L’Avvocatura
della UE ha prodotto, in data 14 dicembre 2023, una serie di conclusioni
(QUI) in relazione alla controversia affrontata dalla Corte di
Giustizia dove sono state presentate varie domande pregiudiziali relative alle
modalità con le quali è stata rilasciata e gestita l’Autorizzazione Integrata
Ambientale (di seguito AIA) all’impianto di Ilva di Taranto alle quali la
Avvocatura in sintesi, affermando principi di tipo generale al di là del
caso specifico esaminato, così risponde:
1. i fenomeni di inquinamento devono essere ritenuti significativi se,
tenendo conto delle circostanze del caso specifico, causano danni eccessivi
alla salute umana, quindi, il riesame
dell’autorizzazione è necessario in particolare quando risulta in un secondo
momento che un impianto provoca fenomeni di inquinamento significativi, ad
esempio a seguito di una valutazione del danno sanitario
2. nella procedura di rilascio/revisione dell’AIA si devono
considerare tutte le sostanze inquinanti emesse in quantità significativa che
possono essere previste sulla base delle informazioni disponibili, in
particolare di eventuali conclusioni sulle BAT, dell’esperienza risultante
dall’effettiva gestione dell’impianto e di altre indicazioni.
2. non è ammesso il ripetuto differimento del termine di
attuazione di determinate condizioni contenute nell’AIA a tutela contro le
emissioni inquinanti dell’impianto in questione.
Questo mentre in Italia una ultima norma speciale (non citata dall'elenco dell'Avvocatura UE che vedremo nel proseguo del post) ha introdotto un vero e proprio scudo penale (QUI) per gli inquinatori, pensato per l’Ilva di Taranto, ma ora legge generale dello stato italiano quindi applicabile ad altri casi.
Analizziamo
quindi più particolarmente il testo delle conclusioni della Avvocatura della UE
che dovranno poi essere seguite dalla sentenza della Corte di Giustizia della
UE…
LE NORME SPECIALI IN DEROGA ALLE MISURE DI TUTELA
AMBIENTALE E SANITARIA CONTRO L’INQUINAMENTO DELL’ILVA DI TARANTO
L’Avvocatura della UE prima di tutto analizza le norme speciali che in questi anni
hanno permesso di derogare alle norme comunitarie per l’impianto in questione:
1. L’articolo 1, primo comma, del Decreto-legge
n. 207/2012 ha introdotto la nozione di «stabilimento di interesse
strategico nazionale» (QUI).
2. l’articolo 1, primo comma, del Decreto-legge
n. 61/2013, prevede, in linea generale, il possibile commissariamento
straordinario di qualunque impresa, avente determinate caratteristiche
dimensionali, che gestisca almeno uno stabilimento industriale di interesse
strategico nazionale, qualora «l’attività produttiva abbia comportato e
comporti oggettivamente pericoli gravi e rilevanti per l’integrità
dell’ambiente e della salute a causa dell’inosservanza reiterata
dell’autorizzazione integrata ambientale (QUI)
3. In applicazione del Decreto-legge n. 61/2013, è
stato adottato il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14
marzo 2014 (QUI) – Approvazione del piano delle misure e delle attività di
tutela ambientale e sanitaria, a norma dell’articolo 1, commi 5 e 7, del
decreto-legge del 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni,
dalla legge del 3 agosto 2013, n. 89.
4. Il Decreto-legge del 5 gennaio 2015, n. 1 (in proseguo: il
«decreto-legge n. 1/2015»), convertito con modificazioni dalla legge 4
marzo 2015, n. 20, amplia il novero delle grandi imprese in stato di
insolvenza ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, estendendo
tale procedura anche alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento
industriale di interesse strategico nazionale. L’Ilva, pertanto, è stata posta
in amministrazione straordinaria con Decreto del Ministro dello sviluppo
economico del 21 gennaio 2015, con conseguente cessazione del
commissariamento straordinario di cui al Decreto-legge n. 61/2013. Il
Decreto-legge n. 1/2015 stabilisce che il Piano delle misure e
degli interventi di cui al DPCM 2014 "si intende attuato se entro il 31
luglio 2015 sia stato realizzato, almeno nella misura dell’80%, il numero di
prescrizioni in scadenza a quella data» e che il termine ultimo per
l’attuazione delle restanti prescrizioni è il 3 agosto 2016.
5. Il Decreto-legge del 30 dicembre 2016, n. 244, convertito
con modificazioni dalla Legge 27 febbraio 2017, n. 19, proroga
nuovamente al 30 settembre 2017 il termine per l’attuazione delle disposizioni
dell’autorizzazione integrata ambientale del 2012 e del piano approvato dal
DPCM 2014. Esso collega inoltre all’autorizzazione integrata ambientale in
corso di validità il termine per la realizzazione di specifici interventi di
risanamento ambientale
6. Il Decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri del 29 settembre 2017 – Approvazione delle
modifiche al Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e
sanitaria di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14
marzo 2014, a norma dell’articolo 1, comma 8.1., del decreto-legge 4
dicembre 2015, n. 191, convertito, con modificazioni, dalla legge
1º febbraio 2016, n. 13 contiene le ultime modifiche
all’autorizzazione dell’acciaieria Ilva comunicate nella domanda di pronuncia
pregiudiziale. Esso dispone le modifiche ed integrazioni al Piano
ambientale di cui al DPCM 2014, fissando l’ulteriore termine del 23 agosto 2023
per la realizzazione di specifici interventi di risanamento ambientale. Lo
stesso prevede inoltre che in caso di inadempimenti al Piano non dipendenti
dalla volontà del gestore venga attivata una procedura che porta al
differimento dei termini per adempiere.
Secondo l’Avvocatura UE alla luce della normativa sopra elencata
risulta che, dalla fine del 2012, l’impianto siderurgico non è più gestito in
base alle disposizioni generali che recepiscono la direttiva relativa alle
emissioni industriali, ma sulla base di norme speciali più volte modificate.
Infatti, i termini per l’attuazione di misure volte a ridurre gli
effetti nocivi sull’ambiente, già contenute nell’autorizzazione integrata
ambientale modificata del 2012. Dopo l’iniziale previsione, nel Decreto-legge
n. 61/2013, del termine del 3 agosto 2016, quest’ultimo è stato
successivamente prorogato più volte, dopo il rinvio pregiudiziale, da ultimo
nel 2017, fino al 23 agosto 2023.
I
ricorrenti, residenti a Taranto, hanno promosso un’azione collettiva dinanzi al
Tribunale di Milano (Italia) contro Ilva, Acciaierie d’Italia e Acciaierie
d’Italia Holding per ottenere un’inibitoria dell’esercizio dell’impianto o
almeno di alcune sue parti, al fine di tutelare il diritto alla salute, il
diritto alla serenità e alla tranquillità nello svolgimento della loro vita e
il diritto al clima. A loro avviso, tali diritti sono significativamente lesi
dall’attività produttiva dell’acciaieria svoltasi per decenni.
DOMANDE PREGIUDIZIALI SOLLEVATE DAL TRIBUNALE DI MILANO
1. Se la Direttiva 2010/75/UE (QUI) del Parlamento [europeo] e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali - prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento – DI SEGUITO DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI), ed in particolare i considerando 4, 18, 34, 28 e 29 e gli articoli 3 n. 2, 11, 12 e 23 [di tale direttiva], ed il principio di precauzione e protezione della salute umana di cui agli articoli 191 TFUE e 174 Trattato CE (QUI) possono essere interpretati nel senso che, in applicazione di una legge nazionale di uno Stato membro, è concessa a tale Stato membro la possibilità di prevedere che la Valutazione di Danno Sanitario (VDS) costituisca atto estraneo alla procedura di rilascio e riesame dell’AIA – nel caso di specie DPCM 2017 – e la sua redazione possa essere priva di automatici effetti in termini di tempestiva ed effettiva considerazione da parte dell’autorità competente nell’ambito di un procedimento di riesame dell’AIA/DPCM specialmente quando dia risultati in termini di inaccettabilità del rischio sanitario per una popolazione significativa interessata dalle emissioni inquinanti; od invece se la direttiva debba essere interpretata nel senso che:
(i) il rischio tollerabile per la salute umana può essere apprezzato
mediante analisi scientifica di natura epidemiologica;
(ii) la VDS deve costituire atto interno al procedimento di rilascio e
riesame dell’AIA/DPCM, ed anzi un suo necessario presupposto, ed in particolare
oggetto di necessaria, effettiva e tempestiva considerazione da parte
dell’autorità competente al rilascio e riesame
dell’AIA
2. Se la DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI ed in particolare i
considerando 4, 11, 18, 21, 34, 28 e 29 e gli articoli 3 n. 2, 11, 14, 15,
18 e 21, possono essere interpretati nel senso che, in applicazione di una
legge nazionale di uno Stato membro, tale Stato membro deve prevedere che l’autorizzazione
integrata ambientale (qui AIA 2012, DPCM 2014, DPCM 2017) deve considerare
sempre tutte le sostanze oggetto di emissioni che siano scientificamente note
come nocive, comprese le frazioni di PM10 e PM2,5 comunque originate
dall’impianto oggetto di valutazione; ovvero se la direttiva possa essere
interpretata nel senso che l’autorizzazione integrata ambientale (il
provvedimento amministrativo autorizzativo) deve includere soltanto sostanze
inquinanti previste a priori in ragione della natura e tipologia dell’attività
industriale svolta.
3. Se la DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI ed in particolare i
considerando 4, 18, 21, 22, 28, 29, 34, 43 e gli articoli 3, nn. 2 e 25,
11, 14, 16 e 21, possono essere interpretati nel senso che, in applicazione di
una legge nazionale di uno Stato membro, tale Stato membro, in presenza di
un’attività industriale recante pericoli gravi e rilevanti per l’integrità
dell’ambiente e della salute umana, può differire il termine concesso al
gestore per adeguare l’attività industriale all’autorizzazione concessa,
realizzando le misure ed attività di tutela ambientale e sanitaria ivi
previste, per circa sette anni e mezzo dal termine fissato inizialmente e per
una durata complessiva di undici anni.
SULLA APPLICABILITÀ DIRETTA DELLE DISPOSIZIONE DA
INTERPRARE SECONDO LE DOMANDE PREGIUDIZIALI
1.l’interpretazione di una direttiva in una controversia tra singoli
può essere rilevante ai fini della decisione, poiché, nell’applicare il diritto
nazionale, i giudici nazionali chiamati a interpretarlo sono tenuti a prendere
in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto e ad applicare i
criteri ermeneutici riconosciuti dallo stesso al fine di interpretarlo quanto
più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di cui
trattasi, onde conseguire il risultato fissato da quest’ultima e conformarsi
pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (QUI).
2. Solo i giudici italiani possono decidere quanto sia ampio il
margine di discrezionalità per una siffatta interpretazione del diritto
italiano conforme al diritto dell’Unione.
3. Inoltre, secondo le informazioni disponibili, lo Stato italiano
detiene ancora quasi il 40% dell’Ilva [NOTA 1] ed esercita una particolare influenza attraverso un commissario straordinario e
una commissione composta da tre esperti. Pertanto, non si può escludere che
l’Ilva debba essere considerata un’emanazione dello Stato italiano, che a sua
volta non può trarre vantaggio da un recepimento non corretto della direttiva
relativa alle emissioni industriali (QUI). In tal caso, la direttiva sarebbe direttamente opponibile
all’Ilva (QUI).
SULLA PRIMA QUESTIONE PREGIUDIZIALE: LE CONCLUSIONI
DELL’AVVOCATURA DELLA UE
Occorre
quindi rispondere alla prima questione dichiarando che, nell’autorizzare un
impianto ai sensi degli articoli 4 e 5 della DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI
e nel riesaminare tale autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 della medesima
direttiva, deve essere garantito il rispetto degli obblighi fondamentali per la
gestione dell’impianto ai sensi dell’articolo 11 della stessa.
L’articolo 11, lettera a), della DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI deve essere
inteso nel senso che devono essere adottate tutte le misure appropriate per
prevenire o ridurre i rischi ambientali noti di un impianto.
Le
misure di cui all’articolo 11, lettera a), della DIRETTIVA EMISSIONI
INDUSTRIALI comprendono, in particolare, l’applicazione delle migliori
tecniche disponibili ai sensi dell’articolo 11, lettera b). Nell’applicare
tale disposizione a un determinato impianto, non è necessario prendere in
considerazione il suo concreto impatto sulla salute. Le misure di cui all’articolo
11, lettera a), della DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI comprendono
inoltre le misure necessarie per evitare che un impianto provochi fenomeni di
inquinamento significativi ai sensi dell’articolo 11, lettera c).
L’inquinamento è da considerarsi significativo qualora, tenuto conto di
eventuali eccezioni, esso dia luogo a una situazione incompatibile con le
disposizioni applicabili in materia di tutela dell’ambiente. Indipendentemente
da tali disposizioni, fenomeni di inquinamento devono essere ritenuti
significativi se, tenendo conto delle circostanze del caso specifico, causano
danni eccessivi alla salute umana. I fenomeni di inquinamento che,
compromettendo la salute umana, violano i diritti fondamentali delle persone
interessate sono sempre significativi. Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5,
lettera a), della direttiva, il riesame dell’autorizzazione è necessario in
particolare quando risulta in un secondo momento che un impianto provoca
fenomeni di inquinamento significativi, ad esempio a seguito di una valutazione
del danno sanitario.
SULLA SECONDA QUESTIONE PREGIUDIAZIALE: LE CONCLUSIONI
DELLA AVVOCATURA DELLA UE
Occorre
affermare che nell’autorizzare un impianto ai sensi degli articoli 5, 14 e
15 della DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI e nel riesaminare una
siffatta autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 della stessa direttiva, si
devono considerare tutte le sostanze inquinanti emesse in quantità
significativa che possono essere previste sulla base delle informazioni
disponibili, in particolare di eventuali conclusioni sulle BAT, dell’esperienza
risultante dall’effettiva gestione dell’impianto e di altre indicazioni.
SULLA TERZA QUESTIONE PREGIUDIZIALE: LE CONCLUSIONI
DELLA AVVOCATURA DELLA UE
Si
deve pertanto constatare che le condizioni di autorizzazione che erano
necessarie per garantire in primo luogo, a decorrere dal 30 ottobre 2007, il
rispetto della Direttiva 96/61, successivamente il rispetto della Direttiva
2008/1 e, a decorrere dal 7 gennaio 2014, il rispetto della direttiva
relativa alle emissioni industriali da parte dell’impianto autorizzato,
dovevano e devono continuare ad essere applicate a partire dall’entrata in
vigore dell’autorizzazione, senza ulteriori differimenti, conformemente agli articoli
3, 5, paragrafo 1, e 9 della Direttiva 96/61 o della Direttiva 2008/1,
nonché agli articoli 4, 5, 11 e 14 della DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI,
a meno che un differimento sia possibile in presenza di circostanze particolari,
ad esempio qualora la Commissione abbia adottato una nuova decisione sulle
migliori tecniche disponibili, oppure una norma di qualità ambientale da
rispettare ai sensi dell’articolo 18 della direttiva relativa alle emissioni
industriali entri in vigore solo successivamente o determinati fenomeni di
inquinamento, inizialmente accettabili, debbano ritenersi significativi ai
sensi dell’articolo 11, lettera c), della DIRETTIVA EMISSIONI INDUSTRIALI
solo a causa di sviluppi prevedibili che si verifichino in un secondo momento.
[NOTA 1] Secondo le indicazioni sul sito web dell’azienda, essa è stata
privatizzata nel 1995 ed è ora detenuta al 62% da un gruppo siderurgico
internazionale. Le azioni restanti sono detenute dallo Stato italiano (https://www.acciaierieditalia.com/en/company/about-us/ , visitato il 16 agosto 2023).
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