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giovedì 15 febbraio 2024

Rigassificatore Panigaglia un Piano di emergenza esterna inadeguato al rischio incidentale

Presentato (QUI) il Piano di Emergenza Esterno per il rigassificatore di Panigaglia. È solo un obbligo di legge per aggiornare il precedente piano ma continua a mancare un piano di emergenza per l'intera area portuale e relativo rapporto di sicurezza (QUI) come richiesto da anni dal Sistema Nazionale delle Arpa e il Comando nazionale dei vigili del fuoco (QUI). 

La questione è ancora più significativa visto che ormai il rigassificatore e  il trasbordo del gnl fino al porto spezzino del combustibile, per non parlare dell'aumento esponenziale delle navi gasiere, ha aumentato il rischio su tutta l'area portuale e non solo nell'area dell'impianto, pur essendo queste nuove attività connesse con il rigassificatore. Sul concetto di connesso si tornerà nel post che segue queste breve note introduttive.  

Il Secolo XIX del 15 febbraio scorso e La Nazione di oggi 18 febbraio (vedi titolo articolo all’inizio del post) riportano la tesi di Prefettura e ovviamente GNL Italia, per cui il trasbordo con le autocisterne di gnl e il progetto vessel reloading (servizio di ulteriori piccole metaniere si parla di circa 90 in più all'anno rispetto a prima) che farà diventare il porto di Spezia un hub del gas, non comportavano l'aggiornamento del piano di emergenza esterna del rigassificatore. Quanto riportato dal quotidiano locale non risponde a verità nonostante si affermi che i progetti suddetti siano stati autorizzati. 

Autorizzati ma come?... 

 

 

LE GRAVI LACUNE NELLA VALUTAZIONE E SUL RISCHIO INCIDENTE RILEVANTE NELLA APPROVAZIONE DEI PROGETTI DI AMPLIAMENTO DEL RIGASSIFICATORE DI PANIGAGLIA

Leggiamo quello che scriveva il Ministero dell’Ambiente nel parere allegato al Decreto Direttoriale che esclude la applicazione della VIA al progetto di trasbordo delle autocisterne cariche di gnl dal rigassificatore al porto di Spezia (stessa esclusione anche per il progetto vessel reloading oltretutto). Afferma il Ministero: “Premessa la necessità di sottoporre l’intervento a parere vincolante del Comitato Tecnico Regionale ai sensi del D.lgs. 105/2015, ritengono che l’unico aspetto critico in relazione alla tematica di rischio di incidenti sia di porre attenzione alla strada di collegamento tra lo stabilimento e la città, poco adatta al transito di mezzi pesanti. La problematica sembra però essere superata perché il tragitto dovrebbe avvenire via chiatta. In conclusione, non rilevano problemi su questo tema.”

Quindi si ammette la necessità di rivedere la documentazione Seveso III per il nuovo progetto per poi minimizzare le problematiche riducendole a quelle dell’accesso stradale, questione rilevante ma non esaustiva visto che arriveranno 90 nuove navi gasiere in più a quelle ordinarie oltre alle bettoline che attraverseranno il nostro golfo già pieno di natanti di ogni tipo e che non ha ad oggi nessun piano generale di sicurezza portuale ai sensi della Seveso III.

In realtà è indiscutibile che con il nuovo trasporto di GNL nel golfo, dovuto al nuovo progetto in discussione, le possibilità di accadimento di incidente rilevante aumentino. Quindi occorrerà una procedura ordinaria di aggiornamento (si veda l’articolo 18 [NOTA 1] del DLgs 105/2015) del Rapporto di Sicurezza dell'impianto in questione (il rigassificatore) e il rilascio di un apposito nulla osta del Comitato Tecnico Regionale ai sensi dell'articolo 17 del DLgs 105/2015.

Come si fa a sostenere che l’attraversamento di navette con autocisterne cariche di gnl e ben nuove 90 navi gasiere nel golfo non produca come afferma l’articolo 18 del DLgs un aggravio del rischio di incidente e quindi l’ampiezza della curva di danno dello scenario incidentale prodotto in caso di evento durante il trasbordo?

Tutto questo è da irresponsabili!

 

 

 

LA NOZIONE ESTESA DI STABILIMENTO PER L’APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA SEVESO

Si veda la nozione di stabilimento secondo l’articolo 3 del DLgs 105/2015:
“a) «stabilimento»: tutta l'area sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all'interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse;”

Si parla di strutture e attività non solo comuni ma anche connesse all’impianto. Ora è indiscutibile che le bettoline con relative autocisterne e l’aumento delle navi gasiere siano quanto attività connesse con il rigassificatore.

Non solo ma gli indirizzi europei sulla attuazione della Seveso III rilevano la necessità di una interpretazione estesa della applicazione di detta normativa in relazione ad uno stabilimento a rischio di incidente rilevante. Ad esempio si veda un documento della Commissione UE (QUI) risposte ad alcuni quesiti specifici sull’implementazione della Direttiva 2012/18/CE (Seveso III) posti alla Commissione Europea dalle autorità nazionali degli Stati Membri.

In particolare, il primo quesito riportato nel documento è il seguente: “Qual è la relazione tra Direttiva Seveso III e la Convenzione n.174 del 1993 dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sulla prevenzione degli incidenti industriali maggiori, soprattutto riguardo alle condotte e alle installazioni nucleari?” 

La Commissione ha così risposto: “Gli Stati Membri che hanno ratificato in tutte le sue parti la Convenzione n. 174 del 1993 dovrebbero aver implementato misure coerenti con quest’ultima. Nelle aree che non sono soggette alle prescrizioni della direttiva, per esempio le condotte, si ritiene che gli Stati Membri estenderanno l’ambito di applicazione della direttiva Seveso III all’interno della propria legislazione nazionale oppure che adotteranno specifici distinti provvedimenti.”

Quindi nonostante la attuale versione della Direttiva Seveso III non preveda la sua applicazione alle condotte la Commissione invita gli stati membri ad avere una visione ampia dello stabilimento rispetto alla prevenzione del rischio incidentale, nel caso specifico la condotta ma la risposta della Commissione come abbiamo visto fa riferimento più in generale ad “aree non soggette alle prescrizioni della direttiva” aggiungendo come  solo esempio le condotte, alle quali estendere l’ambito applicazione della Direttiva.

 

 

 

OCCORRE UN PIANO DI EMERGENZA ESTERNA DI AREA

Non solo l’articolo 18 DLgs 105/2015 fa riferimento anche alle informazioni che devono essere inserite nel piano di emergenza esterno per la popolazione civile.

Infatti, queste informazioni devono derivare dal rapporto di sicurezza e del piano di emergenza interno dello stabilimento. Documenti questi ultimi non aggiornati al rischio incidentale legato ai due progetti del trasbordo di autocisterne cariche di gnl e delle nuove navi gasiere (vessel reloading).

 

La proposta di aggiornamento del piano di emergenza esterna si limita infatti a citare (punto 4.1. del documento e sezione C dell’allegato Piano) i seguenti scenari incidentali:

1. Rottura braccio di carico

2. Rottura tetto serbatoio per overfilling (sovra riempimento ovvero riempimento oltre la capacità di stoccaggio di un serbatoio di GNL

3. Rottura tetto serbatoio per roll-over (fenomeno per il quale grandi quantità di vapori possono essere prodotte, in breve tempo, durante lo stoccaggio di GNL nei serbatoi ed emesse attraverso i dispositivi di rilascio della pressione in atmosfera)

4. Rilascio di GNL dalle pompe ad alta pressione

 

Non solo ma il Piano fa riferimento a rischio incendio ma generato solo nell’area del rigassificatore, nessun rilievo viene fatto per rischio collisione e incendio nel golfo o in zona portuale. Si veda in questo senso la sezione C2 del Piano di emergenza esterno che fa riferimento a zone di delimitazione di rischio incidentali sostanzialmente contermini all’impianto. Infatti, a pagina 36 del Piano allegato si legge: “Le zone di impatto che hanno effetti sulla zona di mare antistante lo stabilimento rientrano nell’area che risulta interdetta alla navigazione”.

 

Il Piano allegato a pagina 32 afferma: “La suddivisione delle aree a rischio ripropone il modello rappresentato nelle Linee Guida emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri

Ebbene queste linee guida (QUI) prevedono di predisporre, da parte delle Prefetture, Piano di emergenza esterna di area. In particolare nelle linee guida si afferma che anche nel caso in cui non sia stata individuata da parte del COMITATO TECNICO REGIONALE un’Area RIR (un area con presenza di più impianti classificati Seveso) a seguito delle procedure di cui all’art. 19 (c.d. effetto domino) del D.lgs. 105/2015, il Prefetto può predisporre un Piano di Emergenza Esterna di Area, qualora sussistano condizioni di particolare complessità dovute alla presenza di più stabilimenti Seveso nonché di eventuali ulteriori fattori di rischio quali, ad esempio, infrastrutture comuni, vicinanza degli impianti, prossimità di elementi territoriali vulnerabili, ecc., che rendano opportuna una valutazione integrata delle misure di emergenza da adottare.

Ora non è questo il caso dei due progetti delle autobotti gnl e delle nuove navi gasiere in più in un’area portuale dove sussistono altre attività e infrastrutture che richiederebbero una valutazione integrata al fine della stesura del piano di emergenza?

 

 

Figuriamoci se questi burocrati della Prefettura risponderanno a questa domanda per non parlare di enti quali Regione, Provincia e Comune, loro fanno i posteggiatori di decisioni altrui mica amministrano la cosa pubblica!

 

 



[NOTA 1]1. In caso di modifiche di un impianto, di uno stabilimento, di un deposito, di un processo o della natura o della forma fisica o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti o potrebbero comportare la riclassificazione di uno stabilimento di soglia inferiore in uno stabilimento di soglia superiore o viceversa, il gestore, secondo le procedure e i termini fissati ai sensi del comma 2:

a) riesamina e, se necessario, aggiorna la notifica e le sezioni informative del modulo di cui all'allegato 5, il documento relativo alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, il sistema di gestione della sicurezza e trasmette alle autorità competenti ai sensi del presente decreto tutte le informazioni utili prima di procedere alle modifiche;  

b) riesamina e, se necessario, aggiorna il rapporto di sicurezza e trasmette al Comitato di cui all'articolo 10 tutte le informazioni utili prima di procedere alle modifiche, per l'avvio dell'istruttoria di cui agli articoli 16 e 17 per i nuovi stabilimenti;

c) comunica la modifica all'autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale, che si pronuncia entro un mese, ai fini della verifica di assoggettabilità alla procedura prevista per tale valutazione.”

2. Le modifiche che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti, e le procedure e i termini di cui al comma 1, sono definiti all'allegato D.”

 


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