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mercoledì 11 gennaio 2023

Seveso III, emergenze radiologiche nucleari in Italia: la normativa non applicata

Documento (QUI) risultato di una ricerca condotta nell'ambito del progetto CBRN-Italy che mira ad analizzare il quadro normativo internazionale, regionale (Unione Europea) e nazionale (Italia) relativo alla prevenzione, preparazione, risposta e recupero da eventi CBRN (Chemical, Biological, Radiological and Nuclear defense) intesi in senso lato (eventi intenzionali, accidentali e naturali) e a proporre delle raccomandazioni per rafforzare le norme internazionali e regionali ed il quadro normativo e operativo nazionale.

Il progetto CBRN-Italy (QUI) è stato finanziato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR) nell'ambito del programma PRIN (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale) con il contributo n° 20175M8L32, ed ha una durata di 36 mesi (marzo 2020 - febbraio 2023). La ricerca è condotta da quattro Università: Scuola Superiore Sant'Anna (Pisa), Università di Bologna, Università di Firenze, Università di Torino.

Di seguito analizzo le criticità specifiche che emergono dallo studio CBRN-Italia relativamente alla applicazione nel nostro Paese:

1. della normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante c.d. Seveso III

2. della pianificazione nelle risposte alle potenziali emergenze radiologiche nucleari

3. una serie di proposte innovative sulla gestione delle emergenze chimiche biologiche radiologiche e nucleari (CBRN)

4. la definizione di un codice per la ripresa dopo eventi CBRN.

 

 

 

CRITICITÀ CHE EMERGONO NELLA APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA SEVESO III IN ITALIA

Dal documento in sintesi emergono le seguenti criticità in particolare sulla applicazione della normativa sui rischi di incidenti rilevanti (Direttiva Seveso III QUI, recepita in Italia con il DLgs 105/2015 QUI :

1. Mancanza di termini vincolanti per gli enti territoriali nell’adeguare la loro pianificazione territoriale con gli obblighi della Seveso III

2. Non sono state aggiornate le linee guida per stabilire le modalità di adeguamento della pianificazione territoriale alla presenza di impianti Seveso III, resta in vigore il vecchio Decreto del Ministro dei lavori pubblici del 9 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 16 giugno 2001

3. Carenze negli obblighi di informazione al pubblico nel DLgs 105/2015 sia sufficiente confrontare l’allegato G al DLgs 105/2015 con l’allegato V alla Direttiva 2012/18 UE, il secondo più articolato. Occorre però dire che questa carenza potrebbe essere compensata con l’applicazione del DPCM 16/2/2007 (QUI) Linee guida per l'informazione alla popolazione sul rischio industriale. Il problema è che queste linee guida raramente vengono rispettate in primo luogo dai Sindaci come ho spiegato QUI (parte finale del post). Questa carenza applicativa si rileva come ricorda il Documento esaminato anche nella relazione 2021 della Commissione UE sulla applicazione della Direttiva Seveso III (QUI).

4. Piani di Emergenza Esterna il Documento riprende la sopra citata relazione della Commissione UE secondo la quale in Italia (a differenza di tutti gli altri paesi UE), la percentuale di stabilimenti per i quali le informazioni di cui all'allegato V non sono tenute costantemente a disposizione del pubblico è molto alta (70%; mentre per gli stabilimenti di soglia superiore la percentuale è del 36%).

5. necessità di aggiornare, più frequentemente, i Piani di Emergenza esterni da parte delle Prefetture

 

 

 

CRITICITÀ NELLE PIANIFICAZIONE DELLE RISPOSTE AD EMERGENZE RADIOLOGICHE E NUCLEARI

1. Per quanto riguarda l’organizzazione delle attività di risposta ad un possibile evento CBRN di natura accidentale, è importante segnalare la recente adozione del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari del 2022. Il Piano assolve, quanto meno in potenza, gli obblighi generali di cooperazione e di mitigazione del danno (transfrontaliero) che gravano sull’Italia. Ciò detto, è però necessario evidenziare nuovamente un elemento critico del Piano, vale a dire la mancanza di previsioni specifiche concernenti l’assistenza immediata e a lungo termine delle possibili vittime che si trovino nella giurisdizione italiana.

2. Non è disponibile – sulla base delle ricerche effettuate – un piano che individui e disciplini le misure necessarie a fronteggiare possibili incidenti che abbiano luogo sul territorio italiano e interessino materiale radio-nucleare. Come riportato dal sito web del Dipartimento della Protezione civile, infatti, l’attività di pianificazione è esclusivamente rivolta a possibili incidenti che coinvolgano impianti nucleari. Ciò nonostante, è opportuno ricordare che – come evidenziato da un gruppo di autori – la popolazione italiana è comunque soggetta ad un rischio di incidente radio-nucleare derivante dalla presenza sul territorio nazionale di “centri di ricerca che adoperano reattori nucleari […], di impianti di lavorazione e depositi di materiale radioattivo enucleare, e della possibilità che in alcuni porti possa attraccare naviglio straniero a propulsione nucleare. L’ordinamento italiano prevede che una pianificazione per la gestione delle emergenze sia portata avanti, a livello locale, dalle Prefetture competenti. Si raccomanda altresì l’adozione di un piano nazionale per tutte quelle ipotesi in cui l’evento – sebbene a carattere locale – abbia il potenziale per coinvolgere una parte del territorio nazionale di gran lunga superiore

 

 

 

CONCLUSIONI GENERALI DEL DOCUMENTO

1. Occorre ragionare sull’introduzione di obblighi o, tutt’al più, meccanismi non vincolanti volti a coinvolgere maggiormente il pubblico, tanto in termini di risk awareness (consapevolezza del rischio) quanto con riferimento ad un ruolo eventualmente proattivo di chi dispone di competenze e conoscenze da spendere nella fase di prevenzione dei disastri.

2. Dalla ricerca emergono importanti lacune specialmente in relazione alla definizione di un meccanismo trasparente di informazione e alla produzione di report di valutazione sull’uso improprio di materiali CBRN (in particolare quello nucleare), nonché all’elaborazione di piani aggiornati sul loro movimento, trasporto e processo di importazione-esportazione.

3. a livello transfrontaliero, la cooperazione di polizia – seppur intensificata grazie alle molteplici iniziative di 138 training – non può dirsi soddisfacente: si segnala così la necessità di creare punti di contatto nazionali ad hoc e di individuare procedure più efficaci per rendere accessibili alle autorità competenti degli altri Stati membri le informazioni raccolte in relazione a reati di terrorismo, compresi quelli di natura CBRN.

4. L’Italia non ha ancora provveduto a ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari che, invece, permetterebbe al legislatore di adottare misure più incisive per prevenire l’uso improprio di materiali CBRN sul territorio italiano.

5. Il diritto interno registra criticità più che altro nell’adattamento alla normativa Euratom. Il legislatore italiano deve dunque prestare particolare attenzione alla prevenzione in ambito nucleare (anche in considerazione degli scenari attuali).

6. Sulle sostanze chimiche. È vero che l’Italia dispone di un apparato normativo piuttosto pervasivo, ma persistono carenze materiali (ci si riferisce alla disciplina sui combustibili usati), procedurali (si pensi alle disomogeneità territoriali che affliggono l’efficace attuazione del REACH) o, talvolta, di sistema (come nel caso dell’omessa o tardiva ratifica di convenzioni internazionali).

7. Il Sendai Framework (QUI) poi raccomanda di adottare un sistema di allerta integrato, multi-rischio e incentrato sulle persone; in Italia esistono diversi sistemi di allertamento per rischi specifici ma non un sistema integrato multirischio, e soprattutto non sembra che i sistemi di allertamento tengano in considerazione le necessità di specifici gruppi della popolazione, in particolare quelli più vulnerabili (anziani, persone con disabilità), e siano sviluppati anche con la partecipazione di questi gruppi.

8. Mancato aggiornamento della strategia nazionale di difesa contro il terrorismo CBRN che risale al 2001 e sulla quale l’opinione 140 pubblica dovrebbe essere maggiormente sensibilizzata, anche attraverso una partnership con i mass media, che aiuterebbe a garantire una migliore comunicazione con il pubblico nelle primissime fasi dell’emergenza.

9. Mancanza della figura di security manager di infrastrutture critiche (porti, aeroporti, spazio, ferrovie, centrali nucleari di ricerca, tunnel transfrontalieri, settore agro-alimentare), un gruppo di attori che, ad oggi sono generalmente inconsapevoli della minaccia stessa ma che adeguatamente formato potrebbe dare un contributo importante alla gestione di evento CBRN.

10. La mancata condivisione delle attività di preparazione ad emergenze nucleari, come l’elaborazione di piani di emergenza bilaterali per gestire eventuali impatti transfrontalieri, è inoltre emersa come particolare rilevante.

11. Si segnala la preoccupante assenza di una strategia nazionale integrata e multirischio per la riduzione del rischio di disastri. Tale mancanza, lungi dal determinare un vulnus in relazione alla sola fase di preparazione, impatta notevolmente sull’effettiva capacità delle autorità italiane di rispondere ad eventi CBRN, riducendo l’efficacia delle attività di risposta messe in campo per far fronte ad un’emergenza.

12. La mancata adozione di un nuovo Piano nazionale di difesa da attacchi terroristici di tipo biologico, chimico e radio-nucleare, o il mancato aggiornamento dell’ultima versione del 2001, costituisce motivo di preoccupazione, tenuto conto del naturale “invecchiamento” cui sono soggette tutte le attività di pianificazione. Un piano nazionale di difesa da attacchi terroristici che non sia aggiornato ai più recenti standard e non tenga conto delle nuove minacce, sia in termini di organizzazioni terroristiche che nella prospettiva di possibili obiettivi sul suolo italiano, riduce 141 notevolmente la capacità delle autorità di mettere in campo le risorse, umane e materiali, necessarie alla risposta ad un eventuale attacco.

13. Manca, difatti, in Italia, un meccanismo centralizzato per la corretta gestione dell’informazione della popolazione a seguito di un evento CBRN, correndosi pertanto il rischio di ulteriori incidenti generati dal panico o dalla carenza di indicazioni che siano a tutti comprensibili circa le modalità di gestione della risposta ed eventuale evacuazione. Nello stesso senso, è bene sottolineare la necessità che le Prefetture, e gli altri enti locali competenti, procedano ad un aggiornamento dei piani locali, coinvolgendo i diversi attori pubblici e privati che dispongono delle competenze adeguate.

14. Ugualmente insoddisfacenti, in molti casi, si sono rivelati gli strumenti di reintegrazione ambientale. Solo di recenti alcuni passi in avanti sono stati compiuti, limitatamente a eventi di tipo nucleare (art. 3, co. 2, lett. f-ter, legge 97/2020). Si riconferma, comunque, un limite già emerso ai punti precedenti, ovvero il carattere frammentario degli strumenti impiegati per ripristinare l’ambiente naturale danneggiato in conseguenza di un evento CBRN.

 

 

 

UN CODICE DELLE RICOSTRUZIONI

Necessità della adozione di un “codice delle ricostruzioni” o anche di un vero e proprio “codice della ripresa”, che:

(a) definisca in modo chiaro e preciso la tipologia di eventi di riferimento, includendo eventi CBRN di origine dolosa, accidentale e naturale (in linea con la prospettiva all-hazards adottata dalla presente ricerca);

(b) preveda, in materia di assistenza socio-psicologica di lungo periodo alle vittime, oltre a criteri guida generali a livello statale, l’istituzione di meccanismi compartecipati tra rappresentanti statali e rappresentanti degli enti locali (ad es. “cabine di regia”) che supervisionino le misure intraprese a livello locale, assicurando il coordinamento tra organi coinvolti e controllando, su base periodica, i progressi effettuati;

(c) in caso di pregiudizi all’ambiente, fissi criteri per l’adozione di misure di reintegrazione delle componenti ambientali danneggiate, istituendo altresì meccanismi di controllo e vigilanza su base periodica, e superando la frammentarietà delle fonti in materia;

(d) regoli la filiera decisionale, a livello legislativo (statale e locale), per l’adozione di misure di Build Back Better (QUI), improntate al modello di lessons-learned (lezioni apprese - QUI) e coinvolgendo, quanto più possibile, le comunità locali colpite da un evento CBRN.

 

 

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