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giovedì 16 aprile 2020

Consiglio di Stato: quando le associazioni ambientaliste possono impugnare atti edilizi

Il Consiglio di Stato con sentenze n° 2405 del 2020   (QUI)  e n° 2421 del 2020 (QUI) ha ulteriormente chiarito sulla possibilità che le associazioni ambientaliste e comitati di cittadini regolarmente costituiti , intervengano, anche ad opponendum [NOTA 1],  di fronte agli organi della giustizia amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) relativamente a controversie che abbiamo oggetto atti di natura urbanistica e/o edilizia.
Sul tema ero già intervenuto QUI.

Questa nuova sentenza decide su un appello che una associazione ambientalista aveva depositato contro una sentenza del TAR con la quale era stato dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione l’intervento ad opponendum di detta associazione relativamente alla controversia sull’annullamento del diniego, da parte del Comune, di un permesso di costruire ad un privato.


CONDIZIONI PER LA LEGITTIMAZIONE AD INTERVENIRE NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
Secondo la sentenza, relativamente alla legittimità di intervento ad opponendum, occorre accertare se l’appellante, interventore ad opponendum in primo grado, sia titolare di una posizione giuridica autonoma che lo legittimi alla piena proposizione dell’appello, vale a dire alla formulazione di censure estese alle questioni di merito affrontate nella sentenza appellata e non limitate a contestare l’eventuale declaratoria di inammissibilità o la condanna alle spese del giudizio.



LA NATURA ANCHE AMBIENTALE DEGLI ATTI URBANISTICI ED EDILIZI
La nuova sentenza ricorda a premessa che le associazioni ambientaliste sono legittimate ex lege nel caso di atti dichiaratamente inerenti la materia ambientale ma anche per gli atti che “incidono sulla qualità della vita in un dato territorio” ( si veda anche  sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 14 aprile 2011, n. 2329  QUI).
Secondo la nuova sentenza, che cita la giurisprudenza precedente,  gli atti che costituiscono esercizio di pianificazione urbanistica, la localizzazione di opere pubbliche, gli atti autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare danno per l’ambiente, ben possono essere oggetto di impugnazione da parte delle associazioni ambientaliste, in quanto atti estensivamente rientranti nella materia “ambiente”, in relazione alla quale si definisce (e perimetra) la legittimazione delle predette associazioni (cfr Cons. Stato Sez. IV, 19-02-2015, n. 839  QUI), attesa “l’ormai pacifica compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche” (così Cons. Stato Sez. V, 28-07-2015, n. 3711  QUI).
In particolare, la giurisprudenza ha affermato che il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.
L'ambiente, pertanto, costituisce inevitabilmente l'oggetto (anche) dell'esercizio di poteri di pianificazione urbanistica e di autorizzazione edilizia; così come, specularmente, l'esercizio dei predetti poteri di pianificazione non può non tenere conto del "valore ambiente", al fine di preservarlo e renderne compatibile la conservazione con le modalità di esistenza e di attività dei singoli individui, delle comunità, delle attività anche economiche dei medesimi (cfr Cons. Stato, IV, 9 gennaio 2014, n. 36  QUI).



LA VERIFICA DELLA NATURA AMBIENTALE DEGLI ATTI URBANISTICI ED EDILIZI: IL PARAMETRO DELL’AMPIEZZA DELL’INTERVENTO AUTORIZZATO
La nuova sentenza poi precisa che le associazioni ambientaliste legittimate ex lege non solo possono intervenire in primo grado, ma hanno facoltà di proporre appello autonomo, ai sensi dell’art. 102, comma 2, Codice Processo Amministrativo (QUI), nel contenzioso relativo ad atti di pianificazione urbanistica, di localizzazione di opere pubbliche, di autorizzazione di interventi edilizi, nella misura in cui tali atti possano determinare un pregiudizio per l'ambiente.
Peraltro, considerata la non necessaria correlazione dimensionale tra interessi urbanistici e interessi ambientali, permane sempre la necessità di una valutazione in concreto dell’incidenza del possibile danno all’ambiente e tale valutazione non può che vertere sull’ampiezza dell’intervento, quale elemento di discrimine degli interventi anche incidenti sul piano ambientale.
Quindi la associazione ambientalista ricorrente in via principale o ad opponendum deve dimostrare come l’atto impugnato abbia una ampiezza tale da incidere sull’ambiente. Una volta dimostrato questo l’Associazione ambientalista  diventa titolare di quella posizione giuridica soggettiva autonoma necessaria per la sua legittimazione ad adire la giustizia amministrativa.



Al fine di opporsi (all'accoglimento di una domanda o di un ricorso)

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