di violazioni note ma anche la rimozione clamorosa da parte degli enti competenti (in primo luogo Provincia della Spezia quale ente autorizzatore) di passaggi procedurali obbligatori per legge. In particolare:

1. la violazione di prescrizioni autorizzatorie precedenti
2. la violazione della scadenza temporale di adeguamento all’Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA
3. la mancata applicazione della Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito VIA) ex post

Vediamo partitamente le suddette problematiche:


LA VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI DELLE AUTORIZZAZIONI ESISTENTI
Nel Verbale della Conferenza dei Servizi Istruttoria del 29 giugno 2018 (oggetto rinnovo autorizzazione all’impianto in questione) la Provincia afferma testualmente: “anche l’ultimo sopralluogo effettuato congiuntamente da Arpal e Polizia Provinciale il 27 giugno 2018 ha confermato una gestione che non rispetta quanto prescritto nelle autorizzazioni rilasciate.” . Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Peraltro su quali siano queste prescrizioni da violate, da anni, ho trattato diffusamente nei miei post precedenti (vedi QUI). Peraltro queste violazioni affermate nel verbale di detta Conferenza dei Servizi sono confermate anche nei mesi successivi come risulta da una mera immagine visiva sui piazzali antistanti l’impianto.

Ma c’è di più perché sempre nel verbale della Conferenza dei Servizi del 29 giugno 2018 la Provincia: “assegna un termine di 15 giorni dalla data di validità del presente verbale entro il quale l’azienda dovrà procedere allo sgombero delle aree dell’impianto occupate in difformità da quanto disposto dalle prescrizioni della Determina Dirigenziale  70/2008
Come risulta dalle foto a fianco, e più avanti, questo termine non è stato rispettato come d’altronde avviene da anni (vedi QUI). N.B. Le foto sono del 10 novembre 2018!


Dal verbale della Conferenza dei Servizi del  13 settembre 2018  si rileva che secondo quanto affermato dalla Provincia della Spezia l’impianto in questione non ha alcuna autorizzazione allo scarico: “in quanto le acque provenienti dal ciclo produttivo e le acque meteoriche ricadenti nell’area del distributore di gasolio (potenzialmente contaminate) risultano raccolte e smaltite come rifiuto liquido” !
Che la situazione sia assolutamente fuori controllo almeno sui piazzali antistanti l’impianto lo confermano gli atti allegati alle due Conferenze dei Servizi .
Verbale di sopralluogo dei VVFF del 28 agosto 2018 dove, in relazione al sistema di prevenzione incendi, si afferma : “ben diverse sono le problematiche afferenti all’eventuale deposito all’aperto di materiali di risulta (o simili) aventi caratteristiche di combustibilità (ad esempio legname, gomma, plastica, sfalci etc.) seppure parzialmente contenuti in cassoni metallici” da cui, continua il verbale dei VVFF, la necessità di un “potenziamento della rete idrica antincendi; atteso che è prevedibile l’accumulo all’aperto di materiali di rifiuto (quali stracci e simili) soggetti a fenomeni di ossidazione spontanea di natura esotermica, andranno previsti idonei sistemi di monitoraggio in continuo delle temperature e relativi dispostivi di allarme”. Peraltro sul rischio incendi dai verbali esaminati non sembra sia stata presa in considerazione la Circolare del Ministero dell'Ambiente del 15 marzo 2018 (vedi QUI).
La stessa Arpal in nota allegata ai Verbali delle suddette Conferenze dei Servizi afferma che “in caso di lavorazioni esterne: dovrà essere previsto un adeguato sistema di abbattimento polveri, dovrà essere verificata l’efficienza dell’impianto esistente di raccolta acque di prima pioggia e dilavamento piazzale (visti i fenomeni di ristagno riscontrati nei sopralluoghi nel corso degli anni)
Insomma siamo nell’agosto 2018, da anni avvengono gli stoccaggi anomali nel piazzale dell’impianto e ci sono stati più incendi (dolosi o meno poco importante ovviamente) e le autorità preposte sono ancora a chiedere misure di prevenzione!

Rispetto a questo quadro la Provincia della Spezia afferma che: "non è possibile rilasciare il  rinnovo della autorizzazione", ma questa affermazione non è sufficiente. Infatti la reiterata violazione (per anni) delle prescrizioni autorizzatorie avrebbe dovuto comportare la sospensione prima e la revoca dopo della autorizzazione vigente secondo la procedura di cui al comma 13 articolo 208 DLgs 152/2006, che prevede in sequenza temporale non certo illimitata negli anni:
a) la diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) la diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo, anche solo potenziale, per la salute pubblica e per l'ambiente.



LA RIMOZIONE DELL’OBBLIGO DELL’AIA
Nel Verbale della Conferenza dei Servizi Istruttoria del 29 giugno 2018 la Provincia afferma che “per quanto riguarda l’AIA si prende atto della volontà dell’azienda ma si sottolinea che è una procedura che rientra in altro ambito e che potrà essere presa in esame soltanto dopo un adeguamento della situazione attuale con il ripristino delle condizioni operative autorizzate”.
Si tratta di affermazione sconcertante! Intanto le condizioni di autorizzazioni sono violate da anni quindi doveva scattare la revoca della autorizzazione vigente secondo la procedura del comma 13 articolo 208 sopra citata. Invece l’impianto (rinnovo o meno della autorizzazione) continua a funzionare.  Insomma la Provincia da un lato dice che il rinnovo non può essere rilasciato perché non vengono rispettate le prescrizioni autorizzatorie vigenti e dall’altro però permette ad un impianto chiaramente fuori legge (lo dicono quelli della Provincia) di continuare a funzionare.

Ma c’è di più perché dal Verbale della Conferenza dei Servizi del 13 settembre 2018 si evince questa affermazione della Provincia: “… anche in caso di conclusione favorevole della istruttoria e conseguente rinnovo della autorizzazione ex articolo 208, la durata del rinnovo sarà contingentata al tempo strettamente necessario alla società per predisporre la istanza di AIA finalizzata al superamento definitivo delle difficoltà operative e gestionali evidenziate dall’impianto dal 2015
Questa dichiarazione è inaccettabile sotto il profilo giuridico amministrativo! Intanto non si tratta solo di “difficoltà operative e gestionali” ma di violazioni sistematiche e reiterate nel tempo  delle prescrizioni di autorizzazioni rilasciate dalla stessa Provincia! Da quando una nuova autorizzazione (che arriverà non si sa bene quando) può sanare le violazioni esistenti?
Ma c’è di più perché in realtà come vedremo subito l’impianto in oggetto andava fermato non solo per le violazioni prescrittive suddette, ma anche perché da anni doveva andare ad AIA e così ad oggi non è stato e non è.
Infatti secondo la vigente normativa (vigente da anni) i termini per adeguare gli impianti esistenti all’AIA  sono:
a) entro il 7 Settembre 2014 il gestore dell'impianto (ora vengono definiti installazioni) doveva presentare la domanda di AIA
b) entro il 7 luglio 2015 l'Autorità Competente deve rilasciare l'AIA.  
La Circolare del Ministro dell’Ambiente del 17 giugno 2015  e un decreto legge del 4 luglio 2015 hanno chiarito molto bene su come debbano essere interpretate le date suddette. La Circolare ha chiarito con nettezza che per le installazioni che non hanno ottenuto l’AIA entro il 7 luglio 2015 (data ormai superata) le autorizzazioni previgenti decadono automaticamente. Quindi  non essendo più autorizzate queste installazioni non devono più funzionare fino all’adeguamento all’AIA. Il Decreto Legge aveva ulteriormente precisato che le installazioni suddette potevano continuare a funzionare a condizione che il gestore (previa verifica della autorità competente al rilascio dell’AIA) dimostrasse che le autorizzazioni previgenti erano state sufficientemente aggiornate per garantire il rispetto del titolo III-bis della Parte II del DLgs 152/2006 cioè della disciplina dell’AIA. N.B. Il Decreto Legge come da comunicato del Ministero della Giustizia (vedi QUI) non è stato convertito in legge quindi è decaduto. Ciò è confermato anche dal comma 3 articolo 1 Legge  6/8/2015 n. 125.
La conseguenza è che, fatti salvi i provvedimenti emessi nel periodo di vigenza del Decreto Legge (nessuno per l’impianto in oggetto), vale solo quanto chiarito nella Circolare sopra riportata per cui gli impianti che non hanno ottenuto l'AIA entro il 7 luglio 2015 decadono automaticamente dalle previgenti autorizzazioni. Peraltro è noto a tutti come la dimostrazione da parte dei gestori dell’impianto in oggetto di rispettare comunque la disciplina dell’AIA pur non avendo ancora ottenuto questa autorizzazione, non sia mai stata presentata quindi si è violato pure il suddetto Decreto Legge peraltro, come visto sopra, decaduto.  
Infine, sul punto, la infrazione della norma comunitaria dell'AIA, per l'impianto di Saliceti, risale al 2005 e quindi non è possibile sanare, la violazione di una norma comunitaria, con una legge intervenuta quasi 10 anni dopo, legge che comunque abbiamo visto non c'è più.

Ma non è finita. Di fronte a questo clamoroso ritardo di adeguamento alla normativa sull’AIA, il gestore dell’impianto in questione nella sua domanda di modifica sostanziale della autorizzazione vigente afferma quanto segue: “Con la presente istanza si richiede una diversa modalità di confezionamento e stoccaggio dei principali rifiuti in uscita ed è da considerare un completamento ed una ottimizzazione delle capacità di trattamento in essere dell’impianto nell’ambito delle attività ad oggi già autorizzate, prima dell’avvio della richiesta di AIA, per la quale la scrivente ritiene di inoltrare entro la fine dell’anno 2019”.  Insomma è l’impresa che decide quanto andare ad AIA non la legge!

Guardate che adeguarsi all’AIA non è un fatto formale, la istruttoria che porta al rilascio dell’AIA è ben più rigorosa di quella della autorizzazione ordinaria (espletata fino ad ora ex articolo 208 DLgs 152/2006). Per questo il gestore ha fino ad oggi cercato di ritardarla e continua a ritardarla.
Questo nonostante che nella audizione, del 11 aprile 2017, nella Commissione Consiliare del Comune di Follo, il gestore abbia ammesso la violazione delle prescrizioni autorizzatorie e i disagi conseguenti per i residenti (vedi a fianco stralcio dal verbale della audizione) e abbia affermato che avrebbe presentato domanda di AIA al più presto cmq entro i primi mesi del 2018.



INFINE LA RIMOZIONE DELLA VIA EX POST
Come abbiamo visto i gestori dell’impianto in questione hanno presentato sia istanza di rinnovo della autorizzazione che una istanza di modifica sostanziale della stessa (in data 10 agosto 2018).
Come è noto, soprattutto alla Provincia spezzina, alla Regione e al Comune di Follo, l’impianto in questione non è mai stato sottoposto ad una procedura di VIA. L'impianto in questione era, fin dall’inizio (autorizzazione del 2008), ai sensi delle lettere r) e t) del punto 7 allegato IV  alla Parte II del DLgs 152/2006, sottoponibile quanto meno a procedura di verifica della  applicabilità della VIA ordinaria. Questo  avrebbe dovuto accadere, quanto meno, già in sede di modifica della autorizzazione del 2008, trattandosi di modifica sostanziale di impianto esistente. Sostanziale considerato che venivano modificati quantità e tipologia di rifiuti trattati nell'impianto. A conferma delle carenze procedimentali e istruttorie nelle procedura di autorizzazione dell’impianto in oggetto si veda sentenza TAR Liguria n. 975 del  29 settembre 2001 che già  all’epoca rilevava: “un difetto di istruttoria” da parte della Regione Liguria nella sua decisione  di  escludere l’applicazione della VIA ordinaria all’impianto in oggetto.   
  
Quindi siamo di fronte attualmente ad un impianto che chiede il rinnovo della autorizzazione e una modifica sostanziale e deve ancora avere l’AIA, senza che detto impianto abbia mai avuto una procedura di VIA.
Sul punto la Corte di Giustizia della UE da anni ha chiarito (da ultimo Corte di Giustizia sentenza 28 febbraio 2018 causa C117-017 vedi QUI) che in questi casi l’impianto, insieme con il rinnovo modifica sostanziale o nuova autorizzazione deve espletare una VIA ex post. La ratio della giurisprudenza comunitaria in materia è quella di evitare che la VIA venga evasa ulteriormente magari in sede di nuove  autorizzazioni e che una volta applicata la VIA ex post (fino ad allora la mancante) questa rispetti le  finalità della Direttiva comunitaria sulla VIA secondo la quale:
1. La VIA deve valutare  preventivamente l’impatto ambientale di un progetto
2. Per valutare l’impatto ambientale del progetto occorre considerare tutti i criteri per misurare tale impatto a cominciare da quello della localizzazione.

Non solo ma la Corte Costituzionale con sentenza n. 209 del 2011 (NOTA 1)ha affermato due principi fondamentali in materia di VIA ex post o postuma:
1. la VIA ex post serve per "vegliare" a che  l'effetto utile della  direttiva  n.  85/337/CEE  sia  comunque raggiunto
2. la VIA ex post, cioè svolta in occasione del rinnovo della autorizzazione o concessione di un progetto od opera che in precedenza non aveva avuto la VIA, deve essere effettuata sempre  sull'intera opera o attività e non solo sulla parte eventualmente modificata del progetto od opera.

Ovviamente fino ad oggi  le autorità competenti liguri (Regione in questo caso come autorità competente alla VIA) si sono ben  guardate da sollevare la suddetta grave lacuna procedimentale prima ancora che istruttoria. Ne Provincia e Comune di Follo hanno sollecitato in questo senso la Regione Liguria.  
Guardate non si tratta di un fatto formale ma sostanziale.
Il TAR Toscana (sentenza n. 156 pubblicata il 30 gennaio 2018 vedi QUI) ha affermato che se la VIA o VINCA (valutazione di incidenza) ex post dimostrino un rilevante impatto ambientale dell’impianto/progetto esistente si può arrivare anche ad annullare in sede di autotutela la autorizzazione allo stesso. Aggiunge il TAR che questo  può avvenire solo se si dimostra l’esistenza di un superiore interesse pubblico (ambientale sanitario) a quello imprenditoriale nel caso specifico. Questo è possibile (come è avvenuto nel caso trattato dalla sentenza del TAR Toscana) solo svolgendo una corretta e completa istruttoria di VIA/VINCA ex post secondo i principi sopra  esaminati.





[NOTA1]  http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=209

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