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lunedì 6 marzo 2023

Rischio incidenti industriali: nuovi piani di emergenza esterni e informazione della popolazione

La Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile con Direttiva del 7 dicembre 2022 (QUI) ha approvato in relazione agli impianti classificati a rischio incidente rilevante (Normativa Seveso III DLgs 105/2015 - QUI):

1. Linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna PEE (allegato 1 QUI); 

2. Linee guida per l'informazione alla popolazione (allegato 2 QUI);   

3. Indirizzi per la sperimentazione dei piani di emergenza esterna (allegato 3 QUI).

Il post in premessa sintetizza, per facilità di lettura, le novità più rilevanti della Direttiva per poi analizzare nel merito il suo contenuto nonché le norme previgenti che restano in vigore

 

 

LE PRINCIPALI NOVITÀ DELLA DIRETTIVA

1. Il PEE può compensare la mancanza del dell’elaborato rischio incidenti rilevanti nei piani urbanistici comunali integrando quindi questa lacuna nel rapporto tra presenza dell’impianto Seveso con la evoluzione urbanistica ed edilizia della zona interessata;

2. La possibilità di redigere PEE di area qualora a fianco dell’impianto classificato non ci siano altri impianti Seveso ma comunque attività e fattori di rischio da effetto domino. Si pensi alle aree portuali con presenza di impianto Seveso che ad oggi non prevedono più l’obbligo di rapporto di sicurezza e piani di emergenza portuali (vedi QUI)

3. un adeguato inquadramento territoriale dell’area interessata dal potenziale impatto dell’incidente che tenga conto non solo delle abitazioni e attività varie ma della infrastrutturazione compresa quella viaria (si pensi al caso delle criticità della viabilità nel caso del rigassificatore esistente a Panigaglia Portovenere)

4. una migliore definizione delle attività necessarie degli effetti ambientali e sanitari distinguendo tra quelle immediatamente dopo l’incidente e quelle di monitoraggio e risanamento nel periodo immediatamente successivo

5. una precisazione dei compiti del Sindaco, territorialmente interessato, distinguendo tra quelli interni alla elaborazione informazione e gestione del PEE da quelli invece della gestione ordinaria dell’impianto classificato Seveso;

6. indirizzi per coordinare il PEE con il Piano di Protezione Civile Comunale.

7. indicazione precise su come sperimentare in concreto il PEE coinvolgendo con esercitazioni sul campo la popolazione civile almeno ogni tre anni, utilizzando le stesse per aggiornare in continuo il PEE.

 

 

NORME CHE RESTANO IN VIGORE DOPO LA NUOVA DIRETTIVA

La Direttiva fa salvi:

1. Decreto del Ministero dell’Ambiente e del Territorio e del Mare del 29 settembre 2016, n. 200 Regolamento recante la disciplina per la consultazione della popolazione sui piani di emergenza esterna, ai sensi dell'articolo 21, comma 10, del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105”(QUI);

2. Circolare interministeriale dell’aprile 2018 Indirizzi per la sperimentazione dei Piani di Emergenza esterna degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, ai sensi dell’art.21 del D.lgs. 105/2015” (QUI). N.B. questa Circolare è riprodotta nella Parte III allegata alla nuova  Direttiva (vedi sopra nella premesse a questo post il link al testo completo)

 

 

 


PROCESSO METODOLOGICO PER LA PREDISPOSIZIONE DEL PEE

1. organizzazione delle risorse per la redazione del piano, importante che si citi anche ASL visto che spesso il rischio sanitario viene sottovalutato in caso di incidenti ad impianti Seveso e non solo

 

2. redazione del piano: in questa fase, sulla base dell’analisi di sicurezza dello stabilimento, sono definiti gli scenari incidentali che dovranno essere gestiti dal PEE, sono identificati tutti gli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili rispetto agli scenari di riferimento e sono individuate le specifiche zone di pianificazione, i centri di coordinamento ed i corridoi di ingresso e uscita dei mezzi di soccorso. Infine, in questa fase occorre definire il modello di intervento con l’individuazione dei ruoli, delle responsabilità e delle risorse che dovranno essere attivate per la gestione degli effetti, con il fine di articolare la risposta operativa in piani di settore;

 

3. procedura di consultazione ed approvazione del PEE: il piano può essere approvato solo a seguito del processo di consultazione regolato dal Decreto del Ministero dell’Ambiente e del Territorio e del Mare del 29 settembre 2016, n. 200 (vedi sopra)

 

4. sperimentazione del PEE: vedi Circolare sopra richiamata del 2018. Secondo il Documento la sperimentazione deve permettere di verificare se l’attivazione del PEE consenta il raggiungimento degli obiettivi previsti dall’art.21 del decreto legislativo n.105/2015, ovvero:  controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l'ambiente e per i beni;  mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti, in particolare mediante la cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso con l'organizzazione di protezione  civile;  informare adeguatamente la popolazione, i servizi di emergenza e le autorità locali competenti;  provvedere, sulla base delle disposizioni vigenti, al ripristino ed al disinquinamento  dell'ambiente dopo un incidente rilevante. L’attività di sperimentazione consente: la verifica delle azioni previste dal piano; la verifica e il miglioramento delle capacità operative del personale coinvolto; la verifica della correttezza delle procedure previste per gli stati di attuazione del piano. Sempre secondo la Circolare le sperimentazioni possono coinvolgere solo i livelli tecnici ma anche la popolazione con esercitazioni di simulazione incidente sul campo. Non a caso la Circolare ricorda che i vari livelli di sperimentazione non sono alternativi ma: “Va considerato, inoltre, che la gradualità dei livelli A, B, C e D delle esercitazioni è solo un ausilio per una più efficace sperimentazione dei PEE e che comunque è possibile effettuare direttamente una esercitazione di livello D (sul campo con la popolazione ndr) senza necessariamente attuare i livelli A, B e C.”.

Quindi oltre ad essere aggiornato, il PEE, secondo l'art.21 citato, deve essere anche sperimentato, tramite esercitazioni, almeno ogni tre anni. Nel PEE dovrebbe essere previsto a tal fine, sia il programma di aggiornamento del documento, sia quello delle periodiche esercitazioni, mezzo indispensabile per assicurare l'efficacia dei dispositivi di intervento, valutare il livello di addestramento degli attori e la funzionalità dei sistemi di allerta, ed ottenere, infine, il feedback sull’informazione alla popolazione.

 

5. informazione alla popolazione: a seguito dell’approvazione del PEE da parte del Prefetto, il Sindaco, anche con il supporto del Prefetto stesso e del gruppo di lavoro che ha redatto il PEE, identifica le informazioni, formulate in modo chiaro e comprensibile, sul comportamento da adottare nelle aree in cui si possono risentire gli effetti dell’evento incidentale. La norma prevede che in caso di incidente rilevante il Prefetto, tramite il Sindaco, attui una specifica e tempestiva attività informativa rivolta a tutti coloro che sono potenzialmente coinvolti dalle conseguenze dell’incidente. Per ottemperare agli obblighi di informazione ai sensi del citato Decreto 200/2016, garantendo al contempo oltre agli obiettivi di protezione sopra espressi, anche l’applicazione del D. lgsvo 33/2013, considerando altresì la delibera ANAC n. 1309 del 28 dicembre 2016 (QUI)“Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 Art. 5- bis, comma 6, del d.lgs. n. 33 del 14/03/2013” e s.m.i., può essere importante organizzare, una volta elaborata la bozza del PEE, apposite riunioni ristrette (FF.O., aziende di servizi, VV.F., ARPA, ecc) per poter identificare i dati e le informazioni sensibili che non debbono essere resi pubblici al fine di garantire la sicurezza e che vanno omessi dal testo del PEE e dai relativi allegati. Pertanto, il documento PEE nella sua interezza può non essere pubblicato, ma debbono essere

 

 





REQUISITI MINIMI EFFICACIA PEE

sistemi di allarme - indispensabili per avvertire la popolazione e i soccorritori del pericolo incombente;

informazione alla popolazione – effettuata per rendere noti gli scenari incidentali contenuti nel PEE ed i relativi effetti delle sostanze pericolose sulla salute umana, nonché le misure di autoprotezione e le norme comportamentali da assumere in caso di emergenza;

vulnerabilità territoriale e ambientale - rappresentazione cartografica degli elementi vulnerabili unitamente ad eventuali luoghi ove è necessario inviare con priorità i soccorsi;

modello di intervento - descrizione della struttura dell’intervento con riferimento alle procedure di attivazione articolate nelle fasi di attenzione, preallarme, allarme-emergenza, cessato allarme.

 

  


 

IL PEE PUÒ COMPENSARE LA MANCANZA DEL DELL’ELABORATO RISCHIO INCIDENTI RILEVANTI NEI PIANI URBANISTICI COMUNALI

Come stabilito dall’art. 22 del D.lgs. 105/2015 (QUI), gli enti territoriali tengono conto, nella formazione degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, della presenza degli stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti e della necessità di prevedere e applicare requisiti minimi di sicurezza con riferimento alla destinazione e utilizzazione dei suoli. In particolare, gli strumenti urbanistici elaborati dai Comuni comprendono l’elaborato tecnico “Rischio di incidenti rilevanti” (ERIR), richiesto dal Decreto 9 maggio 2001 (QUI).

Se gli strumenti urbanistici non hanno detto elaborato ERIR o non lo hanno aggiornato il PEE può essere utilizzato come elemento di supporto agli enti territoriali, per l’individuazione delle aree in cui effettuare il rilascio dei titoli abilitativi edilizi con la procedura di cui al regime transitorio previsto dall’art. 22, comma 10, del D.lgs. 105/2015.

Sempre in caso di mancanza dello specifico strumento urbanistico di settore, il PEE può essere utilizzato come primo elemento conoscitivo per una preliminare identificazione delle tematiche di interesse della pianificazione del territorio sulla base del censimento delle attività e delle strutture comprese nelle zone a rischio (di sicuro impatto, di danno, di attenzione). Va tenuto presente che l’analisi della vulnerabilità territoriale e ambientale viene effettuata anche nel caso di predisposizione di una variante agli strumenti territoriali e urbanistici, ai sensi del citato art. 22 del D.lgs. 105/2015, con le modalità e i requisiti minimi stabiliti dal DM 9 maggio 2001.

 


  

PIANO DI EMERGENZA ESTERNA DI AREA

Anche nel caso in cui non sia stata individuata da parte del CTR un’Area RIR (un area con presenza di più impianti classificati Seveso) a seguito delle procedure di cui all’art. 19 (c.d. effetto domino) del D.lgs. 105/2015, il Prefetto può predisporre un Piano di Emergenza Esterna di Area, qualora sussistano condizioni di particolare complessità dovute alla presenza di più stabilimenti Seveso nonché di eventuali ulteriori fattori di rischio quali, ad esempio, infrastrutture comuni, vicinanza degli impianti, prossimità di elementi territoriali vulnerabili, ecc., che rendano opportuna una valutazione integrata delle misure di emergenza da adottare

 


 

EVENTI NATECH

Si intendono eventi NaTech (Natural Hazard Triggering Technological Disasters) gli incidenti tecnologici come incendi, esplosioni e rilasci tossici che possono verificarsi all’interno di complessi industriali a seguito di eventi calamitosi di origine naturale.

Secondo il punto C3 Parte 1 allegato C al DLgs 105/2015 il Rapporto di Sicurezza redatto da chi gestisce l’impianto classificato a rischio incidente rilevante deve tenere conto di eventi meteo, geofisici, meteomarini, ceraunici e dissesti idrogeologici Però le nuove Linee Guida qui esaminate non possono essere utilizzate per pianificare un’emergenza connessa agli stabilimenti con pericolo di incidente rilevante, originata da eventi provocati da forzanti di rischio naturale (sisma, alluvione, tsunami, eventi meteo estremi, fulminazioni, ecc.), per i quali non è possibile in generale considerare il sistema di risposta all’evento incidentale proposto in questa sede.

 


 

INQUADRAMENTO TERRITORIALE E AMBIENTALE DELL’AREA INTERESSATA DAL PIANO DI EMERGENZA ESTERNA

• coordinate geografiche e chilometriche dell’area dello stabilimento;

• caratteristiche geomorfologiche dell’area interessata;

• censimento dei corsi d’acqua e delle risorse idriche (superficiali e profonde) che interessano l’area (elementi utili a definire la vulnerabilità del ricettore ambientale e la possibilità che il corso d’acqua rappresenti un veicolo di propagazione di un eventuale inquinamento);

• descrizione delle strutture strategiche e rilevanti (es. CCS, Ospedali, Centri operativi, Caserme, ecc.);

• densità abitativa, insediamenti urbani e industriali;

• infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, portuali;

• reti tecnologiche di servizi (reti elettriche, metanodotti, ecc.);

• condizioni meteoclimatiche disponibili (forniti dalle stazioni meteo eventualmente presenti nello stabilimento o sul territorio, tratte dalla notifica di cui all’all.5 del D.lgs. 105/2015);

• rischi naturali del territorio (è necessario effettuare un’analisi del territorio in relazione alla presenza dei rischi naturali in quanto possibili eventi iniziatori di incidenti rilevanti, con particolare riferimento al rischio idrogeologico – es. fasce contenute nel Piano per l’Assetto Idrogeologico - al rischio sismico e vulcanico).


 

 

SCENARI INCIDENTALI E INDIVIDUAZIONE ZONE DI DANNO

Tali aree sono individuate sulla base degli scenari incidentali risultanti dall’analisi di sicurezza effettuata dal gestore dello stabilimento. La misurazione e la perimetrazione di tali zone è individuata attraverso l’inviluppo di dati forniti dai gestori sugli scenari incidentali risultanti dall’analisi di sicurezza.

In mancanza dei dati necessari alla definizione degli scenari incidentali di riferimento, per la redazione del PEE può essere utilizzato il metodo speditivo contenuto nel Manuale intitolato “Metodo Shortcut per la valutazione delle conseguenze incidentali” (QUI), un metodo che consiste:

- uno strumento speditivo per la definizione delle zone di danno e attenzione;

- uno strumento di stima speditiva delle conseguenze al verificarsi di incidenti non valutati dai gestori.

 

 


ATTIVITÀ PER LA GESTIONE DEGLI EFFETTI AMBIENTALI DELL’INCIDENTE RILEVANTE

Le principali attività per la gestione degli effetti ambientali dell’incidente rilevante, si esplicano mediante le seguenti fasi:

 

Fase di intervento nell’ambito della gestione dell’emergenza:

Questa fase è attuata nell’ambito della gestione del PEE. L'obiettivo di questa prima fase (che è comune alle altre tipologie di scenari incidentali che impattano sulla matrice aria) è dare la priorità alla tempestiva localizzazione ed intercettazione del rilascio di sostanza pericolosa; seguirà la rimozione di materiali fortemente inquinanti (sedimenti, detriti galleggianti, etc.) il più rapidamente possibile.

Le azioni di mitigazione delle conseguenze ambientali dell’incidente rilevante effettuate nella prima fase possono, di massima, essere:

• intercettazione della perdita;

• blocco della migrazione dei contaminanti rilasciati mediante l’utilizzo di: o sostanze adsorbenti/assorbenti; o barriere idrauliche (es. emungimenti di pozzi per interrompere la diffusione di inquinanti); o flocculanti; o panne per blocco della migrazione di inquinanti galleggianti in acqua; o cuscini pneumatici per blocco delle condotte fognarie; o pompe aspiranti idrocarburi, serbatoi galleggianti (skimmer).

• gestione delle acque di spegnimento 11 (es. allontanamento dal sito delle acque di spegnimento tramite ausilio di autospurghi per rifiuti speciali pericolosi ovvero accumulo con successivo trattamento/smaltimento).

Dette azioni vanno valutate e pianificate dal Gestore dello stabilimento nell’ambito del PEI, in modo che possano essere prontamente realizzabili durante l’emergenza. È comunque possibile, in funzione delle esigenze rilevate in fase di redazione del PEE, prevedere l’attivazione di ulteriori enti e strutture (es. attivazione dei Consorzi di bonifica, Autorità di bacino, ecc.).

Le attività connesse con questa prima fase, afferenti alla gestione in ambito del PEE, richiedono l’intervento coordinato di più enti e l’attuazione delle seguenti complesse attività:

• intervento operativo urgente di limitazione del rischio per la popolazione e l’ambiente (compresa la sicurezza alimentare);

• informazione alla popolazione ed alle autorità locali competenti sugli effetti ambientali dell’incidente. Ulteriori azioni di mitigazione delle conseguenze ambientali dell’incidente. 



 

Fase di ripristino e disinquinamento dell’ambiente dopo l’incidente rilevante

questa fase è successiva alle operazioni di emergenza e soccorso previste dal PEE ed è attuata e gestita in conformità al D.lgs. 152/2006 e s.m.i. “Norme in materia Ambientale”.

 

 


INFORMAZIONI ALLA POPOLAZIONE IL RUOLO DEL SINDACO

Secondo le nuove Linee Guida (parte 2) Il compito della diffusione delle informazioni contenute nel PEE e destinate alla popolazione, unitamente alle strutture ed aree ad alta frequentazione (compresi scuole, ospedali, stabilimenti adiacenti soggetti a possibile effetto domino, ecc.) che possono essere colpiti da un incidente rilevante, ai sensi dell’art. 23 comma 7 del D.lgs. 105/2015, è affidato al Sindaco a cura del comune.

A tal fine il PEE deve contenere l’indicazione univoca dell’area o delle aree in cui deve essere indirizzata l’informazione dedicata ai soggetti che possono essere colpiti da un incidente rilevante con l’indicazione dei principali elementi vulnerabili in essa/esse presenti.

Il compito del Sindaco, attraverso la struttura comunale ai sensi dell’art. 12, comma 5, lettera b) del DLgs 1/18 (Codice Protezione Civile - QUI), in merito alla diffusione delle informazioni contenute nel PEE, ai sensi dell’art.23 comma 7 (DLgs 105/2015), non deve essere confusa con il diverso compito del Comune di diffondere, in ordinario, ai sensi dell’art.23 comma 6 (DLgs 105/2015), le informazioni pubbliche riguardanti le misure da adottare in caso di incidente che sono contenute nel Modulo di notifica ed informazione inviato dal gestore dello stabilimento ai sensi dell’art.13 del D.lgs.105/2015.

Le informazioni del Modulo di notifica sono infatti destinate ad un ambito più ampio costituito dal “pubblico” definito quale “una o più persone fisiche e giuridiche, nonché le associazioni, organizzazioni o i gruppi di tali persone”, ai sensi dell’art. 23 comma 6 del d.lgs. 105/2015, e quindi come tale non specificatamente legato al territorio che può essere direttamente coinvolto negli effetti dell’incidente rilevante.

Al fine di una informazione univoca è importante il coordinamento tra le informazioni contenute nella specifica sezione del PEE e quelle fornite dal Sindaco, attraverso la propria struttura comunale, ai sensi dell’articolo 23 del D.lgs. 105/2015 (per il dettaglio degli adempimenti previsti vedi il successivo capitolo 4). Questo obiettivo può essere opportunamente raggiunto mediante la collaborazione del Comune al processo di redazione del PEE mediante la partecipazione al tavolo tecnico costituito presso la Prefettura, al fine di garantire la condivisione dei dati e delle informazioni tra Sindaco e Prefetto, nonché il tempestivo allineamento e la coerenza delle informazioni fornite al pubblico attraverso i due distinti strumenti. Si rileva inoltre l’opportunità di una stretta collaborazione tra l’autorità comunale e il Prefetto anche in occasione della predisposizione ed effettuazione delle sperimentazioni del PEE e l’analisi dei risultati

 

 

COORDINAMENTO TRA PEE E PIANO DI PROTEZIONE CIVILE COMUNALE

Il Piano di protezione civile deve tener conto dei dati e delle informazioni contenute nel PEE, quali gli elementi territoriali considerati nella pianificazione dell’emergenza esterna (caratteristiche fisiche, orografiche, ed antropiche, quali popolazione presente a vario titolo nell'area, infrastrutture, centri sensibili, ecc.), i dati relativi allo stabilimento, agli scenari incidentali ed al modello organizzativo di intervento, riferito soprattutto alle attività che il Sindaco deve effettuare in attuazione del PEE.

Nel Piano comunale di protezione civile potranno essere dimensionate e riportate le attività da attuare dal Comune per le fasi di attivazione del PEE (attenzione, preallarme, allarme emergenza, cessato allarme).

Si riportano di seguito gli elementi principali che, in linea di massima, possono essere inseriti nel Piano di protezione civile comunale:

inquadramento territoriale con localizzazione dello stabilimento;

descrizione dello stabilimento, degli scenari incidentali, delle zone di pianificazione (zone a rischio, zona di soccorso, zona di supporto alle operazioni, corridoi di ingresso e uscita dei mezzi di soccorso);

censimento della popolazione delle zone di pianificazione;

modello d’intervento e procedure di competenza del Sindaco: o modalità di attivazione delle strutture e dei referenti comunali di protezione civile presso il COC (Polizia Locale, Ufficio Tecnico, volontariato, ecc.) e presso altre strutture di coordinamento (CCS, PCA) in accordo alle procedure stabilite nel PEE e nei piani operativi predisposti; o modalità di attivazione e gestione dell’informazione della popolazione sull’evento incidentale in atto e comunicazione delle misure di autoprotezione; o modalità di attivazione delle risorse per la viabilità in concorso con le altre FF.O.; o eventuale modalità di attivazione ed utilizzo delle aree di attesa e/o aree e centri di assistenza per la popolazione;

riferimenti operativi degli enti e strutture per l’attivazione del piano

modalità di partecipazione alla sperimentazione del Piano di emergenza esterna

 

 

 

 


 

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