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giovedì 6 aprile 2023

Conservazione siti Habitat, piani di gestione forestale e diritti delle associazioni ambientaliste

La Corte di Giustizia (sentenza 2 Marzo 2023 QUI) si è pronunciata su un piano di gestione forestale e sull’impatto dello stesso su siti tutelati dalla normativa sulla biodiversità (Direttiva Habitat 92/43/CCE QUI).

In particolare la sentenza afferma quindi l’obbligo di una valutazione di incidenza sui siti tutelati per detti piani di gestione forestale anche se incidono indirettamente sui siti tutelati, allo stesso tempo afferma il diritto delle associazioni ambientaliste non solo di partecipare al procedimento di valutazione di incidenza ma anche di impugnare le decisioni finali di fronte alla giustizia nazionale.

 

 

NECESSITÀ DELLA VALUTAZIONE DI INCIDENZA

La Corte di Giustizia della UE aveva già avuto modo di esaminare un piano di gestione forestale, quale previsto dalla normativa dello stato membro in questione, alla luce della Direttiva Habitat e ha applicato, a questo proposito, i requisiti stabiliti all’articolo 6, paragrafo 3, di detta Direttiva [nella stessa direzione sentenza del 17 aprile 2018 (QUI), Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża - Polonia), C‑441/17, EU:C:2018:255, punti da 106 a 193]. Pertanto la nuova sentenza conclude che tale disposizione, che riguarda “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito”, può trovare applicazione rispetto ai piani di gestione forestale previsti all’articolo 22 della legge sulle foreste polacca.

 

 

RAPPORTI TRA TUTELA BIODIVERSITÀ E NORMATIVA SULL’ACCESSO INFORMAZIONI LA PARTECIPAZIONE E LA GIUSTIZIA IN MATERIA AMBIENTALE

Per quanto riguarda i rapporti tra, da un lato, l’articolo 6, paragrafo 3, della Direttiva Habitat e, dall’altro, l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus (QUI), la Corte ha già dichiarato che le decisioni adottate dalle autorità nazionali competenti nell’ambito di detto articolo 6, paragrafo 3, della Direttiva Habitat, che riguardino una domanda di partecipazione al procedimento di autorizzazione, o la valutazione della necessità di una valutazione dell’impatto ambientale di un piano o progetto su un sito protetto o anche il carattere appropriato delle conclusioni tratte da tale valutazione dei rischi di detto progetto o piano per l’integrità di un tale sito, e che siano autonome o integrate in una decisione di autorizzazione, sono decisioni che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus (sentenza dell’8 novembre 2016 QUI, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 56).

Infatti, le decisioni adottate dalle autorità nazionali rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», che non riguardano un’attività elencata nell’allegato I alla Convenzione di Aarhus, sono contemplate nell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di tale Convenzione e rientrano, quindi, nel campo di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2 della stessa, poiché tali decisioni comportano che le autorità competenti valutino, prima di autorizzare una qualunque attività, se essa, nelle circostanze del caso di specie, possa avere effetti significativi sull’ambiente (sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 57).

Quanto all’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, tale disposizione circoscrive il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri nella determinazione delle modalità dei ricorsi cui essa si riferisce, in quanto tale disposizione persegue l’obiettivo di garantire un «ampio accesso alla giustizia» al pubblico interessato, che comprende le organizzazioni per la tutela dell’ambiente che soddisfano i requisiti prescritti dall’articolo 2, paragrafo 5, di tale convenzione (sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 58).

A tal riguardo, la nuova sentenza rileva che, sebbene la Convenzione di Aarhus e, in particolare, il suo articolo 6, paragrafo 1, lettera b), lasci agli Stati parti contraenti un certo margine di discrezionalità per quanto riguarda l’esame di effetti significativi sull’ambiente dell’attività di cui trattasi, resta tuttavia il fatto che, tenuto conto della giurisprudenza richiamata dalla nuova sentenza, la Direttiva Habitat concretizza i requisiti da stabilire per quanto riguarda il carattere significativo degli effetti sull’ambiente nel settore della tutela europea della natura. Aggiunge quindi la nuova sentenza della Corte di Giustizia che gli effetti negativi rispetto agli obiettivi di conservazione delle zone europee di tutela dovrebbero, in linea di principio, essere considerati significativi ai sensi di tale disposizione della Convenzione di Aarhus, sicché le organizzazioni per la tutela dell’ambiente avrebbero, quindi, il diritto di chiedere che le autorità competenti verifichino, caso per caso, se le attività proposte possano avere un tale effetto importante.

 

Alla luce delle suddette considerazioni la sentenza conclude che l’articolo 6, paragrafo 3, della Direttiva Habitat, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, prevede l’obbligo, per la Repubblica di Polonia ( e quindi per tutti gli stati membri), di garantire alle organizzazioni di tutela dell’ambiente la possibilità di investire un organo giurisdizionale di una domanda diretta a verificare, in modo effettivo, la legittimità, nel merito e sotto il profilo procedurale, dei piani di gestione forestale, ai sensi delle disposizioni della legge sulle foreste, nei limiti in cui tali piani rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».

 

 

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