Con
Delibera del Comitato Interministeriale per le politiche del mare del 31
luglio 2023 in attuazione dell’articolo 12 della legge 204/2022 ([1])
è approvato in Piano del Mare (QUI con relativo comunicato
di presentazione QUI).
Un
documento corposo ma che più che a un Piano, assomiglia ad un documento di ricognizione
dello stato della economia del mare con rimozioni importanti della normativa
comunitaria in materia di pianificazione dello spazio marittimo. Soprattutto emerge dal Piano una
visione meramente ricognitiva delle necessarie tutele ambientali dello spazio
marittimo costiero con dichiarazioni di intenti pericolose sempre in materia
ambientale.
Insomma,
siamo di fronte più ad un documento che più che ad un Piano pubblico assomiglia ad una registrazione notarile (affogata nella inutile prolissità del testo) di quanto già si muove da parte delle varie lobby portuali ed energetiche
in primis.
PIANIFICAZIONE SPAZI MARITTIMI: RINVIATA
In
primo luogo, il Piano del Mare conferma esplicitamente nella sua prima parte come
lo strumento più operativo di derivazione comunitaria sulla pianificazione
degli spazi marittimi (QUI) venga rinviato a quando non si sa vista la latitanza, in concorso delle Regioni.
Infatti,
si legge al punto 2.1.1. del Piano del Mare quanto segue:
“La pianificazione dello spazio marittimo, pertanto, ha lo scopo di
promuovere un processo pubblico
trasversale alle amministrazioni, diretto ad analizzare e organizzare la
distribuzione spaziale e temporale delle attività antropiche nelle zone
marittime al fine di conseguire obiettivi economici, ambientali e sociali.
Quanto al presente "Piano del mare", esso si colloca quale strumento
di indirizzo politico e di coordinamento di un'unitaria strategia marittima
nazionale, anche attraverso la proposta di successivi interventi normativi e/o
amministrativi a cura dei Dicasteri titolari delle funzioni amministrative, da
programmare nell'ottica dell'armonizzazione e della composizione tra i vari
interessi coinvolti nello sviluppo della "blue economy". In estrema
sintesi, pertanto, può affermarsi che mentre i "Piani di gestione dello
spazio marittimo" indicano la distribuzione spazio-temporale degli usi, il
"Piano del mare", nella prospettiva di una "visione
d'insieme" di come strutturare l'utilizzo del mare, predispone gli
indirizzi utili ex art. 12 legge 204/2022 nonche' le azioni generali da
intraprendere. In ottemperanza alle scadenze previste dalla normativa
unionale di cui alla richiamata Direttiva UE n. 89 del 2014, sarà necessaria
un'accelerazione dei lavori per giungere alla definitiva approvazione di detti
strumenti pianificatori”.
SICUREZZA MARITTIMA E RISCHI INCIDENTALI DA TRAFFICO
MARITTIMO
Il
capitolo del Piano del Mare 2.2.10.c sulla legislazione UE sulla sicurezza
marittima è un compitino riassuntivo affastellato di normative diverse dal
Carbon Index Indicator (riguarda efficienza contenimento emissioni gas serra) e
le norme sulla safety marittima (quasi esclusivamente a bordo nave ). Vengono rimosse le problematiche
sugli incidenti nei porti e in navigazione (QUI) per non
parlare:
1. delle nuove linee guida sui piani di emergenza esterni con piani
di area: Si pensi alle aree portuali con presenza di impianto
Seveso che ad oggi non prevedono più l’obbligo di rapporto di sicurezza e
piani di emergenza portuali (QUI),
2. dei danni alla portualità e al traffico marittimo dai mutamenti
climatici (QUI).
ZONE LOGI1STICHE SEMPLIFICATE: DEROGHE ALLE NORME
AMBIENTALI E LIMITI AL RUOLO DELLE COMUNITÀ ED ENTI LOCALI
Il
capitolo 2.3.5 sulle Zone Economiche Speciali
("ZES") e le Zone Economiche Logistiche Semplificate
("ZLS") promuove ulteriori espansioni di questi strumenti. Il tutto
finalizzato alla necessità di crescita
della capacità portuale, all'aumento delle dimensioni delle navi ed alla crescente domanda di collegamento
con l'entroterra. Il riferimento agli aspetti ambientali di detti strumenti è
ridotto alle questioni di gestione rifiuti e gestione energetica con buona pace di quei
principi della pianificazione dello spazio marittimo che richiederebbero una
applicazione di più rigorosi parametri di sostenibilità soprattutto sulle ZLS
attualmente totalmente assenti nella disciplina che le regola. Disciplina, quest'ultima, tutta rivolta alla semplificazione
e alle deroghe alle norme ambientali (QUI) di cui
un esempio è anche la recente ultima riforma della legge quadro sui porti (descritta
QUI, peratrlo dichiarata parzialmente incostituzionale QUI).
DRAGAGGI: ANCORA SEMPLIFICAZIONI IN DANNO ALL’AMBIENTE
Altro
esempio in negativo è il capitolo 2.3.8. sui dragaggi dove si ribadisce
“E' dunque impellente la necessità di definire una normativa nazionale - ad oggi ancora disorganicamente rintracciabile e differentemente rivolta ai porti ricadenti e non ricadenti nei siti di interesse nazionale - che ricomprenda in maniera organica tutti i regolamenti emanati e, in particolare, in cui siano definite in maniera olistica: (a) i criteri e le modalità relative alla caratterizzazione dei sedimenti, alla valutazione della loro qualità, nonché alla gestione di vari passaggi autorizzativi (ad esempio ai fini dell'approvazione di un apposito Piano nazionale dei dragaggi sostenibili) “
Questa
affermazione rimuove le continue semplificazioni e deroghe alle
norme ambientali, degli ultimi anni, proprio in materia di dragaggi. Di seguito alcuni esempi più
recenti:
1. Sui dragaggi invece si è previsto
una normativa favorevole ai porti interni a siti di bonifica regionale (vedi es. Spezia) in barba al fatto che un sito di bonifica regionale o nazionale resta
sempre un sito inquinato. Utilizzando questa normativa si vuole spandere i
fanghi di dragaggio al largo del golfo di Spezia a proposito di “a cosa servono
le semplificazioni”.
2. Ma ai “semplificatori” niente è sufficiente per cui con la legge
108/2021 (QUI) è stato previsto addirittura un Piano nazionale di
dragaggi “sostenibili” solito aggettivo da operazioni di Greenwashing.
Questa norma prevede addirittura che le attività di dragaggio nelle
infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere
siano dichiarate interventi di pubblica utilità indifferibili e urgenti, costituendo, se necessario, variante al piano regolatore portuale e al piano
regolatore del sistema portuale. Quindi si draga a prescindere dalle destinazioni
contenute nel PRSP del demanio portuale: una follia!
3. Ma non è ancora sufficiente l’azione di demolizione delle
tutele ambientali perché con l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) è stato
modificato l’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma
5-bis con un indirizzo chiaro per il "riutilizzo" in ambienti marino
costieri vale a dire sversare in mare il materiale escavato. D'altronde il
nuovo comma 5-ter diventa norma di chiusura prevedendo un nuovo decreto che
disciplini questo "riutilizzo"! Ora essendoci già una normativa
(articolo 109 DLgs 152/2006 - Decreto Ministeriale 173/2016- QUI) il
nuovo decreto servirà per aprire nuove e più facile possibilità di dragare
senza troppi vincoli, altrimenti una nuova norma non avrebbe alcun senso.
Il Decreto sta per arrivare, nella vesta èiù "dimessa" del regolamento. Infatti nonostante quanto sopra il Piano accoglie le nuove esigenze della lobby degli operatori portuali e quindi proprio da quanto dichiarato dalla citazione sopra riportato dal capitolo 2.3.8. Citazione finalizzata a realizzare del tutto il colpo non completamente riuscito (QUI) con la proposta di regolamento sulle terre e rocce di scavo presentato dal Governo che tratta anche i dragaggi nei porti di interesse nazionale. Il testo della bozza di regolamento tratta anche dei materiali di dragaggio e della possibilità di un loro riutilizzo ma solo a terra mentre gli sversamenti in mare restano in vigore i due Decreti ministeriali del 2016, per questo motivo si sono dichiarati insoddisfatti (QUI) gli operatori portuali che speravano invece di poter applicare il nuovo regolamento (che permette di classificare le terre e rocce di scavo come sottoprodotti e non più rifiuti) anche per lo sversamento in mare dei fanghi di dragaggio.
Ma arriverà il salvataggio delle esigenze degli operatori portuali, con il Decreto previsto dal comma 5-ter del nuovo articolo 184-ter dlgs 152/2006 e come richiesto dal Piano de Mare?
QUESTIONE ENERGETICA NEI PORTI SI RIPRENDONO NORME
ESISTENTI E NON ANCORA ATTUATE
Positivo
la parte, capitolo 2.3.20., sulla questione energetica nei porti che peraltro
non dice nulla di nuovo visto che i piani energetici sono previsti da tempo con
il documento di pianificazione energetica ed ambientale del sistema portuale ex
articolo 4-bis della legge 84/1994, per non parlare della citazione delle
comunità energetiche portuali già previste comma 2 articolo 9 della legge
91/2022 (QUI).
QUALE RUOLO DELLE AUTORITÀ DI SISTEMA PORTUALE
Sulle
Autorità di Sistema Portuali si vuole promuovere un indirizzo efficientista del
loro ruolo quando al capitolo 2.3.12 si afferma: “Inoltre, anche nell'ottica
di un aggiornamento della legge n. 84 del 1994, dovrà essere valutata una
possibile riforma del sistema portuale in una logica di semplificazione e
competitività dei porti italiani. Il tutto valutando di agevolare la necessaria
evoluzione delle attività di gestione portuale affidate alle odierne AdSP per
renderle più efficienti nei confronti delle mutate esigenze del mercato”.
Si
vuole formalizzare definitivamente quello che è in atto da tempo (anche con
riforme recenti e meno) che è quello di togliere definitivamente alle Autorità
Portuale quel ruolo di mediazione tra interessi di sviluppo delle operazioni
portuali e il territorio che intorno ai porti insiste comprese le comunità
locali e chi dovrebbe rappresentarle come gli enti locali. D'altronde ormai neppure gli organi elettivi delle Regioni, Assemblee Regionali, non approvano più neppure i
Piano regolatori portuali. Come se un Piano regolatore portuale fosse un progettino tecnico da far approvare tra le ristrette elite lobbistiche!
In
questo senso la discussione sulla ennesima proposta di riforma della legge
quadro sui porti in chiave di governance nasconde la logica affermata nel
passaggio sopra citato dal Piano del Mare di una privatizzazione di fatto della
Autorità Portuale trasformata in ente di mediazione tra gli interessi degli
operatori portuali (QUI).
LA STRATEGICITÀ DEL GAS TRASPORTATO VIA NAVE
Il capitolo 2.4.1. sulle fonti fossili è emblematico di una scelta del Piano del Mare verso il gas quale fonte centrale per molti anni a venire della c.d. transizione ecologica, si afferma infatti: “Per il gas, invece, embargo e sanzioni determineranno verosimilmente l'aumento delle gasiere nell'area mediterranea. Non potendo viaggiare via terra, il gas viaggerà via nave ed è quindi necessario che l'Italia investa risorse adeguate e favorisca una strategia industriale di lungo periodo per lo sviluppo di una flotta gasiera operata da imprese nazionali che assicuri l'indipendenza della catena di approvvigionamento nazionale. In tale scenario, un importante e strategico anello della filiera, a lungo purtroppo oggetto di scarsa attenzione, é costituito dai rigassificatori.”
Qui
siamo oltre alla semplice necessità di gestire la crisi energetica post-guerra
Ucraina, ma siamo di fronte ad una strategia di lungo periodo che mette il gas
al centro della politica energetica del nostro Paese in modo strettamente
legato al traffico marittimo.
Tutto
questo nonostante che autorevoli studi e documenti ufficialissimi dichiarino:
1. sul rischio globale dell’aumento dei costi di importazione del gnl
per i Paesi non produttori. (QUI);
2. rischi di una espansione del gnl nel trasporto marittimo in
relazione al mancato raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica (QUI e QUI);
3. il Rapporto di EASAC – European Academies’ Science Advisory
Council sul gas come strada senza uscita (QUI);
4.
il rischio emissioni libere dal ciclo del metano come spiegato in un Rapporto
della Agenzia Internazionale per l’Energia (QUI).
Tutto
questo cozza con quanto affermato nel capitolo 2.4.2. del Piano come ha dimostrato
uno studio (QUI) di
BloombergNEF (non tacciabile di estremismo ambientalista) per cui anche gli
aumenti di investimenti sulle rinnovabili non sono sufficienti se si continua a
promuovere le fossili.
Senza
considerare che in realtà si è dimostrato (QUI) che
semmai sono le rinnovabili non il gas il tampone della emergenza energetica.
P.S. Ovviamente
visto le dimensioni del documento in questione mi sono limitato a sollevare le
criticità più significative, in particolare quelle sulle tematiche ambientali,
ma ci sarà occasione di tornare su questo Piano ma soprattutto sui temi in esso
trattati.
[NOTA 1] Per una
analisi della legge che istituisce e definisce il contenuto del Piano del Mare vedi News/Ambiente gennaio
2023 a questo link: https://www.slideshare.net/MarcoGrondacci1/newsambiente-gennaio-2023pdf
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