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martedì 21 aprile 2020

Il Consiglio di Stato sulla legittimazione ad agire di cittadini singoli e comitati spontanei


Due recenti sentenze del Consiglio di Stato hanno affrontato il tema della legittimazione ad impugnare atti a rilevanza ambientale da parte di singoli cittadini e/o comitati spontanei quindi non da associazioni ambientalisti riconosciute. 

La prima sentenza riguarda la legittimazione, di un gruppo di cittadini non residenti nel Comune di interessato e relativo comitato spontaneo, ad impugnare l’autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio della piattaforma per il trattamento di rifiuti mediante la termovalorizzazione con il recupero di energia.
La seconda sentenza riguarda le modalità di dimostrazione del danno subito al fine di legittimare, da parte di cittadini residenti nel Comune interessato, le autorizzazioni di un forno crematorio.
 

LA QUESTIONE DELLA RESIDENZA DEI CITTADINI RICORRENTI
Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n° 2466 pubblicata lo scorso 17 aprile - QUI) il terzo interessato, nel caso specifico un gruppo di cittadini residenti in Comune limitrofo a quello dove deve essere collocato l’impianto, può agire in giudizio alle seguenti condizioni:
1. non come se fosse titolare di una frazione dell'interesse pubblico, bensì quale individuo titolare di una posizione differenziata e qualificata, rispetto alla quale deve essersi prodotta una lesione potenziale (pericolo di danno) o effettuale (danno), il cui onere di allegazione e di prova incombe, secondo le regole ordinarie, su colui che afferma il fatto costitutivo del danno ingiusto (si veda anche: Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 5269/2019 - QUIConsiglio di Stato Sezione IV, sentenza n. 5229/2019 - QUI).
I ricorrenti quindi devono fornire prova almeno in termini di principio del danno ambientale e/o sanitario o alla loro proprietà  potenziale.
2. Tale onere -trattandosi di soggetti che agiscono uti singuli ( a titolo individuale) ed a tutela di un interesse proprio- va soddisfatto in termini rigorosi, implicando il dovere di allegare e di provare in qual modo (sul piano del nesso di causalità) ed in quale misura (ai fini della quantificazione del pregiudizio subito) si sia verificata una lesione alla propria sfera personale (salute) e patrimoniale (proprietà) o sussista un concreto rischio che tale lesioni si determini.



COME DEVE ESSERE DIMOSTRATO IL POTENZIALE DANNO PER LEGITTIMARE LA IMPUGNAZIONE
La seconda sentenza Consiglio di Stato n° 2176 , pubblicata IL 2 aprile 2019 QUI, chiarisce  meglio come il danno ambientale, sanitario e alle proprie proprietà debba essere dimostrato ai fini della legittimazione ad impugnare atti a rilevanza ambientale (nel caso di specie la autorizzazione ad un forno crematorio).
La sentenza quindi costituisce specificazione di quanto affermato dalla sentenza precedente del 2020 sopra analizzata e vale sia che i ricorrenti siano residenti che non dal punto di vista della dimostrazione del danno subito ai fini della legittimazione ad impugnare.
Secondo la sentenza la legittimazione ad agire contro provvedimenti di approvazione di progetti di opere ed impianti potenzialmente impattanti sul territorio, dal punto di vista ambientale, urbanistico e paesaggistico non richiede una dimostrazione puntuale della concreta dannosità dell’impianto che, in quanto ancora da realizzare si tradurrebbe in una prova di carattere diabolico, ma anche soltanto una prospettazione plausibile delle ripercussioni negative (da ultimo in questo senso vedi le seguenti sentenze del Consiglio di Stato: 1 marzo 2019, n. 1423 - QUI;  24 maggio 2018, n. 3109 - QUI ;  28 luglio 2015, n. 3711 QUI ; 23 marzo 2015, n. 1564 – QUI ; 31 maggio 2012, n. 3254 - QUI). Nell’ambito dell’indirizzo giurisprudenziale ora richiamato si è evidenziato che irrigidimenti sul piano probatorio in simili fattispecie potrebbe vanificare la tutela giurisdizionale, con violazione dei principi costituzionali sanciti dall’art. 24 [NOTA 1] e 113 [NOTA 2] della Costituzione.

Aggiunge la sentenza qui esaminata:  Non va infatti dimenticato che la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell’azione giurisdizionale e che pertanto pretendere ai fini della dimostrazione di essa una prova effettiva del danno prospettato si traduce nell’errore di sovrapporre un accertamento proprio del merito, eventualmente rilevante per fare emergere le illegittimità dedotte dei provvedimenti abilitativi impugnati e/o ai fini del risarcimento del danno. Se dunque nell’ambito del doveroso accertamento della legittimazione, finalizzato ad evitare che sia consentito l’accesso in giudizio di soggetti portatori di interessi di mero fatto, può esigersi una prospettazione plausibile dei pregiudizi potenziali di un impianto solo progettato, alla luce della sua collocazione territoriale e delle sue caratteristiche tecniche e funzionali, non può invece pretendersi una dimostrazione puntuale dei danni da esso in ipotesi derivanti.



LA LEGITTIMAZIONE EX LEGE DELLE ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE DAL MINISTERO DELL’AMBIENTE
Ovviamente i limiti visti sopra in relazione alla residenzialità dei ricorrenti non si applicano sicuramente quando a ricorrere sono le associazioni ambientaliste riconosciute ex lege dal Ministero dell’Ambiente

Si veda a titolo di esempio la sentenza del TAR Sicilia (PA) Sez. I n. 2233 del 23 settembre 2019 -  QUI, secondo la quale l’associazione ambientalista è pacificamente legittimata ad agire in giudizio non solo per la tutela degli interessi ambientali “in senso stretto” ma anche per quelli ambientali “in senso lato”, comprendenti, cioè, la conservazione e valorizzazione dell'ambiente in senso ampio, del paesaggio urbano, rurale, naturale nonché dei monumenti e dei centri storici, intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale rispetto ad altri, atteso che la legittimazione ad agire della stessa discende direttamente dalla legge e resta in capo all'ente di carattere nazionale accreditato in sede ministeriale, ai sensi dell'art. 13 [NOTA 3], Legge 8 luglio 1986 n. 349.


Articolo 24
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi [cfr. art. 113].
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

Articolo 113
Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa [cfr. artt. 24 c.1103 c.1,2125 c.2 ].
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

Art. 13. 1. Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell'ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché della continuità dell'azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale per l'ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine senza che il parere sia stato espresso, il Ministro dell'ambiente decide

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