Da anni i residenti delle
zone limitrofe all’impianto di trattamento rifiuti sito in località Groppolo (Comune
di Arcola) gestito dalla società Specchia Service srl, contestano i forti
disagi prodotti alla loro qualità della vita: passaggio di camion, odori,
infestazioni da topi e insetti, stoccaggio non adeguato di rifiuti nel piazzale
dell’impianto.
I residenti mi hanno segnalato quindi questa situazione che continua, a loro avviso, tutt’ora e sono andato ad analizzare, non avendo ovviamente poteri ispettivi diretti, come questo impianto è stato ad oggi autorizzato e quindi se le autorizzazioni vigenti sono coerenti con le norme di legge per le attività ivi svolte e se non sia necessario invece rivedere queste autorizzazioni imponendo anche prescrizioni più vincolanti.
L’IMPIANTO IN
QUESTIONE È INDUSTRIA INSALUBRE DI PRIMA CLASSE EX LEGE
Intanto occorre dire che
impianti di questo tipo costituiscono industrie insalubri di prima classe. Come
è noto per classificare una industria insalubre di prima classe occorre
verificare tre parametri:
Sezione A): le sostanze
chimiche utilizzate nella attività industriale
Sezione B): i materiali e
prodotti trattati nel ciclo produttivo
Sezione C): la tipologia
di attività e impianto
Ora il punto 100 della
sezione B) dell’elenco delle industrie insalubri di prima classe (ex DM
5/9/1994) prevede tra i prodotti e materiali il cui utilizzo comporta la
dichiarazione di industria insalubre di prima classe proprio i “rifiuti
solidi”.
Quindi se l’impianto è
industria insalubre secondo l’articolo 216 del Testo Unico Leggi Sanitarie,
pienamente in vigore, significa che: “La prima classe comprende quelle che
debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni;”.
Questo significa che
quanto meno da un lato ASL avrebbe dovuto da tempo fornire un parere che oltre
a definire formalmente l’appartenza all’impianto alla categoria industria insalubre
di prima classe, avrebbe dovuto accompagnare detta classificazione con un parere
sulla salubrità del ciclo produttivo dell’impianto in rapporto alla zona
residenziale molto numeroso esistente intorno all’impianto, Se questa classificazione
con parere dell’ASL non è mai arrivato spetterebbe al Sindaco competente territorialmente
rilasciarlo.
Ad oggi possiamo dire che visti i fastidi reiterati dei cittadini queste funzioni non sono state adeguatamente esercitate, tanto che tutto ciò ha portato a depositare un esposto alla Procura del Tribunale della Spezia che ad oggi non è chiaro quale decorso abbia avuto.
L’AUTORIZZAZIONE
VIGENTE DELL’IMPIANTO: LIMITI
L’impianto in questione è
autorizzato con autorizzazione ordinaria per impianti di gestione rifiuti ai
sensi dell’articolo 208 del DLgs 152/2006.
La autorizzazione n° 104 del 19/1/2018 richiama quelle precedenti (fin dalla prima del 2009 ) mantenendo invariato il quantitativo massimo di rifiuti in ingresso: (80.000 ton/anno).
Quindi un potenziale
trattamento di 220 ton/g!
Sempre la autorizzazione
del 2018 afferma nella parte dispositiva :
Se andiamo a vedere gli
impianti di rifiuti sottoponibili non alla semplice autorizzazione ordinaria ex
articolo 208 DLgs 152/2006 ma a quella di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)
vediamo che l’impianto in questione rientra nella categoria degli impianti che
trattano oltre 75 ton/giorno ovviamente potenziali (ma è il potenziale che
conta per capire quale autorizzazione è necessaria).
Si veda quindi il punto 4)
lettera b) punto 5.3 dell’allegato VIII alla Parte II del DLgs 152/2006: “4) trattamento in frantumatori di rifiuti
metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi
componenti.”
Peraltro l’impianto
tratta anche altre tipologie di rifiuti solo urbani come risulta dalla documentazione
deposita dall’esposto dei cittadini come d’altronde risulta dalla successiva autorizzazione
integrativa emanata con Determina
Dirigenziale della Provincia del 5 febbraio 2018 n° 197.
A conferma
si veda il rinnovo della autorizzazione con Determina Dirigenziale n° 531 del
18 giugno 2019 dove si rileva come
il titolo della determina originale “impianto di riciclaggio di rottami
metallici e trattamento RAEE” non è più da ritenersi rappresentativo
dell’attività in essere per cui ora l’attività dell’impianto viene definita
impianto di selezione trattamento recupero di rifiuti non pericolosi.
A questo punto l’impianto sarebbe dovuto quindi andare alla ben più vincolane autorizzazione integrata ambientale
Secondo
la vigente normativa (vigente da anni) i termini per adeguare gli impianti
esistenti all’AIA sono:
a) entro il 7 Settembre
2014 il gestore dell'impianto (ora vengono definiti installazioni) doveva
presentare la domanda di AIA
b) entro il 7 luglio
2015 l'Autorità Competente deve rilasciare l'AIA.
Termini
scaduti per l’impianto in questione senza che la Provincia abbia imposto l’adeguamento
ad AIA oppure la sospensione delle autorizzazioni vigenti.
LA VIA (VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE)?
Non
solo ma l’impianto in questione non sembra abbia mai avuto una vera
procedura di VIA. Questo nonostante l’impianto rientra sicuramente nelle categorie
di impianti di rifiuti assoggettabili a questa procedura, che lo ricordo in
Liguria è di competenza della Regione. Si veda lo stralcio dell’allegato al
testo unico ambientale che conferma questa grave lacuna
Se noi andiamo a vedere
gli allegati alla Direttiva quadro sulla VIA recepita dalla Parte II del DLgs
152/2006 l’impianto in questione avrebbe dovuto essere sottoposto quanto meno a
verifica di assoggettabilità a VIA e visto il suo in cui è collocato e la
quantità e qualità dei rifiuti trattati sarebbe andato sicuramente a VIA
ordinaria. Infatti la Direttiva UE in materia contiene una norma quadro che
sottopone comunque a verifica di assoggettabilità a VIA tutti gli impianti di
rifiuti non compresi nella categoria di quelli sottoposti automaticamente a
VIA. Peraltro questo riguarda l’ultima evoluzione della materia della VIA perché
invece quando venne rilasciata la autorizzazione del 2018 l’impianto sarebbe
andato comunque a VIA ordinaria senza verifica di assoggettabilità come invece
non è avvenuto.
Se fosse stata applicata
la VIA in tempo utile probabilmente sarebbe stato possibile valutare la
compatibilità di un impianto come quello in questione in un sito densamente
abitato.
Quindi con le
autorizzazioni del 2018 e il rinnovo del 2019 all’impianto in questione andava
applicata la VIA ex post (come affermato dalla Corte di Giustizia sentenza 28
febbraio 2018 causa C117-017( vedi QUI), il che significa che
la Valutazione di Impatto Ambientale andava fatta non solo sulle modifiche delle
categorie di rifiuti più recenti ma sulla esistenza dell’intero impianto nel
sito dove è collocato.
L’Impianto è stato diffidato
con Determina Dirigenziale n° 904 del 10 ottobre 2019 perché violava alcune
prescrizioni delle autorizzazioni precedenti:
“1.alle modalità di
stoccaggio dei rifiuti all’esterno ed alla loro separazione in aree distinte e
ben definite, segnalate da idonea cartellonistica e ad altezze non eccedenti il
limite autorizzato
2. ad impedire la genesi
di polveri e fumi sia in corrispondenza di zone del piazzale in cui avviene
movimentazione di RSU attraverso mezzi meccanici (pala tipo ragno) che, e
soprattutto, in corrispondenza del nastro conferitore della frazione
indifferenziata verso la zona di selezione vera e propria”.
L’adeguamento alla diffida
è stato prorogato successivamente ma al di là delle diffide è indiscutibile che
a quanto sostengono i residenti della zona, i disagi continuano a sussistere
come dimostra questo articolo tratto dalla Nazione dello scorso marzo.
LA QUESTIONE
DELLA ASSENZA DEL PIANO DI EMERGENZA ESTERNO
Dai documenti ufficiali fino ad ora presentati come pure dall’ultima
autorizzazione analizzata in questo post il Piano di emergenza esterno per
l’impianto in questione non è stato presentato. Piano che è altra cosa dal
rispetto delle norme anticendio.
Per capire di cosa si tratta rinvio a questo post QUI.
LA QUESTIONE DEGLI ODORI
A prescindere dalla
applicazione della VIA e dell’AIA i fenomeno odorigeni che continuano a sprigionarsi
dall’impianto in questione dimostrano che non sono state applicate le nuove
norme in materia all’impianto in questione.
La nuova normativa sugli
odori è spiegata in questo post QUI.
CONCLUDENDO
Penso che Provincia di
Spezia come autorità competente al rilascio delle autorizzazioni, il Comune di
Arcola territorialmente competente anche per le questioni sanitarie sopra descritte
ma anche il Comune di Spezia come amministrazione territorialmente confinante
con l’impianto in questione, dovrebbero attivarsi al più presto per risolvere i
disagi dei cittadini ma anche adeguare l’impianto alle norme fino ad ora non
applicate salvo valutare proprio sulla base di questo adeguamento il sussistere
della compatibilità dell’impianto nel sito attuale.
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